FUNÈS, Louis de

Enciclopedia del Cinema (2003)

FUNES, Louis de

Clarice Cartier

Funès, Louis de (propr. de Funès de Galarza, Louis Germain)

Attore cinematografico e teatrale francese, nato a Courbevoie (Hauts-de-Seine) il 31 luglio 1914 e morto a Nantes il 27 gennaio 1983. Dotato di notevoli risorse espressive e capace di una comicità mimica e gestuale che si iscrive nel solco di un'illustre tradizione, fu tuttavia condannato dalla sua stessa popolarità a interpretare spesso film di carattere puramente commerciale, che ne sfruttavano la maschera e i tic senza rendere giustizia al suo talento.

Dopo aver seguito corsi di recitazione alla scuola di René Simon e aver svolto numerose attività nel mondo dello spettacolo, debuttò nel cinema con una particina insignificante in La tentation de Barbizon (1946) di Jean Stelli, cui seguirono numerose altre partecipazioni in ruoli marginali (ben sedici film soltanto nel 1954). Fu Claude Autant-Lara che, dopo Le blé en herbe (1954; Quella certa età), gli affidò una parte di un certo rilievo al fianco di Jean Gabin e Bourvil in La traversée de Paris (1956; La traversata di Parigi): quella del macellaio Jambier, destinatario del rischioso trasporto di carne nella Parigi notturna occupata dai tedeschi durante la Seconda guerra mondiale. Vitale, energico e iracondo, Jambier possiede già tutte le caratteristiche del personaggio che de F. avrebbe poi riproposto, accentuandone gli aspetti caricaturali, in numerosissimi film, segnalandosi ben presto come uno dei più interessanti comici francesi.Il suo primo trionfo personale fu però in teatro con Oscar (1962), una pièce de boulevard di Claude Magnier, che divenne poi un film di successo: Oscar (1967; Io, due figlie e tre valigie) di Édouard Molinaro. Aveva intanto incontrato i registi Robert Dhéry, con cui girò La belle américaine (1961; La bella americana), e Jean Girault con il quale stabilì una feconda collaborazione (tredici film in vent'anni). Grazie a quest'ultimo ottenne il primo grande ruolo in Pouic-pouic (1963; I tre affari del signor Duval) e l'enorme successo con Le gendarme de Saint-Tropez (1964; Una ragazza a Saint Tropez), che diede l'avvio a una serie con de F. protagonista nel ruolo del poliziotto Ludovic Cruchot. Ottenne altri successi lavorando con Bourvil: Le corniaud (1965; Colpo grosso ma non troppo) e La grande vadrouille (1966; Tre uomini in fuga), entrambi di Gérard Oury, in cui i due attori formano una coppia perfettamente complementare: nervoso ed esagitato l'uno, placido e impassibile l'altro. Da questo momento de F. dominò la scena della commedia popolare e perfezionò il suo personaggio, ovvero il tipo del vanaglorioso, per lo più appartenente al mondo dell'arte o alla borghesia di successo: uomo d'affari in Oscar, direttore d'orchestra in La grande vadrouille, proprietario di un ristorante di lusso (in cui peraltro viene rapito un capo di Stato) in Le grand restaurant (1966; Chi ha rubato il presidente?) di Jacques Besnard, direttore di un cantiere navale in Le petit baigneur (1968; Si salvi chi può) di Dhéry, industriale in Hibernatus (1969; Louis de Funès e il nonno surgelato) di Molinaro, direttore di corpo di ballo in L'homme-orchestre (1970; Beato fra le donne) di Serge Korber, e così via. La vera cifra unificante del suo repertorio è proprio la rappresentazione dei tipi pieni di sé, che si considerano delle autorità nel loro campo, assertori di inflessibili principi, refrattari al compromesso, e che quanto più si rendono temibili e antipatici tanto più si espongono all'immancabile fallimento, con risultati comicamente disastrosi. Sempre con Oury, lavorò in La folie des grandeurs (1971; Mania di grandezza) e Les aventures de Rabbi Jacob (1973; Le folli avventure di Rabbi Jacob), film tagliati su misura per l'attore e per il suo pubblico affezionato. Accusato di essere ripetitivo e schematico, de F. tentò di far cambiare opinione alla cri-tica, ma non ci riuscì neanche quando interpretò L'avare (1980, da Molière), da lui stesso diretto insieme con Girault; troppo spesso era stato costretto a spendere il suo talento in film mediocri che si salvano esclusivamente grazie alla sua verve incontenibile.

Bibliografia

A. Cervoni, Qu'il aille se faire cuire un œuf!, in "Cinéma 72", 1972, 163, pp. 14-17.

C. Gauteur, La guerre des étoiles, in "Image et son", 1980, 348, pp. 120-21.

B. Kernel, Louis de Funès, Paris 1987.

J.-M. Loubier, Louis de Funès: le berger des roses, Paris 1991.

J.-J. Jelot-Blanc, Louis de Funès: une légende, Paris 1993.

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