VIANI, Lorenzo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 99 (2020)

VIANI, Lorenzo

Chiara Ulivi

(Lorenzo Romolo Santi). – Nacque a Viareggio il 1° novembre 1882 da Rinaldo e da Emilia Ricci, che da Pieve di Santo Stefano (Lucca) si erano trasferiti sulla costa al seguito di don Carlos di Borbone-Spagna, presso il quale Rinaldo era entrato a servizio.

La vicenda di Lorenzo, narrata in testi autobiografici come Parigi (Milano 1925), Il figlio del pastore (Milano 1930) e Barba e capelli (Firenze 1939), è ricostruita in un’accurata monografia (Cardellini Signorini, 1978) ed è oggetto di ampia bibliografia sulla sua duplice attività di pittore e scrittore.

L’infanzia trascorse tra il fasto della villa ducale di Viareggio (di proprietà del ramo parmense), l’ambiente della sua servitù e la zona portuale dove la famiglia Viani abitava.

Nel 1893, ancora in seconda elementare, giudicato inadatto allo studio, Viani interruppe la scuola. Dopo una stagione di scorribande tra spiagge, pineta e darsena, entrò a bottega dai barbieri Fortunato Primo Puccini, ex garibaldino, e Narciso Fontanini, socialista anarchico, venendo in contatto con un vasto campionario umano: portuali, contadini, girovaghi, carcerati, la famiglia borbonica e la sua servitù, i frequentatori della Viareggio mondana, tra cui Giacomo Puccini e Gabriele D’Annunzio, ma anche Menotti Garibaldi, Amilcare Cipriani e Leonida Bissolati. Iniziò così un inconsueto apprendistato su anatomie ed espressioni che già fermava su carta, e che sarebbero state oggetto prevalente della sua produzione pittorica e letteraria. Anche la sua coscienza politica si formò nel retrobottega di Fontanini, tra discussioni sulla Comune di Parigi e letture a tema storico e sociale: Victor Hugo, Walter Scott, Fëdor Dostoevskij, Maksim Gor′kij, Honoré de Balzac, Émile Zola e così via.

Tra il 1897 e il 1898 Lorenzo si avvicinò con il fratello Mariano al movimento anarchico, complice la disgrazia in cui cadde la famiglia quando il padre perse il lavoro. Amico dei socialisti Luigi Salvatori e Vico Fiaschi e degli anarchici Pietro Gori e Cipriani, partecipò a manifestazioni e scioperi a fianco dei lavoratori del porto e delle cave.

Nel 1900 conobbe Plinio Nomellini, che intuì le sue potenzialità, lo incitò a studiare la natura e gli presentò Giovanni Fattori. Viani ritrasse quest’ultimo in un foglio a carboncino (1904; Cardellini Signorini, 1978, p. 45, n. 4) e nacque un’amicizia che sarebbe durata fino alla morte del maestro.

Sempre nel 1900, con un sussidio del Comune di Viareggio, si recò a Venezia per visitare la Biennale d’arte e s’iscrisse all’Istituto di belle arti di Lucca che frequentò fino al 1903, stringendo amicizia con Moses Levy e Spartaco Carlini; si dimostrò più attratto dall’umanità varia dei quartieri poveri, degli ospedali e delle carceri, che dagli esercizi d’accademia.

Venne arrestato nel 1901 come membro del gruppo anarchico Delenda Carthago e fu difeso dall’amico avvocato Salvatori.

Nel 1904 fu a Firenze: s’iscrisse alla Scuola del nudo dell’Accademia, seguì Fattori e studiò i maestri del passato (in particolar modo Leonardo da Vinci agli Uffizi: Dei, 2009, p. 11); con gli amici Levy e Antonio De Witt frequentò l’ambiente della rivista Leonardo e il caffè delle Giubbe rosse, assecondando i suoi impulsi antinaturalisti, come si evince da Bovi nell’incendio (1904; ibid., p. 52, n. 17), in cui il tema fattoriano è interpretato con un potente linguaggio visionario e una pennellata sinuosa.

In due importanti mostre personali al Regio Casino di Viareggio (1904 e 1905) espose opere dai riferimenti diversi: da Fattori e Nomellini, alla pittura d’impressione (Sul porto, 1904 circa, Impressione estiva, 1900 circa; ibid., pp. 50 s., nn. 13, 15), a spunti simbolisti con un volatile gusto per le scene in costume (Scena settecentesca; p. 44, n. 4), fino ad arrivare alla vocazione sociale che sarebbe stata il tratto dominante della sua produzione (Ponte del diavolo; p. 45, n. 6).

Trascorse le estati tra il 1904 e il 1906 a Torre del Lago, tra lo studio di Nomellini e la casa di Giacomo Puccini, con la cosiddetta Compagnia della leggera, erede del Club della Bohème.

Conobbe il poeta ligure Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, con cui nel 1905 fondò il ‘manipolo d’Apua’, poi ‘Repubblica di Apua’, aggregazione politico-letteraria che riuniva tra gli altri Giuseppe Ungaretti, Enrico Pea, Salvatori, e i pittori Giuseppe Viner, Carlini e Levy. Vi confluirono afflati anarchico-socialisti e un’enfasi poetica che guardava a Giosue Carducci, Giovanni Pascoli, D’Annunzio, Carlo Cafiero, Friedrich Nietzsche, Lord Byron, Percy Bysshe Shelley, John Keats, e i poètes maudits francesi (Dei, 2009, p. 314). Il gruppo promosse alcune istanze politiche come l’opposizione alla guerra di Libia, ma ebbe connotati soprattutto teorici e si chiuse con il 1915.

L’amicizia tra Viani e Ceccardi, cementata dall’aspirazione comune alla fusione tra arte e vita, e dalla fede in un’identità culturale e politica apuana, fu interrotta dalla morte del secondo nel 1919: a lui Viani dedicò la sua prima impresa narrativa, Ceccardo (Milano 1922).

Tra le iniziali esperienze fuori regione ci fu la partecipazione all’Esposizione internazionale d’arte a Milano nel 1906, in occasione della quale Viani esordì come giornalista (L’Arte toscana all’Esposizione di Milano, in Il Libeccio, 27 maggio 1906; per un regesto degli scritti di Viani si veda Cardellini Signorini, 1978, pp. 421-424). Nel 1907, alla VII Esposizione internazionale d’arte di Venezia, espose le serie di chine Dispersi e Ossessi, dal fosco simbolismo e dal gesto potente, dedicate agli ultimi della società, in sintonia con l’universo di Dostoevskij in Memorie del sottosuolo o di Nikolaj Gogol′ in Anime morte (ibid., p. 32, 56 s., nn. 22-25). A Venezia conobbe Umberto Boccioni e Luigi Campolonghi che lo chiamò a illustrare il settimanale satirico anticlericale di Genova, La Fionda (1907).

Abbandonato ogni riferimento divisionista ancora presente intorno al 1907 in cromie chiare e pennellate filamentose o corpose (Il mercato, La darsena; Dei, 2009, pp. 33-35, nn. 2-4), Viani coniò un linguaggio nuovo che lo avvicinò alla forza pittorica di Edvard Munch, James Ensor, Félicien Rops: una pittura sintetica nella forma, sobria nelle scelte cromatiche, che rappresentava a colpi di pastello (Uomini sul mare; p. 40, n. 8), pennello (L’Apuana; p. 47, n. 12) o penna (I girovaghi, Viareggio, GAMC – Galleria comunale d’arte moderna e contemporanea Lorenzo Viani) lavoratori del porto e delle cave, poveri, vedove del mare, girovaghi, con vigore ed empatica efficacia narrativa, fuori da ogni patetismo, così come da ogni indagine antropologico-sociale positivista o compiacimento descrittivo.

«Anche gli uomini studiava dal vero, ed erano pescatori, lavandaie, donne incinte, bracconieri. “Sei artista – gli diceva Puccini – ma raspi troppo nel pantano. La Maona, Mundo, la Buona, Cipolla, Caosecco, o ch’è gente da mettersi in casa quella? In sala da pranzo non si mangia più; in salotto, va via il buonumore. O per chi li fai, e di che vivi?”. “Li faccio per me – rispondeva Viani – e vivo di nulla”» (Francia - Cortopassi, 1955, p. 31).

Tra empiti di rivolta e sete di prospettive più ampie, nel gennaio del 1908 Viani partì per Parigi. L’esperienza, protrattasi fino alla primavera del 1909, e ripresa tra il 1910 e il 1911, fu poi narrata mescolando primo e secondo soggiorno nella prosa allucinata di Parigi (1925), in cui la ville lumière scompare dietro alla pletora di reietti che abitavano il quotidiano del pittore alla Ruche, dimora per artisti senza mezzi che vi alloggiavano nell’indigenza e nel degrado. Nonostante mesi di privazioni, stenti e solitudine, a Parigi Viani riuscì a nutrire occhio e mano con fermenti diversi, animando la tavolozza di colori vivi e tratti veloci: guardò alla cromia fauve di Maurice de Vlaminck, Kees Van Dongen e André Derain (Due parigine, Tipi di Parigi; Cardellini Signorini, 1978, pp. 65, 68, nn. 37, 40), alla linea fluida nabis e art nouveau (Sarah Bernhardt, Ragazza con cappello; pp. 64, 71, nn. 36, 44), alle campiture piatte da stampe giapponesi come alle potenti semplificazioni espressive dell’arte africana (Cieco; p. 69, n. 42), ma anche alla forza espressiva di Honoré Daumier, Georges Rouault e Toulouse-Lautrec (Ragazza parigina; p. 73, n. 46; La parigina, Mimí Concetta; Dei, 2009, pp. 45, 47, nn. 13, 15). Tornò a Viareggio con molti disegni lavorati a pastello, carboncino, tempera o china (pp. 15 s.).

Nel gennaio del 1908 visitò la mostra di Van Gogh a Parigi e nel dicembre si recò a Bruxelles per vedere l’opera di Constantin Meunier. Frequentò Libero Andreotti e Leonetto Cappiello, così come Pablo Picasso e Henri Matisse, e scrittori del profilo di Jean Richepin, Octave Mirbeau, James Guillaume o Gor′kij. Per guadagnare i soldi per tornare a Viareggio, eseguì disegni per copertine di partiture di musica. Il soggiorno parigino del 1911 ebbe un taglio più politico, a fianco dell’amico sindacalista Alceste De Ambris e ospite del filosofo anarchico greco Giorgio Brissimisakis.

Nel 1909, respinto alla Biennale veneziana, Viani espose al Salon d’automne di Parigi due composizioni da inferno dantesco come Epidemia (acquistato nel 1915 dalla Galleria d’arte moderna di Milano) e Consuetudine (Cardellini Signorini, 1978, p. 77, n. 53), che gli valsero la nomina a socio del Salon.

Al ritorno in Italia gli venne assegnato uno studio alla Camera del lavoro di Viareggio. Riprese l’attività politica e con De Ambris pubblicò, contro la guerra in Libia, Alla gloria della guerra (Parma 1912), per cui fu incarcerato, e poi rilasciato per intervento di Salvatori. Collaborò con cronache d’arte e interventi politici a L’avvenire anarchico e a Versilia, settimanale socialista di Salvatori. Illustrò opere di Pea, tra cui Fole (Pescara 1910).

L’intenso Autoritratto della Galleria d’arte moderna di Firenze (1911-12), insieme a opere che superano d’un balzo codici programmatici d’avanguardia e convenzioni d’accademia, come Amanti sorridenti, Nudo di schiena, La signora del crisantemo (1910-12; Cardellini Signorini, 1978, pp. 83 s., 90, nn. 61, 62, 73), connettono Viani al filone espressionista europeo. L’esotismo popolaresco degli errabondi per eccellenza, gli zingari, incarnò il suo profondo desiderio di evasione e gli consentì di allentare la morsa drammatica e concedersi persino qualche vezzo decorativo (Gli zingari sposi, 1911-13; ibid., p. 95, n. 80).

Di questi anni sono alcune delle più toccanti rappresentazioni delle figure del porto, i ‘vàgeri’ e le loro donne (Vageri, 1912-15, Viareggio, GAMC; Moglie di marinaio, Vedova, I compagni, Peritucco col fiocco rosso, 1912-15; ibid., pp. 97-99, 101, nn. 84-86, 90), e L’ossesso, uno dei più potenti esempi dell’incendiario espressionismo vianesco (Viareggio, GAMC), nonché due grandi rappresentazioni di dolenti liturgie popolari: Volto Santo (1913-15, Viareggio, GAMC) e Benedizione dei morti in mare (1914-16, Viareggio, GAMC), in cui un linguaggio asciutto e fortemente drammatico, giocato su pochi toni bruni, definisce le figure monumentali nella solenne orizzontalità di un fregio classico riletto attraverso Giotto e Masaccio.

Tra frequenti spostamenti in Emilia, Liguria, Toscana e Roma, Viani intrattenne a Firenze rapporti con l’ambiente futurista di Lacerba.

Nel 1913 Leonardo Bistolfi visitò lo studio di Viani a Viareggio e acquistò alcune opere: nacque un legame profondo tra i due, testimoniato da uno scambio epistolare che sarebbe durato fino alla morte dello scultore. Insieme a Franco Ciarlantini, Bistolfi sostenne l’organizzazione dell’importante mostra monografica di Viani al palazzo delle Aste di Milano nel 1915, per la quale redasse la presentazione, come fece poi per le mostre di Bologna (1920) e di Milano (1929).

Tra il 1914 e il 1916, Viani collaborò con xilografie al mensile L’Eroica di Ettore Cozzani.

Arruolatosi volontario nel 1916, il 4 aprile 1917 partì per il fronte, per rientrare a Viareggio nell’agosto del 1918. Anche da soldato disegnava e si dedicava all’incisione appena poteva; leggeva e scriveva molto, impiegando registri diversi in funzione dei destinatari. La guerra fu uno spartiacque nel suo approccio alla politica perché causò una disillusione che lo condusse a un ripiegamento su sé stesso e a un affievolirsi degli impulsi rivoluzionari, giungendo a posizioni fasciste.

Nel 1918, con lo scultore Domenico Rambelli, Viani vinse il concorso per la realizzazione del monumento ai caduti per la patria di Viareggio; dopo lunghe e travagliate vicende il monumento fu inaugurato il 27 maggio 1927 in piazza Garibaldi.

Si sposò nel 1919 con Giulia Giorgetti, maestra elementare, con la quale ebbe tre figli. Tra il 1920 e il 1923 abitò a Montecatini, dove la moglie insegnava. Testimonianza di questo periodo, la serie di acquerelli sugli Scolaretti (Viareggio, GAMC) inaugurò un tratto spigoloso che declinava geometrie cubo-futuriste con un inedito tono divertito d’ispirazione art déco. In una progressiva tendenza all’astrazione Viani adottò le stesse geometrie per recuperare memorie parigine (Il cortile della Ruche, Boulevard; Dei, 2009, pp. 96 s., nn. 57-58) e ritrarre il mondo dei cavatori di marmo, visto e vissuto durante il periodo a Giustagnana di Serravezza (1920-21) sempre a seguito dell’impiego della moglie (Monte Costa, Viareggio, GAMC; Vecchio cavatore e Cavatori apuani; ibid., pp. 92- s., nn. 54-55).

In questo decennio iniziò il rapporto con Jean Varraud, uno dei pochi mecenati che Viani abbia annoverato: l’industriale francese, che abitava nella Lucchesia, acquistò opere che ripercorrevano tutta la produzione vianesca, poi confluite per donazione nella Galleria d’arte moderna e contemporanea Lorenzo Viani di Viareggio (La collezione Varraud, a cura di G. Matteucci - P. Paccagnini, Viareggio 1994).

Su invito di Benito Mussolini, Viani iniziò una collaborazione con il Popolo d’Italia. La sua adesione al fascismo (formalizzata con la tessera solo nel 1933) fu quella di molti anarchici e socialisti disillusi dopo la guerra (tra cui Nomellini), e si caratterizzò per un’affezione personale (ricambiata) nei confronti del duce. L’arte di Viani non ha mai assunto però i connotati di arte di regime, rimanendo sempre lontana dalla retorica e vicina agli ultimi e agli oppressi.

Con le illustrazioni per la lettera di D’Annunzio a De Ambris, Vogliamo vivere (Pescia 1921), Viani sostenne l’impresa di Fiume quando Mussolini non l’appoggiava più.

Lavorò intensamente come illustratore di libri e riviste (1919-22), tra cui Ardita, Montecatini Terme e il numero unico per commemorare il centenario della morte di Shelley a Viareggio con D’Annunzio e De Ambris (P.B. Shelley, Viareggio 1922).

Nel 1920 vinse il premio della Città di Venezia con La benedizione dei morti del mare (Viareggio, GAMC). Nel 1922 espose alla Fiorentina primaverile la serie dei Lebbrosi.

Tra il 1923 e il 1924 rientrò in una Viareggio che non riconosceva, tramutata in città balneare, mentre la Viareggio popolare e portuale era quasi scomparsa. La rivista Versilia non usciva più e Viani iniziò a collaborare con le nuove riviste, più allineate al regime: Viareggio (dal 1922), Sagittario (dal 1923), Riviera Versiliese (dal 1922).

Si avvicinò all’Accademia degli Zeteti che riuniva intorno a Pea intellettuali come Mario Tobino, Giovanni Papini e Giacomo Puccini.

Nel 1922 pubblicò Ceccardo, celebrazione eroica della mitologia apuana e del suo protagonista, poi Giovannin senza paura (Milano 1924), libro per l’infanzia, e Parigi. Abbandonate le vette retoriche di Ceccardo, sviluppò un personalissimo linguaggio sperimentale, fatto di termini gergali e dialettali, arcaismi, neologismi e iperboli, per tracciare un complesso affresco sociale, drammatico ed epico, più compiaciuto e spietato del corrispettivo pittorico, ma funzionale a descrivere i suoi «vàgeri, gente d’onore e di rispetto» (I vàgeri, Milano 1926).

L’operosità narrativa e pittorica tra il 1924 e il 1928 si nutriva di una biblioteca sempre più fornita: appena ne aveva le risorse acquistava repertori, dizionari e testi di ogni genere, da Dante, a Dostoevskij, Gor′kij, Senofonte, Boccioni, Giorgio Vasari, Max Stirner, François Rabelais, Benvenuto Cellini, Carlo Goldoni e così via, in una pantagruelica miscellanea di antico e moderno, popolare e dotto.

Nel 1925 espose xilografie a villa Paolina a Viareggio; l’amico Ciarlantini, dell’ufficio stampa del regime, curò la presentazione. Già prima della guerra Viani aveva sperimentato la tecnica xilografica, che gli consentiva di semplificare sempre più i rapporti tra le masse, astraendo le forme, e letteralmente scolpendo l’immagine nel legno per estrarla dal fondo (La benedizione dei morti in mare, 1915-16; Viareggio, GAMC).

Tra i legami influenti, oltre alle vecchie amicizie ora avvicinatesi al fascismo (Ciarlantini, Ardengo Soffici, Papini, Filippo Tommaso Marinetti), annoverava i gerarchi della zona, e perfino Arnaldo e Benito Mussolini. Ottenne incarichi e riconoscimenti come l’insegnamento di ornato all’Istituto di belle arti di Lucca (1924-27), la direzione della rivista Riviera Versiliese, una collaborazione continuativa con il Corriere della sera, la vittoria della prima edizione del premio Viareggio con Ritorno alla patria (1929), ex æquo con Anselmo Bucci; il Comune di Viareggio, infine, acquistò Benedizione dei morti del mare (1914-16; Viareggio, GAMC). Nonostante ciò, le sue condizioni economiche rimasero critiche e ancora peggiori quelle di salute, compromesse da un’asma sempre più grave.

Continuò a lavorare in solitudine, non firmò manifesti né programmi politici o artistici, e non si legò a nessun gruppo, anche se espose prima con i futuristi nel 1922 a Berlino, poi con Novecento, e Margherita Sarfatti presentò la sua personale a Viareggio nel 1928 invitandolo a esporre a Stoccolma nel 1931; fu presente anche alla mostra sul Novecento italiano a Buenos Aires nel 1930.

Le sue mostre erano eventi mondani che attiravano personalità come Luigi Pirandello, Marta Abba, Ottone Rosai, Primo Conti, Ugo Ojetti, Massimo Bontempelli, Sibilla Aleramo, Curzio Malaparte, ma non producevano incassi, generando al contrario debiti che portarono anche a risvolti legali, come nel caso della mostra di Milano del 1929. Ciarlantini, Bistolfi e Sarfatti ne avevano curato il catalogo, ma le spese superarono gli introiti, la questione divenne penale e un intervento diretto di Mussolini chiuse d’imperio la vicenda.

Alla sperimentazione linguistica corrispondeva una sperimentazione pittorica che tra il 1925 e il 1930 condusse Viani a vivaci e ironici collage di matrice futurista (Composizione futurista, Ritratto della signora Perla, Krotokron; Dei, 2009, pp. 104 s., 113, nn. 64, 65, 71) e a brani di sapida caricatura della borghese abitudine della villeggiatura (Caffè ai Bagni di Lucca, Pensione di famiglia; pp. 107, 109, nn. 66, 68).

Nel 1930 si stabilì a Viareggio Cristoforo Mercati (alias Krimer), che divenne amico intimo di Viani, e fu la fonte più attendibile per le notizie sui suoi ultimi anni. Tra serate futuriste a Firenze, Lucca e Pisa, i due tentarono di far rivivere la Repubblica di Apua con la Repubblica dei Vàgeri.

La Galleria d’arte moderna di Firenze acquistò il Cantiere alla Biennale veneziana nel 1932. Nell’agosto del 1933 aprì in esposizione permanente la Galleria Viani a Fosso dell’Abate, presso Viareggio.

Nello stesso 1933 a causa dell’aggravarsi dell’asma, dopo numerosi ricoveri, Viani entrò nell’ospedale di Nozzano (Lucca), che ospitava sanatorio e sezione psichiatrica. Dalla prossimità con i malati di mente nacquero intensi dipinti, disegni e scritti: Clinica e La clinica (Dei, 2009, pp. 118 s., nn. 76, 77), Le chiavi nel pozzo (Firenze 1935) e la raccolta di poesie La polla nel pantano (Roma 1955).

Nel 1935 Viani venne premiato alla Quadriennale romana e vinse il premio letterario Siena per la poesia Sarabanda di vino.

Nel 1936, a causa dell’asma, gli fu proibito l’uso dell’olio nella pittura, sostituito con una tempera molto allungata. A tempera realizzò due grandi dipinti per la stazione di Viareggio: Lavoratori del marmo in Versilia e Lavoratori del porto e partenza del marinaio (Viareggio, GAMC).

L’ultima mostra fu al Kursaal di Viareggio nell’estate del 1936: espose tra le altre cose, quasi come istintivo e dolente commiato, una Deposizione dalla croce composta quanto tragica, memore degli amati Giotto, Masaccio e Andrea del Castagno (Cardellini Signorini, 1978, p. 219, n. 270).

Sempre nel 1936, in ottobre, si recò a Ostia con il giovane aiutante Ruggero Sargentini per realizzare una serie di pitture per il collegio IV Novembre. Furono venti giorni di lavoro entusiasta e frenetico. Il male sembrava dargli tregua, ma il 1° novembre un forte attacco d’asma lo colpì e lo stroncò la mattina del 2. Il 4 novembre ebbe luogo l’inaugurazione delle pitture, alla presenza di Mussolini.

Fonti e Bibl.: L. Viani, Parigi, Milano 1925 (poi a cura di T. Giannotti, Firenze 1994); E. Francia - R. Cortopassi, V., Firenze 1955; I. Cardellini Signorini, L. V., Firenze 1978; R. Monti, I Postmacchiaioli, Roma 1991, pp. 85-93, 212-214; E. Dei, L. V. Tra la Senna e le Apuane: l’apocalisse del segno, Firenze 2009.

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