FAZZINI, Lorenzo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 45 (1995)

FAZZINI, Lorenzo

Raffaele Santoro

Nato a Vieste (Foggia) il 19 genn. 1787 da Tommaso e da Porzia Medina, seguì l'istruzione primaria nella città natale; studiò poi a Foggia, a Benevento e nel seminario di Nusco (Avellino), dove rimase fino ai diciotto anni, per concludere i suoi studi a Napoli, dove venne ordinato sacerdote nel 1809. A Napoli, oltre a quelli di teologia, diritto canonico e storia della Chiesa, seguì anche i corsi di filosofia, fisica, matematica (materia in cui ebbe come maestro Nicola Fergola).

Fatta qualche esperienza d'insegnamento in alcune scuole private, per guadagnarsi da vivere il F. aprì una propria scuola - che, in breve tempo, acquistò ampia rinomanza (tra i suoi allievi vi furono, tra gli altri, L. Settembrini e F. De Sanctis) - dove insegnò matematica, fisica e filosofia, materia in cui si ispirava alla dottrina del sensismo. Nella stessa scuola insegnarono anche i suoi fratelli Gaetano Emanuele (vedi voce in questo Dizionario) e Antonio.

Il De Sanctis, che apprezzò moltissimo il F. come professore di filosofia e di fisica, ma non ne era entusiasta come professore di matematica, nei suoi Ricordi ha lasciato del F., definito "l'abatino elegante", un gustoso e icastico ritratto: "Questo prete elegante che aveva smesso sottana e collare, e vestiva in abito e cravatta nera, era un sensista del secolo passato, ma pretendeva conciliare quelle dottrine coi principii religiosi. Molto si dimenava contro le idee innate e le armonie prestabilite, e conchiudeva spesso: "Niente è nell'intelletto che non sia stato nei sensi. Ma insieme si affaticava molto a dimostrare l'esistenza di Dio, l'immortalità dell'anima e la rivelazione. Come si conciliava tutto questo, non so; ma il suo parlare era brillante e persuasivo e ci bevevamo tutto" (pp. 526 s.).

All'attività di insegnante il F. accoppiava quelle di autore di libri di matematica diretti soprattutto alla didattica. Tra le sue pubblicazioni in questo campo si segnalano: Geometria solida, ossia i libri undecimo e duodecimo, degli Elementi di Euclide, tradotti in italiano, con l'aggiunta dei teoremi scelti di Archimede sulla sfera e sul cilindro e sulla misura del cerchio (Napoli 1825); Elementi di aritmetica (2 ediz., ibid. 1827); Geometria piana, ossia i primi sei libri degli Elementi di Euclide tradotti in italiano (2 ediz., ibid. 1828).

Di queste opere uscirono numerose edizioni, ma particolare importanza riveste la traduzione degli Elementi di Euclide, che oltre ad essere una delle prime versioni in lingua italiana, interpretando fedelmente l'originario testo greco, ripercorre criticamente l'evoluzione delle traduzioni precedenti (in latino, in francese e in inglese). Alcune note a piè di pagina esaminano le diverse interpretazioni dei punti critici e dimostrano la conoscenza che il F. aveva dei lavori più recenti pubblicati sull'argomento.

Notevole è la posizione che egli prende a proposito del quinto postulato di Euclide (quello delle parallele) che così annota: "... principio che il saggio Euclide pose tra le concessioni geometriche; poiché strettamente parlando non ammette dimostrazione, e quante finora se ne sono tentate, tutte racchiudono de' paralogismi" (Geometria piana, 3 ediz., Napoli 1834, p. 57). Questo giudizio netto e corretto del F. a proposito delle cosiddette dimostrazioni del quinto postulato di Euclide, era decisamente innovativo e fortemente in contrasto con quelle che erano, allora, le idee correnti a Napoli (si veda V.D.R., Qualche pensiero sopra un'antica quistione geometrica, in Annali civili del Regno delle Due Sicilie, t. IV [1836], pp. 145-159, da cui si evince chiaramente come diversi cattedratici dell'università di Napoli erano convinti della bontà di dette dimostrazioni, anche se da almeno sei anni circolavano le opere e le idee di J. Bolyai e N. I. Lobačevskij che fondavano i principi della geometria non euclidea).

Il F. conobbe, comunque, una notevole fama in Italia e in Europa soprattutto per la sua attività di sperimentatore di fisica, specie nel campo dell'elettromagnetismo. Dalle testimonianze dei contemporanei non sempre sono chiare le finalità cui tali esperimenti miravano. In ogni caso, come molti hanno ricordato, il F. di solito faceva un uso prettamente didattico dei suoi esperimenti, ma aveva anche l'abitudine di dare dimostrazioni pubbliche, a volte in lingua francese o inglese. Oltre a proporre alcune esperienze abbastanza ingegnose sull'induzione tellurica per la produzione di corrente elettrica sfruttando il campo magnetico terrestre, nel 1834 il F. eseguì un esperimento molto originale sull'interazione tra luce e magnetismo.

Secondo la descrizione che di questa esperienza ci è pervenuta, il F. aveva costruito un sistema, composto di due aghi magnetici paralleli e con i poli di segno opposto affacciati (sistema astatico per ridurre al minimo l'influenza del campo magnetico terrestre), sospeso ad un filo di seta sotto una campana di vetro, per evitare movimenti casuali dovuti a correnti d'aria. In pratica aveva costruito una sensibilissima bilancia di torsione che poteva mettere in evidenza la presenza di forze anche molto lievi. Sulla coppia di aghi magnetici il F. inviava un fascio di luce (si ignora se fosse luce polarizzata), provocando una rotazione della bilancia di circa 6 gradi. È difficile sapere, oggi, visto che nulla egli ha scritto su tale argomento, quale fosse l'obiettivo dell'esperimento del F.: se quello di misurare l'interazione tra luce e magnetismo o semplicemente la pressione di radiazione della luce sui due aghi magnetici; in entrambi i casi si può dire che la sua idea sia stata precorritrice, in quanto solo nel 1845 il fisico M. Faraday dimostrò che un campo magnetico fa ruotare il piano di polarizzazione di un fascio di luce che lo attraversa (e nel i 860, un altro fisico inglese, J. C. Maxwell, fece l'ipotesi matematica che la luce sia costituita da onde elettromagnetiche di particolare frequenza; ipotesi confermata sperimentalmente a partire dal 1873 con una serie di esperienze da H. Hertz); infine, nel 1903 due fisici americani, E. F. Nichols e A. W. Hull, con un esperimento analogo a quello eseguito dal F. (ma sostituendo i due aghi magnetici con due specchietti) hanno misurato la pressione di radiazione della luce, prevista teoricamente da Maxwell nel 1860.

La notizia degli esperimenti del F. si diffuse rapidamente in Italia ed in Europa (egli era in corrispondenza con il francese J.-F.-D. Arago e con il Faraday): una lettera di Arago che gli comunicava l'intenzione di pubblicare un resoconto dei suoi lavori a cura dell'Institut royal de France, fra le Mémoires degli scienziati stranieri, gli giunse tardivamente sul letto di morte.

Il F. morì a Napoli il 4 maggio 1837, durante un'epidemia di colera.

Pur essendo in quel periodo proibite le cerimonie pubbliche, per paura della diffusione del contagio e nonostante una pioggia fittissima, moltissimi allievi ed amici del F. seguirono la bara, portata a spalla fino alla chiesa di S. Tommaso d'Aquino. Solo successivamente ci furono i funerali pubblici: la sua salma fu trasportata nella chiesa di Nostra Signora de' Sette Dolori, dove si tenne una cerimonia solenne con messa cantata musicata appositamente da G. Donizetti e un elogio funebre letto da Basilio Puoti.

Il Taddei dà notizia di un trattato del F. sul Calcolo delle variazioni, il cui manoscritto è andato disperso. Secondo Tortora Brayda, egli aveva anche pubblicato un volume sui Primi rudimenti di algebra ed aveva già pronti gli appunti per due trattati, uno di algebra ed uno di trigonometria: ma anche di queste opere non si trova più traccia.

Fonti e Bibl.: C. Tortora Brayda, Necrologia di L. F., in Il Progresso delle scienze, delle lettere e delle arti, t. XVI (1837), 32, pp. 298-302; E. Taddei, Necrologia di L. F., in Annali civili del Regno delle Due Sicilie, t. XIX (1837), pp. XVIII-XIX, 53-61; Id., Canto in morte di L. F., in Poliorama pittoresco, II (1837), pp. 342 s.; C. Malpica, Necrologia di L. F., ibid., pp. 317 ss.; Id., Canto in morte di L. F., ibid., III (1838), pp. 3 s.; F. De Sanctis, Ricordi, Torino 1969, II, pp. 524-530; F. Cirelli, in Poliorama pittoresco, I (1836), pp. 235 s., 241; Gazzetta di Milano, 12 apr. 1837, p. 1; Giornale del Regno delle Due Sicilie, 1º apr. 1837, p. 278; B. Puoti, Elogio di L. F., in Elogi, Lucca 1846, pp. 79-91; L. Volpicella, in E. De Tipaldo, Biogr. d. Italiani illustri, VIII, Venezia1871, pp. 400-403; C. Villani, Scrittori ed artisti pugliesi, Trani 1904, pp. 340 s. Per informazioni più complete sugli esperimenti del F. si veda la monografia di R. Santoro, L. F., l'abatino elegante, Vieste 1987.

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