LIVONIA

Enciclopedia Italiana (1934)

LIVONIA (in lettone Vidzeme; A. T., 58)

Elio MIGLIORINI
Francis BALODIS
Augusto TENTELIS

La Livonia, che prima della guerra mondiale si estendeva dal Golfo di Riga al Lago Peipus e aveva una posizione centrale rispetto alle altre Provincie Baltiche della Russia (tra Curlandia ad O. ed Estonia a E.), è stata suddivisa fra Estonia e Lettonia seguendo il confine etnico e ora, rotta l'unità dell'antica regione che aveva avuto comuni vicende storiche, solo la parte che appartiene alla Lettonia, pari a un terzo della sua superficie complessiva, conserva l'antico nome che deriva da quello dei Livi (v.).

La provincia lettone di Livonia (che è una delle quattro in sui si divide il paese) confina a O. col Golfo di Riga, a N. con l'Estonia, a S. con la Letgallia e a O. con la Curlandia. La parte settentrionale, tra il fiume Gauja (o Aa di Livonia) e il confine estone, se si prescinde dalla collina di Cēsis (m. 124) e dal Zilais kaln (Montagna Azzurra, m. 129; antico luogo di sacrificio dei Lettoni pagani), è pianeggiante con una costa bassa e unita, dove l'unico approdo è quello di Salacgrīva, alla foce del fiume Salace, che è emissario del lago di Burtnieki, il quale occupa il centro di una vasta depressione. Tra Daugava (Dvina), Gauia e Aiviekste (affluente di destra della Daugava) il terreno è invece collinoso (antiche morene e depositi fluvio-glaciali, che coprono terreni devonici, scarsamente ondulati) e ha un aspetto abbastanza movimentato, tanto da richiamare agli abitanti il ricordo della Svizzera (Vidzemes Sveice, Svizzera livone: in particolare la zona presso Sigulda, dove sono i resti di un grande castello dell'Ordine teutonico, Krimulda, Turaida, dove il Gauja s'è scavato più profondamente il suo letto e dove è stato istituito un parco nazionale lettone); a S. è anche la più alta elevazione del paese (m. 314) e numerosi laghi. Verso NE. queste colline si ricollegano con quelle dell'Estonia meridionale, dove si trova il più alto punto degli stati baltici (m. 324). Il suolo, formato da terriccio e da sabbie, in mezzo a cui affiorano massi caotici, è mediocremente fertile (terreni improduttivi 15, 1 oÓ). L'agricoltura e l'allevamento, specialmente bovino, sono le risorse principali degli abitanti; il 25,8% del territorio è occupato da campi, il 15,5% da prati, il 15,0% da pascoli; più d'un quarto è poi coperto da boschi (28,6%). Le colture principali sono quelle del trifoglio, avena, orzo, segala, patate, frumento. Gli abitanti, su una superficie di 23.280 kmq. (compreso il territorio di Riga, che ha amministrazione autonoma), nel 1930 erano 782.740 (1. 107.600 nel 1914 e solo 594.017 nel 1920), con una densità di 34 per kmq. (17,6 per kmq. senza Riga). All'infuori di Riga (v.), capitale dello stato e capoluogo della provincia, nessuna località conta più di 10 mila abitanti; le maggiori sono Valmiera (8368 ab.), sulla linea ferroviaria Riga-Valka, Cēsis (7692 abitanti), dove i Lettoni nel giugno 1919 vinsero i Tedeschi, e Sloka (5285 ab.), sul Lielupe, nota per una fabbrica di cellulosa. Tra quest'ultima città e la foce della Daugava (dove è Daugavrīva, località fortificata che ha perduto gran parte della sua importanza), si sono recentemente sviluppati lungo il Baltico alcuni centri balneari (Dubulti, Majori, Bulduri), che prendono il nome complessivo di Lido di Riga (Rīgas jūrmala). Il resto della popolazione, in prevalenza lettone, essendo le minoranze di molto inferiori che nelle altre parti dello stato (soltanto 1,6% Russi; 1,2 Tedeschi; 1,0 Estoni), vive a contatto dei campi e dei prati, di cui ha avuto la proprietà in seguito alla riforma agraria, in modeste case di legno; essa è sorretta da un forte sentimento di cooperazione. Religione prevalente è quella luterana (88%). La Livonia è suddivisa in 5 distretti: Riga, Cīsis, Valmiera, Valka, Madona.

Preistoria. - I più antichi monumenti, che sono stati trovati nel territorio dell'attuale Lettonia, risalgono all'età mesolitica; ma solo dall'età neolitica (circa nel 4000-1500 a. C.) si è potuta trovare una quantità sufficiente di oggetti e di abitazioni per stabilire i rapporti culturali e le appartenenze etniche delle popolazioni. La Livonia appartiene al periodo della Kammkeramik dei popoli ugro-finnici, cacciatori e pescatori, e solo a sud della Daugava, nell'attuale Semgallia e Curlandia meridionali, è possibile accertare, circa verso il 2000 a. C., un'invasione degli antichi Baltici, popolo agricolo con asce da barche e con ceramica a corda. Anche nell'età del bronzo (1500-500 a. C.), la Livonia con la sua lavorazione in osso, che si allaccia alla remota antichità, rimane sempre ugro-finnica, mentre nel sud dell'attuale Lettonia le tribù baltiche si erano avanzate già fino alla Daugava, alla vallata di Abawa e alla Wenta, portando con sé una civiltà del bronzo nel tipo di quella della Prussia Orientale. Verso la fine dell'età del bronzo si trovano sepolcri con casse di pietra, i quali sono in uso ancora nella preistorica età del ferro (dal 500 a. C. alla nascita di Cristo) e dai quali si sviluppano i lavori di pietra delle tribù estoni nell'antica età del ferro (nasc. Cristo-400 d. C.). Verso il 100 d. C. tribù baltiche orientali (lettone-lituane) traversano la Daugava e conquistano tutta la Livonia meridionale, fatto attestato dalle loro tombe a monticelli con pietre disposte in cerchio e dai loro seppellimenti dei morti di quei tempi. Verso il 200 d. C., accanto al popolo lettone baltico orientale, si è formata nella vallata di Lielupe, grazie all'influenza dei Curoni Baltici Occidentali (nell'attuale Curlandia SE. e nel territorio di Memel) anche la tribù semgallica dei Lettoni Baltici Orientali. Sono caratteristici per la civiltà lettone di questi tempi i ricchi ornamenti di bronzo (soprattutto collane con pendenti a tromba e a palla, spille con pendenti a catena e braccialetti) e i molti oggetti di ferro riposti nelle tombe (asce sottili, punte di lancia, falci e coltelli), i quali attestano il benessere di quel paese di laboriosi agricoltori. Specialmente la roncola, l'ascia sottile e i varî spilli distinguono questa civiltà baltica orientale da quella curonica del Baltico Occidentale. Nella media età del ferro (400-800 d. C.) in tutti i territorî lettoni, soprattutto nella seconda metà del periodo, i luoghi di sepoltura non si trovano in foreste distanti dagli abitati, ma presso le abitazioni; sui poggi di sepoltura non si vedono più le pietre disposte in cerchio e in seguito questi stessi poggi si fanno più piatti e cedono il posto a tombe basse. Dappertutto vige l'inumazione; solo presso i Curoni la cremazione comincia nella seconda metà di questo periodo e viene poi sempre usata nei tempi successivi. Verso il 600 i Lettoni penetrano ancora di più verso il nord nella Livonia, forse sotto la pressione degli Slavi. I secoli VII e VIII sono contraddistinti da ricchi adornamenti in argento e da una serie di nuove forme di fibbie di spille, di braccialetti e di collane, che per la maggior parte fanno vedere l'influenza dei paesi di Memel e della Scandinavia (difatti nella città commerciale curonica di Seeberg, tra il 650 e l'800 v'era una considerevole colonia di commercianti del Gottland e della Svezia centrale). E se Cassiodoro, Giordane e Eginardo, parlando dei Baltici Occidentali, li chiamano "Aesti" o "Aisti", che abitano presso il Baltico e che corrispondono ai "Chori" di Rimbert, gli Annales Ryenses nominano già verso l'870 d. C. anche Semgallia, il cui porto era noto già verso il 1040 d. C. sotto il nome di Simkala, come un importante centro commerciale.

Nella più recente età del ferro (800-1200) i Lettoni conquistarono la Livonia quasi fino all'attuale confine della Lettonia; ma già verso l'800 d. C. dovettero cedere una piccola striscia di terra sulla riva orientale del golfo di Riga ai Livoni ugro-finnici, i quali, a quanto sembra, erano stati spinti dai Curoni fuori dalla Curlandia settentrionale. Mentre nel territorio curonico in questo tempo l'usanza della cremazione si diffondeva sempre più, nei territori delle tribù lettoni, dei Letgalli e dei Semgalli continuava il rito della inumazione che ci ha conservato resti mirabili di vestiario, lavorati in spirali di bronzo e con anelli di latta abbronzata, il più notevole monumento della cultura lettone antica. Ricchi adornamenti per il capo (bende frontali in spirali di bronzo e anelli), collane, catene, come anche fibbie, braccialetti e anelli dànno una chiara idea del modo di vestirsi di quei tempi; e le monete arabe (725-1014), bizantine (868-1014), anglosassoni e danesi (804-1040) e tedesche (823-1180, e anche più recenti), accanto ai carri di origine orientale, trovati in numero considerevole in tutti i territorî lettoni, offrono il quadro di una ricca vita commerciale.

Storia. - Il nome di Livonia fu attribuito fino al 1561 ai paesi situati sulle rive orientali del Mare Baltico, fra il fiume Narva e il fiume Memel. Gli abitanti più antichi della regione erano popoli ugro-finnici, rimasti tuttora nella parte settentrionale; dal sud, diretti verso il nord e verso l'est, penetrarono invece nella Livonia, successivamente, le tribù dei Lettoni. I Livoni, che abitavano le rive del golfo di Riga, furono lettonizzati già in ed storica.

Data l'importanza della Livonia per i rapporti fra i popoli nordici e quelli orientali, in essa penetrarono più volte, venendo dal mare, gli Scandinavi (Danesi e Svedesi), che assoggettarono per un certo tempo la Livonia riducendola tributaria (tempi dei Vichingi); dall'oriente i Russi; dal sud i Lituani. L'espansione tedesca, verso oriente, ebbe immediate ripercussioni in Livonia. Il sacerdote Meinhard ottenne dopo il 1180 dal principe di Polock il permesso di predicare il cattolicismo lungo il fiume Daugava (Dvina), mentre alcuni territorî lettoni avevano già accolto la fede ortodossa. Meinhard, più tardi vescovo, iniziò pure la costruzione dei castelli di pietra in Livonia. Il vescovo Bertoldo (1196-1198) fu il primo crociato entrato in Livonia e cadde sul campo di battaglia. Il vescovo Alberto (1199-1229, v.) fondò Riga (1201) e cominciò a introdurre un certo ordine nel paese, giovandosi sul principio dell'aiuto dei Crociati, e più tardi (1202) dell'ordine dei Portaspada o di Livonia (fratres militariae Christi). Prima egli sottomise i Livoni (Livones), che abitavano lungo le rive del golfo di Riga, non arrivando forse fino al Kolksrags (la lingua di terra di Kolk), ma spingendosi verso nord fino a Onojägi. Il principe dei Livoni Kanpo si fece battezzare e prestò il suo aiuto ai tedeschi per altre conquiste. Venne poi il turno dei Lettoni (Letti sive Letgalli) il cui territorio si stendeva, a sud di quello degli Estoni e fino all'attuale confine russo a ovest; e dei Seloni (Selones), che abitavano a sud della Daugava. Per ultimi caddero i Curoni (Cori, Curones), i quali abitavano lungo le rive occidentali del Baltico, e i Semgalli, lungo il corso del fiume Lielupe (Aa della Curlandia).

La sottomissione di questi popoli non fu facile, poiché le popolazioni indigene, soprattutto i Curoni e Semgalli, opposero accanita resistenza; il paese di questi ultimi poté essere occupato solo quando i suoi abitanti furono sistematicamente sterminati. Durante tali lotte di conquista i cavalieri crociati ebbero spesso a subire delle sconfitte, quale quella del 1236 nella quale venne distrutto l'esercito dell'Ordine dai Semgalli, e il resto dovette unirsi all'Ordine teutonico (1237) per continuare la conquista. La lotta ebbe fine con alcuni accordi, secondo i quali i Curoni e i Semgalli, nelle questioni riguardanti la proprietà dei terreni e l'eredità, ottennero gli stessi diritti dei conquistatori, mantenendo anche i loro tribunali regolati secondo le antiche usanze giuridiche. Così finì la conquista della parte lettone della Livonia.

Gli Estoni, i quali erano meno frazionati in tribù che i Lettoni, si erano difesi ancora più fieramente. Quando il vescovo Alberto vide di non potere vincere gli Estoni con le proprie forze, si rivolse ai Danesi, i quali conoscevano già da lungo tempo la Livonia e la consideravano come naturale campo della loro espansione. Il loro re Valdemaro II venne nel 1219 in Estonia, sbarcò là dove oggi è Tallinn (Reval), vinse con molta fatica le forze armate degli Estoni e fondò nel 1220 la citta. I Danesi non intendevano naturalmente consegnare il paese conquistato al vescovo di Riga, e perciò l'Ordine a sua volta si affrettò ad attaccare l'Estonia dal sud. In tal modo gli Estoni si trovarono fra due fuochi e furono costretti ad arrendersi tanto ai Danesi quanto all'Ordine. Ma già nel 1223 seguì un sollevamento generale degli Estoni, i quali chiamarono in aiuto i Russi. Questa sollevazione venne domata con grande spargimento di sangue. Ancora più grandiosa fu la rivolta del 1243. Cominciò nei dintorni di Tallinn e di là si sparse sugli altri territorî. I Danesi poterono conservare solo Tallinn. Essi chiamarono in aiuto i loro nemici di prima, i cavalieri dell'Ordine, i quali riuscirono a soffocare la ribellione. Ma i Danesi, vedendo di non potere conservare il loro dominio nell'Estonia vendettero nel 1246 i loro possessi in Livonia. Da allora la Livonia fu riunita sotto il potere della Chiesa e dell'Ordine.

Dal punto di vista giuridico la Livonia faceva parte dell'impero germanico (feudi statali dell'anno 1207), ma nello stesso tempo era un possesso della Chiesa. In teoria il capo supremo della Livonia era il vescovo di Riga (arcivescovo dal 1255), il quale era pure principe immediato tedesco; egli aveva suffraganei in Dorpat, sull'isola Samö, Curlandia e anche fuori della Livonia. Accanto all'arcivescovo vi era l'Ordine teutonico che teneva in suo possesso i 2/3 di tutto il territorio della Curlandia e fuori 1/3, insieme con i territorî comprati dai Danesi.

L'Ordine mirava ad acquistare una potenza assoluta nel paese, per cui sorse fra l'Ordine e l'arcivescovo una lotta tenace, combattuta nel paese con armi e violenze, a Roma con intrighi. La lotta durò per il corso dei secoli XIV e XV. La vittoria finale toccò all'Ordine; nel 1394 il papa autorizzò il nuovo arcivescovo, Giovanni di Wallenrodt, a entrare nell'Ordine teutonico. L'Ordine ottenne la vittoria anche sul vescovo di Dorpat e sulle città, soprattutto su Riga, che si era opposta per lungo tempo tanto all'arcivescovo quanto all'Ordine. Nonostante queste vittorie, in Livonia non fu mai raggiunta una completa unità statale: la Chiesa (i vescovi), l'Ordine e le città, formavano una ben poco unita confederazione nella quale i tre diversi elementi erano uniti fra loro soprattutto da interessi militari. L'ultimo periodo del governo dell'Ordine fu al principio del sec. XVI, quando Volter von Pletenberg (1494-1535) era gran maestro. Nel 1502 egli respinse e vinse i Russi procurando la pace per i successivi 50 anni.

Nel territorio conquistato, sia in quello del vescovo, sia in quello dell'Ordine, vennero dei vassalli, in gran parte dalla Germania, in particolare dei cavalieri, e anche dei rappresentanti di altri ceti, ma non dei contadini. Fra questi vassalli non mancarono anche gli antichi Lettoni ed Estoni. I territorî dei vescovi vennero tutti distribuiti come feudi, mentre quelli dell'Ordine solo in parte, poiché l'altra parte fu presa dall'amministrazione dell'Ordine, cioè dai comandanti dei castelli fortificati. Giacché i feudatarî erano molto spesso in discordia fra loro, accadeva sempre più di sovente che i vassalli riuscissero a strappare sempre maggiori diritti sui loro feudi, come anche sui loro contadini. Ben presto i vassalli acquistarono coscienza dell'unità dei loro interessi e difesero in comune la loro causa. Così nel 1259 in un ricorso fatto al re di Danimarca essi si chiamavano "universitas vassallorumı. Alla fine del sec. XIII si può constatare l'esistenza del Landesrat; nel sec. XIV vennero fondati i consigli vescovili (Bischofsräte) ed ebbero inizio le riunioni dei Landesherren, con la partecipazione degli stati; ma nel 1422 la riunione dei Landesherren stabilì di convocare ogni anno la Dieta, a cui parteciparono più tardi i rappresentanti del clero, dell'Ordine, i vassalli e i rappresentanti delle città. Sul principio vi si deliberava solo su questioni economiche, ma più tardi si trattarono anche questioni politiche e legislative. Le relative decisioni venivano prese senza ricorrere alla votazione, ma cercando di arrivare a un accordo generale.

I Lettoni e gli Estoni, che dopo la conquista godevano ancora libertà personale ed economica, presto perdettero prima quella economica e poi quella giuridica e vennero in diretta dipendenza del loro signore, il proprietario del terreno. Come tributi vennero imposti ai contadini sul principio le decime e certe prestazioni di servizio (non gravose) militari e stradali; ma presto questi furono sostituiti da altri tributi, che spesso arrivavano al quarto di tutta la rendita, e l'obbligo dei servizî, soprattutto agricoli, si fece sempre più gravoso. Anche la giustizia era caduta interamente nelle mani del proprietario terriero. Le guerre continue, le continue discordie tra i signori, le gravose imposte, rovinarono completamente i contadini, li indebitarono e in ultimo fecero di loro degli schiavi dei loro creditori, i proprietarî terrieri. Da questa grave situazione i contadini si sottraevano con la fuga. Allora si cominciò a fissare i contadini alla gleba. Nel sec. XV i proprietarî terrieri ottennero anche il potere supremo giuridico sui loro contadini. Il contadino libero fu ridotto alla condizione di servo della gleba.

Dopo che l'Ordine ebbe raggiunto nel sec. XVI il massimo della sua potenza, esso cominciò a decadere (v. ordine teutonico) specialmente per opera dei nemici esterni, soprattutto i Russi, i quali, organizzati da Ivan IV, fecero nel 1558 un'invasione nella Livonia, devastando orribilmente il paese. L'aiuto poteva venire solo dalla Polonia, ma essa chiedeva compensi territoriali. Quindi l'ultimo maestro dell'Ordine concluse un trattato, per cui la Curlandia diventava un ducato, feudo della Polonia, il cui duca era il maestro dell'Ordine, Gottardo Ketteler; gli altri territorî passavano, dopo la liberazione, sotto la dipendenza diretta della Polonia. Solo la parte della Livonia abitata dagli Estoni si era arresa alla Svezia. Così era finita l'indipendenza politica della Livonia, ed essa si frazionò in tre parti. Dopo una lunga lotta coi Russi, il paese venne conquistato nel 1582 dalla Polonia; ma la pace non venne ancora. Gli Svedesi, comandati da Gustavo Adolfo II, s'impossessarono di Riga e occuparono anche la Livonia (1621-1625); così tutta la parte nordica della Livonia, fino alla Daugava, passò sotto la Svezia. Questa cercò di migliorare la condizione dei contadini, che erano caduti in completa dipendenza della nobiltà terriera. Non fu possibile liberare i contadini dalla schiavitù della gleba; tuttavia, verso la fine del sec. XVII, il re di Svezia, Carlo XI, aveva diminuito la potenza della nobiltà. Nel 1700 cominciò la grande guerra nordica, in seguito alla quale la Livonia venne ceduta alla Russia (1710); tuttavia la Curlandia rimase indipendente fino al 1795.

I Russi ristabilirono gli antichi diritti della nobiltà e ne aggiunsero dei nuovi: la nobiltà, che venne a esercitare un vero dominio, possedeva solo dei diritti, mentre gli altri ceti, soprattutto i contadini, avevano solo i doveri. Alla fine del sec. XVIII i contadini vennero ridotti in tale schiavitù, che perfino il governo russo si vide costretto a immischiarsi nelle questioni sociali del paese. Nel 1804 fu promulgata una legge agraria, secondo la quale il contadino della Livonia, pure rimanendo schiavo della gleba, non poteva essere scacciato dal terreno coltivato da lui, senza una ragione giuridica, e gli venne concesso il diritto di acquistare delle proprietà. Alla nobiltà queste misure parvero troppo liberali, e perciò negli anni 1817-1819 venne concessa sì la libertà personale ai contadini, ma senza alcun diritto sul terreno, dovendo questo appartenere solo alla nobiltà. Il contadino doveva concludere un accordo con il proprietario terriero, in cui quest'ultimo aveva una completa libertà d'azione, ma per il contadino la libertà di trasferirsi su un altro terreno fu molto limitata fino dopo la metà del sec. XIX. Nel 1849 i contadini ottennero il diritto di acquistare terreno in proprietà privata, essi ricevettero il riconoscimento di certi diritti e nello stesso tempo si manifestarono i segni di un vivo risveglio nazionale fra le popolazioni della Livonia.