LISBONA

Enciclopedia Italiana (1934)

LISBONA (A. T., 39-40)

Giuseppe CARACI
Federico PFISTER
Joao BARREIRA
Angelo RIBEIRO

La capitale e la città più popolosa della Repubblica portoghese, e insieme la capitale più occidentale d'Europa (38° 42′ 24′′ N.; 9° 11′ 10″ O.). Lisbona (port. Lixboa, Lisboa) è l'Alis Ubbo dei Fenici, donde il suo nome che fu poi corrotto in Olissipo, in Ulisippo e Ulyssipo per una falsa leggendaria etimologia che ne attribuiva la fondazione ad Ulisse. La posizione di questo centro è strettamente determinata dalle condizioni naturali della regione in cui sorse e si sviluppò: regione che corrisponde al piatto bacino pliocenico del Portogallo meridionale, chiuso a S. dagli ondeggiamenti collinari dell'Algarve, a O. dal margine della meseta e a N. dalla massa granitica della Serra de Sintra, che fiancheggia da destra il corso terminale del Tago. Sulla riva opposta del fiume, l'aggetto, recente anch'esso (terziario), della Serra de Arrabida, costringe in un breve (12 km.) e angusto (2-3,5 km.) canale (Entrada do Tejo) le acque che a monte si espandono invece in un largo (in media 6-7 km.) specchio, corrispondente alla porzione non ancora alluvionata del bacino neogenico. Le sponde meridionali di questo, dove non sono alte e ripide, come fra Trafaria e Cacilhas, si frammentano in un capriccioso intaglio di sproni piatti, pantanosi (marinhas) e mutevoli col mutevole deporsi dei sedimenti, di cui la rapida corrente del fiume libera invece, radendola, la riva opposta. Su questa venne dunque sviluppandosi la città, al limite tra la rada interna (Mar da Palha) e il canale, per una lunghezza che oggi misura una ventina di km. (da Olivaes ad Algés), su una serie di terrazze con cui la Serra de Sintra scende all'estuario (punto culminante il Monsanto, 225 metri) e perciò ad anfiteatro, con una topografia mossa e accidentata, che conferisce non poco alla varietà del suo pittoresco.

Il castrum (Felicitas Iulia, sempre inferiore, in epoca romana, alla non lontana Emerita Augusta, oggi Merida), impiantato sull'attuale castello di S. Jorge, venne recinto in epoca visigota (secolo VI) da un cordone di mura sormontate da torri, in piccola parte conservate (Torredo Tombo); ma la cinta dovette essere allargata sulla fine del sec. XIV, e la città continuò a espandersi verso O. e verso N. fino a toccare il suo acme nel sec. XVI, con una estensione tuttavia neppure paragonabile all'odierna. Il terremoto del novembre 1755 e il contemporaneo maremoto cambiarono radicalmente l'aspetto di Lisbona. I quartieri che sorgevano sulle poco compatte assise arenacee del Terziario subirono danni gravissimi o furono del tutto rasi al suolo (città bassa); danni molto minori risentirono invece gli edifici impiantati sui calcari ippuritici del secondario e sui lembi basaltici che li separano dai terreni cenozoici. Si può comunque calcolare che oltre i due terzi della città divenissero inabitabili e l'impresa della sua ricostruzione, iniziata all'indomani della catastrofe dal Pombal, dovette essere continuata fino a mezzo il sec. XIX. Come risultato si ebbe la giustapposizione di una città nuova, a pianta geometrica (Baixa, oggi quartiere centrale), ai resti dell'antica Lisbona, l'Alfama (oggi quartiere orientale), che perpetua, col labirinto delle sue viuzze erte e tortuose, dei largos, delle escadinhas, delle calçadas, dei vicoli ciechi, chiusi fra mura verdastre e umidicce, il ricordo del centro medievale. La prima metà del sec. XIX segna d'altronde, per Lisbona come per tutto il paese, un periodo di stasi; la città riprende a svilupparsi dopo il '50, e con ritmo anche più accelerato. Le direttrici dell'espansione sono sempre l'O. e il N., sì che ormai non v'è più soluzione di continuità fra centro e sobborghi, da Algés a Olivaes, e verso l'interno fino a Lumiar, in modo che la superficie del centro urbano oltrepassa gli 8 mila ha. (quasi quanto Liverpool, che ha una popolazione più che doppia), ciò che si spiega col fatto che nelle nuove costruzioni prevalgono le piccole case di tipo tradizionale (portuguesas), e larghi spazî vengono riserbati a zone verdi e a viali.

I centri della vita economica restano però immutati: il Rocio (Praça de Don Pedro IV), il vero cuore della città (non lungi è la stazione centrale, la più grande delle sette che Lisbona possiede), e le vie che di qui conducono da un lato alla Praça do Comercio o Terreiro do Paço (Rua Aurea, R. Augusta, R. da Prata, ecc.), dove ha sede la maggior parte dei servizî pubblici, dall'altro ai due rimanenti quartieri O. e N., di cui il primo, che è anche il più popoloso (29% della popolazione totale), è ricco di edifici monumentali, di scuole e di giardini, mentre il secondo è fiancheggiato, tra la stazione e il gran Parque Eduardo VII, dalla famosa Avenida da Liberdade (lunga 1500 m., larga 90).

La popolazione di Lisbona, che all'epoca della conquista araba (sec. VIII) doveva superare di poco i 15 mila ab., toccava i 65 mila verso la metà del secolo XVI, i 100 un secolo dipoi, i 175 all'epoca del grande terremoto, i 187 nel 1878. Dopo il 1886 furono grandemente estesi i limiti della circoscrizione urbana e i censimenti diedero 301 mila ab. nel 1890, 357 nel 1900, 435 nel 1910, 490 nel 1920, 530 nel 1925, e 594.390 nel 1930. Numerosa la colonia straniera, che rappresenta (1930) il 2,3% del totale; vi prevalgono di gran lunga Spagnoli (8 mila, soprattutto galleghi, impiegati per lo più come facchini e domestici) e Brasiliani (2 mila: commercio minuto). Gl'Italiani erano 261 alla stessa data.

Lisbona è il massimo centro industriale e commerciale e il porto senza confronto più attivo della repubblica. Delle industrie sono sviluppate soprattutto (nell'ordine) le meccaniche, le alimentari, le tessili, quelle del legno e dei mobili, le suntuarie, le chimiche, la fabbricazione di navi e battelli da pesca, ecc. Il commercio si anima, oltre che dell'esportazione di numerosi prodotti locali (vini, olî, pesce salato, sughero, coloniali, ecc.) e dell'introduzione dei tre quarti circa delle importazioni destinate al paese, del traffico internazionale che qui fa scalo, data la posizione felice della città all'estremo occidente dell'Europa continentale. Ciò è evidente dalle proporzioni del tonnellaggio globale segnato dal porto: da 5-600 navi per 4 milioni di tonnellate nel 1870 a 2700 navi per 13 milioni di tonnellate nel 1931. Il movimento di passeggeri nell'ultimo quinquennio ha superato in media le 75 mila persone l'anno; Lisbona, oltre che punto di partenza di varie linee di navigazione (Madera, Azzorre, America Settentrionale, Brasile, Argentina, Angola, Africa orientale), è scalo di molte altre, provenienti dall'Europa settentrionale e occidentale. Il porto (8738 ha.) ha uno specchio d'acqua di 50 ha., 188 ha. di banchine con 23,5 km. di binarî. I transatlantici di qualunque stazza possono attraccare alle docas che si estendono per km. 6,6 da S. Apollonia a Belém e sono attrezzate secondo le moderne esigenze (la crisi mondiale ha ritardato l'inizio di grandi lavori di ampliamento dei moli verso E.).

Lisbona è anche il centro più attivo della vita intellettuale e artistica del Portogallo e possiede numerose istituzioni culturali: l'Accademia delle scienze, fondata nel 1779; l'Istituto batteriologico; la Stazione biologica, 1894; l'Acquario; la ricca Società geografica, 1875; l'Istituto luso-italiano, 1928; la Biblioteca nazionale con oltre 500 mila volumi e 10 mila manoscritti. Possiede anche un'università moderna (1911), che è la più frequentata della repubblica (1000 studenti), e un politecnico di pari data (con 300 studenti).

Buone le condizioni igieniche (l'acqua, che proviene da due acquedotti, è largamente distribuita anche in fontane pubbliche), e celebrato per la sua mitezza il clima: temperatura media annua (15°,3) come a Genova, ma con escursione meno accentuata (gennaio: 9°,6-agosto: 21°,2), precipitazioni non copiose e ben distribuite (726 mm.), grande limpidità di cielo, rarissimi i geli e le nevicate.

Le comunicazioni interne sono assicurate da un eccellente servizio di tram e di autobus, nonché da battelli sul Tago (sulla riva opposta è Barreiro, punto di partenza della rete ferroviaria del Portogallo meridionale); quelle aeree fanno capo ad Alverca, 29 km.. a NNE. dalla capitale, sul Tago. Lisbona è unita con cavi diretti alla Cornovaglia, a Vigo, Gibilterra, le Azzorre e Madera.

Monumenti. - Tra i diversi edifici della città antica che hanno lasciato memorie o vestigia, si devono ricordare il teatro, dedicato a Nerone da un sevir augustalis, scoperto presso S. Mamede nel 1798 (oggi non ne resta più traccia); due terme del sec. IV, l'una pure a S. Mamede e l'altra all'incrocio della Rua da Prata con Rua dos Retroseiros; due torri della cinta murale, l'una a S. Lourengo e l'altra all'incrocio di Rua dos Retroseiros con Rua dos Sapateiros.

La liberazione di Lisbona dal dominio arabo (sec. XII) coincide con l'apogeo dello stile romanico; sorse allora nella nuova città la cattedrale, su una delle colline che dominano il Tago, protetta dal castello e vicino all'antica cinta; ma essa fu molto danneggiata dal terremoto del 1755 e si può dire sia ora una rovina romanica in una veste del sec. XVIII. Vi si ritrova ancora la pianta generale a tre navate, con transetto, tiburio e torre a pianta ottagonale e tre absidi a cui fu aggiunto nel sec. XIV un deambulatorio con cappelle raggianti; nell'interno qualche sepolcro medievale a statue giacenti del defunto. Del sec. XIV è anche il chiostro, molto simile a quello di Alcobaga, con archi ogivali, con timpani traforati da rosoni; ha gli archi del piano superiore a pieno sesto (sec. XVI), imitanti il romanico. La facciata principale è costituita da due potenti torri che fiancheggiano il portale originario a capitelli istoriati; sopra di questo una loggia. Alla facciata settentrionale è addossata la cappella gotica di Bartolomeo Joanes, ricco commerciante, che vi ha un sontuoso sepolcro. La navatella di sinistra ha un portale a frontone di un tipo frequente nei monumenti portoghesi gotici (S. Francisco a Santarem, convento di Batalha, S. Francisco a Oporto). L'interno è di stile romanico di Alvernia, forse edificato dagli architetti della cattedrale di Coimbra, maestri Roberto e Bernardo. Vi si trova un presepe di terracotta, attribuito ad Antonio Ferreira (sec. XVIII), e nel tesoro numerose croci, calici, messali miniati, paramenti.

Dei monumenti gotici dell'antica Lisbona rimangono le rovine del convento del Carmine su una collina che domina l'attuale città bassa, con tre navate e tre absidi, molto danneggiate (1755): è attualmente sede dell'Associazione archeologica con un piccolo museo lapidario. Il monumento gotico più importante nello stile fiorito portoghese detto "manuelino" è il monastero dei Jeronimos fondato da re Manuel agl'inizî del sec. XVI a Belém, sobborgo di Lisbona, presso la spiaggia del Restelo da cui salpò nel 1497 Vasco da Gama per la scoperta della via marittima delle Indie. La chiesa a tre navate di uguale altezza è coperta di una sontuosa vòlta a nervature sostenuta da otto pilastri a pianta ottagonale, slanciati come tronchi di palme, i cui fianchi sono decorati da viticci in stile del Rinascimento. La vòlta del transetto è tra le più audaci dell'architettura moderna; essa ricade indipendentemente dai pilastri delle navate su sottilissimi sostegni. In fondo al transetto l'abside principale (fine del sec. XVI), opera di Jeronimo de Rouen, tutta in marmi rosa e grigio con urne funerarie, è il pantheon reale degli ultimi membri della dinastia di Aviz. È fiancheggiata da quattro cappelle di fastosa decorazione manuelina, in una delle quali si vede un S. Gerolamo di terracotta invetriata, già attribuito a Donatello. Notevoli i sepolcri di Camões e di Vasco da Gama, imitazioni moderne dello stile manuelino, e la sagrestia, ambiente quadrato con un pilastro centrale da cui s'irradiano le nervature della vòlta. La fastosa decorazione gotica e i motivi Rinascimento che coprono pilastri, finestre e cattedra, in contrasto con i fianchi robusti, spogli di ornati, conferiscono alla cattedrale un aspetto profano. Architetto ne fu il Boytac, forse francese (1502), e dopo il 1517 João de Castilho, di Biscaglia, che diede un forte impulso alla costruzione, mentre il portale principale era affidato allo scultore francese Nicolas Chanterène. Nella facciata principale, che è anche la più bella, dominano linee orizzontali calme e armoniose, divise in scomparti da candeliere scolpite nella cui decorazione prevale l'elemento vegetale. Il portale culmina nella statua della Madonna che sorge nel vano della grande finestra: apostoli, profeti, sibille, dottori della Chiesa si susseguono nei meandri della ricca decorazione gotica in un aggruppamento iconografico esprimente il sistema del pensiero medievale: re Manuel e la sua seconda consorte Maria sono in atto di adorare i loro santi protettori; intorno stanno gli evangelisti, gli apostoli, il martire portoghese S. Fernando e sotto la chiave di vòlta due angeli con lo scudo reale: sovrastano il tutto i gruppi dell'Annunciazione e dell'Adorazione dei Magi. Il chiostro dei Jeronimos è il più caratteristico dei chiostri portoghesi: in esso, lo spirito gotico e il Rinascimento si fondono in un'armonia intima. Alla struttura ogivale dalle possenti vòlte con merlettature e trafori di stile manuelino si addossano contrafforti a pianta quadrata con decorazioni classiche, tra cui si snodano archi a sesto rialzato. Al secondo piano gli archi hanno aspetto anche più aereo con gl'intradossi festonati in un grazioso movimento di steli. La decorazione a modanature gotiche dalle capricciose e pletoriche ondulazioni si compenetra ovunque alla calma regolarità della decorazione classica.

Sulle rive del Tago s'innalza il forte di S. Vincenzo, detto generalmente Torre di Belém, su un isolotto ora riunito alla riva. Si compone di un bastione a pianta ottagonale, coronato di merli, e con piccole guardiole angolari a cupola. La torre vera e propria ha tre piani a vòlte, l'ultimo con camminamento a caditoie. Nella decorazione abbondano gli elementi più caratteristici dello stile manuelino: archi policentrici, parapetti polilobati a curve e controcurve, sfere filettate, croci della forma propria dell'Ordine di Cristo; una corda annodata stringe i fianchi del bastione, quasi fosse una galeazza. Sembra il palazzo incantato dei tagidi di Camões.

Della chiesa della Conceição Velha fu risparmiata nel terremoto del 1755 soltanto la facciata laterale in Via Alfandega, con ricco portale di stile manuelino.

Dopo la morte del re Manuel lo spirito classico vinse il gotico e portò durante il regno di re Giovanni III a un primo Rinascimento. Si trovano dappertutto in Lisbona avanzi di edifici civili, di scaloni e di chiostri, capitelli ispirati all'arte fiorentina del Quattrocento. Circa la metà del secolo XVI (1549) fu innalzata nel sobborgo di Alcantara la chiesa di S. Amaro a pianta circolare con cupola semisferica, circondata in parte da un portico a pianta poligonale coperto d'una vòlta a nervature, d'aspetto ancora gotico. È un bello esemplare del primo Rinascimento.

Durante la seconda metà del sec. XVI gli architetti abbandonarono la leggiadria fiorentina per seguire i severi canoni dell'arte romana, noti dai trattati teorici di L. B. Alberti e del Serlio. L'altare principale d'epoca manuelina della chiesa dei Jeronimos fu demolito e sostituito da una cappella funeraria con vòlte a botte decorata di cassettoni, colonne ioniche e corinzie. Le urne della famiglia reale a ridosso delle pareti posano sulla schiena di elefanti, simbolo dell'Oriente conquistato, in una triste e gelida grandiosità.

Sulla fine del sec. XVI appare l'arte della Controriforma con le sue superficie a pannelli, gli spogli pilastri, le vòlte a cassettoni, la sommessa policromia dei marmi. L'italiano Filippo Terzi, i portoghesi Alvares, Tinoco, Frias costruirono a Lisbona delle chiese il cui tipo è conservato negli avanzi di S. Antonio, Desterro, S. Bento e nella chiesa dei gesuiti S. Roque, dalla superba vòlta lignea importata dalla Germania. In una delle cappelle laterali, ispirate alle principali chiese di Roma, restano gli "azuleios" (maioliche) del sec. XVI, firmate Francisco de Mattos. La più fastosa di quelle cappelle è quella di S. Giovanni Battista costruita nel 1742 a Roma per ordine di re Giovanni V e su progetto del Salvi e del Vanvitelli, tutta in ricchissimi marmi, con colonne di lapislazzuli, pilastri d'alabastro, balaustre di verde antico; al suo complesso collaborarono i più noti artisti romani dell'epoca. Le porte inquadrate di bronzo hanno mosaici d'agata. La cappella, montata a Roma, fu trasportata in Portogallo, dopo che il papa Benedetto XIV vi ebbe celebrato la messa, acmmpagnata dagli artisti che l'avevano eseguita e da essi nuovamente montata nel luogo attuale. Il suo gioiello è il lampadario, capolavoro d'oreficeria.

Si deve al Terzi o ai suoi aiuti il progetto di S. Vicente de Fóra, dall'ampia navata fiancheggiata da navate strette come corridoi. I pilastri sostengono un potente cornicione a cui s'innesta un'audace vòlta a botte con cassettoni di marmi policromi. La grande cupola del transetto crollò nel terremoto del 1785.

Al canone austero dell'arte della Controriforma seguì il Barocco e la sua predilezione per i profili curvilinei, le cimase sporgenti, le colonne salomoniche, le modanature accentuate. L'architetto João Antunes iniziò nel 1682 la costruzione di S. Engracia con pianta a croce greca iscritta in un quadrato: le braccia della croce, terminanti in absidi semicircolari, dovevano essere guarnite di quattro torri. Nei contrafforti terminanti in volute, nei potenti cornicioni, nelle nicchie dei frontoni ricurvi, nelle finestre cieche riecheggiano le forme dell'architettura michelangiolesca. Nell'interno ricchi marmi con graffiti compongono una sfarzosa policromia, che l'abbandono secolare ha rivestito di grigia uniformità. La chiesa non fu compiuta.

La reazione neoclassica s'impone in alcuni edifici del regno di Maria I. La leggenda voleva vedere accanto alla cattedrale la camera ove era nato S. Antonio; e sulle rovine della cappella distrutta dal terremoto Matheus Vicente elevò una piccola chiesa di bella semplicità in contrasto con la meschinità della facciata e della cupola. Dello stesso architetto è la basilica del Cuore di Gesù, nel quartiere occidentale dell'Estrella, con due campanili traforati come lanterne di metallo e una cupola imponente. Nell'interno, a una sola navata con cappelle laterali, sono il cenotafio della fondatrice Maria I e tele dell'italiano Pompeo Batoni. Nel quartiere d'Ajuda c'è un piccolo gioiello architettonico: la chiesa a croce greca detta della Memoria (o S. José), perché sorge sul luogo ove fu attentato alla vita di re José I.

Rimangono inoltre a Lisbona monumenti civili, chiostri, portali stemmati, finestre, testimonî della passata grandezza annientata dal terremoto del 1755. Dopo quella catastrofe il marchese di Pombal ricostruì la città. Risale a quell'epoca la Praça do Commercio, a porticati di stile neoclassico, magnifica sala di ricevimento sulle rive del Tago. Ha nel mezzo il monumento equestre a José I, su progetto di Eugenio dos Santos con sculture di Machado de Castro, il migliore scultore portoghese del secolo XVIII, autore del pittoresco presepio della basilica di Estrella. I gruppi che decorano il monumento, un po' manierati, si compongono in linea araldica.

Abbondano in Lisbona le piastrelle di maiolica che oltre a rivestire talvolta le navate delle chiese, decorano anche chiostri, scalee (celebre quella dell'ospedale di S. José, antico convento dei gesuiti, del Palazzo della Mitra, della Guia, ecc.) e appartamenti anche dei più modesti. Esse formano la decorazione tradizionale degl'interni portoghesi, in turchino e bianco o in una policromia vivace, a soggetti agiografici, storici, galanti, tratti dalla vita aristocratica del sec. XVIII.

Nel museo d'arte antica, c'è fra l'altro una preziosa collezione di pittura primitiva portoghese; nel Museo d'arte moderna, pitture e sculture portoghesi dalla metà del sec. XIX; il Museo delle carrozze vanta la più bella collezione di berline reali dei secoli XVII e XVIII, alcune offerte dal papa a Giovanni V. Nel Museo d'arte sacra, annesso alla chiesa di S. Rocco, guarnizioni d'altare in vermeil cesellate da artisti italiani appartenenti alla cappella di S. Giovanni Battista. Nel Museo d'artiglieria si trovano alcuni esemplari relativi all'attività militare portoghese specialmente in Oriente, come il celebre pezzo di Diu. La biblioteca e gli archivî nazionali hanno preziosi manoscritti miniati.

V. tavv. LIII e LIV.

Storia. - L'antica Olissipo era colonia dei Fenici. Municipio romano col nome di di Felicitas Julia, fu ascritta alla tribù Galeria e appartenne al Conventus Scalabitanus; fu capitale della provincia di Lusitania sino alla fondazione di Emerita Augusta, restò poi sempre la seconda città della provincia. A Emerita era unita da tre grandi strade militari; una quarta, per Scalabis, portava a Bracara Augusta e di là a Iria Flavia e ad Asturica Augusta.

Nel 468 Lisbona cadde in potere dei Germani. Gli Svevi, che avevano fondato un regno nella Gallecia (attuale Galizia), scesero per conquistare Olissipo. Ma i Visigoti, che già si erano impossessati di una parte dei dominî svevi, tagliarono loro il passo e presero la città. Allorché, nel 711, gli Arabi passarono dall'Africa nella penisola e sconfissero Rodrigo, ultimo re visigoto, Lisbona divenne uno degli emporî commerciali islamici. Al principio del sec. IX il re cristiano Alfonso II il Casto raggiunse le rive del Tago e occupò varie volte la città di Lisbona, che però alla fine rimase ancora sotto il dominio musulmano.

Ferdinando il Grande di León portò la frontiera dei suoi stati al Mondego e suo figlio Alfonso VI raggiunse a sua volta il Tago, conquistando Lisbona, che poco dopo perdeva nuovamente. Solo col primo re' di Portogallo, Alfonso Henrique, Lisbona, chiamata allora Olissibona o Lissabona, venne definitivamente conquistata.

La bellezza panoramica della città, la mitezza del clima, il commercio considerevole di oggetti lavorati in oro e argento, e d'ogni specie di articoli di lusso, convertì la città, i cui abitanti ammontavano a circa 15.000, cifra per quei tempi molto notevole, in un sontuoso bazar, in una metropoli di piaceri e di lusso, dai costumi dissoluti.

La conquista di una tale città era un'impresa troppo allettante per Alfonso Henrique e per i suoi ricos-homens. Già nel 1140 l'aveva tentata, ricorrendo all'aiuto dei crociati francesi che, con 70 navi, passavano dinnanzi alla costa portoghese diretti in Palestina. Ma l'impresa non riuscì.

Nel 1147 riprende l'offensiva: varca la frontiera meridionale dei suoi stati, ch'era sulla linea Ourem e Tomar, e di sorpresa si impossessa di Santarem. Poco dopo viene a conoscenza che una flotta di crociati, composta di 220 navi, era entrata nella foce del Douro (giugno 1147). Erano Germani delle coste del Mare del Nord e del Reno, Inglesi, Scozzesi, Fiamminghi, Lorenesi, Normanni, Bretoni e Aquitani. La flotta proveniva da Dartmouth dove erano raccolti i crociati che dovevano riunirsi agli eserciti di Luigi VII re di Francia e di Corrado III di Germania. Alfonso I di Portogallo propose loro la partecipazione all'impresa in cambio del bottino. L'esercito portoghese venne per terra e occupò il lato settentrionale, mentre i crociati proseguirono per mare, fino all'estuario del Tago. L'assedio durò dal 28 giugno al 24 ottobre, giorno nel quale la città fu perduta per sempre dagli Arabi.

Nel 1245 un gruppo di nobili e di ecclesiastici, d'accordo con la curia romana, organizzò una cospirazione contro il monarca allora regnante, Sancho II, in favore di un fratello di lui, Alfonso, che, deposto Sancho di Portogallo e sbarcato a Lisbona, col favore della città, fu poi acclamato re e andò a risiedere a Lisbona, che da allora fu la capitale del paese.

Ferdinando I, in guerra con la Castiglia (1373), vide gran parte della città completamente in mano del suo antagonista, Enrico II, quando questi l'assediò, e terminata la guerra risolse d'innalzare una seconda cerchia di mura, molto più vasta.

Giovanni I, fatto re per una cospirazione nella quale ebbe parte importante la borghesia di Lisbona, difese la città dal re di Castiglia (pure Giovanni I) pretendente al trono portoghese. Alla metà del sec. XV, quando per la morte del re Edoardo la reggenza passò alla regina, una principessa aragonese, la borghesia di Lisbona s'impose nuovamente, esigendo che il governo fosse dato a Pedro, duca di Coimbra, fratello del re e di Enrico il Navigatore.

Alla fine del sec. XV e al principio del sec. XVI, epoca delle grandi scoperte e delle grandi navigazioni, Lisbona, prima del massimo fiorire di Anversa, fu il maggiore emporio commerciale europeo, a cui convenivano mercanti e banchieri da ogni parte.

Vi approdavano le navi provenienti dalle Indie e dal Brasile, cariche d'oro e di spezierie. Però in questo periodo di grandezza, la città ebbe a sopportare varie calamità. Nel 1506 il popolo, eccitato dalla predicazione di un frate, fece una strage feroce di Ebrei, i quali, in seguito al decreto di espulsione di Manuel I, si erano battezzati e avevano così potuto stabilirsi nella città. Tre terremoti devastarono Lisbona, nel 1531, nel 1551 e nel 1597. In quest'ultimo una delle sette colline su cui sorgeva la città si fendette profondamente causando numerose vittime.

Nel 1640 Lisbona fu teatro di un'altra rivoluzione, che bandì dal Portogallo la dominazione dei re castigliani e restaurò il governo nazionale, innalzando al trono il duca di Braganza (Giovanni IV).

Il 1° novembre del 1755 un nuovo terremoto, seguito da incendio, causò la distruzione di parte della città. Il marchese di Pombal ministro di José I, diresse i lavori di riedificazione della parte bassa della città, secondo un piano grandioso.

Al principio del sec. XIX Lisbona soffrì le conseguenze delle invasioni napoleoniche, essendo stata sede del governo di Junot, che impose alla città un tributo di due milioni di franchi (1807).

Il 15 settembre 1820 scoppiava a Lisbona una rivoluzione costituzionalista, secondando quella che poco prima era scoppiata a Oporto. Fu instaurato un regime parlamentare. Nelle lotte che seguirono fra assolutisti e costituzionalisti L. soffrì varie vicissitudini, come sede del governo del re assolutista Miguel, e venne conquistata infine dai liberali (1833). Il 1° febbraio 1908 nella Praça do Commercio di Lisbona Carlo I e il principe ereditario Luigi Filippo furono assassinati di ritorno da Villa Viçosa.

Due anni dopo, il 5 ottobre 1910, le forze della marina, dell'esercito e dei popolani armati organizzarono quella rivoluzione che doveva avere per risultato la deposizione dal trono di Manuel II e la proclamazione del regime repubblicano.

Il trattato di Lisbona. - Firmato il 13 febbraio 1668, pose fine alla lunga guerra causata dalla rivoluzione di Lisbona (1640) con la quale i Portoghesi si liberarono dal dominio spagnolo, a cui avevano soggiaciuto fin dal tempo di Filippo II (1580). La guerra, detta di restaurazione, durò 26 anni. Quando Luigi XIV invase le Fiandre (1667) essendo stata da poco conclusa un'allenza offensiva e difensiva col Portogallo, sperò che questo, già vittorioso a Montes Claros, impegnasse la Spagna alla sua frontiera, impedendole così di soccorrere efficacemente le Fiandre. Ma la Spagna si affrettò a firmare la pace con il Portogallo, e il reggente portoghese Pedro abbandonò la Francia Con il trattato, la Spagna riconobbe finalmente l'indipendenza del Portogallo.

Bibl.: Freire de Oliveira, Elementos para a historia do Municipio de Lisboa, Lisbona 1855-98; J. De Castilho, Lisboa antiga, Lisbona 1890; A. Haupt, Lissabon und Umgebung, Francoforte 1890; A. Dayot, Lisbonne, Parigi 1892; J. De Castilho, A ribeira de Lisboa, Lisbona 1893; Leite de Vasconcellos, Antig. de Lisboa, in O archeol. Portug., 1805, p. 246, e 1900, p. 282; A. Haupt, Lissabon und Cintra, Lipsia 1913; Matos Sequeira, Lisboa, Lisbona 1929; V. Ribeiro, A velha Lisboa, e as estudos de archeologia, Lisbona 1915; R. Proença, Portugal, Madere, îles Azores, Parigi 1931; id., Lisboa, Oporto s. a.; F. Pellati, I monumenti del Portogallo romano, in Historia (1931), p. 196 segg.

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