BALTICHE, LINGUE

Enciclopedia Italiana (1930)

BALTICHE, LINGUE

Giuseppe CIARDI-DUPRE'

. Il ramo baltico della famiglia linguistica indoeuropea è rappresentato presentemente da due sole lingue: il lituano e il lettone. Di un'altra lingua baltica, parlata un tempo dal popolo che diede il nome alla Prussia ed estintasi nel secolo decimosettimo, restano alcuni documenti che hanno permesso di ricostruirne almeno parzialmente il lessico e la grammatica. Queste tre lingue sono molto simili fra loro; ma le affinità del prussiano rispetto al lituano e al lettone sono meno strette di quelle che collegano tra loro le due lingue viventi. Le lingue baltiche sono parlate oggi complessivamente da oltre quattro milioni di persone (computando gli emigrati che si presumono ancora in possesso dell'idioma materno). Il numero approssimativo dei parlanti lituano si può valutare a z.700.000 (di cui 1.780.000 entro gli attuali confini della repubblica di Lituania, circa 420.000 negli stati limitrofi e in altri paesi europei, e circa mezzo milione negli Stati Uniti d'America). Parlano lettone circa un milione e mezzo di persone, ossia la maggior parte degli abitanti della repubblica di Lettonia. Mancano dati statistici sicuri per l'antico prussiano. Si hanno tracce di altre lingue baltiche, che si estinsero senza lasciare documenti. Delle lingue dei Curi e dei Sudavi-Jatvingi abbiamo qualche reliquia, mentre di quelle dei Seli e dei Zemgali restano soltanto nomi geografici; di quella degli Scial(a)vi rimangono anche nomi di persona (circa 200). Sembra che i Curi, da cui ebbe nome la Curlandia, fossero una popolazione intermedia fra Lituani e Letti, ma più affine a questi che a quelli; dal 1700 sono confusi con i Letti. A giudicare dai toponimi, sembra che la lingua dei Zemgali, i quali nel sec. XIII occupavano il bacino dell'Aa (lett. Liẽlupe), fosse una varietà del lettone, cui si rannodava pure strettamente il linguaggio dei Seli, dimoranti un tempo sulla riva sinistra della Daugawa (Dvina) nel tratto che si stende di contro alla confluenza della Ewst (Aiviekste). I Sudavi, che probabilmente formavano la sezione più occidentale del popolo jatvingio, e gli Scialavi, o Scialvi, erano stirpi prussiane.

La documentazione delle lingue baltiche data da pochi secoli. Il più antico documento della lingua prussiana, e delle lingue baltiche in genere, consiste in un glossario tedesco-prussiano (802 vocaboli) pervenutoci in una copia eseguita alla fine del sec. XIV (o all'inizio del sec. XV) da un originale che si ritiene scritto qualche decennio prima; il più antico testo prussiano è una versione del catechismo di Lutero pubblicata in duplice redazione nel 1545. Il più antico testo lituano è un catechismo luterano edito nel 1547; i più antichi testi lettoni sono un catechismo cattolico del 1585 e un catechismo luterano del 1586. Insignificanti reliquie dell'una e dell'altra lingua ci riportano indietro di pochi anni.

Tuttavia le lingue baltiche, specie la lituana, serbano un aspetto così arcaico che permette di raffrontarle con le più antiche forme linguistiche della famiglia indoeuropea. Si notino, per esempio, le voci lituane dūmai "fumo" (sanscrito dhūmaḥ, latino fūmus), gývas "vivo" (sanscr. jīvah, lat. vīvus da *gvīvos), sūnus "figlio" (sanscr. sūnuḥ, da cui il gotico sunus, ted. Sohn, differisce solo nella quantia della prima sillaba), výras "uomo" (sanscr. vīraḥ, lat. vir da *vĭros), ẽsti "è" (sanscr. asti, greco ἐστί, lat. est). In generale nelle lingue baltiche il vocalismo originario è più fedelmente conservato che in tutte le altre lingue viventi indoeuropee. Le lingue baltiche serbano alcune caratteristiche dell'antica accentuazione indoeuropea: l'esistenza di differenti intonazioni (viva nel lituano e nel lettone e attestata anche per il prussiano) e la libertà di movimento dell'accento nella parola (nel lituano, mentre nel lettone l'accento sí è fissato sulla sillaba iniziale). È notevole la coincidenza d'accento fra lituano e greco in un certo numero di forme grammaticali, per es. nella flessione dei temi nominali femminili uscenti in ā: lituano mergà "ragazza", gen. mergõs: gr. ϑεά, gen. ϑεᾶς. Nella declinazione le lingue baltiche, come le slave, distinguono nel singolare sette casi, corrispondenti agli otto casi della declinazione sanscrita. Il sistema verbale indoeuropeo appare invece profondamente trasformato nelle lingue baltiche. La coniugazione baltica si fonda sul contrasto fra tema di presente e tema di preterito. Storicamente il preterito baltico risponde all'aoristo passivo forte del greco, mentre le forme corrispondenti all'imperfetto, all'aoristo sigmatico ed al perfetto indoeuropeo (greco, sanscrito) sono scomparse. Esiste un futuro, caratterizzato, come il futuro greco, da un elemento formale contenente il suono s (p. es.: lituano stósiu da stóti "stare", dèksiu da dèkti "ardere"; lett. bûšu da būt "essere", duôšu da duôt "dare"). Accanto alla voce attiva del verbo si formò una voce riflessiva (mentre il passivo si esprime perifrasticamente come in italiano). Notevole il fatto che nelle lingue baltiche, in tutte le forme del verbo, la 3a persona ha per il singolare e il plurale un'espressione unica. Il lessico baltico è ricco di voci tolte in prestito alle lingue slave e al tedesco.

L'appartenenza delle lingue baltiche alla famiglia indoeuropea fu riconosciuta dallo stesso fondatore della grammatica comparata indoeuropea, F. Bopp, e da A. F. Pott nella prima metà del secolo decimonono, ma la loro precisa posizione in seno alla famiglia è tuttora argomento di discussione fra i glottologi. In tutte le lingue indoeuropee, le più affini alle baltiche sono indubbiamente le slave. K. Brugmann (Grundriss der vergleichenden Grammatik der indog. Sprachen, I, 2a ed. Strasburgo 1897, p. 20 segg., e Kurze vergleichende Grammatik, Strasburgo 1904, § 18) segnalò otto punti nei quali si accordano il baltico e lo slavo: 1. uguale trattamento dei fonemi í e (n sonante e r sonante); 2. semplificazione delle consonanti geminate fra vocali; 3. creazione della "forma determinata" dell'aggettivo per mezzo del pronome indoeur. *jos; 4. passaggio dei participî caratterizzati da -nt- alla flessione -jo nella maggior parte dei "casi"; 5. passaggio dei temi nominali consonantici alla flessione -i- nel locativo plurale e nei casi la cui desinenza contiene m; 6. estensione del t iniziale al nominativo singolare maschile (lit. tàs, slavo ) e femminile (o rispettivamente ta) del pronome dimostrativo indoeur. *so (s), femm. *sā: 7. creazione del dativo lit. mánei, slavo mĭnĭ "a me" sul modello del genitivo lit. manè, slavo mene "di me"; 8. sostituzione della forma di ablativo alla forma di genitivo singolare nel paradigma dei temi nominali uscenti in indoeur. -o- (lituano -a-).

Che le lingue baltiche e le slave si rassomiglino strettamente, nessuno contesta; la discrepanza delle opinioni riguarda il modo d'interpretare storicamente le loro somiglianze. Per lungo tempo fu opinione comune che le affinità fra i due gruppi linguistici attestino l'esistenza d'un periodo unitario baltoslavo intermedio fra la più antica unità linguistica indoeuropea e il successivo differenziamento dei due tipi, baltico e slavo. Una diversa opinione sostiene A. Meillet in una serie di lavori pubblicati dal 1905 in poi. Secondo il Meillet lo slavo e il baltico sono due tipi linguistici che, rampollati da uno stesso gruppo dialettale indoeuropeo, si svolsero in condizioni uguali, subirono le stesse influenze e furono parlati in regioni la cui contiguità permetteva frequenti comunicazioni tra i rispettivi abitanti. Le numerose somiglianze tra baltico e slavo, secondo l'eminente glottologo francese, si possono spiegare dal parallelismo del loro sviluppo e quindi non valgono a dimostrare l'esistenza d'una unità baltoslava posteriore all'unità indoeuropea. Alle idee del Meillet si accostano quelle dell'Endzelin, il quale, pur ammettendo una serie di concordanze baltoslave (che solo in parte corrispondono a quelle notate dal Brugmann), ritiene che non sia lecito parlare d'una vera e propria lingua baltoslava, da cui le lingue baltiche e le slave si sarebbero distaccate, e che più verosimilmente si possa immaginare esistita soltanto un'epoca d'intime relazioni scambievoli fra due forme di linguaggio originariamente distinte. Invece J. Rozwadowski ritiene dimostrata l'unità baltoslava; ma poiché di contro a numerose concordanze i due tipi linguistici presentano alcune innegabili divergenze, pensa che queste siano il prodotto di un'epoca in cui i due nuclei etnici, baltico e slavo, avevano perduto il contatto, e perciò suppone tre fasi successive nello sviluppo dei loro linguaggi: I. l'originaria unità baltoslava che avrebbe durato fino al terzo millennio a. C.; 2. un'epoca in cui il tipo linguistico baltico e il tipo slavo si sarebbero svolti indipendentemente (2° e 1° millennio a. C.); 3. un'epoca iniziatasi con l'èra cristiana o poco appresso, in cui i Baltici e gli Slavi avrebbero riacquistato quel contatto che dura ancora e che ha il suo riflesso nella storia meno antica delle rispettive lingue. A. Brückner, strenuo sostenitore dell'unità baltoslava, attribuisce molta importanza alle concordanze lessicali fra i due gruppi linguistici, le quali non si limitano alla parte radicale dei vocaboli, ma si estendono a tutti gli elementi della loro struttura, e sono così numerose e caratteristiche da non potersi concepire se non come il risultato d'un comune processo di formazione delle parole iniziatosi in età remota e continuato senza interruzioni per lungo volgere di tempo. Alla dottrina tradizionale, che trovò anche nel Porzeziński un valido difensore contro le obiezioni del Meillet, aderiscono pure il Trautmann e il van Wijk. Concludendo, possiamo ritenere che l'affinità riconosciuta fra lingue baltiche e lingue slave non sia essenzialmente diversa da quella che passa fra lingue indiane e lingue iraniche. Sui particolari si può discutere; ulteriori indagini rivolte a determinati fenomeni, come quelle di N. van Wijk sulle "intonazioni", potranno far luce su qualche aspetto del problema; ma verosimilmente qualche punto resterà sempre oscuro. Lo stesso Meillet riconosce che il problema baltoslavo non comporta una soluzione certa e definitiva, mancando un criterio che ci permetta di distinguere, nei tratti comuni ai due gruppi, ciò che necessariamente suppone un periodo di comunanza linguistica da ciò che si spiega ammettendo sviluppi paralleli ma indipendenti. Non si deve dimenticare che la documentazione delle lingue slave comincia, press'a poco, duemila anni più tardi di quella delle lingue arie (indoiraniche), e che quella delle lingue baltiche è ancora più tarda. Senza dubbio l'unità linguistica indoiranica non apparirebbe così certa e perspicua se il glottologo, per dimostrarla, non avesse altro mezzo che il confronto fra le odierne favelle dell'India e dell'Iran.

Bibl.: Sulle lingue baltiche in generale: G. Gerullis, Baltische Völker, § Sprache, in M. Ebert, Reallexikon der Vorgeschichte, Berlino, I (1924); F. Specht, Baltische Sprachen, in Stand und Aufgaben der Sprachwissenschaft, Heidelberg 1924; A. Brückner, Das Litauische und seine Verwandten, in W. Streitberg, Geschichte der indogerm. Sprachwissenschaft, Strasburgo 1917; K. Buga, Die Vorgeschichte der aistischen (baltischen) Stämme im Lichte der Ortsnamenforschung, in Streitberg-Festgabe, Lipsia 1924. - Per le tracce di lingue baltiche estinte si può vedere anche: J. Endzelin, Über die Nationalität der Kuren, in Finnisch-ugrische Forschungen, XII (1912); G. Gerullis, Zur Sprache der Sudauer-Jatwinger, in Festschrift A. Bezzenberger, Gottinga 1921; R. Trautmann, Über die sprachliche Stellung der Schalwen, nella citata Streitberg-Festgabe.

Una grammatica comparata delle lingue baltiche non è stata ancora scritta; può sostituirla per ora: J. Endzelin, Lettische Grammatik, Heidelberg 1923. Il lessico baltico è illustrato con il raffronto dello slavo da R. Trautmann, Baltisch-slavisches Wörterbuch, Gottinga 1923. Sulle parole d'origine straniera nelle lingue baltiche: A. Brückner, Litu-slavische Studien, Weimar 1877; A. Senn, Germanische Lehnwortstudien, Heidelberg 1925. - La bibliografia speciale delle singole lingue baltiche sarà data ai rispettivi articoli (lettonia, lituania, prussiani).

Sul problema delle relazioni baltoslave: A. Meillet, Études sur l'étymologie et le vocabulaire du vieux-slave, II, Parigi 1905; id., Les dialectes indoeuropéens, Parigi 1908 (2ª ed. 1922); id., in Rocznik Slawistyczny (Annali slavistici), V (1912); id., Le Slave commun, Parigi 1924; id., Le problème e de l'unité balto-slave, in Revue des Études Slaves, V (1925); W. Porzeziński, Die baltischslavische Sprachgemeinschaft, in Rocz. Slaw., IV (1911); J. Endzelin, Slavjanobaltijskije etjudy, Charkov 1911; J. Rozwadowski, O pierwotnym stosunku wzajemnym jeyków baltyckich i slowiańskich, in Rocz. Slaw., V (1912); N. Jokl, in Archiv für slav. Philologie, XXXV (1913); A. Brückner, Die litu slavische Spracheinheit, in Zeitschr. für vergl. Sprachforschung, XLVI (1914); id., in Gesch. d. indog. Sprachw. (v. sopra); N. van Wijk, Baltisch-slavische Probleme, Groninga 1913; id., Die baltischen und slavischen Akzent und Intonationssysteme, Amsterdam, Verhandelingen d. K. Akademie van Wetenschappen, Afd. Letterkunde, n. s., XXIII, ii (1923); O. Schrader, Reallexikon der indogerm. Altertumskunde (2ª ed. curata da A. Nehring), II, Berlino 1925-28.

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