LIBERATO da Rieti

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 65 (2005)

LIBERATO da Rieti (Liberato di Benedetto)

Cristina Ranucci

Non si conosce l'anno di nascita di L., il cui nome accompagnato dalla qualifica di pittore e dall'indicazione del luogo di nascita, Rieti, compare per la prima volta in un atto notarile datato 3 maggio 1432.

Si tratta di un testamento redatto dal L. alla presenza del notaio Pietro di ser Grimaldo, dal quale risulta che egli era figlio di tale Benedetto di Cola di Rainaldo, già morto al momento della stesura dell'atto, e di Filippa (Verani, 1971, pp. 53 s.). Sulla base di questo documento, è stata proposta una data di nascita attorno al 1404-07 (Verani, 1971, p. 11, e 2003, p. 52).

L'attività artistica di L. è variamente documentata.

In una breve nota del 3 ag. 1434 venne registrato il pagamento da parte del camerlengato del Comune di Rieti di 1 ducato in acconto per un dipinto raffigurante S. Giovanni Battista e per lo stemma del duca di Milano (Verani, 1971, pp. 12, 55); il 1° maggio 1441 "magister Liberatus de Reate" firmò e datò un affresco sulla parete di fondo della cappella della famiglia Grimaldi nella chiesa di S. Domenico a Rieti (Palmegiani, 1924, p. 351; Verani, 1971, p. 9); il 14 ott. 1449, ricevette 1 ducato per aver eseguito gli stemmi di papa Niccolò V (Tommaso Parentucelli) e del Comune di Rieti (ibid., pp. 13, 65); infine, il 1° genn 1453 "magister Liberatus Benedicti" stipulò un contratto con gli amministratori della chiesa di S. Nicola per una tavola destinata a essere "retrostandam altarj dicte ecclesie" (ibid., pp. 13, 65 s.).

Nel 1454 il L. chiese al Comune di Rieti l'esenzione dal pagamento delle imposte, richiesta che venne soddisfatta in cambio di lavori di pittura per un importo pari a 2 ducati; in quello stesso anno redasse un ulteriore testamento, dove confermò di voler essere seppellito nella chiesa di S. Domenico a Rieti indicando come esecutrice testamentaria sua moglie Caterina, dalla quale aveva avuto i figli Galiana e Ludovico (ibid., pp. 13, 67-70).

Perdute le opere eseguite per il Comune di Rieti e la tavola destinata alla chiesa di S. Nicola, solo l'affresco realizzato nella parete di fondo della cappella della famiglia Grimaldi nella chiesa di S. Domenico permette di tracciare un profilo della figura e della produzione di Liberato.

Casualmente scoperto nel 1924 dietro a un muro eretto forse nel tardo Cinquecento per chiudere la cappella (Palmegiani, 1924, p. 347; Verani, 1971, p. 18), attorno al 1966 a causa del cattivo stato in cui versava la chiesa venne strappato dalla parete, trasportato su tela e quindi trasferito nel Museo civico di Rieti, dove attualmente si trova (Mortari; Millesimi, p. 63). L'affresco raffigura La strage degli innocenti e, nella lunetta sovrastante, Cristo Crocifisso fra la Vergine Maria e l'apostolo Giovanni. Le due scene sono inquadrate da una finta cornice scultorea e distinte l'una dall'altra da un architrave caratterizzato da una dentellatura in prospettiva. L'iscrizione che ricorda il nome dell'esecutore e la data corre nella fascia inferiore. Considerata espressione di una cultura di matrice tardogotica o gotico-cortese di area umbro-marchigiana, sostanzialmente indifferente alle proposte stilistiche dei pittori reatini e laziali contemporanei, e non aliena da citazioni trecentesche, tratte in particolare dalla decorazione pittorica della basilica inferiore di Assisi (Verani, 1971, p. 14), l'opera di L. è stata poi ritenuta strettamente dipendente dai modelli formali e compositivi tardogiotteschi di ambito assisiate e in particolare dall'arte di Pietro Lorenzetti e toscana in generale (Pellizzari, p. 35).

Seppure dubitativamente, viene attribuito a L. un grande affresco già nell'aula capitolare del convento di S. Agostino a Rieti, da qui strappato nel 1973 e trasferito all'interno della chiesa agostiniana, che rappresenta la Crocifissione e, sulla sinistra, Giuseppe d'Arimatea chiede a Pilato la salma di Gesù. Si tratta di un'opera dai tratti profondamente trecenteschi, ma dai valori cromatici e compositivi giudicati affini al dipinto autografo di L., ricondotta agli anni 1430-32 e dunque considerata testimonianza dell'attività giovanile del pittore (Verani, 1976; Pellizzari, p. 38). All'interno della chiesa di S. Domenico sono state assegnate a L. le storie di un santo e di una santa dipinte nella cappella Alemanni, databili attorno al 1441 per le analogie stilistiche esistenti con gli affreschi della cappella Grimaldi (Verani, 2003, p. 52). Il cattivo stato di conservazione di queste pitture ha impedito un riesame critico dell'attribuzione che tuttavia viene accolta considerando sia il lavoro qui già svolto da L., sia il particolare legame esistente fra il pittore e la comunità religiosa di S. Domenico, attestato dai due testamenti dell'artista (Pellizzari, p. 38). Vengono, infine, tradizionalmente riferiti a L. una Strage degli innocenti, la Visitazione e i santi Giacomo minore e Francesco d'Assisi affrescati rispettivamente sulla lunetta e sulla parete di testata del transetto destro della chiesa abbaziale di S. Salvatore a Soffena presso Castelfranco di Sopra (Arezzo). La proposta di riconoscere la mano di L. nei dipinti di Soffena fu avanzata per la prima volta da Luciano Berti soprattutto sulla base di una iscrizione frammentaria nella quale compare la parola "Re[-]te", interpretata come elemento superstite della firma del pittore: "magister Liberatus pictor de Reate". Questa attribuzione è stata poi accolta da Verani (1971, pp. 26-28), che sempre sulla base della scritta pervenuta propone una datazione attorno agli anni 1454-65, quando l'artista non è menzionato in alcun documento del Comune reatino. Secondo Pellizzari, che accetta l'attribuzione (p. 36), gli affreschi di Soffena rappresentano nel percorso stilistico di L. un momento di passaggio da modalità formali sostanzialmente linearistiche a una fase in cui i valori dello spazio, della volumetria e della corporeità sono accolti con maggiore consapevolezza grazie allo studio del Rinascimento fiorentino e in particolare della produzione di Masaccio, la cui arte è comunque intesa in chiave provinciale e sostanzialmente arcaicizzante. Diversamente, Donati riconduce i dipinti di Soffena a un anonimo maestro di origini toscane, autore di un finto trittico affrescato nella prepositura di Bibbiena, e perciò denominato Maestro di Bibbiena. Secondo lo studioso, infatti, nella produzione reatina di L. s'intravedono una formazione ancorata a modelli del primo Trecento di ambito locale e un gusto essenzialmente decorativo ispirato all'arte dei fratelli Salimbeni e di Gentile da Fabriano; una cultura assente negli affreschi di Soffena, dove la conoscenza delle leggi della prospettiva e della rappresentazione spaziale imporrebbero d'ipotizzare - qualora li si volesse riferire a L. - un iter "dai salti espressivi inimmaginabili e improponibili". Donati contesta quindi anche l'interpretazione della parola frammentaria, proponendo di scioglierla in "rette".

Non si conosce la data di morte di Liberato. Si sa però che il 17 ott. 1465 risultava essere già defunto (Verani, 1971, pp. 11, 70).

Fonti e Bibl.: F. Palmegiani, Gli affreschi nell'antica chiesa di S. Domenico a Rieti, in Terra sabina, II (1924), pp. 349-351; R. Van Marle, The development of the Italian schools of painting, VIII, The Hague 1927, pp. 385 s. n. 1; F. Palmegiani, Rieti e la regione sabina, Roma 1932, pp. 272 s., fig. p. 274; Opere d'arte in Sabina dall'XI al XVII secolo (catal., Rieti), a cura di L. Mortari, Roma 1957, p. 11; L. Mortari, in Restauri in Sabina. Mostra delle opere restaurate in Sabina dalle Soprintendenze ai monumenti ed alle gallerie del Lazio (catal.), Rieti 1966, p. 46, tavv. 24-25; L. Berti, La badia di Soffena, Firenze 1969, passim; C. Verani, Maestro Liberato di Benedetto di Cola di Rainaldo da Rieti, Rieti 1971; Id., Un affresco di maestro Liberato in S. Agostino di Rieti, in Rieti, 1976, n. 10/2, pp. 277-320; S. Pellizzari, La pittura a Rieti nella prima metà del Quattrocento, in Aspetti dell'arte del Quattrocento a Rieti (catal., Rieti), a cura di A. Costamagna - L. Scalabroni, Roma 1981, pp. 35-38, figg. 18, 20, 21 (con bibl.); A. Sbrilli, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, II, Milano 1987, p. 665; P.P. Donati, Il Maestro di Bibbiena: tra Lorenzo Monaco e Alvaro Pirez, in Paragone, XLII (1991), 501, pp. 59 s.; I. Millesimi, Catalogo delle opere del Museo civico di Rieti, in T. Leggio et al., Il Museo civico di Rieti, Rieti 1993, pp. 62-64; I luoghi della fede. Il Casentino e il Valdarno superiore, a cura di L. Speranza, Milano 2000, p. 163; C. Verani, Gli affreschi nella chiesa di S. Domenico in Rieti, in R. Messina, Affreschi nelle chiese della provincia di Rieti, Rieti 2003, pp. 48-52; Id., La cappella della Ss. Annunziata e i suoi dipinti murali, ibid., p. 69.

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