Libano

Enciclopedia Dantesca (1970)

Libano

Adolfo Cecilia

Catena montuosa della regione siriacopalestinese, il cui nome in arabo suona Gebel el-Lubnān. È citato in Pg XXX 11 e un di loro, quasi da ciel messo, / ‛ Veni, sponsa, de Libano ' cantando / gridò tre volte, e tutti li altri appresso, ove D. ripete, per bocca di un beato, un verso del Cantico dei Cantici (4, 8 " Veni de Libano, sponsa mea, / veni de Libano, veni, coronaberis; / de capite Amana, de vertice Sanir et Hermon, / de cubilibus leonum, de montibus pardorum "): la sposa invocata, per adattamento dell'allegoria universale, è Beatrice, la donna che col benefico influsso del suo amore aveva indirizzato il poeta sulla via del vero bene (Mattalia).

Nei versetti del Cantico è nominato il monte Hermon (oggi Èrmon) appartenente alla catena dell'Antilibano (Gebel esh-Sharqī in arabo), che è posta a oriente di quella del L., da questa divisa da una fossa tettonica: è quindi da accettare quanto sostiene il Toynbee (Dictionary), e cioè che il termine L. del Cantico è comprensivo di ambedue le catene montuose.

La citazione del L. è interpretata come metaforica da molti commentatori antichi: così l'Ottimo (" Libano è uno monte nella provincia di Fenicia ed in Ebreo è interpretato ‛ candidamento ', in Grecia ‛ incenso ' "), Pietro (" de Libano, idest de coelo "), Chiose Selmi (" e Libano è un monte che mena incenso "), l'Anonimo (" ciò è, di candore "), Buti (" lo quale significa lo stato della Sinagoga, lo quale era altissimo a quel tempo "), Serravalle (" quasi dicatur ‛ Veni sponsa odorifera mea ' "), Lombardi (" cielo, inteso pe 'l monte Libano ").

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

TAG

Cantico dei cantici

Antilibano

Allegoria

Arabo