VOLTA, Leopoldo Cammillo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 100 (2020)

VOLTA, Leopoldo Cammillo

Costanza Bertolotti

– Nacque a Mantova il 23 ottobre 1751 da Catterina Cecilia Signorini e dal notaio Giuseppe Ottaviano, entrambi appartenenti a illustri famiglie.

Ebbe come fratelli Massimo Antonio, Andrea (morto nel dicembre del 1796) e Giovanni Serafino Melchiorre (1754-1842), naturalista e paleontologo.

Studiò presso il Regio arciducale ginnasio di Mantova, dove fu allievo di Angelo Petrozzani e dove nel febbraio del 1773 conseguì la laurea in diritto civile e canonico. Nel 1775 il padre lo inviò a Vienna «a viepiù confermarlo nella giurisprudenza» (Arrivabene, 1975, p. 172).

Volta aveva tuttavia precocemente concepito una viva passione per le lettere antiche e moderne. Il 18 novembre 1770, presso l’accademia privata dei Lisitelei, da lui stesso fondata, declamò le Memorie sul problema, messo a concorso dalla Reale Accademia di scienze e belle lettere di Mantova, «se la Poesia influisca nel bene dello stato e come possa essere oggetto della Politica» (il manoscritto è conservato in Archivio di Stato di Mantova, Documenti patrii raccolti da Carlo d’Arco, b. 48, cc. 118-132).

Se l’ideale quivi propugnato di una poesia educatrice che contribuisca alla pubblica felicità riflette una generica adesione agli ideali dell’Illuminismo, il richiamo all’autorità dei classici, la rivendicazione del «vincolo tenace» che congiunge la poesia alle altre scienze e la valorizzazione della sua forza immaginativa e affettiva appaiono in consonanza con gli orientamenti filosofici prevalenti in seno alla Reale Accademia di scienze e belle Lettere (a cui Volta fu ascritto nel 1174), caratterizzati dall’associazione di «motivi sensistici ad intonazioni classicistiche tradizionali ed a suggestioni preromantiche» (M. Baldi, Filosofia e cultura a Mantova nella seconda metà del Settecento: i manoscritti filosofici dell’Accademia Virgiliana, Firenze 1979, p. 56).

Più in particolare, le idee espresse da Volta nella sua dissertazione mostrano una puntuale coincidenza con le istanze polemiche cui Saverio Bettinelli aveva dato voce sin dal 1758 nelle sue Lettere di Virgilio agli Arcadi, sferzando da una parte la pretesa dei moderni poeti italiani di «voler [...] scuotere il giogo dell’antichità», dall’altra la proliferazione di cattivi poeti (Lettere virgiliane e inglesi e altri scritti critici, a cura di V.E. Alfieri, Bari 1930, p. 5). Nello scritto Delle lettere e delle arti mantovane. Discorsi due accademici ed annotazioni (Mantova 1774), che attesta un consolidato rapporto tra i due, Bettinelli definì Volta «giovine pieno di cortesia non meno che di sapere anche in istoria patria letteraria» (ibid., p. 125). Le ricerche storiche dedicate da Volta in quel torno di tempo alle figure del riformatore religioso s. Giovanni Buono e del giurista mantovano Bonifacio Bufalini, nonché agli statuti del Comune di Mantova apparivano dettate dallo stesso «amor di patria» (ibid., p. V) che aveva ispirato i due discorsi di Bettinelli, concorrendo al tempo stesso alla rivalutazione controilluministica del passato medievale, nella quale – come sosteneva l’abate – la libertà repubblicana aveva propiziato la rinascita delle scienze, delle arti, delle industrie e del commercio (ibid., p. 6). All’ideale municipalistico furono ispirati altri scritti composti da Volta negli anni Ottanta, tra i quali ci limitiamo a ricordare Dell’origine della zecca di Mantova e delle prime monete di essa (Bologna 1782) e il Saggio storico-critico sulla tipografia mantovana del secolo XV (in Raccolta ferrarese di opuscoli scientifici e letterari, XIX, Venezia 1787, pp. 89-128).

Al 1774 risale anche la sua collaborazione ai Diari per l’anno, piccoli almanacchi editi a Mantova dal 1730 al 1806, che Volta disseminò di notizie di storia patria «onde questa a poco a poco vi si andasse diffondendo, e gl’indotti particolarmente la imparassero senza il bisogno di svolgere volumi molti ed enormi, e pagare a caro prezzo l’acquisto delle utili cognizioni» (Cristofori, 1823, pp. 20 s.). Le ricerche storiche di Volta confluirono successivamente nei primi due tomi del Compendio cronologico-critico della storia di Mantova dalla sua fondazione sino ai nostri tempi, editi a Mantova nel 1807 e nel 1827 (i successivi volumi furono redatti da Giuseppe Arrivabene): l’opera, dal piglio divulgativo, fu assai popolare e si trovava «nelle mani dell’operaio, come sul tavolo dello studioso» (Intra, 1879, p. 23).

Nel 1773 Volta era entrato a far parte, con il nome di Acato Evoetico, della Colonia virgiliana dell’Accademia dell’Arcadia, esistente in Mantova prima dell’istituzione della Reale Accademia e a essa accorpata nel 1767 (Gli Arcadi dal 1690 al 1800. Onomasticon, a cura di A.M. Giorgetti Vichi, Roma 1977, ad nomen).

Tre le prime prove poetiche di Volta si annoverano la canzone Il felicissimo soggiorno in Mantova delle Loro Altezze Reali il serenissimo Ferdinando Carlo Arciduca d’Austria [...] e la serenissima principessa sua consorte Maria Beatrice d’Este (Mantova 1772) e il Panegirico in versi alla sacra cesarea reale apostolica maestà di Maria Teresa imperadrice regina pubblicato nel giorno della sua nascita (Mantova 1774); tali componimenti, la cui vacuità encomiastica appare ben lontana dall’ideale di poesia civile vagheggiato nello scritto del 1770, sono tuttavia importanti attestazioni dell’adesione di Volta alle iniziative riformatrici promosse dalla monarchia asburgica nei campi dell’industria, del commercio, degli studi e delle belle arti.

Tra il 1776 e il 1779 Volta soggiornò a Vienna, dove frequentò alcuni letterati italiani tra cui Pietro Metastasio, che gli indirizzò in seguito lettere affettuose (Opere, XIX, Mantova 1820, ad indicem) e proseguì alcune ricerche storico-letterarie già avviate. Tra queste le Considerazioni sulla origine del corrompimento del buon gusto nella letteratura Italiana del secolo XVII (il manoscritto è conservato presso l’Archivo di Stato di Mantova, Documenti patrii raccolti da Carlo d’Arco, b. 48).

Le sue vaste competenze e l’appoggio di Joseph von Sperges, consigliere imperiale per gli affari d’Italia, gli valsero, al suo rientro a Mantova nell’autunno del 1779, la nomina a segretario della Delegazione dei conti e a prefetto della costituenda Regia biblioteca. Questo secondo incarico Volta «sostenne con trasporto d’amore fino alla morte» (Archivio di Stato di Mantova, C. d’Arco, Annotazioni genealogiche, p. 344). Dal primo fu invece rimosso nel 1786 allorché, dopo l’annessione del Mantovano al Milanese, fu nominato segretario della Congregazione municipale. Nello stesso anno fu affidato alla sua cura anche il Museo d’antichità, adiacente alla biblioteca. I dissidi ben presto insorti tra Volta e Giovan Battista Gherardo d’Arco – dal quale, in quanto regio intendente e al contempo prefetto dell’Accademia, dipendevano sia la biblioteca sia il museo – dissimulavano sotto la forma di un conflitto di competenze la pervicace resistenza che la nobiltà mantovana, arroccata nella Congregazione municipale di cui Volta faceva parte, oppose alle riforme giuseppine, di cui l’intendente d’Arco era stato a Mantova l’energico fautore ed esecutore (Arco, Carlo d’, in Dizionario biografico degli Italiani, III, Roma 1961, pp. 787 s.).

Nel 1790 la successione al trono di Leopoldo II alimentò in una parte del patriziato la speranza che Mantova fosse nuovamente resa autonoma da Milano. A tal fine all’inizio di marzo, in occasione del soggiorno a Mantova del nuovo sovrano, i nobili conservatori gli umiliarono una supplica, nella cui redazione Volta ebbe una parte di primo piano (Mantova, Biblioteca comunale Teresiana, ms. 1007, f. 6, lettera del 2 aprile 1790).

Le lettere di quest’epoca documentano peraltro una più ampia avversione alle novità del progetto riformatore di Giuseppe II: la visita a Mantova del nuovo sovrano – scriveva Volta a don Antonio Fortunati il 5 marzo 1790 – «ha fatto nascere molte belle speranze a favore de’ poveri Mantovani che lo hanno supplicato a segregarli dal Milanese. [...] Qui tutti siamo consolatissimi e speriamo di veder rovesciati da capo a fondo tutti i nuovi sistemi che ci hanno apportato sì grave danno. Anche in materia di cose ecclesiastiche si è egli espresso di togliere tutte le novità come perniciose alla religione e allo stato» (Mantova, Biblioteca comunale Teresiana, ms. 1007, f. 6).

Dell’involuzione in senso reazionario delle idee di Volta sono una testimonianza anche i due fogli da lui redatti: il Giornale della letteratura straniera (Mantova 1793) si proponeva di promuovere il «progresso delle utili cognizioni» e al contempo di impedire la diffusione in Italia dei giornali francesi che contenevano «il midollo di non pochi libri insidiosi e fatali alla Religione e allo Stato» (Introduzione, ibid., I, 1793, s.p.); il Giornale della letteratura italiana (Mantova 1793-1795) intendeva «contribuire [...] al decoro e ai progressi della nazionale Letteratura» (Introduzione, ibid., I, 1793, s.p.), prefigurando un’embrionale identità nazionale affidata alle lettere.

Siglata il 2 febbraio 1797 la resa di Mantova ai Francesi, all’inizio di marzo Volta entrò a far parte – controvoglia, a suo dire – della Congregazione municipale presieduta dal suo maestro Petrozzani, la quale annoverava, accanto a esponenti repubblicani democratici, anche nobili, professionisti e letterati di idee moderate, sui quali Napoleone Bonaparte contava al fine di normalizzare la situazione politica (R. Giusti, Dalla presa di Mantova (1797) alla prima guerra di indipendenza (1848-1849), in Mantova. La storia, III, Da Guglielmo III duca alla fine della seconda guerra mondiale, a cura di L. Mazzoldi - R. Giusti - R. Salvatori, Mantova 1963, pp. 262-340). Nel luglio successivo il cosiddetto colpo di Stato attuato dai repubblicani democratici portò all’istituzione dell’Amministrazione di Stato e all’esautorazione della Municipalità, ridotta a un mero corpo civico. In questo periodo Volta condivise le feste e gli apparati in onore di Virgilio promossi da Alexandre Miollis, governatore della città, ma ne criticò l’eccessivo sfarzo e la dispendiosità (Elogio storico dell’architetto Paolo Pozzo, in Archivio di Stato di Mantova, Documenti patrii raccolti da Carlo d’Arco, b. 48). Tra l’aprile e il maggio del 1798, accusato di attaccamento all’antico governo, fu estromesso dalla Municipalità e destituito dall’incarico di pubblico bibliotecario (gli atti del processo in Archivio di Stato di Milano, Studi p.a., b. 23). Iniziato nella primavera del 1799 l’assedio di Mantova da parte degli austro-russi, fu tra i quattordici cittadini deportati dai francesi presso le linee nemiche (L.M. Predaval, Saggio della rigenerazione apportata dai Francesi all’Italia, contenente la deportazione di quattordici cittadini durante l’assedio di Mantova, Mantova 1796).

Dopo il ritorno dei francesi Volta fu da Miollis posto a capo di una commissione incaricata di raccogliere in un museo monumenti e opere d’arte; a lui spetta il merito di aver sventato il furto e curato il restauro del dipinto di Pieter Paul Rubens, La Trinità adorata dalla famiglia Gonzaga, che aveva subito gravi danni a causa dell’occupazione da parte delle truppe francesi della chiesa della Ss. Trinità. Rappresentante dell’Accademia nel Collegio dei dotti, ai Comizi di Lione invocò invano provvedimenti a favore delle istituzioni culturali mantovane. Sempre controvoglia accettò nel 1803 l’incarico di segretario dell’Amministrazione municipale, della quale l’anno seguente fu nominato presidente. Per tali incarichi ricevette un’indennità di 3000 lire annue. Nessun compenso gli fu invece corrisposto per le funzioni di bibliotecario che aveva ripreso a espletare dal 1802. Del consolidamento e dell’ingrandimento della Biblioteca comunale egli fu il principale artefice: per essa continuò negli anni seguenti a reclamare risorse e provvidenze e a essa nel 1809 donò i manoscritti e il carteggio di Saveio Bettinelli che aveva ricevuto in eredità. Per dedicarsi interamente a questo impiego Volta rinunziò quell’anno anche alla cattedra di belle lettere e storia che deteneva nel liceo.

Nel 1814 fece parte della delegazione che, presieduta dal marchese Luigi Cavriani, si recò a Vienna per ottenere dall’imperatore il ripristino dell’autonomia dell’antico ducato. L’auspicio che formulava in quei frangenti che si facesse guerra ai principi di Napoleone dimostra come Volta partecipasse della radicalità reazionaria che distinse la delegazione mantovana rispetto a quelle delle altre province. Le sue proposte furono in particolare rivolte a ottenere da parte del governo una rinnovata valorizzazione dell’Accademia mantovana che dai francesi era stata considerata «come cosa da nulla» (Progetto per ristabilire la R. Accademia di Scienze, belle Lettere ed Arti di Mantova sulla forma delle migliori d’Europa, ms. in Mantova, Archivio storico dell’Accademia nazionale Virgiliana, Serie lettere di accademici, b. 12).

Nominato nel 1817 direttore del liceo, mantenne tale incarico fino alla morte, avvenuta a Mantova il 25 aprile 1823.

Fonti e Bibl.: Notizie sulla famiglia Volta, sulla biografia e sugli scritti di Leopoldo Cammillo si desumono, oltre che dai registri parrocchiali dell’anno 1751 (Archivio storico comunale di Mantova, Fondo anagrafe antica), da A. Cristofori, Elogio dell’avvocato L.C. V., Mantova 1823; G.C. Gentili, V., L.C., in E. De Tipaldo, Biografia degli Italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII, e de’ contemporanei, VIII, Venezia 1841, pp. 158-160; G. Arrivabene, Compendio della storia di Mantova (1799-1847), a cura di R. Giusti, Mantova 1975, pp. 172-175; C. d’Arco, Annotazioni genealogiche di famiglie mantovane che possono servire alla esatta compilazione della storia di queste, VII, e Notizie delle Accademie, dei giornali e delle tipografie che furono in Mantova e di circa mille scrittori mantovani vissuti dal secolo XIV fino al presente (esclusi i viventi), colla indicazione di molte loro opere tanto stampate che inedite, II, manoscritti conservati presso l’Archivio di Stato di Mantova. Presso quest’ultimo si conservano i lavori manoscritti di Volta (Documenti patrii raccolti da Carlo d’Arco, b. 48), le lettere di Volta a Carlo d’Arco (ibid., b. 208), i due testamenti di Volta del 1804 e del 1823 (Archivio notarile, bb. 5938A e 5283). La bibliografia completa di Volta è ricostruita da Chiara Pinotti in L.C. V., erudito mantovano del Settecento, tesi di laurea, Università degli studi di Padova, a.a. 1975-76, che analizza in particolare i rapporti epistolari tra Volta ed eruditi non mantovani, e il suo ruolo di bibliotecario; su quest’ultima attività si veda anche: C. Guerra, Introduzione alla storia della Biblioteca, in La Biblioteca Comunale Teresiana tra storia e futuro, Mantova 2014, pp. 15-34. Le notizie riferite in questa voce sono desunte principalmente dai carteggi e dai documenti conservati presso l’archivio dell’Accademia nazionale Virgiliana di Mantova, dove si vedano in particolare: b. 12 (Serie lettere di accademici) e b. 17 (Relazione sulla missione a Lione), e presso la Biblioteca comunale Teresiana di Mantova, dove si segnalano: Fondo Bettinelli, Serie Corrispondenti, f. 536; Fondo Negri, cart. 11, b. 7, f. 111; Fondo Arrivabene, Ms. 1018.2, f. 128; carteggio tra Volta e Antonio Ilario Fortunati, Ms. 1007, f. 6; Archivio Storico, Atti 1775-1809, b. 1; Atti 1810-1825, b. 2. I rapporti di Volta con il governo austriaco prima e con l’amministrazione francese poi sono documentati dalle carte conservate in Archivio di Stato di Milano, Autografi 159, 11-12; Studi p.a., b. 23, nonché in Österreichisches Staatsarchiv, Italien Spanischer Rat Mantua, Mantua Collectanea. Sui Diari per l’anno si veda G. Giusti, Gli almanacchi mantovani del XVIII secolo. Tra «guide del tempo» e guide della città, in Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano, LVIII (2005), 1, pp. 99-155. Sul Compendio cronologico-critico della storia di Mantova, oltre aG.B. Intra, Degli storici e dei cronisti mantovani, 1879, si veda Mantova. Le lettere, a cura di E. Faccioli, Mantova 1963, pp. 163-165.

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