LEONE XIII papa

Enciclopedia Italiana (1933)

LEONE XIII papa

Costanzo Maraldi

Vincenzo Gioacchino Pecci, nato a Carpineto Romano il 2 marzo 1810 dalla patrizia famiglia dei conti Pecci, devotissimi al papato, fece i primi studî nel collegio dei gesuiti in Viterbo, donde passò, nel 1824, al Collegio romano per poi essere ammesso (novembre 1832) all'Accademia dei nobili ecclesiastici, che preparava i giovani alle alte carriere della diplomazia e dell'amministrazione pontificia. Intanto fin dal 1830, come apprendista nella Congregazione degli affari ecclesiastici straordinarî, penetrava nel mondo vaticano, e, nello stesso tempo, frequentava la Sapienza, addestrando il finissimo ingegno negli ardui studî giuridici e teologici. Ordinato sacerdote il 31 dicembre 1837, il Pecci, due mesi dopo (febbraio 1838), fu da Gregorio XVI nominato delegato apostolico di Benevento, ove dovette affrontare una difficile situazione politico-economica, ripristinando energicamente la già vacillante autorità pontificia sulla popolazione beneventana, assai incline all'unione con il regno di Napoli, e reprimendo con severità sia il brigantaggio sia lo sviluppato novimento liberale mazziniano. Il Pecci rivelò per la prima volta doti di ottimo amministratore e di abile uomo politico, che poi riconfermò quando, nel 1841, passò a reggere l'importante delegazione di Perugia.

Nominato nel gennaio 1843 arcivescovo di Damiata, venne, nell'aprile dello stesso anno, inviato nunzio pontificio nel Belgio, ove la sua abilità diplomatica non riuscì se non in parte a superare gli ostacoli che l'atteggiamento del clero belga, influenzato dalle correnti lamennaisiane, e la politica intransigente del partito clericale frapposero all'azione prudente di lui. Richiamato in patria (luglio 1846), il Pecci dovette rinunciare alla carriera diplomatica e accettare il vescovato di Perugia, che egli resse per più di un trentennio, elevando il livello culturale del clero perugino e vivendo in mezzo al popolo, di cui comprese le vive esigenze economiche. Ma il fallimento della sua missione nel Belgio e la sua tacita disapprovazione della politica interna seguita dal card. Antonelli dopo il 1849 limitarono l'attività del Pecci al campo puramente religioso. Nominato cardinale nel 1857, il Pecci assistette agli avvenimenti del 1859-60 e, da convinto fautore del potere temporale, si oppose vivamente non solo all'annessione dell'Umbria al nuovo regno d'Italia, ma anche all'introduzione della legislazione ecclesiastica piemontese e del matrimonio civile. Tale rigido ed energico atteggiamento di protesta non gl'impedì tuttavia di mantenere rapporti corretti con le autorita politico-militari dell'Umbria e con lo stesso re Vittorio Emanuele II, procurandosi così se non proprio le simpatie, certo la benevolenza e la stima di molti autorevoli uomini della destra, che dividevano il giudizio espresso poi dal Bonghi alla vigilia dell'avvento del Pecci al pontificato, considerandolo come "uno dei più eletti ingegni del Sacro Collegio e delle nature meglio e più temperate e più sanamente vigorose che ne facciano parte".

L'ascesa del Pecci al pontificato fu dunque favorita non solo dalla sua accresciuta influenza nel Collegio cardinalizio in seguito alla nomina a camerlengo (1877), ma anche da quella notorietà di prelato moderno e temperato, da lui goduta nel mondo politico internazionale. E nel conclave del 18-20 febbraio 1878, i due terzi del collegio votarono per il Pecci, il quale il 20 febbraio accettò di salire al trono pontificio col nome di Leone XIII.

Il nuovo papa, fin dal 28 marzo 1878, in un'allocuzione concistoriale, dichiarò recisamente, ma senza quella asprezza già usata dal suo predecessore, di attendere "alla custodia fedele dei diritti e delle ragioni della Chiesa e della S. Sede Apostolica". Tale cambiamento di tono non significava affatto - come s'illudevano invece molti liberali moderati italiani - che L. intendesse iniziare una politica di conciliazione, o almeno di pratico riavvicinamento, verso il regno d'Italia. D'altra parte la permanenza al potere della sinistra e il conseguente rincrudirsi delle agitazioni anticlericali non potevano che inasprire la già viva tensione esistente tra la S. Sede e il governo italiano. E, fin dai primi mesi del pontificato, L. iniziò una vasta azione politico-diplomatica diretta a risollevare la posizione internazionale della Chiesa, non solo poggiando sui partiti clericali - di cui incoraggiò la riorganizzazione - ma anche migliorando i rapporti tra la S. Sede e i principali stati europei. A tal fine, mentre favorì, anzi consigliò l'avvicinamento dei cattolici francesi alla terza repubblica, trattò nello stesso tempo col Bismarck per impedire la totale applicazione delle famose leggi del "Kulturkampf", e coltivò poi anche l'amicizia dell'impero austriaco. Tale politica mirava inoltre a rendere sempre più viva nel campo internazionale la questione romana, poiché, come egli stesso confessava a un diplomatico austriaco, temeva che se il papato avesse continuato a risiedere in Roma ancora sotto il regime stabilito dalla legge delle guarentigie "il mondo cattolico si sarebbe a sua volta abituato a considerare normale e durevole una situazione essenzialmente anormale e passeggera". Di qui i suoi accorati appelli rivolti, nel 1880-1881 alle grandi potenze europee e la sua intensissima attività diplomatica - specie nel biennio 1880-82, in cui imperversatono in Italia violente agitazioni anticlericali - per richiamare l'attenzione degli stati cattolici sulle condizioni della S. Sede, forse sperando in una restaurazione più o meno integrale dell'antico potere temporale, grazie all'intervento delle potenze straniere. Invece dalla stessa cattolicissima Austria provennero al papa consigli di moderazione e, d'altra parte, la stipulazione della Triplice alleanza (20 maggio 1882), mise l'Italia al sicuro dalla politica temporalistica di L., il quale dovette rinunciare a propositi di fuga dal Vaticano e rassegnarsi a quel modus vivendi, che si andava praticamente stabilendo in Roma dopo il 1870 tra la S. Sede e il governo italiano.

Il fallimento della politica anti-italiana così tenacemente seguita in quegli anni da L. non turbò affatto l'ascesa della Chiesa a grande potenza spirituale, ascesa ora prodottasi in seguito all'opera incessante delle missioni e al risveglio dei partiti cattolici. Tali fatti contribuirono, assai più delle manovre diplomatiche, a risollevare nella vita mondiale il prestigio e l'autorità del papato, alla cui mediazione ricorsero la Spagna e la Germania durante la controversia sorta tra loro per il possesso delle Isole Caroline, controversia che L. abilmente appianò proponendo, nell'ottobre 1885, un protocollo redatto in modo da conciliare i diritti sovrani della Spagna con gl'interessi della Germania, cui spettò virtualmente lo sfruttamento economico delle isole. Fu allora che la Germania, o meglio il Bismarck, anche per motivi di politica interna, cercò di riavvicinarsi alla S. Sede, mitigando in parte l'estensione delle leggi del "Kulturkampf". Nello stesso tempo - nel pieno delle aspre polemiche suscitate dalla severa applicazione delle leggi Tajani contro le restanti corporazioni religiose - si elevavano in Italia, dallo stesso campo anticlericale e da quello cattolico-liberale, voci invocanti la conciliazione tra l'Italia e il papato, che suscitarono però l'opposizione della massoneria - contro la quale Leone XIII aveva il 20 aprile 1884 rinnovata la scomunica - e le diffidenze dei cattolici intransigenti. Tuttavia l'allocuzione concistoriale del 29 maggio 1887, in cui L. auspicò che lo spirito di conciliazione si estendesse dalla Germania all'Italia per dirimere così il funesto dissidio col papato, e la pubblicazione del noto opuscolo dell'abate Tosti, furono interpretate in Italia e fuori come sintomi dei mutati rapporti tra la S. Sede e il regno d'Italia. Ma le speranze in un eventuale accordo tra la Chiesa e lo Stato - accordo certo desiderato non solo da L., ma anche dal Crispi - ben presto svanirono anche per l'opposizione accanita degli elementi estremisti sia di destra sia di sinistra. E appunto per tale mancata intesa si acuì ancor più la tensione tra la S. Sede e il governo italiano, che inasprì la sua legislazione ecclesiastica (luglio 1887), e, nel 1888, destituì il sindaco di Roma per aver ufficialmente visitato il cardinale vicario all'intento di far pervenire al pontefice l'omaggio della città nel giubileo sacerdotale di L. Il governo favorì inoltre le manifestazioni per l'erezione del monumento a Giordano Bruno, che assunsero un deciso carattere anticattolico (giugno 1889). Naturalmente L. tornò alla sua fiera politica temporalista, resa però ora più difficile - malgrado l'incontestata abilità diplomatica e la tenacia del nuovo segretario di stato, cardinale Rampolla - dalla migliorata posizione dell'Italia nella Triplice, che permise appunto il viaggio a Roma di Guglielmo II, il quale poté anche visitare L. grazie a un complicato cerimoniale.

Tutto ciò determinò un nuovo e più spiccato orientamento della politica vaticana verso la Francia, la quale, specie in quegli anni di aspra tensione con l'Italia e con gl'Imperi centrali, si atteggiava ancora una volta a protettrice degl'interessi della Santa Sede sia in Oriente sia in Italia, contro la quale ultima agitava spesso lo spettro della questione romana. Ma l'appoggio francese alla politica di L. si limitò solo a quelle questioni internazionali, in cui gl'interessi francesi coincidevano con quelli della Chiesa. Infatti, nonostante l'atteggiamento prudentissimo di L. che favorì in ogni modo il cosiddetto "ralliement" dei cattolici francesi alla terza repubblica, questa continuò decisamente la sua politica ecclesiastica, la quale (soprattutto per gli errori del partito cattolico francese, che s'irrigidì sempre più, contro gli stessi consigli di L., nel suo intransigente legittimismo) condusse in breve tempo alla progressiva laicizzazione delle scuole e al ristabilimento del divorzio (1884-1885).

Le non certo liete vicende internazionali non intralciarono tuttavia l'azione di L. intesa a risollevare l'autorità della Chiesa sia nel campo culturale - con l'apertura agli studiosi degli archivî vaticani (1881) e con il grande impulso dato agli studî sulla filosofia tomista - sia in quello sociale ed economico. L., che appena salito al trono si era violentemente scagliato contro il nascente socialismo, ben presto seguì con vivo interesse il movimento cattolico sociale, che, iniziatosi in Germania intorno al 1870 e sviluppatosi poi rapidamente - tra il 1880 e il 1890 - in Inghilterra, nel Belgio, in Francia e infine in Italia, si proponeva di combattere l'irrompente avanzata del socialismo sul suo stesso terreno, sostenendo il diritto di sciopero e patrocinando la formazione di sindacati cattolici che rivendicassero gl'interessi del proletatiato, sia agricolo sia industriale. La mente agile e aperta di L. venne, dopo maturo esame, incontro al vasto movimento cattolico-sociale, del cui programma il papa accettò e sanzionò i punti fondamentali nella celebre enciclica Rerum novarum (15 maggio 1891), con la quale, affermando la necessità dei sindacati operai, di una legislazione sociale e dell'intervento statale nei conflitti tra capitale e lavoro, mirò non solo a sottrarre le masse operaie alla crescente influenza socialista, ma a colpire anche la dottrina e la pratica dei partiti liberali a tendenze conservatrici, che allora ispiravano la politica interna di molti stati europei. L'enciclica Rerum novarum fu senza dubbio l'atto politico più importante del pontificato di L. e, nello stesso tempo, più fecondo, forse, di risultati positivi, in quanto orientò verso il popolo la Chiesa cattolica, la cui attività, specie nei paesi a economia industriale o latifondistica, prese sempre più un aspetto economico-sociale, pesando notevolmente sulla vita politica europea e anche su quella nord-americana.

Agl'innegabili successi conseguiti nel campo sociale non corrispose però un miglioramento dei rapporti della Chiesa con la Francia e l'Italia, soprattutto riguardo la politica ecclesiastica, che, specie in Francia, negli ultimi anni del secolo assunse un carattere separatista e spiccatamente anticlericale. Nonostante la permanenza alla segreteria di stato del francofilo e antitriplicista card. Rampolla, e l'attività conciliatrice del nunzio a Parigi, card. Ferrata, una gran parte dei cattolici francesi rifiutarono sempre di porsi, come pure aveva consigliato caldamente L. nell'enciclica Inter innumeras sollicitudines del 16 febbraio 1892, sul terreno costituzionale, riconoscendo cioè la terza repubblica. La condotta imprudentissima di molti cattolici durante l'affare Dreyfus e l'avvento al potere del ministero Waldeck-Rousseau (giugno 1899) favorì la quasi completa soppressione delle congregazioni religiose (marzo-luglio 1901) e quindi la definitiva rottura con la Santa Sede. Lo stesso nuovo orientamento della politica estera italiana dopo la caduta del Crispi e la dolorosa guerra d'Africa (sul finire della quale Leone XIII s'adoperò, benché invano, per il riscatto dei prigionieri italiani in Abissinia) contribuì al distacco della Francia dalla S. Sede, che, sul finire del sec. XIX, rimase priva di ogni effettivo appoggio da parte delle grandi potenze europee, e dovette abbandonare il campo puramente diplomatico per scendere in quello, ommai più concreto e vitale, dell'azione politico-sociale, attraverso l'opera dei partiti e dei sindacati cattolici e dei gruppi parlamentari democratico-cristiani. Il 20 luglio 1903 L. moriva.

Bibl.: E. Soderini, Il pontificato di L. XIII, I: Il conclave e l'opra sociale; II: Politica con l'Italia e con la Francia; III: Politica con la Germania, Milano 1932-33; G. Fraikin, L'infanzia e la giovinezza di L. XIII, Grottaferrata 1914; C. Manfroni, Sulla soglia del Vaticano, voll. 2, Bologna 1920; R. De Cesare, Del conclave di L. XIII, Roma 1887; Lecanuet, L'Église de France sous la Troisième République, Parigi 1925; D. Ferrata, Mémoires, voll. 3, Roma 1920; F. Salata, Per la storia diplomatica della questione romana, I, Milano 1929; V. Procacci, La questione romana. Le vicende del tentativo di conciliazione del 1887, Firenze 1929; G. Volpe, Chiesa e democrazia moderna, in Nuova antologia, 1° ottobre 1908; F. S. Nitti, Il socialismo cattolico, Torino 1891.