LEONARDO da Pistoia

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 64 (2005)

LEONARDO da Pistoia

Silvana Vecchio

Le scarse e confuse notizie su L. rendono difficile ricostruirne la biografia. Gli antichi biografi dell'Ordine domenicano, a partire da Alberto di Castello, lo indicano come proveniente da Pistoia - ma nulla dicono sulla famiglia di appartenenza - e collocano la sua attività tra il 1266 e il 1280.

Le notizie che abbiamo su di lui si riferiscono esclusivamente alla carriera nell'Ordine domenicano e sono relative al periodo compreso tra la fine degli anni Trenta e i primi anni Quaranta del XIV secolo. Nel 1338 L. fu nominato lettore di logica nel convento di Cortona; nel 1339 fu assegnato al convento di Lucca come studente di filosofia; nel 1340 studiò teologia a Perugia e l'anno seguente fu inviato nello Studio generale di Firenze per completare il suo curriculum di studi teologici.

La produzione letteraria di carattere eterogeneo che tradizionalmente viene attribuita a L. aveva destato già in Quétif ed Échard alcuni dubbi sull'identità dell'autore, recentemente ripresi anche da Marino (1985) e da E. Panella (Kaeppeli, IV, p. 189). Vi sarebbero infatti altri due domenicani omonimi di L.: un frate cui si fa cenno in un testamento del 1293, identificabile forse con quello attivo nella seconda metà del XIII secolo, menzionato dagli antichi biografi dell'Ordine; e un Leonardo di Antonio Bortolani da Pistoia, la cui appartenenza all'Ordine è documentata a partire dal 1461.

Le opere attribuite a L. possono essere divise in due gruppi nettamente distinti. Il primo comprende opere di carattere scientifico, contenute in due manoscritti fiorentini (Biblioteca nazionale, Conventi soppressi, J.V.7; Biblioteca Riccardiana, Mss., 1169), delle quali solo il trattato intitolato Mathematica è stato parzialmente edito da Arrighi. L'opera, che compendia una probabile attività di insegnamento nelle scuole dell'Ordine, affronta l'analisi delle quattro discipline del quadrivio; ampio spazio è dedicato all'aritmetica, studiata sia nei fondamenti teorici di tradizione boeziana, sia nei suoi aspetti più pratici relativi al calcolo con i numeri interi e con le frazioni. Da questo punto di vista il trattato di L. costituisce un'importante testimonianza della pratica scolastica del XIV secolo e segnala la diffusione dell'aritmetica pratica fondata sull'algoritmo introdotta dal Liber abaci di Leonardo Fibonacci. Più limitato è lo spazio dedicato da L. alla geometria, anch'essa affrontata soprattutto dal punto di vista pratico, mentre nulla viene detto a proposito della musica al di là della semplice enunciazione del titolo del capitolo. Anche all'astronomia è destinato solo un breve capitolo, intitolato De cosmimetria, ma l'argomento è ripreso in altri due trattati contenuti nei manoscritti, il Tractatus de dispositione spherae et orbis e il Computus lunae; in queste opere L. si limita a ripetere le linee essenziali della tradizione astronomica precedente.

Il secondo gruppo è costituito dalla parte più cospicua della produzione di L., dedicata alla teologia. L'opera che ha avuto maggior diffusione è il De praescientia et predestinatione divina, testo spesso ascritto nei codici a Tommaso d'Aquino (cfr. Kaeppeli, 1980, p. 86 n. 2881, cui va aggiunto il manoscritto di Pavia, Biblioteca universitaria, Aldini, 355, cc. 1-14) e pubblicato tra le opere di Tommaso (Opera omnia, t. XXII, Parma 1868, pp. 436-446). Il trattato intende fornire una sintesi sull'argomento della predestinazione divina che, aggirando gli aspetti più complessi del problema, risulti facilmente comprensibile anche da lettori non particolarmente istruiti. L'analisi si sviluppa a partire da una chiarificazione del lessico che distingue il significato dei termini prescienza, provvidenza e predestinazione, per affrontare poi i temi teologicamente più rilevanti, come il nesso di causalità tra prescienza divina e futuri contingenti e il rapporto tra predestinazione e libero arbitrio. Intento dell'opera è quello di affermare con decisione la possibilità della conoscenza divina del futuro escludendo ogni forma di necessità e di garantire al tempo stesso la provvidenza divina, la contingenza degli eventi e la libertà dell'uomo. Il testo è organizzato in sette questioni e dedica ampio spazio soprattutto alla confutazione di quelli che appaiono gli errori più gravi e diffusi in merito al problema della predestinazione. In particolare l'ultima questione si interroga sul motivo per cui Dio dovrebbe creare un uomo che sa destinato alla dannazione e condanna sia coloro che si attestano su posizioni di assoluto volontarismo sia quanti sostengono che Dio avrebbe dovuto creare gli uomini incapaci di peccare; L. fornisce una serie di motivazioni di carattere teologico ed etico che spiegano l'operato divino, ma in ultima analisi finisce per riaffermare l'impossibilità umana di comprendere le ragioni della scelta divina.

I biografi antichi attribuiscono unanimi a L. una summa teologica divisa in due parti, che corrisponde probabilmente allo Speculum Christianae religionis, tuttora inedito e conservato in un unico manoscritto (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat., 1028, cc. 1-159). L'opera si presenta in effetti come una summa del sapere teologico che mira a illustrare quello che il cristiano è tenuto a credere e quello che deve fare o non fare; i contenuti di questo sapere teologico - che L. dichiara di aver attinto dagli scritti dei santi e dei Padri che lo hanno preceduto, ma anche dalle dottrine dei filosofi dell'antichità - sono distribuiti in sei parti, che trattano rispettivamente de divina perfectione, de divina creatione, de divina regulatione, de divina incarnatione, de divina amatione, de divina retributione. Di tale progetto il manoscritto riporta solo le prime tre, che scandiscono un percorso modellato sullo schema della I pars della Summa theologiae di Tommaso d'Aquino. In effetti l'intera opera non è altro che una sorta di centone di testi tratti dalle opere di Tommaso; le singole questioni sono per lo più riprese dalle pagine della Summa theologiae, semplificando la struttura del testo e riportando unicamente la solutio senza l'apparato delle obiezioni e delle confutazioni, mentre le parti introduttive dei diversi libri sono copiate pressoché alla lettera dalla Summa contra gentiles. Il progetto di costruzione di una teologia razionale che anima l'opera trova la sua legittimazione nel riferimento alla metafora paolina dello specchio, grazie alla quale è possibile distinguere la conoscenza provvisoria, limitata e imperfetta che l'uomo può avere di Dio in questa vita, dalla visione perfetta riservata solo ai beati nell'aldilà. Con questa premessa L. affronta i più complessi temi teologici, dimostrando la necessità del doppio percorso della ragione e della rivelazione sulla base delle argomentazioni fornite da Tommaso all'inizio della Summa theologiae (I, q. 2, a. 3) e della Summa contra gentiles (I, capp. 4-5): le verità della fede, attingibili anche attraverso la ragione, se non supportate dalla rivelazione finirebbero per essere patrimonio di poche e selezionate persone, escludendo la maggior parte dell'umanità, impedita per diversi motivi dal raggiungimento della verità; la loro conoscenza richiederebbe comunque un tempo lunghissimo e sarebbe commista di falsità dovute alla strutturale debolezza dell'intelletto umano. Per questo è necessario che alle discipline filosofiche si aggiunga un'altra scienza fondata sulla rivelazione. Come nel discorso di Tommaso, la fondazione della teologia come scienza è preliminare all'analisi delle prerogative divine, che L. passa in rassegna semplificando la complessa architettura della Summa theologiae e soffermandosi soltanto sulla dimostrazione dell'esistenza di Dio attraverso le cinque vie, sulla sua semplicità, perfezione e bontà e sul rapporto di causalità che lo lega a tutte le cose. Dal riconoscimento che Dio è causa di tutto, prende le mosse il discorso sulla creazione, che L. affronta dapprima in generale, riprendendo dalla Summa contra gentiles (II, capp. 1-2) la definizione in termini aristotelici della operatio divina e la dimostrazione della necessità della dottrina creazionista per elevare la mente dell'uomo all'ammirazione della sapienza divina istillandogli reverenza, timore e amore e per escludere una serie di errori relativi all'origine delle cose. Dopo aver affrontato gli elementi essenziali della dottrina della creazione riprendendoli dalla Summa theologiae (I, q. 45), L. passa ad analizzare in dettaglio la produzione delle singole realtà, affrontando in successione, sempre secondo il modello tomista, la distinzione tra bene e male, il problema degli angeli e l'ordine della creazione scandito dai sei giorni del racconto biblico, per concludere con il problema della creazione dell'uomo e con una dettagliata analisi delle sue facoltà. Nella terza parte dell'opera L. tocca il problema del governo divino delle cose, analizzando le modalità con cui Dio interviene nel mondo e soffermandosi in particolare sui temi delicati del miracolo e del fato; secondo lo schema della Summa theologiae questa parte si conclude con l'analisi delle modalità di propagazione della specie umana. Non sappiamo se L. abbia effettivamente completato l'opera con le altre tre parti annunciate nel prologo, ma non riportate dal manoscritto. Quello che appare evidente è che lo Speculum Christianae religionis non ha avuto alcuna diffusione; totalmente privo di originalità, esso è di fatto un compendio della dottrina tomista e non può non apparire frammentario e incompleto agli occhi dei lettori più preparati, senza d'altro canto rispondere alle esigenze di una effettiva divulgazione della teologia presso un pubblico meno istruito. Interessante comunque per le modalità con cui riprende e assembla i materiali delle due summae, lo Speculum costituisce un esempio notevole di tecnica del compendio e un utile indicatore della circolazione dei testi di Tommaso intorno alla metà del XIV secolo.

L. ha composto anche altri due trattati di carattere teologico-morale, conservati in un unico manoscritto (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, S. Croce, plut. XXXI sin. 7, che contiene anche il Tractatus de praescientia et praedestinatione). Il Tractatus de decem praeceptis (cc. 1-104) ripropone un genere letterario particolarmente diffuso in ambito domenicano fra XIII e XIV secolo e utilizzato anche da Tommaso d'Aquino. Dopo una breve premessa sulla natura dei precetti mosaici e sulla struttura del decalogo, L. passa in rassegna i singoli comandamenti, sviluppandone secondo lo schema tradizionale le implicazioni teologico-morali. L. si sofferma in particolare sul primo precetto, affrontando il tema dell'idolatria e discutendo sul ruolo delle immagini nel culto cristiano, sul secondo (problema del voto e del giuramento), sul settimo (usura e simonia) e sull'ottavo, in riferimento al quale propone una dettagliata casistica di tutte le forme di ingiustizia perpetrate nei tribunali. Anche il trattato Super oratione dominica (cc. 105-141) si rifà a una tipologia ormai strutturata, ma l'analisi del Pater noster è preceduta da un'ampia sezione sulla preghiera in generale che, dopo aver illustrato la necessità, la dignità e l'utilità dell'orazione, analizza le tecniche della preghiera, le condizioni che la favoriscono, gli impedimenti che la ostacolano, per passare poi ai contenuti e all'analisi delle sette petizioni del Pater noster, che L. sviluppa rifacendosi ancora una volta al modello tomista.

Fonti e Bibl.: Acta capitulorum provincialium provinciae Romanae (1243-1344), a cura di Th. Kaeppeli - A. Dondaine, XX, Romae 1941, pp. 300, 310, 323, 334; I. Taurisano, I domenicani in Pistoia, la loro chiesa e il loro convento, in Bull. stor. pistoiese, XXV (1923), p. 15; M. Grabmann, Mittelalterliches Geistesleben. Abhandlungen zur Geschichte der Scholastik und Mystik, München 1926, pp. 384-388; S. Orlandi, La Biblioteca di S. Maria Novella in Firenze dal sec. XIV al sec. XIX, Firenze 1952, pp. 45, 75; R. Creytens, Les écrivains dominicains dans la chronique d'Albert de Castello (1516), in Archivum fratrum praedicatorum, XXX (1960), p. 266; G. Arrighi, L'Arithmetica di fra L. da P. o.p., Firenze 1977; Id., Fra L. da P. trattatista di "Geometria pratica", in Civiltà ed economia agricola in Toscana nei secoli XIII-XV: problemi della vita delle campagne nel tardo Medioevo, Pistoia 1977, p. 379; Incipits of Latin works on the virtues and vices, 1100-1500 a.D., Cambridge, MA, 1979, pp. 132, 657; R. Busa, L'"Index thomisticus", in Studi medievali, s. 3, XXI (1980), p. 413; Th. Kaeppeli, Scriptores Ordinis praedicatorum Medii Aevi, III, Romae 1980, pp. 85 s.; IV, ibid. 1993, p. 189; E. Marino, rec. a G. Arrighi, L'Arithmetica di fra L. da P., in Memorie domenicane, XI (1980), p. 660; G. Arrighi, La "Cosmimetria" di fra L. da P. (secc. XIII-XIV), in Miscellanea storica della Valdelsa, LXXXVII (1982), pp. 93-97; E. Marino, L'affresco "La vergine dalla radice di Jesse" di Andrea Bonaiuti in S. Domenico di Pistoia, in Memorie domenicane, XIII (1982), p. 128; G. Pomaro, Censimento dei manoscritti della Biblioteca di S. Maria Novella, ibid., p. 347; E. Marino, rec. a Incipits of Latin works…, ibid., XVI (1985), p. 336; Catalogo dei manoscritti filosofici nelle biblioteche italiane, VII, Pavia, Fondo Aldini, a cura di C. Casagrande - M.A. Casagrande Mazzoli - S. Vecchio, Firenze 1993, pp. 207 s., 211; R. Franci, L'insegnamento dell'aritmetica nel Medioevo, in Scienze matematiche e insegnamento in epoca medievale. Atti del Convegno, Chieti… 1996, a cura di P. Freguglia - L. Pellegrini - R. Paciocco, Napoli 2000, pp. 128 s.; J. Quétif - J. Échard, Scriptores Ordinis praedicatorum, I, p. 473; Rep. font. hist. Medii Aevi, VII, p. 189.

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