LEON

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1996)

LEON

M. Durliat

LEÓN (lat. Legio)

Toponimo che designa la città della Spagna settentrionale posta ai piedi dei monti Cantabrici, alla confluenza dei fiumi Bernesga e Toro, e la vasta regione circostante costituitasi durante il regno omonimo (secc. 10°-13°), confinante a N con le Asturie, a E con la Castiglia, a S con l'Estremadura e a O con la Galizia e il Portogallo.Lo stato leonese si andò formando con la Reconquista della meseta nordoccidentale, l'altopiano centrale della penisola iberica sottratto ai musulmani, sotto la cui dominazione la cinta urbana di L. fu parzialmente rifortificata con l'erezione di nuove mura sul lato a mezzogiorno. La Reconquista si effettuò in diverse fasi; nell'856 il re delle Asturie Ordoño I (850-866) s'impadronì della città di L., fondata dai Romani per accogliere nel 68 la Legio VII Gemina Pia Felix e presa dagli Arabi nel 717. Appoggiandosi a questo centro fortificato, Alfonso III (866-910) riuscì ad avanzare, nell'882-883, fino ai fiumi Pisuerga e Duero; L. diventò allora il centro politico e la capitale del nuovo regno e fino all'anno Mille fu la città più popolata della Spagna cristiana. Contemporaneamente, però, la Castiglia conquistava la sua indipendenza e non tardò a svolgere un ruolo di primo piano nella penisola iberica. L'unione dinastica tra il regno di L. e la Castiglia si realizzò con il matrimonio di Ferdinando, primo re di Castiglia (1035-1065), e Sancia, erede del regno di León. La presa di Toledo da parte del loro figlio Alfonso VI (1065-1109), il 25 maggio 1085, ebbe tra le altre conseguenze l'occupazione di tutto il territorio musulmano fino al Tago. Approfittando dei disordini che indebolirono la Castiglia all'inizio del sec. 12°, il L. rivendicò la sua autonomia e ne trasse beneficio sotto i regni di Ferdinando II (1157-1188) e di Alfonso IX (1188-1230); l'unione dinastica castigliano-leonese fu tuttavia ristabilita in maniera definitiva da Ferdinando III (1230-1252).Il L. non perse mai la propria caratterizzazione, dovuta anche alla particolare situazione geografica. Esso è costituito, intorno alla capitale, da un complesso di ampie valli intagliate nell'altopiano che si addossa a N alla cordigliera cantabrica; dall'altro lato del Duero, lungo il quale si distendono le huertas di Toro e di Zamora, le province della meseta sudoccidentale si apparentano maggiormente per l'aridità del suolo agli altopiani castigliani, pur godendo di un clima meno rigido. Nel complesso il L. era una terra a vocazione pastorale e il grande asse del regno coincideva con la cañada leonesa, via di transumanza che collegava Astorga con Plasencia.Sebbene la storiografia spesso si attenga a questa unità geografica, al territorio propriamente leonese è da aggiungere la Tierra de Campos, provincia di antica rinomanza agricola bagnata dal Pisuerga e dal Carrión, cosicché la regione storica verrebbe a corrispondere a cinque distretti: L., Palencia, Zamora, Salamanca e Valladolid.L'arte che si è sviluppata nel sec. 10° e all'inizio dell'11° negli stati cristiani del settentrione della penisola iberica, in particolare proprio nel regno di L., viene definita mozarabica; alla luce delle conoscenze attuali questo termine appare del tutto improprio, in quanto deriva dall'arabo musta'rib ('arabizzato') e indica in castigliano i cristiani passati sotto la dominazione musulmana. L'arte mozarabica sarebbe stata pertanto espressione di queste popolazioni sottomesse, trasmessa agli stati cristiani iberici da comunità monastiche in fuga dall'Islam. È tuttavia da rilevare che le scarse testimonianze di un'arte cristiana nell'emirato, poi califfato, di Córdova non consentono una ricostruzione storica del fenomeno; quanto all'arte musulmana, che conobbe in questo momento un brillante sviluppo in Andalusia, essa stessa non ebbe caratteri culturali arabi. È stata allora proposta la definizione di 'monachesimo della frontiera' per caratterizzare la situazione culturale all'epoca del confronto tra l'Islam cordovano e i regni iberici cristiani. Sfortunatamente questa dizione non ha connotazioni stilistiche, mentre l'arte cristiana spagnola del sec. 10° possiede un suo stile che domina l'architettura, la quale adotta dalla tradizione omayyade soltanto alcuni motivi: il tracciato molto chiuso delle absidi, che evoca quello del miḥrāb, le volte a scanalature, l'alfiz, cioè l'inquadratura rettangolare degli archi apparsa per la prima volta nell'885 nella porta di San Esteban della Grande moschea di Córdova, i modiglioni a forma di lobo e le grandi mensole a disco che sostengono le gronde dei tetti.Le strutture architettoniche risalenti al sec. 10° rivelano, invece, gli echi delle tradizioni paleocristiana, visigota e asturiana; quanto alla scultura architettonica, essa si inserisce generalmente nella storia del capitello corinzio, con campane ornate di foglie lisce o decorate da elementi incisi. Il monastero di San Miguel de Escalada, fondato nel 913 presso L. dall'abate Alfonso venuto da Córdova con i suoi monaci, ha una chiesa con transetto, dotata di una ricca decorazione di lastre di recinzione, i cui motivi ornamentali e il cui stile sono di netta impronta mediterranea. La chiesa di Peñalba de Santiago, insediata nell'antica tebaide monastica del Bierzo, riprende la formula africana della basilica ad absidi contrapposte; il medesimo schema è presente in San Cebrián de Mazote, presso il confine con la Castiglia. In quest'ultimo edificio, e più chiaramente ancora nella vicina chiesa di Santa María a Wamba, si mantiene il capocroce asturiano a tre absidi affiancate. Infine, Santo Tomás de las Ollas, ancora nel Bierzo, si riduce a una cappella ovale voltata, decorata da un'arcatura a muro interna agli archi oltrepassati.La miniatura, l'altra brillante manifestazione dell'arte ispanica del sec. 10°, ha radici che affondano nella Tarda Antichità e si arricchisce anche di apporti carolingi; essa costituisce una creazione originale soprattutto nella decorazione dei manoscritti dei Commentari all'Apocalisse del Beato di Liébana, opera largamente diffusa nel Medioevo. Il codice di New York (Pierp. Morgan Lib., M.644) fu eseguito alla metà del sec. 10° da Maius in un monastero dedicato all'arcangelo Michele, probabilmente San Miguel de Escalada; l'esemplare di Madrid (Arch. Histórico Nac., 1097B) possiede un colofone di sorprendente precisione: il copista Emeterius, che ne fu l'autore nel 970, ricorda in primo luogo il decesso recentissimo del suo maestro, l'arcipictore onestus Maius, ed evoca il suo lavoro nel monastero di San Salvador de Tábara. Lo stesso Emeterius, aiutato da una donna, Ende, nel 975 firmò un altro codice di Beato giunto molto presto nella cattedrale di Gerona (Mus. de la Catedral, Arx. i Bibl., 7). Tuttavia la manifestazione più precoce di questo stile miniatorio era stata la Bibbia di L. (Arch. della cattedrale, 6), datata al 920, che fu composta per l'abate Maurus del monastero dedicato ai ss. Maria e Martino, situato nel territorio leonese; il progetto, affidato al monaco Vimara, fu eseguito principalmente dal copista e pittore Giovanni. Un'altra Bibbia conservata a L. (Mus.-Bibl. de la Real Colegiata de San Isidro, 2), datata al 960, fu realizzata nel monastero castigliano di Valeranica da Florentius, aiutato dal discepolo Sanctius.Una rivoluzione stilistica si verificò nel corso del Mille nella Spagna cristiana con lo sviluppo del pellegrinaggio; il Camino de Santiago coincise con la penetrazione dell'arte romanica. Alle origini dello stile un ruolo determinante fu svolto dal mecenatismo reale, dal quale derivò la sorprendente fortuna della collegiata di San Isidro a León. Il re Ferdinando I, cedendo alle istanze della sposa Sancia, rinunciò a farsi seppellire come i suoi predecessori nei possedimenti castigliani e scelse come luogo di sepoltura il santuario leonese, dove fece trasferire da Siviglia le reliquie di s. Isidoro, che era stato il riformatore della Chiesa visigota; la dedicazione ebbe luogo il 21 dicembre 1063 proprio in occasione della traslazione.Scomparsa la chiesa voluta da Ferdinando I e Sancia, si è conservato il Panteón de los Reyes, l'edificio funerario che la figlia dei sovrani, Urraca, aveva eretto a O della basilica poco dopo la loro morte. Questa è la prima realizzazione nel L. di un'architettura romanica che padroneggi le tecniche e presenti già tutti i motivi della decorazione del capitello romanico: foglie di acanto, palmette, viticci, figure, rappresentazioni istoriate.All'inizio del sec. 12° la chiesa di San Isidro fu ricostruita con un diverso impianto e guadagnò in ampiezza. La fabbrica fu realizzata in due momenti: la prima chiesa, prevista a copertura lignea, fu rimaneggiata in corso d'opera per ricevere le volte. Nei capitelli appaiono le prime forme di quello stile propriamente leonese che si sviluppò in seguito sui tre portali scolpiti dell'edificio. La decorazione del portale settentrionale del transetto prevede solo capitelli, mentre in quello meridionale della navata, detto dell'Agnello, è inserito il timpano scolpito fiancheggiato da due statue; il portale del braccio sud del transetto, detto del Perdono, utilizza ugualmente questo partito, anche se in scala ridotta.Sempre al principio del sec. 12° Urraca dotò il Panteón de los Reyes di un importante ciclo di pitture murali, dove episodi dell'Apocalisse sono circondati da cicli della Vita della Vergine e di Cristo. L'uso dei fondi bianchi, la flessuosità del disegno, la freschezza dell'ispirazione, la ricchezza delle sfumature nei coloriti apparentano questo insieme, il cui carattere ispanico è peraltro innegabile, all'arte contemporanea della Francia occidentale.Il mecenatismo di Ferdinando I e di Sancia si era manifestato anche nelle produzioni suntuarie attraverso il favoloso tesoro di cui dotarono la collegiata di San Isidro, costituito da alcuni reliquiari tra cui quello del santo patrono (1063), capolavoro di oreficeria stilisticamente legato all'arte ottoniana. Nella dotazione di San Isidro, stabilita in occasione della sua consacrazione nel 1063, figuravano anche la croce eburnea e il cofanetto-reliquiario c.d. delle Beatitudini (entrambi a Madrid, Mus. Arqueológico Nac.), decorato da lastre di avorio come la cassa-reliquiario dei Ss. Giovanni Battista e Pelagio (1058), ai quali la chiesa era in origine dedicata.Senza assumere l'importanza del San Isidro di L., la chiesa di San Martín a Frómista, altra tappa del Camino de Santiago, ha ugualmente avuto la sua influenza sulla nascita della prima scultura romanica. I suoi capitelli più antichi sono strettamente connessi a quelli della cattedrale aragonese di Jaca, tanto da fare ipotizzare l'attività della stessa maestranza. L'arte di Frómista, peraltro, si diffuse largamente nella provincia di Palencia; non lontano, le chiese di Santa María del Camino e Santiago di Carrión de los Condes hanno conservato i loro portali romanici. Quello dell'antico monastero benedettino di San Zoilo, riscoperto nel 1993, è un altro esempio della plastica romanica lungo la via di pellegrinaggio, mentre la chiesa di Santiago de Compostela offre il più straordinario degli apostolados - il fregio con gli apostoli che accompagnano Cristo in maestà - della scultura romanica spagnola.A N-E della provincia di Palencia, il priorato di Santa María la Real ad Aguilar de Campóo, con il chiostro e la sala capitolare, costituisce il principale insieme di costruzioni dell'Ordine premostratense in Spagna. La sua chiesa è un edificio complesso, punto di incontro tra Romanico e Gotico (secc. 12°-13°); i capitelli più belli si trovavano nel capocroce, da dove sono stati asportati nel 1871 (Madrid, Mus. Arqueológico Nac.).Il ripopolamento della valle del Duero e delle regioni situate tra questo fiume e il Tago, a causa della natura pastorale dell'economia, assunse un carattere essenzialmente urbano; vi sorsero abitati fortificati dall'originale tipologia, poiché il pericolo musulmano non sembrava definitivamente debellato. Essi generalmente erano sede di vescovadi e, sebbene la funzione religiosa fosse prioritaria, vi si praticavano anche il commercio e l'artigianato. La ripartizione dello spazio abitato non fu compiuta in funzione della natura dei mestieri, ma secondo l'origine dei coloni; si costituirono così comunità etniche riunite intorno alle numerose chiese romaniche.A Zamora e a Salamanca verso la metà del sec. 12° e, poco più tardi, a Toro e a Ciudad Rodrigo fu intrapresa la costruzione di importanti edifici religiosi, la cui struttura, pur ispirandosi al San Isidro di L., se ne differenzia per alcune varianti, come la progressiva introduzione della crociera ogivale e la comparsa in tre di esse - le cattedrali di Zamora e di Salamanca e la collegiata di Santa María la Mayor a Toro - di poderosi e originali tiburi, i cimborios. La cattedrale di Salamanca vi aggiunge una decorazione scolpita ricca e di qualità; la sua costruzione fu compiuta in momenti diversi, ognuno dei quali caratterizzato dall'arrivo di un nuovo gruppo di scultori. Di grande raffinatezza è il portale che si affaccia sul chiostro; altri portali scolpiti sono nella collegiata di Toro e nella cattedrale di Ciudad Rodrigo.L'adozione del Gotico fu ritardata dalla straordinaria durata dello stile romanico e dallo sviluppo dell'arte mudéjar; i primi segnali si avvertono a Sahagún, dove, nel capocroce di San Tirso, decorato da arcature cieche a tutto sesto entro riquadrature rettangolari, si osserva l'abbandono della pietra da taglio a beneficio dell'apparecchio in laterizio. L'evoluzione delle forme si può osservare nel San Lorenzo, dove le novità orientali si affermano più chiaramente nel disegno oltrepassato degli archi; il medesimo stile si diffonde in seguito nelle chiese di San Lorenzo e di San Salvador a Toro.Fu però la cattedrale di L. a introdurre il Gotico; il rinnovamento delle primitive forme romaniche, avviato nella zona absidale al tempo del vescovo Manrique de Lara (1181-1205), segue lo schema planimetrico della cattedrale francese di Reims. La costruzione continuò nel corpo longitudinale per concludersi nella facciata occidentale, alla realizzazione dei cui portali, intorno alla metà del Duecento sotto il vescovo Martín III Fernández (1254-1289), dovettero lavorare sia il Maestro della Virgen Blanca sia il Maestro del Judicio Final, autori anche di alcuni sepolcri all'interno della cattedrale (Franco Mata, 1976; Fernández Catón, 1991, pp. VIIXXIV). La proporzione slanciata dello spazio, il gioco serrato delle colonnine che si addossano ai pilastri, lo slancio di doppi archi rampanti all'esterno attestano che lo stile rayonnant dell'Ile-de-France era conosciuto e perfettamente dominato nel cantiere di León.La cattedrale di L. può considerarsi la più francese tra le cattedrali spagnole non solo per la sua architettura ma anche per la decorazione scolpita, ambiziosa nel programma e varia nello stile. Nei tre portali di facciata della cattedrale di L. quello del Giudizio universale occupa la posizione centrale, affiancato dai due portali consacrati alla Vergine, con l'episodio dell'Incoronazione a destra. La volontà di esaltare il culto mariano si manifesta anche con la presenza della superba statua della Virgen Blanca sul trumeau del portale centrale. Un portale dedicato ai santi della diocesi, predisposto inizialmente per figurare a sinistra del Giudizio universale, fu relegato a destra del portale meridionale del transetto. Quest'ultimo aveva ripreso il tema arcaico del Cristo in maestà tra i simboli degli evangelisti, così come avviene nel transetto della cattedrale di Burgos. La cattedrale di L., come la chiesa premostratense di Aguilar de Campóo, fu luogo di sepoltura privilegiato. Le cappelle absidali e due bracci del transetto, nonché le pareti del chiostro - assai simile a quello della cattedrale di Burgos -, ospitano numerosi monumenti funebri, di cui molti dei secc. 13°-14°, dalla tipologia a nicchia con rappresentazioni liturgiche e sarcofago con giacente (Franco Mata, 1976; Villanueva Lázaro, 1985). Tra questi, esempi degni di nota sono i monumenti dei vescovi Rodrigo II Alvarez (m. nel 1232), nella cappella del Carmine, di Martín II Rodríguez (m. nel 1242), nel transetto settentrionale, e di Martín III Fernández (m. nel 1289), nel transetto meridionale, opera del Maestro della Virgen Blanca (Franco Mata, 1976, p. 430).Sempre nella cattedrale di L. è messo in opera il più bel complesso di vetrate conservate in Spagna, realizzato progressivamente tra il 13° e il 16° secolo.L'influsso architettonico della cattedrale di L. si limitò al cantiere della primaziale di Palencia, iniziata nel 1321, che però rappresenta un regresso stilistico; sotto l'influenza di Burgos il triforio a giorno tornò a essere cieco e venne ridotta la luce delle finestre del cleristorio.

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