LEGHE

Enciclopedia Italiana (1933)

LEGHE (fr. alliages; sp. aleaciones; ted. Legierungen; ingl. alloys)

Luigi Losana

Per quanto sia difficile dare una definizione di lega e stabilirne i limiti in modo assoluto, in pratica si conviene di chiamare con questo nome il prodotto dell'unione di metalli fra loro o con taluni metalloidi, quando conservi aspetto e caratteristiche di metallo. È dubbio e discusso se si possa dare il nome di lega a molti composti definiti di metalloidi e metalli che pur mantenendo aspetto metallico o submetallico sono fragilissimi e quindi privi delle caratteristiche fisico-meccaniche dei metalli in genere.

Per molto tempo le leghe vennero confuse con i metalli e in taluni casi comparvero prima dei metalli, come p. es. il bronzo, ecc. Comunque fin da tempi remoti molti popoli impararono a formare, fondere e lavorare numerose leghe metalliche e crearono norme, sia pure confuse e sommarie, per il calcolo e il controllo delle leghe monetarie o preziose in genere.

Pare che sia da ascriversi al periodo arabo l'inizio dello studio delle leghe comuni e la formulazione di alcune regole empiriche sui punti di fusione rispetto ai componenti. Dopo la parentesi del Medioevo in cui non vi furono studî notevoli in proposito, si arriva allo sviluppo scientifico del Rinascimento che ebbe per oggetto anche i metalli e leghe. Nelle classiche opere di Agricola e di Biringuccio da Siena si hanno molte osservazioni a volte esatte e sempre acute sulla costituzione delle leghe metalliche. La struttura granulare fu ammessa correntemente e nel 1729 R. A. de Réaumur, osservando una superficie di acciaio dolce attaccata con succo di limone poté individuare col microscopio e disegnare i cristalli di ferrite. Al principio dell'800 ebbero inizio veri e proprî studî sistematici sui punti di fusione dei metalli e delle leghe; ma è tra la fine di quel secolo e l'inizio del '900 che con lo sviluppo dell'indagine microscopica e la scoperta della legge delle fasi di Gibbs (1876), la metallografia poté erigersi su basi prettamente scientifiche e con lo studio dei metalli, approfondire anche quello delle leghe (v. metallografia).

Formazione delle leghe. - Si possono ottenere leghe metalliche con numerosi processi, e principalmente:

1. Per jusione (v.): si parte da metalli puri o da leghe a titolo noto e si fondono in crogiuoli o forni adatti per poi colarle e lasciarle solidificare. È il metodo più comune e frequente e si applica alla generalità dei casi, quando cioè i metalli siano tra loro miscibili allo stato liquido.

2. Per diffusione allo stato solido: si riscaldano a temperatura adatta i componenti in modo da ottenere la diffusione senza arrivare alla fusione. È il processo usato nell'operazione industriale detta cementazione (v.) con il quale si carbura superficialmente l'acciaio dolce o in generale si forma uno strato il quale possiede caratteristiche particolari.

3. Per diffusione di un liquido o di un vapore in un solido: si riconnette al processo precedente e consiste nell'immergere un metallo in un altro metallo fuso o in vapori metallici in modo da avere la diffusione. Per esempio, il rame immerso nello stagno o nello zinco fuso si unisce con tali metalli in superficie; posto nei vapori di zinco si trasforma in ottone, ecc.

4. Per elettrolisi (v.): partendo da soluzioni adatte si possono formare depositi metallici misti aventi tutti i caratteri e le proprietà delle leghe.

Struttura fondamentale delle leghe. - Entrano a costituire le leghe elementi puri, composti chimici definiti e soluzioni solide. Quando gli elementi costitutivi della lega siano miscibili tra loro allo stato liquido e non miscibili allo stato solido, la lega solidificandosi si comporterà in modo analogo a una soluzione di cloruro di sodio in acqua che congela: si avrà cioè prima la deposizione del costituente che funziona da solvente (inizio di solidificazione) e infine la formazione del miscuglio dei costituenti solidi analogo al crioidrato e detto eutectico. Nella fig. 1 è riportata la lega piombo bismuto con 70% Bi: sono visibili i cristalli di bismuto sullo sfondo scuro dell'eutectico Pb-Bi al 55% di bismuto. Nella fig. 2 si ha il relativo eutectico a forte ingrandimento in cui sono perfettamente visibili i singoli costituenti.

Talora i componenti possono reagire tra loro e dare dei veri e proprî composti chimici definiti i quali naturalmente si comportano come componenti puri essendo dotati di caratteristiche proprie. In genere questi composti dànno origine a cristalli chiaramente visibili e spesso di grandi dimensioni: la presenza di simili costituenti rende quasi sempre fragile la lega. Nella fig. 3 si ha la struttura di una lega piombo-stagno-antimonio: sono ben visibili i cristalli cubici del composto SbSn. Nella fig. 4 si ha un cristallo dello stesso composto a maggiore ingrandimento.

Se i componenti sono solubili tra loro allo stato solido originano solidificando delle soluzioni solide. Queste costituiscono cristalli perfettamente omogenei i quali anche con forti ingrandimenti non mettono in mostra la presenza dei singoli componenti. Si possono avere cristalli misti a concentrazioni variabili entro limiti talora molto estesi. Per analogia di comportamento con le soluzioni liquide essi sono stati denominati soluzioni solide. Microscopicamente si presentano in modo diverso a seconda delle condizioni di raffreddamento: durante la solidificazione si depositano delle soluzioni solide a concentrazione variabile; se la velocità di raffreddamento è grande si ottiene una lega eterogenea da punto a punto, mentre se il fenomeno avviene lentamente, si verifica una diffusione allo stato solido tale da livellare perfettamente le anomalie di composizione. Nella fig. 5 è riportata una lega rame-nichelio che è stata raffreddata rapidamente e mostra una struttura eterogenea. Nella fig. 6 la stessa lega, ricotta a 900°, è quasi perfettamente omogenea.

Come già si è accennato, molto spesso si hanno sovrapposizioni strutturali. La solubilità allo stato solido può essere limitata a determinate concentrazioni. Si possono ottenere cristalli misti formati da un composto definito con un componente puro, oppure da due o più composti; eutectici formati sia da elementi puri, sia da soluzioni solide diverse o da composti definiti, ecc. Tutte queste strutture fondamentali la cui conoscenza ha un'importanza di primo ordine nello studio delle leghe metalliche sono rispecchiate dai varî schemi dei diagrammi di stato, di cui si parlerà più avanti.

Analisi termica delle leghe. - È il più importante fra i metodi di studio dei metalli e delle leghe (v. metallografia) e consiste nell'analizzare i fenomeni che si manifestano durante il riscaldamento o il raffreddamento dei metalli o delle leghe e in particolare nella fusione e solidificazione. F. Rudberg ne precorse, al principio del secolo scorso, l'uso, distinguendo, nelle ricerche sulla fusione, fra inizio e fine di solidificazione e notando l'esistenza degli eutectici da lui scambiati per composti definiti; e la natura dei quali fu poi stabilita da F. Guthrie (1884). Ma si devono a H. Le Chatelier, R. Austen, H. W. B. Roozeboom, G. Tammann, ecc., la precisazione dei fondamenti scientifici e l'utilizzazione su larga scala del metodo in questione.

La base teorica del metodo è data dalla ben nota regola delle fasi:

in cui V è la varianza o grado di libertà del sistema, ossia il numero dei fattori aventi influenza sull'equilibrio e che possiamo variare a piacere senza distruggere l'equilibrio; n è il numero dei componenti indipendenti; f il numero dei fattori fisici che agiscono sull'equilibrio e ϕ il numero delle fasi. In genere f = 2 (pressione e temperatura), ma nel caso dei metalli e leghe dove la variazione di volume con la pressione è minima si può trascurare l'influenza della pressione e quindi si ha f = 1.

Se V = ⊙ il sistema è invariante e l'equilibrio non può sussistere che a una temperatura determinata e per una certa composizione delle fasi. Se V =1, si può variare entro certi limiti la temperatura, oppure la composizione di una fase. Se V = 2 potremo variare la composizione di due fasi, oppure la temperatura e la composizione di una fase, mantenendo l'equilibrio.

Se si ha un metallo puro fuso e lo si lascia raffreddare, misurando la temperatura a intervalli regolari di tempo si vede che, fino a quando esso si mantiene liquido, la temperatura diminuisce regolarmente, e quando s'inizia la solidificazione resta costante fino a che si sia compiuto il fenomeno. Infatti in questo caso si ha: V =1 + 1 − 2 = 0. E riportando graficamente i dati si ottiene la curva di raffreddamento del metallo, la quale ne indica il punto di solidificazione (fig. 7, in alto).

Se invece si ha una míscela di due metalli miscibili allo stato liquido e non miscibili allo stato solido e la si fonde e poi si abbandona al raffreddamento, uno dei metalli si comporta come solvente e l'altro come soluto. Abbassandosi la temperatura, a un certo punto si separa il solvente puro. Allora la variazione è V = 2 + i − 2 = 1, e poiché l'equilibrio è monovariante la cristallizzazione avviene con cambiamento di temperatura. Siccome però il metallo solidificandosi sviluppa calore si ha una diminuzione della velocità di raffreddamento. Diminuendo la temperatura si arriva al punto in cui avviene la deposizione contemporanea dei due metalli mescolati meccanicamente e fommanti eutectico. All'eutectico si hanno due componenti e tre fasi; perciò: V = 2 + 1 − 3 = 0 e la solidificazione ha luogo a temperatura costante. La fig. 7, in basso, riporta la curva di raffreddamento relativa al suddetto caso.

Mediante le diverse curve di raffreddamento ottenute con l'analisi termica delle singole leghe a diversa composizione è possibile costruire il cosiddetto diagramma di stato, che definisce le condizioni di esistenza e di struttura delle leghe stesse. La costruzione, naturalmente, differisce secondo che le leghe abbiano composizione binaria, ternaria, quaternaria, facendosi da un caso all'altro sempre più complessa.

Per le leghe binarie, la costruzione del diagramma di stato si fa usando le coordinate cartesiane. Ma le caratteristiche del diagramma variano secondo i costituenti della lega e dànno luogo a diversi tipi ben classificati e studiati.

Si esamini il caso di due metalli miscibili allo stato liquido e non miscibili allo stato solido, p. es. le curve relative alle leghe piombo-antimonio (fig. 8). Esse mostrano l'inizio di solidificazione a temperatura variabile e la fine a temperatura costante (fa eccezione la lega col 13% di antimonio che presenta un singolo punto e in cui perciò l'inizio e la fine coincidono). Per la rappresentazione grafica, si raccolgono in un sistema di coordinate cartesiane avente per ascisse le percentuali di piombo e antimonio e per ordinate le temperature, i singoli dati unendo tra loro i punti d'inizio e di fine di solidificazione. La linea A B C si dice di liquido, quella M B N di solido, il punto B eutectico e la lega B lega eutectica. Sopra A B C avremo leghe completamente liquide; sotto M B N completamente solide; tra le due linee le leghe sono costituite di solido e liquido. A sinistra dell'eutectico il piombo funziona da solvente, a destra da soluto e viceversa; nelle leghe a sinistra perciò la solidificazione s'inizierà col deposito di cristalli di piombo e finirà con l'eutectico; a destra si avranno dapprima cristalli di antimonio. La lega eutectica è quella che fonde a temperatura più bassa. È formata da mescolanza intima dei due componenti e il basso punto di fusione si spiega con la rapida diffusione allo stato solido. P. es., mescolando stagno e piombo nelle proporzioni dell'eutectico relativo e fondendo la miscela, si osservano i seguenti punti di fusione:

Lo stagno fonde a 232° e l'eutectico a 182°.

Nel caso in cui si abbiano invece due metalli miscibili allo stato liquido e allo stato solido, all'inizio di solidificazione si separerà un cristallo misto e la solidificazione continuerà entro un intervallo di temperatura variabile con la concentrazione. Non si avrà un arresto sulla curva termica, ma solo un rallentamento nella velocità di raffreddamento che permane fino a completa solidificazione. In questo caso infatti si ha: V = 2 + i − 2 = 1. Nella fig. 9 sono riportate le curve di raffreddamento delle leghe rame-nichelio nonché il relativo diagramma di stato.

È poi frequente il caso che la solubilità allo stato solido sia limitata fino a certe concentrazioni e si ha così dapprima la soluzione solida e quindi l'eutectico formato dalle due soluzioni limiti. Nella fig. 10 è riportato un diagramma di questo tipo relativo alle leghe piombo-bismuto.

I due componenti puri possono talora originare uno o più composti che fondono a temperatura fissa e, avendo una individualità propria, si comportano come un nuovo componente. In genere nel diagramma di stato sono indicati da un massimo più o meno accentuato sulla curva di liquido. Nella fig. 11 si ha il diagramma bismuto-magnesio in cui compare il composto Bi2 Mg3 con 83% di bismuto. Lungo il primo ramo si ha deposito primario di magnesio puro su eutectico Mg − M3, Bi2; nel secondo ramo di Mg3Bi2 sullo stesso eutectico e nel terzo di Mg3Bi2 su eutectico Mg3Bi2 - Bi, che praticamente coincide col bismuto puro.

Nel caso delle leghe ternarie valgono gli stessi concetti esposti per quelle binarie; la rappresentazione grafica è però assai più difficile e complessa. Si usa il sistema triangolare: in un triangolo equilatero (fig. 12) A B C i vertici rappresentano i componenti, i lati i sistemi binarî e i punti interni le leghe ternarie. Da un punto qualunque tirando le perpendicolari ai lati opposti si hanno tre segmenti la cui somma è costante e uguale all'altezza. La lunghezza di questi segmenti, misurante la distanza del punto dai vertici opposti indica la percentuale del relativo componente. Per ogni lega si eseguisce l'analisi termica e si segnano i valori dei punti singolari (inizio e fine di solidificazione, ecc.) su delle rette normali al triangolo base mediante segmenti proporzionali ai diversi numeri (fig. 13). Si ottiene così un prisma triangolare sui lati del quale si trovano i sistemi binarî e l'inizio e fine di solidificazione per le leghe ternarie sono individuati da superficie diverse nell'interno del prisma. Sezionando il prisma con piani isotermi paralleli alla base si ottengono delle curve caratteristiche definite dall'intersezione con le suddette superficie: proiettando queste curve sul triangolo base si hanno le curve isoterme del sistema. Il procedimento è analogo a quello usato nella cartografia per la rappresentazione del rilievo: là si hanno linee di quota con una certa equidistanza tra una e l'altra; qui invece si ottengono linee di uguale quota termica che indicano - come sulla carta topografica - l'andamento della superficie. Delle leghe ternarie e dei loro diagrammi di stato trattano i lavori di H. W. B. Roozeboom, H. Schreinemarkers e specialmente quelli di N. Parravano e G. Sirovich.

Quando si vogliono rappresentare i diagrammi di stato per sistemi a quattro componenti si ricorre al metodo del tetraedro (fig. 14). In un tetraedro regolare i vertici rappresentano i componenti puri A, B, C e D; i lati i sistemi binarî; le facce quelli ternarî e i punti nell'interno del solido definiscono le singole leghe quaternarie e le percentuali dei componenti sono date dai segmenti che uniscono tale punto con le facce incontrandole normalmente. Si comprende come sia difficile la rappresentazione grafica dei fenomeni già accennati prima a proposito delle leghe meno complesse: vi si perviene con ingegnosi artifici grafici. Per questo argomento si può avere una completa trattazione nei già citati lavori di Parravano e di Parravano e Sirovich.

Oltre le indicazioni fornite dall'analisi termica circa l'inizio e la fine di solidificazione, si hanno spesso delle anomalie termiche durante il riscaldamento o il raffreddamento delle leghe solide. Esse possono essere causate da fatti diversi: formazione o scissione di composti instabili, decomposizione di soluzioni solide, trasformazioni di elementi puri, di composti, ecc. Talora sono così lievi da sfuggire all'analisi termica e bisogna ricorrere ai metodi differenziali, oppure ad altri procedimenti fisici (v. metallo grafia).

Mediante l'impiego dei varî metodi d'indagine sulle leghe e specialmente dell'analisi termica sono stati costruiti i diagrammi di stato caratteristici delle singole leghe. Ecco i casi fondamentali.

1. Miscibilità completa allo stato liquido. - a) I componenti non sono miscibili allo stato solido. Si ottiene la forma classica della fig. 15 con formazione di un eutectico tra A e B. Lungo AE inizia la solidificazione con deposito di A; lungo EB′ con deposito di B; termina per tutte le leghe AB alla temperatura eutectica t e la lega E, detta lega eutectica, solidifica a temperatura definita e costante come un componente puro. L'eutectico può trovarsi talora vicinissimo a uno dei componenti e confondersi quasi con esso (fig. 16).

b) I componenti sono completamente miscibili allo stato solido. Si possono avere parecchi casi:

α) Serie completa di cristalli misti. La curva di liquido e quella di solido vanno regolarmente crescendo con continuità dal punto di fusione di un componente al punto di fusione dell'altro (fig. 17).

β) Serie completa di cristalli misti con la curva di liquido che presenta un minimo (fig. 18). In questo caso nel tratto Am funziona da solvente A; in mB′ il solvente è B. È da notare che m non è da considerarsi come un eutectico poiché il solido che vi si separa a temperatura costante è unico. Si può ritenere come caso limite di un eutectico.

γ) Serie completa di cristalli misti con la curva di liquido che presenta un massimo (fig. 19), che a prima vista parrebbe indicare un composto definito che fonde a temperatura costante. Si tratta però in simili casi di una soluzione solida m che, secondo Tammann, si può considerare come un composto entrato in soluzione e funzionante da solvente sia verso A sia verso B. Analogamente al caso precedente si può ritenere un caso limite di composto.

c) I componenti non sono miscibili allo stato solido e formano uno o più composti definiti. Nella fig. 20 si ha tra A e B un composto definito Ax By caratterizzato da un massimo. Nella fig. 21 si hanno i composti Am Bn e Ar Bs. Per discutere tali diagrammi in modo assai semplice conviene considerare i composti come costituenti definiti e scindere il diagramma in relativi diagrammi elementari mediante linee verticali passanti per i composti. Nella fig. 21 le linee x e y originano tre diagrammi: A Am Bn; Am Bn Ar Bs e Ar Bs B che ricadono, presi singolarmente, nel caso a.

d) I componenti non sono miscibili allo stato solido e formano un composto che si decompone nel fondere e cioè non ha punto di fusione proprio, ma a una certa temperatura si scinde nei componenti dei quali uno è allo stato solido. Nella fig. 22 seguiamo il raffreddamento della lega a. Quando s'incontra la linea di liquido CF si separa il solvente B alla temperatura T1. Questa deposizione continuerà, mentre il punto che rappresenta la parte del miscuglio ancora liquido si sposta lungo CF fino alla temperatura T2 alla quale può sussistere il composto Ap Bq e si può originare per reazione tra il cristallo B già deposto e il liquido. La temperatura subisce un arresto fino a formazione avvenuta e la posizione del composto è indicata dalla massima durata dell'arresto.

e) I componenti presentano parziale miscibilità allo stato solido e non formano composti. La solubilità allo stato solido è limitata a una certa concentrazione per i due componenti (fig. 23). Non si separano quindi i metalli puri, ma i cristalli misti relativi fino a che si perviene al limite di miscibilità e si forma un eutectico originato dalla miscela delle due soluzioni solide limiti. Si può avere il fenomeno bilaterale oppure per uno solo dei componenti (fig. 24).

f) Presenza di un punto di transizione che definisce due cristalli misti. Nella fig. 25 si ha il relativo diagramma di stato. Lungo AE e EB′ si depositano due serie di cristalli misti isomorfi rispettivamente con A e con B. Sopra t1 si avranno cristalli β (isomorfi con B) e sotto α (isomorfi con A) e nel campo delle leghe solide si avranno tre zone, nella I cristalli α, nella III e nella II sovrapposizione delle due fasi.

2. I componenti non sono miscibili allo stato liquido. - La lega fusa è formata da due strati secondo il peso specifico dei componenti. Quando comincia la solidificazione del metallo con più elevato punto di fusione, la temperatura resta stazionaria fino a che la cristallizzazione è avvenuta; poi la temperatura scende fino al punto di fusione dell'altro componente e si ripete lo stesso fenomeno. La durata dell'arresto è naturalmente in relazione alla quantità del componente che solidifica. La fig. 26 riporta il diagramma di stato caratteristico, relativo al caso in esame.

3. Parziale miscibilità allo stato liquido. - a) I componenti non sono miscibili allo stato solido e non si formano composti. Il diagramma assume l'aspetto della fig. 27 in cui il tratto L1 L2 corrisponde alla lacuna di miscibilità tra A e B e la temperatura T′ rappresenta il punto in cui il liquido omogeneo si scinde nei due strati. Perché si può immaginare che alzando la temperatura vada via via diminuendo la lacuna e si arrivi a un punto T′′ in cui i metalli sono miscibili allo stato liquido. Si avrà quindi un arresto dovuto alla solidificazione di B tra L1 e L2 e quello dovuto alla formazione dell'eutectico A B tra A′ e B′.

b) Formazione di un composto. Il diagramma assumerà l'aspetto della fig. 28, che dopo quanto si è detto non abbisogna di altri commenti; la lacuna di miscibilità sussiste tra L1 e L2.

Mediante i diagrammi di stato si possono agevolmente rappresentare anche i fenomeni che avvengono nella lega solida.

1. Scissione di soluzioni solide. - Se una soluzione solida (fig. 29) alla temperatura t ha la concentrazione m, può darsi che col diminuire della temperatura non resti più in equilibrio inalterata, ma vada diminuendo la solubilità di B in A e quindi per le temperature t1, t2... si avranno le concentrazioni m, m″, ecc. Unendo tutti i punti d'equilibrio si ottiene la curva RS che rappresenta il fenomeno e per ogni temperatura dice quale sia il tenore del soluto. Lungo RS si separa il soluto e si originano soluzioni solide sempre più diluite, fino a raggiungere il valore n per la temperatura ordinaria. Con velocità di raffreddamento diverse è possibile alterare l'equilibrio: se una lega riscaldata oltre RS viene bruscamente raffreddata se ne impedisce la scissione e si porta in equilibrio instabile a temperatura ordinaria la soluzione solida primitiva. Questo fenomeno si dice tempra.

2. Trasformazioni allotropiche. - Supponiamo che uno dei componenti A esista in due forme allotropiche α e β con punto di trasformazione at0 e che B dia con A nella forma α delle soluzioni solide α e con β delle soluzioni solide β. Se t1 si abbassa col crescere di B, si avrà a t0 equilibrio per la forma α con C% di B e per la β con D% (fig. 30). Una lega x all'atto della solidificazione è costituita da β; alla temperatura t2 inizia la trasformazione che sarà completa a t3. La zona tra t1 C e t1 D rappresenta l'intervallo di trasformazione e in esso sussistono entrambe le forme α e β.

3. Formazione di un eutectoide. - Se anche B presenta lo stesso fenomeno (fig. 31), si avrà un punto E d'incontro delle due linee di trasformazione superiori; per analogia con il punto eutectico si dice eutectoide e rappresenta la minima temperatura a cui può sussistere, in equilibrio con i prodotti di scissione, la soluzione solida originaria.

Spesso si ottengono diagrammi di stato molto complessi, ma che si possono sempre scindere in diagrammi elementari tali da corrispondere a uno dei casi fondamentali che sono stati esposti.

Per le leghe ternarie e quaternarie si hanno casi analoghi, ma molto più complicati sia per la discussione, sia per la rappresentazione grafica dei risultati. Tutti questi casi vennero studiati da Parravano e dai suoi collaboratori nei lavori già citati.

Proprietà delle leghe. - Dall'esame dei diagrammi di stato fondamentali in funzione della composizione appare chiaramente l'influenza notevole che sulle proprietà fisico-meccaniche esercitano sia la composizione, sia i fattori fisici diversi: basti ricordare come per tutte le necessità della tecnica moderna, la metallurgia abbia potuto fornire delle leghe con proprietà differentissime e appropriate.

In genere si notano nelle leghe formate da costituenti non miscibili tra loro che originano un eutectico, delle proprietà non molto dissimili da quelle dei componenti e seguenti all'incirca i valori della somma algebrica delle singole caratteristiche. In questo tipo di leghe si ha sovente una forte variazione del punto di fusione nel senso della depressione: questo è in relazione a quanto si è detto circa gli eutectici binarî ed è accentuato dalla formazione di eutectici più complessi. Le proprietà fisico-meccaniche delle leghe solide subiscono invece alterazioni fortissime rispetto ai componenti puri nel caso della formazione di soluzioni solide o di composti. Le prime provocano aumento della resistenza meccanica e in genere della tenacità, come anche sovente della durezza. I secondi causano sempre un indurimento fortissimo della lega, che diviene assai fragile. Si hanno, p. es., composti metallici che risultano così fragili da potersi agevolmente polverizzare come nel caso delle leghe rame-zinco; rame-alluminio; magnesio-alluminio, ecc. Questo fatto ha un'importanza pratica grandissima in relazione alla più o meno facile lavorabilità delle leghe.

Oltre le proprietà meccaniche, nelle leghe a base di soluzioni solide e di composti definiti, subiscono forti e talora fortissime variazioni tutte o quasi tutte le caratteristiche fisiche come: resistività elettrica, calore specifico, dilatazione termica, ecc. Come si è visto, tale fatto è sfruttato per la costruzione dei diagrammi di stato e costituisce la base di molte applicazioni pratiche.

Classificaz10ne delle leghe. - Non è facile dare una classificazione razionale delle leghe che sia al tempo stesso precisa e comprensiva. Troppe sono le proprietà che si debbono considerare e che influiscono in modo notevolissimo, per poterle tutte convenientemente tener presenti. Occorre scegliere una determinata caratteristica fisica, chimica o meccanica e in base a quella effettuare una distinzione. Vennero proposti moltissimi schemi di classificazione, ma tutti inevitabilmente peccano di unilateralità o di poca precisione. A ogni modo si riportano alcune tra le principali distinzioni che sovente si adottano nella pratica per scopi e usi - è bene ripeterlo - determinati e stabiliti.

1. In base alle caratteristiche meccaniche:

2. In base alle caratteristiche fisiche:

In modo simile si hanno classificazioni speciali in base a ogni proprietà fisica.

3. Secondo la natura dei componenti. Si può avere di mira la natura chimica degli elementi che formano la lega e cioè: leghe formate di due o più metalli; formate d'un metallo con un metalloide; formate di due o più metalli con metalloidi. Ma tale classificazione è incerta e difficile a causa delle ben note difficoltà nella distinzione tra metalli e metalloidi.

Si preferisce talora una classificazione delle leghe in base ai diversi metalli (o eventualmente metalloidi) componenti. Così si hanno p. es.: leghe del ferro, del rame, del nichelio, dello zinco, dell'alluminioi ecc. In genere si usa distinguere le leghe in due grandi categorie: ferrose e non ferrose, classificando queste per ordine d'importanza pratica in relazione a un determinato punto di vista. In questa classificazione s'intende che la categoria è definita dal metallo predominante: per es., un ottone con 2% di ferro non si denominerà mai una lega del ferro, ma del rame; così una lega con 5% d'alluminio e 95% di rame si ascriverà alle leghe del rame, ecc. Vi sono dei casi dubbî in cui si può ricorrere a due classi: p. es., certe argentane o costantane con 40 ÷ 60% di nichelio e altrettanto di rame possono considerarsi leghe sia del rame, sia del nichelio.

In conclusione gli schemi di classificazione accennati sono artificiosi e unilaterali. Più razionale sarebbe la divisione delle leghe secondo la struttura e cioè: formate da miscele meccaniche, da soluzioni solide, da composti, ecc. Così si avrebbe subito un indizio circa la variazione delle proprietà fisiche fondamentali.

E la classificazione più moderna si avrebbe in base alla forma del reticolo cristallino fondamentale dedotto dalle misure röntgengrafiche, analogamente a quanto si è da tempo praticato per i metalli puri e i cristalli.

Tuttavia mentre per questi i dati sperimentali si possono a buon diritto ritenere completi o quasi, per quelle non siamo ancora a tal segno ed esistono molti punti controversi.

Inoltre queste due ultime classificazioni veramente strutturali, se risultano perfette dal punto di vista teorico, in pratica non hanno per oggetto delle grandezze appariscenti o comunque di misura facilmente accessibile. È troppo grande il numero delle leghe attualmente conosciute, troppo vasto il campo d'applicazione per potere con una sola classificazione racchiudere in uno schema unico tante e così disparate proprietà.

Principali tipi di leghe.

Leghe ferrose: v. acciaio.

Leghe del rame. - Le principali leghe del rame sono quelle con lo stagno e lo zinco, dette comunemente bronzi e ottoni. Sono anche importanti le leghe col nichelio e alcune leghe speciali: le leghe di rame ad alta conduttività elettrica e le leghe di rame per cuscinetti.

Bronzi. - Si preparano in genere per fusione diretta sia degli elementi costitutivi, sia del rottame opportunamente dosato e corretto. Si usano forni a crogiolo per piccole colate, e forni a riverbero per grandi getti (v. fusione). Il colore varia dal rosso rame per Sn 5%, al giallo oro per Sn 5 ÷ 10%, al giallo chiaro per Sn 10 ÷ 25% e infine al bianco con Sn > 25%. In pratica si usano leghe fino a 30 ÷ 32% di stagno. Il diagramma di stato è riportato nella fig. 32. Soluzioni solide α fino a 13,9% di stagno; da 21,8 a 26% si origina il costituente β e da 26 a 38% il costituente γ, che per scissione a 520° origina il costituente δ, che è il composto Cu4 Sn durissimo e fragile. Se il raffreddamento non è lento, oltre 10% di Sn, compare δ che dà grande fragilità alla lega. Le caratteristiche meccaniche dei bronzi in funzione del tenore in stagno sono riportate nel diagramma fig. 33. Si può praticare una tempra dei bronzi con 12 a 20% di Sn riscaldandoli oltre 587° e poi raffreddandoli bruscamente e fissando così β che è più duttile e malleabile di δ. Composizioni e proprietà di molti bronzi d'uso industriale sono riportate alla voce fusione.

Oltre i bronzi comuni sono in uso nell'industria anche bronzi speciali: al nichelio con 1 : 3,5%; al silicio con 0,5%; al piombo con 2 : 35%. I bronzi d'alluminio sono da ritenersi ottoni (v. appresso). Il bronzo fosforoso è un materiale molto ben disossidato mediante l'aggiunta di fosforo, che però deve essere ulteriormente eliminato, poiché oltre 0,2 per cento nuoce alla tenacità della lega. Talora però si usano bronzi durissimi i quali contengono fino a 0,8 per cento dì fosforo.

Per gl'impieghi del bronzo v. bronzo.

Ottoni. - Lo zinco si unisce molto facilmente al rame, sia per fusione, sia per diffusione. Immergendo un pezzo di rame nello zinco fuso o nei vapori di zinco si ha una rapida diffusione e si origina la lega relativa. L'ottone si fabbrica per fusione diretta dei componenti, aggiungendo lo zinco al rame fuso. Si hanno sempre inevitabili perdite dovute alla forte tensione di vapore dello zinco in tali condizioni e alla sua grande affinità con l'ossigeno. Per piccoli getti, fino a circa 300 − 500 kg. si usano forni a crogiolo riscaldati a gas o a nafta, oppure forni elettrici a resistenza o a induzione. Per grandi colate si fa uso di forni a riverbero o di forni a induzione.

Delle leghe rame-zinco si usano in pratica solo quelle con un tenore di questo metallo inferiore al 50%, poiché per concentrazioni superiori sono fragili al punto da potersi agevolmente polverizzare a martello. Si usano pure leghe di zinco con piccoli tenori in rame (v. più oltre). Il diagramma di stato fino al 50% di zinco, e cioè per gli ottoni, è tuttora discusso, ma la forma sintetica si può ritenere quella riportata nella fig. 34. Si hanno tre costituenti principali α, β e γ, soluzioni solide: il primo, duttile e malleabile a freddo, risulta il componente unico per gli ottoni fino a 37%, di zinco. È da osservare però che tra 31 e 37% di Zn se il raffreddamento non è lento può trovarsi nella lega una certa quantità di costituente β in falso equilibrio. Per tenori superiori: da 37 a 47% di Zn compare il costituente β duro e fragile a freddo e lavorabile a caldo. Il tenore di β va crescendo da 0 a 100%, da 37 a 47% di Zn. È da osservare che si trova alla temperatura ordinaria in falso equilibrio poiché è sotto la linea relativa di trasformazione e si dice quindi apparente. Oltre il 47% di zinco compare il costituente y il quale è tanto fragile da impedire qualsiasi utile impiego di tali ottoni.

La classificazione degli ottoni si fa in base al tenore in zinco e ne definisce il modo di lavorazione. Quelli del 1° titolo contengono in genere da 25 a 37% di zinco; quelli del 2° titolo da 37 a 47. I primi formati da α, duttile e malleabile, si prestano bene per lavori di stampaggio e imbutitura a freddo, gli altri che contengono β sono suscettibili di stampaggio a caldo e di fucinatura.

Le proprietà meccaniche degli ottoni variano moltissimo col tenore in zinco e secondo i trattamenti termici subiti. Nella fig. 35 è riportato il diagramma per leghe raffreddate normalmente. Le impurezze contenute negli ottoni sono generalmente date da ferro, alluminio, stagno, piombo, ecc. In genere se ne tollera un tenore complessivo 〈 di 0,5%. L'influenza diretta è piccolissima, ma la presenza specialmente del ferro sta a indicare il materiale ottenuto per rifusione di rottami o simili. Nell'ottone fuso da metalli vergini il tenore delle impurezze è quasi sempre 〈 0,15%. Composizioni e proprietà di molti ottoni d'uso industriale sono riportate alle voci fusione; laminazione.

Gli ottoni si possono lavorare in modi assai diversi e cioè per stampaggio e imbutitura a freddo, oppure per rifollatura nei lavori normali da calderaio. È da notare a questo proposito che l'incrudimento che si ottiene per lavorazione meccanica cresce col tenore in zinco e quindi si usano per tali lavori le leghe con circa 30 ÷ 32% di zinco. Un altro metodo di lavoro è lo stampagġio a caldo che permette di ottenere economicamente dei pezzi anche assai complessi. I tubi e molti profilati si fabbricano sovente per estrusione, facendo cioè fluire il materiale solido sotto forte pressione attraverso una trafila opportunamente sagomata. La temperatura d'operazione si aggira su 600° ÷ 700° e questa lavorazione, come pure la precedente, è riservata agli ottoni del 2° titolo.

Per variare le caratteristiche fisico-meccaniche si fanno sovente delle aggiunte di elementi diversi ottenendo così gli ottoni speciali. L'alluminio provoca un miglioramento poiché funziona come disossidante. Fino al 100% di Al si hanno soluzioni solide ternarie con rame e zinco. In tali condizioni l'aggiutita di 1% di Al equivale al 6% di Zn. Se si confronta la struttura di un ottone 70 Cu e 30 Zn con uno avente 70 Cu, 25 Zn e 5%, Al si vede nel primo caso il costituente α puro, mentre nel secondo compare β e si ha struttura corrispondente a:

e cioè la lega è virtualmente formata da 70 Cu e 55 Zn e in percento:

Le proprietà meccaniche dell'ottone all'alluminio corrispondono a quelle di un ottone puro con un titolo corrispondente a quello che si avrebbe calcolando l'alluminio come zinco, tenuto conto del coefficiente di equivalenza. Il titolo reale in rame deve essere quindi ricavato in relazione a tale fatto. In genere l'aggiunta di alluminio non supera quasi mai il 4%. Viene con essa anche migliorata sensibilmente la resistenza alla corrosione, specialmente a opera della salsedine marina.

I bronzi d'alluminio sono in realtà ottoni formati da rame con 3 ÷ 10% di Al. Duri, tenaci, ben lavorabili all'utensile, di colore oro brillante, sono usati per parti metalliche svariatissime. Possono facilmente essere stampati a caldo e fucinati.

Gli ottoni al manganese contengono I ÷ 2,5% di questo metallo e sono duri e resistenti. Con tenori oltre il 7% la lega diviene fragilissima. Con aggiunta di nichelio da 1 a 3% si migliora la tenacità e la resistenza alla corrosione. Specialmente usato per eliche è il tipo con Mn 1,5% e Ni 3%.

Molti ottoni speciali prendono nomi caratteristici: si ha così il metallo Delta con Cu 54 56; Zn 40 42; Fe 1 : 1,5; Mn 1 ÷ 1,5; Al 1%, ecc.; il metallo Sterro con Cu 55; Zn 43; Fe 1 ÷ 2%; l'ottone Roma con Cu 55 e Zn 42; Mn 1 ÷ 2; Ni 1,5 ÷ 2%, ecc.

Leghe al nichelio. - Tra le leghe del rame con altri metalli sono assai importanti quelle col nichelio solo o con aggiunta di altri elementi. Rame e nichelio dànno soluzioni solide per tutta l'estensione del diagramma di stato; con meno di 20% di nichelio hanno il colore rosso caratteristico del rame, oltre tale tenore sono bianche. La costantana, lega composta da 52-60 parti di rame e 40-48 parti di nichelio, è caratterizzata da una elevata resistività elettrica (v. costantana). Una lega molto usata è quella con 70 di rame e 30 di nichelio, dotata di forte tenacità e duttilità, accompagnata da alta resistenza alla corrosione esercitata dall'acqua, motivo per cui la si adopera nella fabbricazione dei tubi per condensatori delle macchine marine a vapore. Quando oltre al nichelio si aggiunge zinco si ottengono l'argentone, il pakfong, l'alpacca, ecc. Le proporzioni dei tre metalli sono varie: Cu 40 ÷ 60; Ni 15 ÷ 30; Zn 15 ÷ 40; e inoltre si aggiungono talora piccole quantità di altri metalli come manganese, cadmio, ferro, ecc.

Leghe di rame ad alta conduttività elettrica. - Sovente si devono impiegare fili di rame soggetti a sforzi meccanici notevoli o ad usura per abrasione. Questo è, p. es., il caso dei fili conduttori di corrente per linee tramviarie o ferroviarie. Il rame puro è troppo dolce e si snerva facilmente anche se incrudito per laminazione: si usa allora aggiungere circa 0,5 ÷ 1% di cadmio che durante la fusione si riduce a o,2 - o,3%, ma basta a migliorare meccanicamente il rame elevandone di poco la resistività:

Si usano pure per tale scopo leghe di rame con 0,5 ÷ 1, o di manganese, che sono però difficili da trafilare.

Leghe di rame per cuscinetti. - Formate in genere con bronzo duro (16 − 18 parti di stagno) resistente all'usura e dotao di un piccolo coefficiente di attrito. Recentemente sono stati introdotti i cosiddetti cuscinetti autolubrificanti che contengono 3 ÷ 15% di grafite incorporata nella lega. Questa si ottiene non per fusione, ma mescolando intimamente polvere di rame, stagno e grafite, comprimendo fortemente e riscaldando sotto pressione a circa 700° e provocando così per diffusione la formazione della lega in cui la grafite si trova omogeneamente distribuita.

Leghe di alluminio. - Sono vere e proprie leghe di alluminio le leghe leggiere di alluminio aventi peso specifico minore di 3. Le leghe in cui tale metallo entra solo in piccola proporzione hanno peso specifico assai superiore (eccetto quelle a base di magnesio).

Le leghe di alluminio si possono classificare in varî modi e secondo criterî differenti. Una classificazione pratica le distingue in: 1. leghe per getti; 2. leghe per lavorazione meccanica; 3. leghe suscettibili di trattamento termico.

Tra le prime sono essenzialmente da ricordare quelle col rame e col silicio. Il rame forma il composto Al2Cu con 53% Cu che si scioglie allo stato solido nell'alluminio originando una soluzione che a 570° contiene 6,2° di rame (fig. 36). Questa soluzione col diminuire della temperatura va dissociandosi e deposita cristalli di Al2Cu: se l'equilibrio è raggiunto, alla temperatura ordinaria si ha una nuova soluzione solida con 2,3% di rame. Però nelle usuali condizioni di colata, con velocità di raffreddamento notevoli, data l'operazione in conchiglia che quasi sempre si pratica, si ottiene fino a circa 8% di rame una lega in cui si hanno pochi cristalli di Al2Cu e quindi scarsa fragilità. Man mano che cresce il tenore ín rame aumenta la durezza, ma diminuisce rapidamente la tenacità; col 12% l'allungamento e la resistenza sono vicini a zero. In pratica si usano leghe con 5 ÷ 8% di rame per getti che devono essere soggetti a flessioni o sollecitazioni alterne; con 10 ÷ 12% nel caso di getti aventi forma complicata e richiedenti quindi una lega assai colabile. È da ricordare che in queste ultime la fragilità è sempre notevole. Nella fig. 37 si ha il diagramma delle caratteristiche meccaniche in funzione del tenore in rame per leghe colate in conchiglia. Le leghe alluminio-silicio si ridueono a pochi tipi standard. Il silicio non dà composti con l'alluminio, e la solubilità allo stato solido è ridottissima; si ha un eutectico a 580° con 11,6 è di silicio (fig. 38). Il limite delle soluzioni solide che a 580° è intorno a 2% di silicio, alla temperatura ordinaria è vicino a zero come è stato recentemente dimostrato. Questo fenomeno ha un'importanza notevole nella teoria dei trattamenti termici delle leghe leggiere (v. durallluminio). Essenzialmente sono usate due leghe: silumin e alpax. La prima contiene 13% Si, è fusibile a 590° circa, molto colabile e serve bene per getti molto complicati. Ha un carico di rottura di 16 − 18 kg./mmq. e un allungamento dell'ordine di 1 2%. L'alpax, cosi detta da Alador Pacz suo ideatore, è la lega eutectica e contiene 11,6%. Si. Quando nella fusione venga trattata con piccole quantità di fluoruri alcalini, si origina a un grande stato di suddivisione e si produce così una grana finissima. Il carico di rottura si aggira sui 20 kg./mmq. e l'allungamento intorno a 4 ÷ 5%. È da notare che l'aggiunta di silicio alle leghe di rame, o di rame a quelle col silicio ne aumenta in ogni caso la fragilità. Si usano pure per getti leghe più complesse: tal0ra a quelle con 6% Cu si aggiunge 0,3 ÷ 0,8% di magnesio e se ne migliora così molto la lavorabilità all'utensile; con aggiunta di piccole quantita (0,5 ÷ 1,5%) di manganese o nichelio si ottiene una più elevata durezza e resistenza alla corrosione, ecc.

Le leghe d'alluminio per lavorazioni meccaniche di laminazione, trafilatura, estrusione, ecc., in genere possono ascriversi alla categoria del duralluminio, leghe assai diverse per composizione, con denominazioni caratteristiche. Tra le principali si possono ricordare l'anticorodal, la lega Y, la K. S. Seewasser, la lautal, per le cui composizioni e proprietà si vedano fusione; laminazione. Con queste leghe si foggiano lastre, profilati, lamiere, tubi, ecc., che servono per costruzioni meccaniche, rivestimenti, ecc. Da notare la grande applicazione che anche si fa di queste leghe nell'architettura razionale per ringhiere, griglie, montanti, placcature, costruzione di vetrine e simili.

Le leghe suscettibili di trattamento termico sono numerose e si può ritenere che il fenomeno sia analogo a quello che si ha nel caso del duralluminio. I risultati sono notevolissimi e rappresentano uno dei più ragguardevoli ritrovati della moderna metallurgia.

Leghe del magnesio. - Sono in genere ad alto tenore in magnesio, quasi sempre oltre 85%, per sfruttare la grande leggerezza del metallo base. L'alluminio e lo zinco migliorano le caratteristiche meccaniche, il rame ne aumenta la conduttività termica, il manganese la resistenza alla corrosione. Talora si fanno piccole aggiunte di calcio che agisce come disossidante.

Tra le principali leghe è da ricordare l'elektron con 4 ÷ 10% di Al e talora 3 ÷ 8% di Zn e tracce di Mn. È facilmente ossidabile, si cola in sabbia o in conchiglia e fornisce getti leggieri e resistenti:

È molto usata per carters da motori d'aviazione, corpi di pompe, carburatori, eliche, ecc.

Una lega simile è il lepto con Mg 25%, Al 25% che può essere ossidato in superficie dal vapore acqueo soprariscaldato, formando uno strato di allumina compatto, resistentissimo e perfettamente isolante per l'elettricità. Uno strato di mm. 0,2 ha un potere coibente fino a 300 ÷ 500 volt.

Col rame si usano le leghe aventi 3 ÷ 6% di questo metallo. Sono dure, resistenti, ma assai fragili e chimicamente attaccabili. Servono bene per la costruzione di pistoni per motori a scoppio. Per tale uso s'impiega pure talvolta la lega magnesio-silicio con Si 2 ÷ 3% che presenta un piccolo coefficiente di dilatazione termica.

Nella tecnica moderna si è cercato di sempre maggiormente diffondere l'applicazione delle leghe leggiere di alluminio e di magnesio: queste ultime presentano un immediato vantaggio per il loro peso specifico dell'ordine di 1,8 ÷ 1,9 contro 2,6 ÷ 2,8 per le precedenti. Mentre in un primo tempo si ebbero subito risultati tangibili e concreti nell'impiego per parti non in moto come carters, sostegni, ecc., quando si tentò l'applicazione per bielle, pistoni, ecc., in molti casi si andò incontro a insuccessi causati dal fatto che - data la resistenza meccanica superiore o uguale a quella delle corrispondenti leghe d'alluminio - sí adottarono dimensioni identiche senza tener conto del modulo elastico che per il magnesio è 4500 circa, contro 7500 per l'alluminio. Aumentando in relazione le dimensioni fondamentali delle sezioni sollecitate si ha un funzionamento altrettanto sicuro, ancora con un margine utile di peso. I problemi della resistenza alle sollecitazioni ripetute delle leghe leggiere e ultraleggiere sono assai complessi, e presentano ancora qualche punto non bene chiarito: tra i numerosi sperimentatori che recentemente si occuparono di tale argomento è da ricordare N. Parravano con diversi collaboratori dell'Istituto scientifico tecnico E. Breda di Milano.

Leghe di zinco. - Le leghe in cui lo zinco entra in percentuale predominante sono assai numerose e servono per foggiare oggetti in genere di piccole dimensioni ottenuti per colata.

Per oggetti ornamentali, come statuine, maniglie, medaglie, ecc., si adoperano leghe di zinco e stagno con 10 ÷ 15% di questo metallo. Fondono facilmente intorno a 385° ÷ 400° e sono assai colabili anche in forme complicate; risultano però fragili e non possono essere piegate o deformate meccanicamente.

Durante la guerra mondiale in Germania vennero proposte alcune leghe di zinco con rame (5 ÷ 10%) e alluminio (10 ÷ 15%) per sostituire in molti usi l'ottone comune nei lavori di getto. Alcune tipiche composizioni sono le seguenti:

che hanno elevato carico di rottura e discreta tenacità. La fusione però non è semplice, a causa della notevole ossidabilità dello zinco. Inoltre quasi tutte queste leghe presentano l'inconveniente di non essere stabili e di autodeformarsi con l'andare del tempo. Anche con raffreddamenti lentissimi non si perviene mai all'equilibrio perfetto e si ottengono soluzioni solide di alluminio o di rame nello zinco che si decompongono con aumento di volume. I pezzi si deformano, si contorcono e sovente si fessurano profondamente fino a spezzarsi. Si può ritenere che tale fenomeno si manifesti per tenori in alluminio da 3 a 30% e (in minore misura) con 2 ÷ 10% di rame. Questo limita molto l'impiego di tali leghe per gli usi che richiedono pezzi di precisione. Si era tentato, p. es., di sostituirle alle comuni leghe piombo-antimonio per i caratteri da stampa con evidenti vantaggi tecnici e igienici, ma l'inconveniente suddetto non ne ha mai consentito la generalizzazione.

Leghe di nichelio. - Oltre quelle già accennate parlando del rame, ecc., il nichelio dà origine a numerose leghe molto importanti nella pratica.

Si hanno in primo luogo quelle che servono per materiali da costruzione come le leghe col ferro. Sono da ricordare l'invar che ha un basso coefficiente di dilatazione termica e cioè 0,000000752 e contiene 36% di nichelio: serve per apparecchi scientifici, campioni di misura, nastri metrici, ecc. La platinite col 42% di nichelio ha lo stesso coefficiente di dilatazione termica del vetro e vi si può saldare: questo fatto ha permesso lo sviluppo dell'industria delle lampade elettriche a incandescenza che erano vincolate all'uso del platino per la costruzione dei reofori della corrente. Col 78,8% di nichelio si ha il permalloy, dotato di altissima permeabilità magnetica, usato per schermature di cavi telefonici e simili. Per nuclei da trasformatore, siccome il permalloy si satura troppo facilmente, s'impiega sovente la lega con 52% di nichelio. Altre numerose leghe di ferro-nichelio, come gli acciai inossidabili e diamagnetici rientrano nell'ambito specifico degli acciai.

Una categoria importantissima è quella delle leghe di nichelio con cromo, ferro o manganese in proporzioni varie, dette nicromo, che servono per resistenze elettriche, e data la forte inossidabilità ad alta temperatura, per valvole, cassette da cementazione, muffole per forni, ecc. Si hanno varî tipi di nicromo:

Il punto di fusione si aggira intorno a 1300° ÷ 1450° e la resistività elettrica varia da 0,92 a 1,08. Si possono trafilare agevolmente sia in fili sottilissimi, sia in piattine adatte per riscaldatori elettrici. L'impiego si è molto diffuso per ogni sorta di apparecchi termoelettrici, forni anche di notevoli dimensioni, reostati, resistenze, ecc. Servono inoltre bene per coppie termoelettriche insieme con il nichelio puro. Quando il filo di nicromo venga appoggiato a un supporto refrattario-coibente di materiale basico come p. es. magnesia, può essere portato a 1150° senza danno e invece a contatto con amianto, mica o quarzo non resiste a lungo oltre i 950° : 1000° perché reagisce con la silice e si disgrega rapidamente. Nei forni moderni per trattamenti termici, specialmente nel caso delle leghe leggiere o della nitrurazione dell'acciaio, in cui è necessaria una grande omogeneità di temperatura in tutto l'ambiente riscaldato, si fa largo uso di muffole formate con nicromo di 2a qualità. Così pure si dica delle cassette da cementazione che attualmente, fabbricate con nicromo per getti, possono durare per 700.800 operazioni, mentre con lamiera d'acciaio non servivano oltre 5 ÷ 6 cementazioni.

Si usano pure alcune leghe di nichelio con manganese e rame per parti di macchine. Una categoria notevole di leghe speciali del nichelio è data da quelle contenenti zinco e talora poco rame o manganese che servono per oggetti ornamentali sotto il nome improprio di oro bianco. In genere si ha 70 ÷ 90% Ni; 25 ÷ 10% Zn; 1 ÷ 5% Cu e 0 ÷ 5% Mn. Sono leghe di un magnifico color bianco splendente, suscettibili di bel pulimento, pressoché inalterabili, e hanno largo impiego nella gioielleria d'imitazione, nelle posaterie e simili.

È da ricordare che uno dei primi lavori sulle leghe del nichelio col rame, manganese e ferro fu compiuto da N. Parravano: questo lavoro ha costituito anche uno dei primi esempî di studio di sistemi quaternarî.

Leghe di piombo. - Sono numerosissime e hanno applicazioni svariate.

Per getti comuni o ornamentali, oggetti minuti e simili si usa il cosiddetto piombo indurito con 5 ÷ 10% di antimonio e talora 5 ÷ 10% di stagno. È lega fragile e assai dura. Nel caso delle placche per accumulatori si aggiunge 3 ÷ 5% di antimonio. I caratteri da stampa sono formati in genere da piombo 84 ÷ 88% e antimonio 12 ÷ 16%. Il diagramma di stato piombo-antimonio presenta un eutectico a 128° con 13% di questo ultimo elemento. Nel caso della linotipia si usa la lega eutectica per avere il minimo punto di fusione accompagnato da notevole durezza. Con lo stagno si hanno numerose leghe per saldature e per fusibili, nonché tutta la serie delle leghe antifrizione. Queste non possono venire classificate tra quelle di piombo o stagno, ma costituiscono delle serie a sé dotate di caratteristiche peculiari. Per i pallini da caccia si usa piombo con aggiunta di 1 ÷ 2% di arsenico e talora 1 ÷ 3% di antimonio.

Leghe fusibili. - Si conviene di denominare fusibili quelle leghe che presentano un punto di fusione inferiore a 300° e ultrafusibili quelle che fondono sotto 100°. Naturalmente si parla solo di leghe vere e proprie aventi possibilità tecniche d'impiego nelle costruzioni meccaniche; usualmente dal novero delle leghe fusibili si escludono quindi le amalgame perché queste ultime leghe sono troppo facilmente alterabili e capaci di alterare i metalli a contatto. È raro avere un punto di fusione definito, nel senso cioè che la solidificazione avvenga a una sola temperatura: oltre il caso dei metalli puri, si potrà avere tale fenomeno con un composto definito, oppure con un eutectico. E in genere le leghe fusibili si avvalgono appunto del basso punto di fusione di eutectici binarî, ternarî o quaternarî per ottenere una temperatura di fusione definita, invece di un intervallo tra inizio e fine di fusione.

Si classificano tra le leghe fusibili quelle per la saldatura ordinaria a stagno: la comune lega dei saldatori per lavori da lattoniere è formata da parti uguali di stagno e piombo e inizia la fusione a 182° e la termina a 240°; con 37% di piombo fonde completamente a 182°, ecc.

Nel campo propriamente detto delle leghe fusibili e ultrafusibili si hanno le seguenti composizioni:

Queste sono le vere e proprie leghe fusibili caratteristiche aventi cioè un punto di fusione ben definito, poiché si tratta di eutectici binarî, ternarî e quaternarî. Vi sono poi innumerevoli altre leghe che prendono nomi svariatissimi e presentano composizioni vicine a quelle tipiche, ma naturalmente non si ha più un punto di fusione, bensì sempre un intervallo più o meno esteso: le leghe di Rose, di Lipowitz, di Horner, ecc.

Le leghe fusibili servono per varî usi: per prendere e conservare impronte e calchi, per fabbricare valvole fusibili per caldaie a vapore o per circuiti elettrici, per fondere piccoli oggetti ornamentali o domestici, ecc.

È interessante ricordare che la lega di Wood, eutectico quaternario piombo-stagno-cadmio-bismuto ha dato origine a numerosi lavori per stabilirne l'esatta composizione: il Lipowitz, p. es., affermava che si aveva con 8 Pb, 15 Bi, 4 Sn e 3 Cd il punto di fusione a 55° ÷ 60°, mentre Wood riteneva che con 1 ÷ 2 Cd, 7 ÷ 8 Bi, 4 Pb e 2 Sn si avevano leghe fondenti tra 65° e 72°. La questione fu risolta in modo completo ed esauriente da Parravano e Sirovich mediante lo studio teorico-sperimentale del sistema quaternario Pb-Bi-Sn-Cd, notevole anche in quanto costituì il primo esame sperimentale d'un sistema a quattro componenti. L'eutectico fondente a 70° venne fissato a

rettificando i valori comunemente ammessi. In 1ecentissimi lavori condotti con metodi precisi e rigorosi fu completamente confermato il risultato dei due sperimentatori italiani.

Leghe antifrizione. - Sono destinate a formare o rivestire parti di macchine soggette a sfregamento (bronzine, boccole, supporti). Devono quindi presentare un piccolo coefficiente d'attrito e una notevole resistenza alla compressione unita a una certa plasticità in modo da poter consentire ai piccoli e inevitabili spostamenti assiali che sempre si verificano nelle macchine. È necessario che siano formate da cristalli molto duri, innestati in una massa plastica e cedevole. I cristalli sono formati o da un elemento di per sé assai duro, che non è solubile allo stato solido negli altri costituenti la lega; oppure sono originati da composti chimici intermetallici definiti che sono quasi sempre assai duri. Bisogna che la proporzione tra cristalli duri e massa plastica sia bene calcolata poiché se gli elementi di durezza fossero in eccesso si avrebbe una lega fragile e nel caso contrario risulterebbe troppo tenera.

Le leghe antifrizione si possono dividere in tre categorie: 1. leghe a base di rame; 2. leghe a base di piombo; 3. leghe a base di stagno.

Nelle prime si ha un bronzo duro con 15 ÷ 20% di stagno e si ottengono quindi i cristalli durissimi del costituente δ con la soluzione solida δ relativamente plastica. Sovente per migliorare la plasticità si aggiunge 10 ÷ 30%, di piombo, ma è difficile allora ottenere una lega omogenea perché il piombo, che non è solubile in α, si deposita negli strati inferiori: si può ovviare in parte a questo inconveniente con l'aggiunta di 1% di nichelio. In genere si hanno delle composizioni del seguente tipo: rame 60 ÷ 65%; stagno 5 ÷ 15%; piombo 25 ÷ 30%; nichelio 1%.

La seconda categoria è formata da leghe di piombo e antimonio in cui questo elemento fornisce i cristalli duri compresi nella massa plastica del piombo e dell'eutectico. In genere il tenore d'antimonio è compreso tra 15 e 25%. Vengono particolarmente usate per grosse bronzine e per macchine lente: hanno il vantaggio del basso prezzo di costo. Si hanno inoltre leghe ternarie al piombo, antimonio, stagno che dànno buoni risultati. Tali leghe contengono in genere 60 ÷ 80% di piombo; 8 ÷ 18% di antimonio; 10 ÷ 20% di stagno e sono costituite da cristalli del composto SbSn immersi in una massa di eutectico piombo-stagno. Il composto SbSn è preferibile all'antimonio puro perché risulta assai meno fragile (fig. 39).

La terza categoria comprende le antifrizioni migliori che possono servire bene per macchine veloci, ma naturalmente sono assai più costose, essendo a base di stagno. Queste leghe contengono in genere 85 ÷ 93% di stagno, 3 ÷ 8% di antimonio e 2 ÷ 5% di rame; sono costituite da grossi cristalli cubici a contorni netti di composto SbSn e da cristalli ramificati del composto Cu3Sn immersi nella massa di eutectico (fig. 40).

La tendenza moderna per le antifrizioni che devono servire per macchine molto veloci consiste nel ridurre al minimo la percentuale degli elementi aggiunti allo stagno, in modo da ottenere pochi cristalli, ma perfettamente formati. Si è tentato pure di migliorare la durezza delle leghe antifrizione con l'aggiunta di mercurio, ma senza buon risultato pratico. Risultati migliori si ebbero invece con piccole aggiunte di calcio, che tra l'altro dà una completa disossidazione della massa, cosa questa molto importante perché è facilissimo avere inclusioni di ossidi che compromettono in modo irreparabile la buona riuscita del getto.

Le impurezze come zinco, ferro, ecc., sono assai dannose e si ammette in genere che non debbano oltrepassare il tenore di 0,2%. Nella tabella seguente si riportano alcune composizioni indicative di antifrizioni:

Leghe di metalli preziosi. - Sono numerosissime e si possono classificare in: leghe monetarie, per oreficeria, per argenteria, per apparecchi industriali e scientifici. Sono costituite essenzialmente dai tre metalli preziosi classici: oro, argento e platino, con eventuali aggiunte di palladio, iridio, manganese, nichelio, rame, ecc. Le leghe monetarie devono presentare un titolo rigorosamente costante, essere resistenti al logoramento, tenaci e nello stesso tempo duttili e malleabili per prestarsi convenientemente alle operazioni di coniatura.

L'oro per monete si usa solitamente allegato al rame a titoli variabili da 900 a 975 millesimi. È stato pure impiegato, ma in misura molto ridotta, il platino. Le leghe d'oro per oreficeria possono essere formate con aggiunta di argento o di rame. Il titolo in oro varia da 600 a 920 millesimi. Per parti facilmente fusibili o per saldature di oggetti d'oro si usano leghe complesse, come p. es. oro 50, argento 30, rame 20 per saldature forti, oppure oro 50, argento 20, rame 20, zinco 10 per saldature dolci. Negli ultimi anni si è diffusa molto una lega di un bel colore bianco simile al platino, usata specialmente per anelli, montature e simili, conosciuta sotto il nome di oro bianco (nome invero assai ambiguo e usato per leghe diverse) come succedaneo del platino. La composizione è la seguente: oro 70 ÷ 80%; rame 4 ÷ 6%; nichelio 10 ÷ 15%; zinco 4 ÷ 6%.

L'argento si usa in genere in lega col rame che ne aumenta la tenacità e la durezza. Nel diagramma di stato relativo si ha un eutectico a 800° per 40% di rame, e solubilità allo stato solido ai due estremi. La massima durezza si ottiene col 67% di rame. Il colore è bianco per tenori in rame inferiori a 50%, giallo chiaro tra 50 e 70%, rosso con percentuali superiori. Per le monete correnti si usano titoli in argento variabili da 900 a 750 millesimi a seconda delle diverse nazioni.

Per i lavori di argenteria si usano leghe d'argento con proporzioni variabili di rame. Nei lavori di lastra in cui si deve sbalzare, imbutire, ecc., il metallo, non si può usare argento molto ricco di rame e difficilmente si scende sotto 900 millesimi. Invece nei lavori di fusione, posaterie, ecc., si usa in genere la lega 800 oppure 750 millesimi e così si dica per oggetti bulinati o cesellati. Per la fonderia artistica d'argento si ricorre alla lega 700 millesimi e anche a quella 800 millesimi, ma per avere migliore colabilità vi si aggiunge 1 ÷ 2% di zinco.

I metalli preziosi forniscono poi molte leghe per oggetti e apparecchi resistenti agli acidi, ai sali, alle elevate temperature, ecc. Attualmente tale impiego è diminuito con l'adozione degli acciai inossidabili, ma per molti usi l'oro e il platino o le loro leghe sono tuttora insostituibili. Le leghe d'oro con 10 ÷ 15% di platino si usano per crogioli resistenti agli acidi e trovano una vasta applicazione nelle filiere per la viscosa (rayon). Sono sovente sostituite con leghe di argento e palladio a concentrazione variabile: in genere il platino si usa sovente puro, ma quando se ne voglia ancora migliorare la resistenza agli agenti chimici lo si allega con l'iridio (5 ÷ 10%). Con questa lega si fanno crogioli, capsule, pinze, fili, ecc., che hanno larghissimo impiego nei laboratorî chimici. Sono state provate con successo alcune leghe di nichelio-tantalio in sostituzione del platino; risultano però di lavorazione assai difficoltosa.

Leghe del mercurio. - Sono comunemente dette amalgame (v.).

Bibl.: L. Guillet, Étude théorique des alliages, Parigi 1904; R. Schenk, Chimie physique des métaux, Parigi 1911; K. Bornemann, Die binären Metallegierungen, Halle 1912; W. Broniewski, Introduction à l'étude des alliages, Parigi 1918; P. Reinglass, Chemische Technologie der Legierungen, Lipsia 1919; G. Sirovich, Lezioni di chimica metallurgica, Torino 1921; L. Guillet, Les métodes d'étude des alliages, Parigi 1923; A. Ledebur, Die Legierungen in ihrer Anvendung für gewerbliche Zwecke, 5ª ed., Berlino 1924; L. Guillet, Trempe, recuit, revenue des alliages, Parigi 1930-32. Inoltre moltissime nozioni sulle leghe si possono trovare nelle memorie originali di H. L. Le Châtelier, in Revue de Métallurgie; di G. H. Tamman, in Zeitschrift für anorganischen Chemie e in Internationale Zeitschrift für Metallographie; di N. Parravano, in Gazzetta chimica (dal 1908) e in Rendiconti Accademia dei Lincei; di G. Bruni e G. R. Levi, in questi ultimi, ecc (v. anche metallografia).