Lawrence of Arabia

Enciclopedia del Cinema (2004)

Lawrence of Arabia

Mario Sesti

(GB/USA 1962, Lawrence d'Arabia, colore, 216m); regia: David Lean; produzione: Sam Spiegel per Horizon/ MGM; soggetto: dal romanzo autobiografico The Seven Pillars of Wisdom di Thomas Edward Lawrence; sceneggiatura: Robert Bolt, Michael Wilson; fotografia: Freddie Young; montaggio: Anne V. Coates; scenografia: John Box; costumi: Phyllis Dalton; musica: Maurice Jarre.

Un motociclista finisce fuori strada e muore. Ai suoi funerali intervengono personalità della politica e della cultura, che rilasciano commenti contrastanti sullo scomparso. Con un flashback andiamo al 1916: Thomas Edward Lawrence, ufficiale addetto al comando inglese in Egitto, viene incaricato di fomentare la rivolta degli arabi contro il dominio turco. Arrivato al Cairo, Lawrence convince lo sceriffo Ali a tentare un'impresa decisiva: attaccare la base turca di Aqaba. L'azione riesce, grazie anche all'aiuto dello sceicco Auda. Lawrence, che ormai veste i costumi tradizionali locali e sogna di riuscire a unificare il popolo arabo, continua la sua azione di sostegno alla guerriglia, incoraggiato anche dal principe Feisal e dal generale Allenby; assale i treni carichi di munizioni ma viene catturato dai turchi, torturato, seviziato e poi liberato. Dopo questa esperienza l'ufficiale inglese torna al Cairo, amareggiato e deciso a lasciare tutto. Il suo sogno di unità araba si è infranto contro tanta barbarie e Lawrence sente di essere solo uno strumento dell'ambigua politica britannica. Tuttavia viene duramente convinto dai suoi comandanti a continuare l'impresa e con l'aiuto dell'esercito inglese riesce a liberare Damasco. Ma gli arabi sono incapaci di accordarsi su forme di autogoverno e, mentre Allenby e Feisal stringono accordi di reciproca convenienza, Lawrence rientra in Inghilterra.

Tra i maggiori successi internazionali degli anni Sessanta (risollevò la MGM, in una fase in cui tutte le grandi majors affrontavano una generale crisi del sistema produttivo), Lawrence of Arabia è tra i più originali e complessi kolossal della storia del cinema, profondamente ammirato e studiato dalla generazione di registi americani affermatasi negli anni Settanta, da Brian De Palma a George Lucas a Steven Spielberg (quest'ultimo lo considera un film che ha cambiato il modo di pensare il cinema). Ispirato all'autobiografia di Thomas Edward Lawrence, intreccia con ininterrotta fluidità narrativa lo sfondo popolare, esotico e spettacolare dell'epica con una capacità critica di introspezione della soggettività affine allo stile e alle tematiche della letteratura contemporanea. Realizzato con una concentrazione di mezzi finanziari che molti esperti dell'economia del cinema ritengono improponibile nel cinema di oggi, affida all'opulenza tecnica ed espressiva della più grande industria dello spettacolo dell'epoca una decostruzione sapiente e rivelatrice del reale.

Rappresentante della civiltà e della ragione, il protagonista, non dissimile da quelli di altri film del regista spesso alle prese con figure sottoposte al potere distruttivo delle passioni, si trasforma in un barbaro e crudele guerriero, ovvero in ciò che durante una delle sequenze più famose del film (l'incontro con Ali) lo stesso protagonista indica come il segno dei più profondi limiti delle tribù arabe. Apparso nel deserto con un alone di santità e purezza, si trasforma in un violento sanguinario. David Lean, formatosi al montaggio, illustra con puntigliosa plasticità ed evidenza, grazie ad un uso del 70 mm che farà scuola, sia il turbine degli eventi storici, il dispiegarsi delle masse, la spietata regia delle grandi potenze occidentali, sia l'insondabile nevrosi del protagonista, la cui angelica e asessuata presenza, resa con notevole identificazione da Peter O'Toole (nel ruolo che gli assicurò larghissima fama internazionale), muta in una sorta di possessione e di trance brutale. L'affresco di una grande rivoluzione nazionale, con un protagonista mitico e grandi idee e valori in gioco, si trasforma in una grandiosa tragedia della parvenza: Lawrence ama il deserto perché è pulito, ma nessuno più di lui, come mostrano le sequenze del massacro della colonna turca prima dell'arrivo a Damasco, finirà per spargere sangue sulla sua superficie.

Questa drammaturgia che contrappunta regolarmente la storia politica e diplomatica con le vicissitudini di una tormentata ricerca d'identità, è sorretta da una grandiosa scansione di movimenti narrativi che passano attraverso le sembianze del mito, della cronaca e talvolta dell'allucinazione. Ma il passo rimane sempre sicuro e spedito grazie all'alternanza impeccabile di fulminee ellissi e poderose scene madri, sequenze di estasi visionaria e conflitti psicologici risolti con lapidaria sintesi drammatica. Il film, scritto insieme al maggiore sceneggiatore inglese di quegli anni, Robert Bolt, è cadenzato da dialoghi nutriti di sentenze allusive e aforistiche che chiudono grandi enunciazioni visive, quasi fossero le didascalie di un testo sacro che illustra la vita di un profeta. L'articolazione di dettagli minuti e immensi totali, di spazi vuoti e pianure gremite di urla, come l'ossessiva contrapposizione di figura e sfondo, la saturazione del colore e il maestoso tema musicale di Maurice Jarre, costruiscono un linguaggio di singolare eccellenza visiva e sonora in grado di rappresentare didascalicamente le mille sfumature di un mondo ambiguo, ingovernabile e sterminato, che è metafora del rapporto tra la coscienza e la continua transizione del senso delle cose, come dimostra la morale della storia del protagonista. Perderà se stesso senza mai essersi trovato, e nel finale si ricorderà di sé in quell'altro (un arabo su un cammello) che per un momento è stato.

Il film fu girato in Giordania, Spagna, Marocco e Gran Bretagna. Originariamente durava 222', ma prima di arrivare nelle sale subì molti tagli voluti dal produttore. Nel 1989 ne è uscita una versione restaurata, curata da Bob Harris e dallo stesso Lean, reintegrata delle parti mancanti e portata a 216'. Premiato con sette Oscar: film, regia, fotografia, commento musicale, scenografia, montaggio e sonoro.

Interpreti e personaggi: Peter O'Toole (Thomas Edward Lawrence), Alec Guinness (principe Feisal), Anthony Quinn (Auda Abu Tayi), Jack Hawkins (generale Allenby), Omar Sharif (sceriffo Ali Ibn el Kharish), José Ferrer (Bey), Anthony Quayle (colonnello Harry Brighton), Claude Rains (Mr. Dryden), Arthur Kennedy (Jackson Bentley), Donald Wolfit (generale Murray), I.S. Johar (Gasim), Gamil Ratib (Majid), Michel Ray (Farraj), Zia Mohyeddin (Tafas), John Dimech (Daud), Howard Marion Crawford (ufficiale medico), Jack Gwillim (segretario del club), Hugh Miller (colonnello), Kenneth Fortescue (aiutante di Allenby), Stuart Saunders (sergente maggiore), Fernando Sancho (sergente turco), Norman Rossington (caporale Jenkins).

Bibliografia

P. Baker, Lawrence of Arabia, in "Films and filming", n. 9, February 1963.

M. Mardore, Le paradis perdu, in "Cahiers du cinéma", n. 144, juin 1963.

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M. Sesti, David Lean, Firenze 1988.

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R. Benayoun, The long last cut, in "Positif", n. 341-342, juillet-août 1989; L. Bohne, Leaning toward the past: pressures of vision and narrative in 'Lawrence of Arabia', in "Film criticism", n. 1, Fall 1990.

G. Crowdus, M. Wilson, R. Bolt, Special report, in "Cineaste", n. 4, 1995.

L. Deighton, Sand and the sea, in "Sight & Sound", n. 1, January 1995.

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