Latticodeidrogenasi

Dizionario di Medicina (2010)

latticodeidrogenasi


Enzima, appartenente alla classe delle ossidoreduttasi, che in presenza del coenzima NADH catalizza una delle reazioni fondamentali del metabolismo intermedio, cioè la conversione dell’acido piruvico in acido lattico. Indicata con la sigla LDH, è reperibile in maggior quantità nei muscoli, nel cuore, nel fegato, negli eritrociti e nelle cellule tumorali. La l. è costituita da 4 catene polipeptidiche, che possono essere di due tipi diversi, indicati con H (da Heart) e M (da Muscle). Le combinazioni che ne derivano danno origine a cinque isoenzimi (indicati con LDH1, LDH2, LDH3, LDH4, LDH5) che differiscono per il tipo di subunità da cui sono costituiti (rispettivamente: H4, H3M, H2M2, HM3, M4).

Uso diagnostico e prognostico

Vengono considerati valori normali della sua attività nel siero fino a 200 U.I. (Unità Internazionali) per litro. Si ha un aumento dell’attività di LDH1 e LDH2 nell’infarto miocardico, nelle miocardiopatie, nelle anemie emolitiche, nell’anemia perniciosa; di LDH5 e LDH4 nell’epatite virale, nei traumi muscolari, negli interventi chirurgici. Si ha aumento di tutti gli isoenzimi negli itteri epatici, nell’ittero occlusivo, nella tubercolosi, nelle neoplasie. Nell’infarto miocardico la l. costituisce, con CPK (creatinfosfochinasi) e AST (aspartatotransaminasi), la triade enzimatica di capitale importanza diagnostica e prognostica; delle tre, la l. è quella che aumenta più tardivamente (24÷48 h), ma che permane elevata più a lungo (7÷11 giorni).