LATINI, Latino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 64 (2005)

LATINI, Latino

Massimo Ceresa

Nacque a Viterbo nel 1513, da Bernardino e da Francesca Closia, entrambi di famiglie nobili decadute. La famiglia paterna era originaria del Napoletano. Sin da giovane il L. manifestò una salute cagionevole, che ne condizionò alcune scelte future. Intorno al 1533 si trasferì a Siena con l'intenzione di compiere gli studi di giurisprudenza e vi rimase per undici anni; la fragilità della salute lo costrinse ad abbandonare gli studi giuridici per dedicarsi sempre più intensamente ai prediletti classici latini (soprattutto Cicerone) e ai Padri della Chiesa. Fu a Viterbo per circa due anni e tra il 1544 e il 1546 si trasferì a Roma, per trovare un impiego presso qualche ecclesiastico. Sotto Giulio III ricevette gli ordini religiosi e intorno al 1552 fu assunto come segretario dal cardinale Iacopo Dal Pozzo, con il quale stabilì un rapporto di stima reciproca. Al suo servizio il L. cominciò a intrecciare amicizie con gli umanisti con i quali doveva corrispondere per ufficio, e si accostò alla cerchia di Carlo Borromeo, Cesare Baronio, Guglielmo Sirleto, Fulvio Orsini, Gabriele Faerno e ai futuri pontefici Gregorio XIII, Pio V e Sisto V.

Il 14 febbr. 1561 il cardinale Dal Pozzo fu eletto da Pio IV presidente del concilio di Trento. Mentre il cardinale e il L. si preparavano a recarsi a Trento, nel giugno del 1562 caddero entrambi ammalati; Dal Pozzo non si riprese e morì il 26 apr. 1563, il L. fu immediatamente assunto dal cardinale Rodolfo Pio da Carpi, di cui fu segretario e bibliotecario fino alla morte del cardinale, il 2 maggio 1564. In quel periodo il L. si dedicò intensamente alla pubblicazione di autori sacri, con un faticoso lavoro di emendazione dei codici, tanto che cadde di nuovo ammalato e tornò a Viterbo per curarsi, soprattutto con le acque sulfuree delle terme viterbesi. Ristabilitosi, nel 1565 tornò a Roma, dove ebbe numerose proposte di impiego; finì per accettare quella del cardinale Ranuccio Farnese, che lo nominò suo segretario e lo condusse a Bologna, dove il L. stabilì nuovi contatti, soprattutto con i fratelli Gabriele e Camillo Paleotti, con Carlo Sigonio, con Ulisse Aldrovandi, che sottopose al suo giudizio il Theatrum naturae, ricavandone puntuali correzioni.

Il 29 ott. 1565 morì anche il cardinale Farnese, e il L. si allontanò dalla vita di corte per alcuni anni, dato che le ripetute morti avvenute poco dopo la sua assunzione avevano finito per attribuirgli la fama di iettatore. Il L. se ne lamenta, per esempio, in una lettera al vescovo spagnolo Antonio Agustín. Pensava di ritirarsi a Viterbo, ma a trattenerlo a Roma furono la benevolenza del cardinale Sirleto e gli impegni legati a liti in cui era coinvolto. In questo periodo risulta molto intensa la corrispondenza, in latino, con Agustín, nella quale è spesso nominato Sirleto. Nell'aprile 1568 Onofrio Panvinio, morente, nominò il L. suo esecutore testamentario (insieme con l'agostiniano Giuseppe Panfilo da Verona, Fulvio Orsini e Girolamo Mercuriale), con l'incarico di rivedere le sue opere manoscritte e pubblicare quelle complete.

Nell'estate del 1568 il L. faceva parte, insieme con Vincenzo Pinelli, Mercuriale e Lorenzo Gambara, del circolo di umanisti guidato da Orsini che si riuniva a Caprarola, dove Orsini si trovava al seguito del cardinale Farnese. Nel luglio 1569 il L., scrivendo da Roma a Orsini, accenna con nostalgia alla compagnia e agli svaghi eruditi (Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat., 4104, cc. 261, 272). Nel 1571 il cardinale Marcantonio Colonna lo prese sotto la sua protezione e gli assegnò una comoda abitazione presso il proprio palazzo, lasciandolo libero di attendere agli studi letterari e soprattutto alle edizioni dei Padri della Chiesa. Qualche tempo dopo, forse nell'ottobre 1572, accompagnò il cardinale a Salerno, dove strinse salda amicizia e iniziò una corrispondenza con il gesuita Alfonso Salmerón. Dopo il marzo 1573 tornò a Roma, e fu impiegato da Gregorio XIII alla emendazione e restituzione del testo del Decretum Gratiani, al quale erano stati aggiunti con il tempo una tale quantità di canoni e decretali da renderlo una selva intricatissima di norme spesso contraddittorie. A questo lavoro si dedicò per tredici anni, insieme con gli altri membri della commissione nominata a quello scopo: i cardinali M. Colonna, Alessandro Sforza di S. Fiora, G. Sirleto, Francesco Alciati, G. Paleotti, C. Borromeo, F. Peretti e altri. Per questo lavoro Gregorio XIII gli concesse una pensione annua di 150 ducati; lo incluse inoltre nella commissione dei dieci specialisti incaricati delle correzioni del Martirologio, tra i quali C. Baronio, con cui il L. intensificò l'amicizia. Segretario della commissione era il fiorentino Giovanni Battista Bandini, che negli anni 1588-89 divenne uno dei maggiori corrispondenti del L. (ibid., 6201, cc. 244-245, 247, 303-304). Nel 1584, intanto, erano apparsi a Roma, per i tipi di F. Zanetti, i Loci ex coniectura Latini Latinii Viterbiensis vel restituti, vel aliter lecti in Tertulliano post editionem Iacobi Pamelii Brugen. ann. 1583, condotti sull'edizione di Jacques de Joigny de Pamèle.

Alla morte di Gregorio XIII, nell'aprile 1585, il L. fu incaricato insieme con Orsini, Flaminio De' Nobili di redigere l'iscrizione sepolcrale per il defunto papa. Nel 1587, cosa insolita per lui, così restio a dare opere alle stampe, pubblicò a Roma in un opuscoletto, presso B. Bonfadini, uno dei tanti pareri e opinioni di cui veniva richiesto: Opinio de ea historiae Socratis Sozomenique parte, qua Nectarii episcopi factum de abrogato paenitentiario presbytero continetur. Lo stesso anno fu chiamato a far parte dei consultori del S. Uffizio. Tra il 1589 e il 1590 indirizzò a Michele Mercati alcune osservazioni critiche sull'opera De gli obelischi di Roma, dello stesso Mercati (ibid. 1589), cui quest'ultimo rispose nel 1590 con delle Considerationi… sopra gli avvertimenti del sig. L. L. intorno ad alcune cose scritte nel libro de gli obelischi di Roma… Il L. lavorò ancora per un intero anno alla correzione delle opere di Tertulliano e di s. Cipriano, sempre più faticosamente a causa del declino fisico, ma godendo della stima e considerazione degli eruditi contemporanei. Le congetture su Tertulliano furono incluse nell'edizione degli Opera dello stesso pubblicata con ampio corredo erudito a Parigi nel 1608 e nel 1616, e a Colonia nel 1617.

Il L. riuscì ancora a comporre un'opera sull'ufficio di penitenziere, prima di morire il 21 genn. 1593. Fu sepolto a Roma in S. Maria in via Lata.

Gran parte dei manoscritti inediti del L. giacevano nell'Archivio capitolare di Viterbo (ora accomunato alla biblioteca capitolare), dove furono ripresi intorno alla metà del Seicento dall'archivista, il maltese Domenico Magri, che rimase colpito dall'erudizione delle epistole, ordinate, in apparenza, dallo stesso L., per essere date alle stampe, in cinque libri. Magri le pubblicò, parzialmente, in una prima edizione (Roma 1659), con il titolo Epistolae, coniecturae, et observationes sacra, profanaque eruditione ornatae, e poi in una seconda a Viterbo nel 1667, premettendo a entrambe una breve vita del L. e alcuni elogi di lui scritti da eruditi. Altre lettere del L. furono inserite da G. Lagomarsini nelle note dell'edizione da lui curata delle lettere di Giulio Poggiani (I-IV, Roma 1756-62, ad indicem). Le lettere rimaste inedite sono nella Biblioteca capitolare di Viterbo e in Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat., 4104, 6201, 6319, 6432.

Dalla corrispondenza del L., tenuta in latino e italiano in una scrittura chiarissima, emerge una figura che aveva intessuto una rete di amicizie e corrispondenze eletta e ampia, ben inserita nella società erudita, ascoltata con rispetto - gli eruditi contemporanei ricorrevano abitualmente al L. per consiglio - e a volte garbatamente contestata. Le lettere scritte dal L. durante il servizio presso il cardinale Dal Pozzo sono rivolte soprattutto a destinatari in Polonia e in Prussia; con alcuni di questi il L. mantenne contatti anche dopo la morte di Dal Pozzo, soprattutto con Stanislao Osio, vescovo di Warmia (Ermland) e poi cardinale. Spicca il lungo e ininterrotto scambio epistolare con l'orientalista belga Andrea Maes (Masio), dal 1554 fino alla morte di questo nel 1573, al quale il L. comunicava le sue scoperte erudite e le sue questioni filologiche. Maes era stato a Roma negli anni 1547-49 e 1551-53, lavorando anche come correttore alla Biblioteca vaticana. Tramite Maes il L. entrò in contatto nel 1572 con Benito Arias Montano, orientalista e bibliotecario dell'Escorial. Una testimonianza dell'importanza dell'epistolario del L. è la richiesta di prestito del Vat. lat., 6201, contenente lettere al L. e sue risposte, il 13 ag. 1661, da parte di Gottfried Henschen, che tenne il codice per due settimane.

Il L. lasciò la sua bella e ricca biblioteca all'Archivio capitolare di Viterbo. Secondo Magri, egli aveva avuto in dono la biblioteca del cardinale Rodolfo Pio da Carpi; Feliciano Bussi, storico viterbese, sostiene invece che la biblioteca del cardinale Pio fu venduta all'incanto a Roma; P. de Nolhac afferma che almeno una parte dei libri del L. derivano dalla biblioteca di Pio; secondo Léon Dorez, invece, i libri erano tutti del Latini. I due ultimi studiosi visitarono la biblioteca alla fine dell'Ottocento.

Il L. vanta pure una produzione in versi, in latino e in italiano, anche se si avverte la sua predilezione per la prima lingua. In volgare compose sonetti di fattura petrarchesca; in latino predilesse l'esametro, il distico elegiaco e il trimetro giambico. Sue poesie italiane si incontrano nel cod. 316 della Biblioteca comunale di Viterbo; poesie latine nel quinto libro del suo epistolario nella Biblioteca capitolare di Viterbo e in Vat. lat., 6212, 6246.

Gran parte dell'attività del L. fu dedicata all'emendazione e alla critica dei codici dei Padri della Chiesa, della Sacra Scrittura, dei classici. Tutto questo puntiglioso ed enorme lavoro, sempre condotto con un rigore filologico che gli acquistò la stima incondizionata dei contemporanei, non trovò esito tipografico se non in qualche rara occasione. Fu Magri ad accorgersi del valore delle innumerevoli note critiche che il L. aveva apposto sui libri della sua biblioteca e le pubblicò nella Latini Latinii Viterbiensis Bibliotheca sacra, et profana, sive Observationes, correctiones, coniecturae, et variae lectiones in sacros, et profanos scriptores e marginalibus notis codicum eiusdem (Romae 1677), nella quale riporta gli emendamenti fatti a 45 autori sacri e a 42 profani. Il L. prestò la sua opera di correttore anche per la tipografia di Paolo Manuzio, chiamato a Roma nel 1561 da Pio IV per impiantare una stamperia al servizio della Curia. Gli interessi e le conoscenze del L. e il suo lavoro infaticabile si allargavano anche all'archeologia, e a queste ultime fece appello Agustín nel pubblicare le sue opere numismatiche. Insieme con F. Orsini, Ottavio Pantagato, G. Faerno, A. Chacón, Marc-A. Muret, il L. partecipò al lungo lavoro filologico che sfociò in un commento generale miscellaneo a storici latini che Orsini aggiunse ai Fragmenta historicorum pubblicati da Agustín ad Anversa, per i tipi di C. Plantin, nel 1595.

Fonti e Bibl.: M. Lossen, Briefe von Andreas Masius und seinen Freunden, Leipzig 1886, pp. 146-514 passim; P. de Nolhac, La bibliothèque de Fulvio Orsini, Paris 1887, ad ind.; L. Dorez, L. L. et la Bibliothèque capitulaire de Viterbe, in Revue des bibliothèques, V (1895), pp. 237-261; L. von Pastor, Storia dei papi, IX, Roma 1925, pp. 202, 852; V. Scardala, L. L. umanista viterbese del Cinquecento, Sutri 1966 (a pp. 39-41 l'elenco dei manoscritti e incunaboli della biblioteca del L.); C.M. Grafinger, Die Ausleihe vatikanischer Handschriften und Druckwerke (1563-1700), Città del Vaticano 1993, pp. 281, 546; W. McCuaig, Antonio Agustín and the reform of the centuriate assembly, in Antonio Agustín between Renaissance and Counter-Reform, a cura di M.H. Crawford, London 1993, p. 65; R. Cooper, Epigraphical research in Rome in the mid-sixteenth century: the papers of Antonio Agustín and Jean Matal, ibid., pp. 102, 108, 110 s.; R. Truman, Jean Matal and his relations with Antonio Agustín, Jerónimo Osório da Fonseca and Pedro Ximenes, ibid., p. 252; J. Carbonell Manils, Latini Latinii epistulae ad Antonium Augustinum missae cum quibusdam comentariis auctae nunc primum editae, in Faventia XIX (1997), pp. 149-174; G. Fragnito, Gli affanni della censura ecclesiastica, in Rivista storica italiana, CXIV (2002), p. 592.

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