LAPISLAZZULI

Enciclopedia Italiana (1933)

LAPISLAZZULI (dal lat. lapis "pietra", più l'arabo-persiano lāzward)

Piero Aloisi

E forse lo zaffiro degli antichi; nel Medioevo era indicato con i nomi di lazul, pierre d'azul, pierre d'azur, derivati dall'arabo-persiano lāzward.

A rigore non può essere considerato come un minerale, ma piuttosto come una roccia, formata dall'associazione di minerali varî del gruppo della sodalite, e fra essi essenziale, nel lapislazzuli, la lazurite, monometrica, silicato complesso di costituzione incerta, per il quale viene data la formula (Na2, Ca)2 [(Cl, NaS3, NaSO4) Al] Al2 (SiO4)3. Ai minerali del gruppo della sodalite si associano, nel lapislazzuli, calcite, pirosseni, anfiboli, miche e pirite. Il modo di giacitura del lapislazzuli dimostra che, nel massimo numero dei casi almeno, esso è originato per metamorfismo di contatto fra calcari e rocce eruttive.

Il lapislazzuli è opaco, con lucentezza vitrea poco viva, che non acquista molto con la lucidatura, di colore azzurro oltremare intenso, talvolta tendente al verde, o al violaceo, o al grigio, spesso non uniforme, cosparso di macchie ed anche di punteggiature auree dovute a pirite. Peso specifico 2,4; durezza 51/2. Per il suo bell'aspetto è assai usato come pietra ornamentale. In passato serviva per la fabbricazione del colore azzurro oltremare. I principali giacimenti sono nel Badakshan (conosciuti già da Marco Polo), all'estremo O. del Lago Bajkal, e nelle Ande Chilene; in piccola quantità, e scadente, si trova anche nei proietti del Vesuvio e del Vulcano laziale. (V. tavv. a col.).