MARGOTTI, Lanfranco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 70 (2008)

MARGOTTI, Lanfranco

Marco Maiorino

– Nacque a Colorno (Parma) nel 1559, presumibilmente a settembre, da Astolfo. Ebbe almeno tre fratelli: Ottavio, che lasciò la moglie Lucia Bedola e il figlioletto Lorenzo per accompagnarlo nel 1604 a Traù e a Zara e per restargli poi accanto a Roma fino alla morte; Giulio, titolare di benefici ecclesiastici per 1000 scudi, che alla sua morte (1612) passarono in parte all’altro fratello, Giovanni Francesco.

Compiuti gli studi giuridici, probabilmente presso un ateneo dell’Italia settentrionale, il M. fu ascritto al Collegio dei notai parmensi il 23 genn. 1574. Tra il 1586 e il 1587 ricoprì l’ufficio di notaio al servizio di Filippo Sega, nunzio apostolico a Praga, seguendolo nel 1592 in Francia come segretario ma nello stesso anno, forse per il deteriorarsi dei rapporti con Girolamo Agucchi, primo segretario e nipote del nunzio, il M. lasciò l’incarico per recarsi a Roma. Qui si pose al servizio del cardinale Cinzio Aldobrandini Passeri, nipote di Clemente VIII, a cui era affidata, insieme con il cugino Pietro Aldobrandini, la segreteria di Stato.

L’importante ufficio era diviso in due sezioni: a Cinzio spettava la gestione degli affari relativi a Polonia, Germania e Italia; Pietro doveva occuparsi del disbrigo delle pratiche con la Francia, la Spagna e la Savoia.

Il M. fece il suo ingresso nella segreteria di Stato come sostituto di Minuccio Minucci, segretario particolare di Cinzio, e subito ebbe modo di mostrare la propria inclinazione alla gestione della burocrazia e una notevole abilità nella redazione di importanti dispacci diplomatici: di sua mano, per esempio, è la minuta dell’istruzione del 6 nov. 1592 a Ludovico Taverna, nunzio apostolico a Venezia. La perizia nello scrivere valse presto al M. l’ammirazione della Curia papale: le lettere da lui composte erano elogiate per la chiarezza e la lucidità dell’enunciato, che egli padroneggiava abilmente, modellandolo a seconda dei diversi destinatari.

Per i servigi resi alla S. Sede ottenne alcuni modesti benefici, che gli fruttarono qualche rendita: la cappellania di S. Andrea di Calvatone nella diocesi di Cremona (16 nov. 1593); verso la fine del 1594 il segretariato del Monte di Nettuno in Roma; la cappellania di S. Maria, nella diocesi di Catanzaro (18 nov. 1595).

Quando Minucci, eletto alla sede episcopale di Zara nel 1596, dovette lasciare il proprio incarico alla segreteria di Stato, il M. gli subentrò nel ruolo di segretario del cardinale C. Aldobrandini nel maggio dello stesso anno; il successivo 20 luglio ottenne in commenda l’abbazia di S. Giovanni di Traù. Da quel momento la sua carriera conobbe un’irrefrenata ascesa. Tra il 1597 e il 1598 ebbe la completa responsabilità della segreteria di Stato in assenza del cardinale P. Aldobrandini, impegnato nella «recupera» di Ferrara, del segretario di costui, Erminio Valenti, con il quale il M. condivideva la gestione dell’ufficio, e del cardinale Cinzio, allontanatosi dalla Curia per sopravvenuti dissapori con il pontefice. In tale occasione, oltre all’ordinario disbrigo della corrispondenza diplomatica, il M. svolse un importante ruolo di mediazione fra Clemente VIII e Cinzio, negoziando le condizioni per il rientro del cardinale a Roma. Il favore goduto alla corte papale gli valse, di lì a poco, un canonicato in S. Giovanni in Laterano (19 marzo 1601) e la commenda dell’abbazia di S. Crisogono a Zara (23 ott. 1604).

Dopo la morte di Clemente VIII, nel 1605, il M. partì alla volta di Napoli, ma all’inizio di agosto dello stesso anno Paolo V, da pochi mesi eletto al soglio pontificio, lo richiamò a Roma reintegrandolo nella segreteria di Stato, a capo della quale aveva posto E. Valenti, cardinale dal 1604. Al M. fu affiancato il sottosegretario Marzio Malacrida. Entro la fine dell’agosto 1605 Valenti, nominato vescovo di Faenza, dovette lasciare la segreteria di Stato e a tale periodo risalgono la nomina del M. a protonotario apostolico e la sua conferma nell’ufficio di secretarius negotiorum et rerum Germaniae, Ungariae, Poloniae, Neapolis, Venetiarum (Arch. segreto Vaticano, Segreteria dei brevi, 399, c. 101, 31 ag. 1605).

Egli non vide mai circoscritta la sua attività alla sola corrispondenza con le rappresentanze pontificie citate nel breve di nomina. Infatti, dopo l’avvicendamento fra Valenti e il cardinale nipote Scipione Borghese Caffarelli alla direzione della segreteria di Stato, fra il 1605 e il 1611 il M., assistito da diversi collaboratori, si occupò piuttosto stabilmente dei carteggi con Avignone, Bologna, Ferrara, Firenze, Francia, Milano, Napoli, Portogallo, Ravenna, Savoia, Spagna e Venezia. In qualità di segretario spettava a lui aprire la corrispondenza indirizzata al cardinale nipote, traendone estratti e redigendo minute che sottoponeva all’approvazione e alla firma dello stesso cardinale o del papa; alla sezione da lui diretta spettava inoltre la redazione delle cifre indirizzate ai nunzi apostolici in Spagna e in Francia. Il 29 dic. 1606 ottenne i privilegi dei camerieri pontifici e il 30 ag. 1608 gli fu assegnata una pensione di 100 ducati, ricavata dalle rendite di un canonicato della cattedrale di Lisbona.

A partire da quegli anni conobbe una notevole accelerazione il lento processo di ristrutturazione della segreteria pontificia che portò la figura del cardinale segretario di Stato a distinguersi da quella del cardinale nipote: l’espletamento delle funzioni burocratiche passò progressivamente a un membro della stessa burocrazia. In quel momento tale posizione era appunto del M., e in ciò sembra trovare fondamento la sua elevazione al cardinalato, avvenuta il 24 nov. 1608 con l’assegnazione del titolo presbiterale di S. Callisto, come prima di lui era accaduto a Valenti, pur essendo entrambi alle dipendenze del cardinale Scipione Borghese Caffarelli.

Quando Malacrida, alla fine di luglio 1609, lasciò la segreteria di Stato, la responsabilità dell’intero ufficio passò al M., che si trovò a sovrintendere anche alla sezione deputata ai rapporti con Bruxelles, Colonia, Graz, Imperatore, Polonia, Svizzera, fino ad allora diretta da Malacrida. Da quell’anno, tuttavia, il cardinal nipote aveva iniziato a ritirarsi dagli affari della segreteria di Stato, affidandoli alla diligente perizia del M., che Giovanni Battista Confalonieri, suo segretario particolare, già definiva «presidente della Secreteria Pontificia» (Ibid., Fondo Confalonieri, 54, c. 1r).

L’accresciuto prestigio e il favore goduto presso il papa valsero al M. la nomina a vescovo di Viterbo (26 genn. 1609), ma gli impegni in Curia gli impedirono di svolgere il ministero pastorale, che egli esercitò attraverso il proprio vicario. Ottenne inoltre nuovi privilegi: il 21 ag. 1609 gli furono concesse sei once dell’Acqua Felice e il 26 agosto fu nominato protettore dei chierici regolari somaschi; l’11 genn. 1610 fu traslato al titolo presbiterale cardinalizio di S. Pietro in Vincoli e il 15 dello stesso mese subentrò al defunto Cinzio Aldobrandini come protettore dei canonici regolari della Congregazione del Ss. Salvatore Lateranense.

Dall’agosto 1609 al novembre 1611 il M. si trovò di fatto a governare la segreteria di Stato da solo, sebbene la corrispondenza in entrata continuasse a essere indirizzata al cardinal nipote, alla cui firma si presentavano gli originali delle lettere in uscita; solo fra il 17 luglio e il 13 nov. 1610 il M. firmò personalmente la corrispondenza in luogo del cardinale Borghese Caffarelli, assente per malattia.

Dal luglio 1609, per far fronte alla mole di lavoro, il M. introdusse nella segreteria pontificia nuovi funzionari, primo fra tutti il proprio segretario, Confalonieri, a cui affidò una cospicua parte della corrispondenza ufficiale. Accanto a lui furono chiamati a operare Porfirio Feliciani, Giulio Cameresio, Cristoforo Caetani, Giovanni Battista Perugini, Annibale Conti e Decio Memmoli. Se il M. non modificò nella sostanza la fisionomia della segreteria di Stato, che continuò a essere ripartita approssimativamente in due sezioni, vi introdusse tuttavia un rilevante elemento di novità con l’incarico della gestione di tali sezioni, affidate congiuntamente alla sua responsabilità, ai segretari suoi sottoposti. Egli ricreava così, al livello dei sottosegretari, quella ripartizione di competenze che, al tempo del suo ingresso nella segreteria di Stato, era stata appannaggio dei due cardinali nipoti Cinzio e Pietro Aldobrandini.

Figura eminente nella società, il M. aveva accumulato un discreto patrimonio e si accompagnava frequentemente a membri dell’aristocrazia.

Il M. morì a Roma il 30 nov. 1611, a causa dell’infezione prodotta da una ferita al braccio destro. Erede del M. fu il nipote Lorenzo, figlio del fratello Ottavio.

Domenico Zampieri, detto il Domenichino (1581-1641), disegnò il monumento funebre, nella chiesa di S. Pietro in Vincoli, che ne accolse le spoglie. Alla mano del medesimo artista è riconducibile anche il ritratto esposto nella stessa chiesa.

Fra gli scritti del M., al Discorso et instructione tanto per li signori cardinali quanto per qualsivoglia conclavista (1605) si deve aggiungere l’edizione postuma di una raccolta delle lettere da lui composte per il cardinale Borghese Caffarelli (Lettere scritte per lo più nei tempi di Paolo V a nome del sig. cardinal Borghese, raccolte e pubblicate da Pietro de Magistris di Calderola, Roma 1627), della quale si ebbero diverse edizioni (Venezia 1633, Bologna 1697). Una seconda raccolta di ottanta lettere del M. fu pubblicata a Padova nel 1635, allegata allo scritto di Girolamo Lunadoro, Relatione della corte di Roma e de’ riti da osservarsi in essa e dei suoi magistrati e offitii con la loro giurisdittione.

Fonti e Bibl.: Arch. segreto Vaticano, Arch. Concistoriale, Acta Camerarii, 14, cc. 143, 195; Acta Miscellanea, 38, c. 113; Acta Vicecancellarii, 15, c. 54v; Arch. del Sostituto del Concistoro, Atti concistoriali, anni 1605-21, p. 252; Fondo Borghese, serie II, 51, c. 251v; 195-196, c. 225v; 250, c. 5v; 270, c. 21v; 309, c. 261v; 311, c. 111v; 322, c. 5v; 323, cc. 13v, 30v; 325, c. 87v; 328-330, cc. 161v, 417v; 431, c. 94v (estratti autografi del M.); serie III, 20 C, c. 91; Fondo Confalonieri, 34, cc. 298-302; 54, cc. 205r, 271r; Segreteria dei brevi, regg. 209, c. 93; 222, cc. 174-175; 233, cc. 190-193; 306, cc. 139-140v; 310, c. 61; 399, cc. 101-104; 445, cc. 139-151; 447, cc. 111r-112r; 451, cc. 205r-206r; 592, cc. 326r-337r; 596, cc. 450r-452r; 611, cc. 283-289; 644, cc. 278-281; Segreteria di Stato, Germania, 21, c. 146v; 22, c. 221; Nunziature diverse, 282, cc. 68-69; Portogallo, 12, c. 170v; Arch. di Stato di Firenze, Carte Strozziane, serie I, 193, c. 178; Biblioteca apost. Vaticana, Urb. lat., 1064, cc. 291, 439; 1072, c. 545; 1073, cc. 424v, 428v; 1076, c. 861; 1077, c. 365v; 1080, cc. 529v, 563; Vat. lat., 10714, cc. 1-27; Roma, Ist. storico germanico, Biblioteca storica, Minucciana, 5, c. 175; A. Caetani, Epistulae et acta (1607-1611), I, a cura di M. Linhartová, Pragae 1932, pp. 41 ss.; Nuntiaturberichte aus Deutschland. Die Kölner Nuntiatur, IV, 1, a cura di K. Wittstadt, München-Paderborn-Wien 1975, pp. LII, LXXIII, 45, 280 s.; IV, 2, 1-2, a cura di S. Samerski, Paderborn-München-Wien 2000; V, 1, 1, a cura di W. Reinhard, Paderborn 1972, pp. XXXVII, XLIV, XLVIII, 65, 123, 132, 178, 182, 227, 237, 289, 292, 316 s., 337, 346, 361, 384, 404 s., 415, 417, 435-437, 475, 479 s., 483 s., 487, 503 s., 512 s., 514, 516, 519; Die Hauptinstruktionen Clemens’ VIII. für die Nuntien und Legaten an den europäischen Fürstenhöfen (1592-1605), a cura di K. Jaitner, I, Tübingen 1984, pp. XXXIX, XLIV, XLVI, XLIX-LII, LVIII, CVI s., CX s., CXVII, CXXI, CCI, CCLXX s., 116, 478, 488, 524, 527, 531, 611, 652, 655; A. Aliani, Il notariato a Parma: la matricula Collegii notariorum Parmae (1406-1805), Milano 1995, p. 359; Acta Nuntiaturae Polonae, XV, 1, a cura di L. Jarminski, Romae 2000, p. XXXV; XVIII, a cura di A. Tygielski, ibid. 1990, pp. XII, XIX, 210-217, 221-228, 230-232, 273-275, 287, 350, 352; Le istruzioni generali di Paolo V ai diplomatici pontifici 1605-1621, a cura di S. Giordano, I, Tübingen 2003, pp. 63, 98, 101 s., 209, 235-239, 242, 244, 250, 253, 255-258, 260-263, 266, 268 s., 272-274; A. Chacon, Vitae et res gestae pontificum Romanorum et S.R.E. cardinalium, IV, Romae 1677, coll. 420 s.; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, I, Venetiis 1717, col. 1422; L. Cardella, Memorie storiche dei cardinali della S.R.C., VI, Roma 1793, pp. 149-151; I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, V, Parma 1797, pp. 3-7; Id., Continuazione delle memorie degli scrittori e letterati parmigiani, a cura di G. Pezzana, VI, 3, Parma 1827, pp. 679-683; A. Solerti, Vita di Torquato Tasso, I, Torino-Roma 1895, p. 735; L. von Pastor, Storia dei papi, XI, Roma 1929, p. 40; XII, ibid. 1930, pp. 47 s., 57, 241, 243, 298, 300, 306; J. Semmler, Beiträge zum Aufbau des päpstlichen Staatssekretariats unter Paul V. (1605-1621), in Römische Quartalschrift, LIV (1959), pp. 40-80 (in particolare pp. 40-57); E. Fasano Guarini, Aldobrandini (Passeri), Cinzio, in Diz. biografico degli Italiani, II, Roma 1960, p. 103; S. Samerski, Das päpstliche Staatssekretariat unter L. M. 1609 bis 1611. Das Provinzprinzip als notwendiges strukturelles Fundament zur Etablierung des Kardinalstaatssekretärs, in Römische Quartalschrift, XC (1995), pp. 74-84; A. Menniti Ippolito, Il tramonto della Curia nepotista. Papi, nipoti e burocrazia curiale tra XVI e XVII secolo, Roma 1999, pp. 40, 64; K. Jaitner, Der Hof Clemens’ VIII. (1592-1605). Eine Prosopograhie, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, LXXXIV (2004), p. 260 n. 311; Diz. di erudizione storico-ecclesiastica, XLII, pp. 299 s.; Hierarchia catholica, IV, pp. 11, 41, 48, 371.

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