Lambrecchini

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(o svolazzi) In araldica, pezzi di stoffa frastagliati a fogliami tenuti fermi dal cercine e ricascanti sull’elmo. Il termine deriva dal latino lemnisci, che indicava i nastri appesi alle corone antiche in segno di onore. I l. fanno parte degli ornamenti esteriori dello stemma e in particolare del timbro (➔), che costituisce l’ornamento posto sopra lo scudo. L’origine risale alle strisce di stoffa colorata che i cavalieri ponevano sotto l’elmo per proteggere il capo dal calore, dalla pioggia e dall’umidità; spesso venivano cucite e ricamate con i colori delle livree e arricchite con perle e pietre preziose.

fig.

I l. comparvero sugli stemmi nel 14° sec.; le tipologie variano a seconda della forma: a cappellina, a mantellina, a voletti, a fogliami, ad acanti; la forma più antica si presentava a panno intero, non frastagliato, come una mantellina a pieghe simmetriche spesso ornata alle estremità di frange e fiocchi, ma poiché questo panno, in battaglia, veniva tagliuzzato dai colpi di spada degli avversari, dal 15° sec. in poi i cavalieri cominciarono a usarlo frastagliato come testimonianza del coraggio avuto sul campo. Nel 16° sec. i l. assunsero la forma di foglie di acanto, come ancora oggi vengono rappresentati (v. fig.). I colori, secondo le regole araldiche, dovrebbero riprodurre gli smalti del campo, delle pezze e delle figure principali dello scudo, ma spesso si trovano raffigurati con smalti diversi.

La parte interna dei l. è di metallo (oro o argento), l’esterna colorata; nel caso in cui lo stemma è ricoperto da 4 smalti diversi questi vengono riprodotti, due a due, nella parte sinistra e destra dei lambrecchini. Sotto l’Impero napoleonico il numero e il colore dei l. variava secondo il grado di nobiltà (i principi ne avevano 6 d’oro, i conti 4 d’oro e d’argento ecc.).

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