La seconda rivoluzione scientifica: matematica e logica. Algebra

Storia della Scienza (2004)

La seconda rivoluzione scientifica: matematica e logica. Algebra

Claudio Procesi

Algebra

Per comprendere la storia dell'algebra del XX sec. è necessario fare un breve quadro dello sviluppo della disciplina alla fine dell'Ottocento. Un utile testo per avere una idea di tale sviluppo è il classico trattato di Heinrich Martin Weber anche se per la teoria degli invarianti, per i lavori di David Hilbert, per i fondamenti della teoria dei gruppi di Lie e della teoria delle rappresentazioni, è necessario un discorso più approfondito. Quest'ultima teoria è forse il filone principale dello sviluppo dell'algebra del Novecento e permea varie teorie matematiche e fisiche.

Tornando al XIX sec. i maggiori successi di tipo algebrico geometrico sono stati: la teoria di Galois sulle equazioni algebriche e la fondazione della teoria dei numeri algebrici da parte di Peter Gustav Lejeune Dirichlet, Richard Dedekind, Ferdinand Gotthold Eisenstein, Leopold Kronecker e Hilbert; la scoperta da parte di János Bolyai, Carl Friedrich Gauss e Nikolaj Ivanoviã Lobaãevskij delle geometrie non euclidee con i successivi sviluppi di Felix Christian Klein, Sophus Lie e Wilhelm Karl Killing; il complesso processo di gestazione della geometria algebrica avviato da Max Noether, Hermann Hannibal Schubert, Giuseppe Veronese e Luigi Cremona; in ultimo, soprattutto a opera di Ferdinand Georg Frobenius, la teoria dei caratteri dei gruppi.

Per quanto riguarda il XX sec. è impossibile comprendere lo sviluppo dell'algebra senza menzionare l'esperienza bourbakista. Si tratta di un grandioso progetto iniziato alla fine degli anni Trenta da un gruppo di giovani matematici francesi (André Weil, Jean Dieudonné, Claude Chevalley, Jacques Dixmier e altri) tendente all'unificazione del linguaggio e dei metodi di tutta la matematica. Il progetto, ancora in parte operante, ha prodotto i vari volumi degli Eléments de mathématique di Nicolas Bourbaki (pseudonimo collettivo), i "Séminaire Bourbaki" tuttora attivi e, principalmente, un approccio particolare alla matematica di stile molto algebrico. In effetti le parti migliori della letteratura bourbakista sono quelle relative all'algebra; tuttavia in tale concezione si avverte notevolmente la mancanza sia dell'intuizione geometrica sia dello sviluppo analitico (e totalmente degli aspetti applicativi e delle connessioni fra matematica e altre scienze). L'algebra moderna è ancora in gran parte uno sviluppo di quella esposta negli Eléments de mathématique nei volumi dedicati appunto all'algebra, all'algebra commutativa e ai gruppi e alle algebre di Lie.

Se apriamo ora un volume delle "Mathematical reviews" possiamo vedere come oggi l'algebra sia divisa in circa 400 sottovoci, ciascuna relativa a una effettiva area di ricerca in cui operano matematici che producono numerosi lavori ogni anno e tutto questo senza considerare le pur notevoli interazioni con altre discipline matematiche che vengono pertanto elencate sotto ulteriori voci distinte.

Per tentare di dare un minimo di unità a tutte queste sottodiscipline e tracciare una breve storia del loro sviluppo partiamo da una suddivisione grossolana dell'algebra (in parte ispirata a Bourbaki) in algebra commutativa, metodi omologici e categorici, teoria delle rappresentazioni, teoria dei gruppi e combinatoria.

L'algebra commutativa

L'algebra commutativa è essenzialmente un prodotto del XX sec. anche se i germi della teoria si trovano quasi esclusivamente nell'opera di Hilbert. Questa disciplina ha origine dallo studio dei sistemi di equazioni algebriche e fornisce un comodo linguaggio per esprimere in modo intrinseco le proprietà algebriche delle corrispondenti soluzioni. Ciò la rende uno strumento indispensabile per lo sviluppo della geometria algebrica e in parte, specie presso autori che privilegiano un approccio algebrico alla geometria, con essa si confonde sia nel linguaggio sia nei risultati. In effetti l'algebra commutativa è uno strumento assai flessibile e fornisce anche un linguaggio alla teoria dei numeri algebrici.

Con Hilbert abbiamo i teoremi fondamentali: della base, delle sizigie, il Nullstellensatz, l'idea di sistema di parametri e le applicazioni alla teoria degli invarianti.

Questi teoremi sono però esclusivamente formulati e dimostrati per l'algebra dei polinomi ed è soltanto successivamente che si impone il punto di vista astratto che dominerà il pensiero algebrico del Novecento. Infatti è con Emanuel Lasker (1868-1941) ed Emmy Noether (1882-1935) che inizia la moderna teoria degli ideali e con Francis S. Macaulay (1862-1937) l'analisi di speciali sistemi di equazioni algebriche (come gli ideali determinantali) che negli anni Cinquanta hanno giocato un ruolo importante nella teoria degli anelli locali e delle singolarità, conducendo allo studio delle successioni regolari e degli anelli di Cohen-Macaulay. Wolfgang Krull (1899-1971) introduce l'idea di anello locale, di dimensione astratta e dimostra teoremi fondamentali come il teorema dell'ideale principale e vari autori, tra i quali Ernst Steinitz (1871-1928) e Oscar Zariski (1899-1986), contribuiscono allo sviluppo della teoria delle valutazioni, un tentativo di estendere a dimensioni elevate i metodi classici di analisi delle curve algebriche.

I risultati principali di questi approcci saranno poi presentati nel classico testo di Bartel Leendert van der Waerden (1903-1996) Moderne Algebra, che rappresenta un punto di svolta fondamentale nell'esposizione dei concetti basilari dell'algebra moderna, al quale tutti gli autori successivi si sono in qualche modo adeguati.

Uno dei punti importanti dell'approccio di van der Waerden consiste nello sviluppare la teoria delle equazioni e delle strutture algebriche a esse associate senza utilizzare i metodi classici dell'eliminazione di Kronecker. Questo passaggio ha avuto una rilevanza notevole, se non altro psicologica, nello sviluppo dell'algebra. Infatti la teoria dell'eliminazione fornisce algoritmi con cui a priori è teoricamente possibile determinare varie proprietà dell'insieme ‒ una varietà affine ‒ delle soluzioni di un sistema di equazioni algebriche. Purtroppo il metodo è estremamente complesso dal punto di vista algoritmico ed essenzialmente inutilizzabile. Tutti i fondamenti della geometria algebrica, secondo il punto di vista della scuola italiana, dovevano essere riconducibili a enunciati di teoria dell'eliminazione, ma questa formulazione era spesso lasciata in forma assai indeterminata e imprecisa. Con l'algebra commutativa moderna emergono invece strutture che permettono di fondare rigorosamente la teoria. Il lavoro necessario per questa rifondazione, estremamente lungo e laborioso, è stato compiuto da matematici come Zariski, Weil, Chevalley, Jean-Pierre Serre e Alexander Grothendieck. Ricordiamone i punti salienti.

Sia R:5K[x1,…,xn] l'anello dei polinomi nelle variabili xi a coefficienti in un campo K. Dato un sistema di equazioni polinomiali

Formula 1

si consideri l'insieme I di tutte le equazioni che da esse si deducono, ossia quelle della forma

Formula 2

con le gi polinomi. Tale insieme è (essenzialmente per definizione) un ideale dell'algebra dei polinomi. Lo studio del sistema di equazioni è riconducibile a quello dell'ideale ovvero dell'anello quoziente A5R/I. Le soluzioni del sistema si possono identificare con gli ideali massimali di questo anello (Hilbert Nullstellensatz), lo studio di tali soluzioni ha un aspetto locale (studio della singolarità in un punto associato a un ideale massimale m) e uno globale (studio delle proprietà della varietà affine che è l'insieme di tutte le soluzioni). Lo studio locale si effettua analizzando le proprietà di un anello associato ad A e m, il cosiddetto anello locale di A in m formato essenzialmente dalle frazioni a/b con a e b elementi di A e b"m. Tale anello, secondo l'intuizione di Krull, va pensato come l'anello delle funzioni regolari in qualche intorno del punto dato, e lo studio dell'eventuale singolarità della varietà affine nel punto si riconduce allo studio di tale anello. Per avvicinarsi alle tecniche analitiche è possibile elaborare ulteriormente la costruzione completando l'anello locale; questo punto di vista è stato sfruttato in modo assai ingegnoso per analizzare le nozioni di molteplicità, di rami di una singolarità, problemi riguardanti l'estensione di funzioni lungo le singolarità e così via. Il punto di vista globale ha ricevuto un impulso particolarmente fecondo dalle idee di Serre sui fasci coerenti e dalle successive estensioni di Grothendieck alla teoria degli schemi. In queste idee è essenziale il ruolo della topologia di Zariski, in cui si definiscono insiemi chiusi di una varietà affine le varietà in essa contenute, e della topologia étale, nella quale si dichiarano aperti essenzialmente i morfismi a fibre finite non ramificati.

Insieme alle strutture topologiche giocano un ruolo determinante i fasci sulla varietà. Questi oggetti consentono di confrontare le varie informazioni locali sulla varietà e di ottenere invarianti globali. Lo sviluppo della teoria dei fasci nei primi anni Cinquanta si deve a Jean Leray (motivato in gran parte dal desiderio di formulare in modo algebrico il teorema di De Rham) e poi a Henri Cartan, Roger Godement e Serre ed è legato al periodo di maggior sviluppo dell'algebra omologica e alla successiva formulazione categorica della topologia e della geometria algebrica.

Secondo questa teoria, data una varietà X si considera per ogni aperto U di X l'anello delle funzioni algebriche regolari su U. Se UV sono due aperti, ogni funzione regolare su V è anche regolare su U e abbiamo quindi una struttura di fascio su X. Questo è il fascio strutturale della varietà da cui si deducono altri fasci di ideali, di moduli, di sizigie e così via; secondo la teoria di Cartan e Serre i fasci quasi coerenti e coerenti sono i principali oggetti di studio, i quali, formando una categoria abeliana, permettono lo sviluppo dell'algebra omologica.

Queste idee, benché fondamentali, non sono però sufficienti per un completo sviluppo della geometria algebrica e solo con le idee di Grothendieck e l'uso sistematico della topologia étale si hanno strumenti sufficientemente potenti per risolvere, per esempio, le famose congetture di Weil sulle funzioni ζ delle varietà algebriche sui campi finiti.

Un discorso a parte, nello sviluppo dell'algebra commutativa, spetta allo studio algebrico delle disuguaglianze e delle strutture di ordine. Tale studio è motivato dal classico XVII problema di Hilbert (una funzione razionale reale è somma di quadrati di funzioni razionali se è positiva) risolto da Emil Artin e Otto Schreier come conseguenza della loro teoria dei campi ordinati, e le idee che in esso intervengono sono state ampiamente riprese in tempi recenti per sviluppare metodi algebrici per lo studio delle soluzioni reali delle equazioni algebriche.

L'algebra omologica

Si tratta di una disciplina sviluppata quasi esclusivamente negli anni Quaranta e Cinquanta (e ripresa recentemente con lo studio dell'omologia ciclica di Alain Connes) per organizzare sistematicamente una serie di idee e metodi inizialmente usati in topologia algebrica e successivamente estesi a vari campi, dalla teoria dei numeri alla teoria di una variabile complessa, fino ai recenti lavori sui D-moduli riguardanti gli aspetti algebrici dei sistemi di equazioni differenziali.

Il punto di vista omologico nasce da un'idea generale che individua nei gruppi di omologia invarianti funtoriali degli spazi topologici e da alcune metodologie algebriche come i complessi di catene e i funtori derivati. Il punto di vista funtoriale è essenzialmente lo sviluppo della seguente idea: si definisce simplesso standard

[3] ∆i:={(x0,…,xn)∈Rn∣0≤xi≤1, ∑xi=1}

e si definisce simplesso singolare in X una funzione continua f da Di a X. A ogni spazio topologico X possiamo associare un complesso algebrico: il complesso delle catene singolari. Si considerano poi i gruppi Ci(X), liberamente generati dai simplessi singolari di dimensione i e gli operatori di bordo d:Ci(X)→Ci−1(X), definiti ponendo

Formula 4

dove fk denota la faccia k-esima del simplesso f, ovvero la restrizione di f alla parte del simplesso Δi dove la k-esima coordinata è 0 (pensato esso stesso come simplesso standard di dimensione i−1). Gli operatori d verificano le condizioni d2=0 (le quali si assumono poi come assiomi nella definizione di complesso algebrico) e da queste proprietà si deducono i gruppi di omologia Hi(X):=Zi(X)/Bi(X) dove Zi(X):= ={aCi(X)∣d(a)=0}(i cicli) e Bi(X):={d(Ci+1(X)} (i bordi). I complessi algebrici formano una categoria in quanto si definisce omomorfismo fra due complessi Ci e Di una sequenza di omomorfismi di gruppi Fi:CiDi che commutino con i bordi, per i quali cioè si abbia dfi=fi−1d. Un'importante nozione è quella di successione esatta di complessi ovvero una successione di tre complessi Ci, Di, Ei e morfismi Fi:CiDi e Gi:DiEi per cui Ci sia il nucleo di Gi e Gi sia suriettiva. Una successione esatta si indica allora brevemente con

[5]  0→C→D→E→0.

La costruzione del complesso singolare è funtoriale in quanto, se f:XY è una funzione continua, a essa è associata (in modo ovvio per composizione) un'applicazione di complessi Ci (X)→Ci (Y). Abbiamo quindi un funtore dalla categoria degli spazi topologici a quella dei complessi algebrici. Successivamente i gruppi di omologia sono ulteriori funtori dai complessi algebrici ai gruppi connessi fra di loro da un'opportuna struttura (gli omomorfismi di connessione) che a una successione esatta di complessi associano una successione esatta lunga di gruppi

[6]  →Hi(C)→Hi(D)→Hi(E )→Hi-1(C)→… .

Queste idee, che si possono trovare esposte nei due classici libri Homological algebra (1956) di Cartan e Samuel Eilenberg e Homology (1963) di Saunders Mac Lane, hanno trovato applicazioni molto più ampie di quelle appena descritte. Oltre evidentemente alla topologia algebrica, anche nella teoria dei numeri: la coomologia di Galois e la teoria del corpo di classe. Può essere inoltre sviluppata una coomologia per gruppi, algebre di Lie e algebre associative, e alcuni dei gruppi di coomologia hanno interpretazioni concrete. Con tali metodi si studiano le estensioni dei gruppi e delle algebre, come si costruisca cioè un'algebra di cui sia noto un ideale e il relativo quoziente (stesso problema per i gruppi); vedremo un'esempio nel caso delle algebre di Kac-Moody.

Il punto di vista categorico è un'assiomatizzazione del metodo esposto: si definisce in generale categoria una classe di elementi detti oggetti, dotata per ogni coppia a,b di oggetti di un insieme di elementi, indicato hom(A,B), detti morfismi o frecce (per cui si scrive f:AB invece di fhom(A,B)). Si assume inoltre l'esistenza di una composizione associativa hom(A,Bhom(B,C)→hom(A,C) e l'esistenza di un elemento 1Ahom(A, A) per ogni oggetto A che si comporta come unità rispetto a tale composizione. I gruppi o gli anelli con i rispettivi omomorfismi, i moduli su un anello, gli spazi topologici con le applicazioni continue sono tutti esempi di categorie. Categorie diverse possono essere messe in relazione da un funtore, ossia una legge che a ogni oggetto A della prima categoria associ un oggetto F(A) della seconda e a ogni freccia f:AB della prima categoria ne associ una F(f):F(A)→F(B) della seconda. Si suppone inoltre che F conservi i prodotti e le unità.

Per formulare propriamente l'algebra omologica è necessario restringersi a classi speciali di categorie, le categorie abeliane di cui i moduli su un anello, i fasci di moduli e i fasci coerenti sono tutti esempi.

In una categoria abeliana gli insiemi hom(A, B) hanno struttura di gruppi abeliani e le composizioni di frecce sono bilineari, inoltre valgono opportuni assiomi sull'esistenza e sulle proprietà di nuclei e conucluei di morfismi e di oggetti particolari (iniettivi e proiettivi). In questa generalità le costruzioni dell'algebra omologica possono essere formulate nel linguaggio dei funtori derivati e i teoremi fondamentali sono dimostrati con metodi generali, per esempio il metodo della successione spettrale associata alla composizione di funtori.

Il punto di vista categorico è stato molto in auge negli anni Sessanta e veniva applicato nei campi più disparati della matematica in un tentativo di algebrizzazione di varie discipline, dalla logica all'analisi funzionale. Successivamente vi è stata una certa revisione, dovuta all'esaurimento di metodi di tipo algebrico veramente nuovi. Nonostante questo, il linguaggio categorico resta sempre un linguaggio estremamente potente e duttile da utilizzare, anche se con qualche cautela, per formulare costruzioni molto generali e confronti fra strutture diverse.

La teoria delle rappresentazioni

Si tratta di un campo di ricerche molto vasto, legato al concetto di operatore lineare su uno spazio vettoriale e di linearizzazione di una struttura. Le idee iniziali si possono ricondurre da una parte alla grande scuola di teoria degli invarianti che risale, nella seconda metà del XIX sec., in Inghilterra a Arthur Cayley, William R. Hamilton, James J. Sylvester e William K. Clifford, in Germania a Rudolf Alfred Clebsch, Paul A. Gordan e Hermann Günter Grassmann; dall'altra alle ricerche di Kronecker, Karl Theodor Wilhelm Weierstrass e Camille Jordan sulle forme canoniche degli operatori lineari, alla teoria di Killing e Élie Cartan sulle algebre di Lie e alla parallela teoria di Benjamin Peirce e di Joseph H.M. Wedderburn sulle algebre associative; infine alla teoria dei caratteri creata da Frobenius.

In questo senso dobbiamo considerare come risultati fondamentali la caratterizzazione dovuta a Frobenius dei quaternioni come il solo corpo non commutativo di dimensione finita sui reali, la classificazione delle algebre di Lie semplici complesse (e poi reali) a opera di Killing e Cartan, il teorema di Wedderburn che caratterizza le algebre semisemplici di dimensione finita su un campo come somma diretta di algebre complete di matrici su corpi, l'altro teorema di Wedderburn che afferma che ogni corpo finito è commutativo e gli sviluppi astratti di Noether e Artin sulle condizioni ascendenti e discendenti per gli ideali sinistri (teoria degli anelli noetheriani e artiniani). Questo approccio, dopo che Artin e Noether, a seguito della situazione politica nella Germania nazista, emigrarono negli Stati Uniti, è stato fatto proprio dalla scuola americana che già aveva una sua tradizione risalente a Peirce, Leonard E. Dickson e Abraham A. Albert. Esponenti principali di questa scuola sono Nathan Jacobson (a cui è dovuto un teorema di densità che generalizza il teorema di struttura di Wedderburn) Irving Kaplanski e Israel Nathan Herstein.

Le teorie delle rappresentazioni dei gruppi, delle algebre di Lie e di quelle associative, si sono sviluppate in modo indipendente anche se con notevoli connessioni fra loro. Per le algebre associative è particolarmente notevole la teoria di Skolem-Noether sul doppio centralizzante e sugli automorfismi delle algebre semisemplici, grazie alla quale si evidenzia una stretta relazione fra un'algebra di operatori semisemplice e l'algebra di tutti gli operatori che commutano con essa.

Nel caso più semplice di algebre sui complessi (o su un campo algebricamente chiuso) si dimostra che la coppia costituita dall'algebra semisemplice e dal suo centralizzante si può caratterizzare nel modo seguente: si scelgono k coppie di spazi vettoriali di dimensione finita Ui,Vi con i=1,…,k. Si considerano per ogni i le due algebre Ai e Bi di tutti gli operatori su Ui e Vi rispettivamente, si formano i prodotti tensoriali UiVi e AiBi (che si identifica con l'algebra di tutti gli operatori su UiVi) e le somme dirette W:=⊕Ki=1Ui⊕Vi,R:=⊕Ai, e S:=⊕Bi. Si ha allora che R e S operano naturalmente sullo spazio W e sono l'una il centralizzante dell'altra. Il teorema del doppio centralizzante ci dice che questa è, a meno di isomorfismi, la situazione generale. Nel caso in cui il campo base non sia algebricamente chiuso la situazione si complica perché entrano nel quadro eventuali corpi non commutativi su cui costruire gli spazi vettoriali.

Questa teoria ha portato a una notevole estensione di carattere aritmetico, con l'introduzione del gruppo di Brauer di un campo, che ha per elementi le classi di isomorfismo di corpi di dimensione finita con centro il campo dato e in cui il prodotto è dato usando il teorema di Wedderburn: da tale teorema si deduce che il prodotto tensoriale di due corpi sul loro centro è l'algebra di tutte le matrici su un nuovo corpo, e ciò permette di definire il prodotto nel gruppo di Brauer.

Inoltre, sempre dalla stessa teoria, si deducono vari teoremi di struttura sui corpi di dimensione finita sul proprio centro. Questo studio ha portato a un'analisi profonda dei corpi sui campi di numeri algebrici e al teorema di Albert, Brauer, Hasse e Noether secondo il quale ogni tale corpo ha un sottocampo massimale ciclico (nel senso della teoria di Galois) e quindi si può presentare in forma particolarmente semplice con due elementi del campo base.

Questa teoria aveva lasciato aperti numerosi problemi relativi alla possibile estensione di tali risultati a casi più generali. Successivamente i lavori di Shimshon Amitsur (1972) hanno dato una risposta negativa alla domanda se esista un sottocampo massimale di Galois e quelli di Aleksander S. Merkur′ev e Andrej Suslin (1982) hanno invece fornito un'informazione positiva mostrando che il gruppo di Brauer è sempre generato da algebre cicliche e determinando le relazioni fra di esse.

Come già detto, la teoria delle algebre associative è parte della più generale teoria delle rappresentazioni, infatti in questo linguaggio possono essere riformulati i principali risultati della teoria dei caratteri dei gruppi. Da notare in particolare la teoria di Issai Schur poi ripresa da Hermann Weyl e Richard D. Brauer sulla simmetria dei tensori e le rappresentazioni del gruppo simmetrico e del gruppo lineare. Tale teoria si estende agli altri gruppi classici e fornisce un approccio concreto alla teoria delle rappresentazioni che, in questi casi, integra in modo assai utile la teoria generale sui gruppi di Lie compatti sviluppata da Cartan e Weyl sulla quale torneremo.

Notiamo infine che la teoria delle algebre non semisemplici ha avuto inizio con i lavori di Wedderburn, Brauer e Robert M. Thrall ed è stata ripresa negli anni Settanta e Ottanta in modo vigoroso a opera soprattutto di Peter Gabriel (rappresentazioni dei quivers) di Ljudmila A. Nazarova e infine di Andrej Vladimirovič Roiter (teoria delle rappresentazioni indecomponibili).

La teoria delle algebre di Lie, a cui abbiamo già accennato in precedenza è uno degli aspetti algebrici di un più vasto campo di ricerche sui gruppi continui che coinvolge vari settori della matematica, dalla geometria differenziale (spazi simmetrici, fibrati principali, gruppi di olonomia) all'analisi armonica (spettro di un gruppo, teorema di Plancherel) al calcolo delle probabilità (azioni ergodiche) alla teoria dei numeri e alla geometria algebrica. Dopo la classificazione delle algebre semisemplici e la teoria di Weyl sulle rappresentazioni e i loro caratteri vi sono stati approfondimenti sempre maggiori con le ricerche di Hans Freudenthal, Evgenij Borisovič Dynkin e Bertram Kostant tese a precisare la natura delle rappresentazioni e delle operazioni fra di esse (per es., le formule di tipo Clebsch-Gordan per la decomposizione del prodotto tensoriale di due rappresentazioni) e a mettere in evidenza alcune interessanti strutture algebrico-geometriche associate alle algebre di Lie, come i sistemi di radici e i gruppi di Coxeter. Inoltre un notevole impatto hanno avuto i metodi di tipo geometrico e topologico (teoremi di Borel, Weil, Bott, Atiyah).

Un'influenza notevole nello sviluppo di queste idee ha avuto il fatto che, nella formulazione quantistica e relativistica delle teorie atomiche, nucleari e delle particelle elementari, giocano un ruolo di fondamentale importanza, per le semplificazioni essenziali che portano alla teoria, le simmetrie delle equazioni che descrivono le interazioni. Tali simmetrie si esprimono in modo naturale con azioni di gruppi di Lie (o delle loro corrispondenti algebre) su spazi di Hilbert. La teoria del gruppo di Lorenz, per esempio, necessaria nella formulazione relativistica delle interazioni, è stata una delle motivazioni allo studio delle rappresentazioni indotte di George W. Mackey e alla successiva monumentale teoria di Harish Chandra e di Robert P. Langlands, mentre le simmetrie interne hanno trovato applicazione nelle teorie di gauge e nella teoria delle stringhe.

In tempi più recenti si è sviluppata una teoria assai elaborata di carattere essenzialmente algebrico su una classe notevole di algebre di Lie di dimensione infinita legate alla teoria delle stringhe: le algebre di Kac-Moody. Nella formulazione più semplice una tale algebra si ottiene da una algebra semisemplice G con la seguente serie di operazioni: si costruisce l'algebra A:=G[t,t−1] dei polinomi di Laurent a coefficienti in G (la loop algebra), si considera la forma di Killing su G estesa in modo naturale ad A e denotata (a, b), che assume evidentemente come valori dei polinomi di Laurent, e infine si considera il numero ψ(a,b):=Res(da/dt,b). Si verifica che questa funzione soddisfa gli assiomi di cociclo e pertanto definisce un'estensione centrale dell'algebra A che è essenzialmente la desiderata algebra di Kac-Moody.

La teoria delle rappresentazioni di queste algebre ha prodotto numerosi frutti, tra i quali una riscoperta e un approfondimento di classiche identità legate a funzioni modulari, che trovano in questo contesto una spiegazione naturale nel linguaggio dei caratteri e delle formule di Weyl-Kac e una formulazione nel linguaggio degli operatori di vertice mutuato dalla teoria di Feynman e in particolare dal modello di risonanza duale di Veneziano.

La teoria è stata notevolmente arricchita dallo studio dell'algebra di Virasoro, un'algebra introdotta di nuovo in fisica, in relazione al modello di Veneziano e alla teoria delle stringhe, che è una canonica estensione centrale dell'algebra di Lie dei campi vettoriali su una circonferenza. Da una costruzione canonica (costruzione di Sugawara), tale algebra appare accoppiata a un'algebra di Kac-Moody e genera pertanto un profondo legame fra due diverse teorie di rappresentazione.

Discutendo della moderna teoria delle algebre di Lie bisogna ricordare un campo di ricerche che ha avuto grande sviluppo, quello della teoria delle algebre inviluppanti. La nozione di algebra inviluppante di un'algebra di Lie è già presente, anche se in forma germinale, nei classici lavori di Alfredo Capelli (1855-1910) sulle forme algebriche. In effetti, non appena si rappresenti un'algebra di Lie come algebra di operatori differenziali del primo ordine (uno dei modi più naturali suggeriti dallo studio infinitesimale dei gruppi di simmetria), si possono generare gli operatori differenziali ottenuti da questi dati con le usuali operazioni algebriche di somma e prodotto. Si ottiene così un'algebra associativa di operatori che contiene l'algebra di Lie e che, sotto opportune ipotesi di genericità, è canonica, ossia indipendente dalla rappresentazione scelta. Nel caso della teoria di Capelli quest'algebra prendeva il nome di algebra delle polarizzazioni.

La struttura interna di quest'algebra è piuttosto interessante ed è strettamente legata alla teoria delle rappresentazioni dell'algebra di Lie data. Uno studio approfondito è stato iniziato da Dixmier e dalla sua scuola ed è stato completato negli anni Ottanta da vari autori (Michel Duflo, Jean-Luc Brylinski, Walter Borho, Anthony Joseph, Robert D. MacPherson) che hanno introdotto nella teoria tecniche molto originali derivate dalla topologia (omologia di intersezione) e dalla teoria algebrica delle equazioni differenziali (D-moduli).

La teoria dei D-moduli è assai recente anche se vi sono idee sulle singolarità delle equazioni differenziali a coefficienti olomorfi che risalgono a Gauss. La teoria è in gran parte il prodotto delle idee di Joseph Bernstein e della scuola giapponese di Mikio Sato, Masaki Kashiwara e Takahiro Kawai. Si tratta inizialmente di studiare l'algebra degli operatori differenziali in n variabili e le sue rappresentazioni e quindi di globalizzare questa teoria studiando i fasci di operatori differenziali su una varietà e i corrispondenti moduli. In entrambi i punti di vista ha un ruolo importante l'idea di varietà caratteristica che ha un'origine classica nello studio delle equazioni differenziali iperboliche. I sistemi in cui la varietà caratteristica è la più piccola possibile hanno un ruolo speciale nella teoria e vengono detti olonomi.

Uno dei grandi successi della teoria è stato il teorema di corrispondenza di Riemann-Hilbert, dimostrato indipendentemente da Mekbout e da Kashiwara e Kawai. Con questo teorema s'interpretano in termini topologici le soluzioni del sistema di equazioni differenziali (ovvero il D-modulo corrispondente) e si dimostra che, sotto un'ulteriore ipotesi di regolarità, sussiste una corrispondenza fra tali moduli e i corrispondenti oggetti topologici, detti fasci perversi. Tali idee hanno avuto importanti applicazioni, specialmente alla teoria delle rappresentazioni e a quella delle singolarità.

La teoria dei gruppi

Questa teoria ha avuto uno sviluppo assai notevole specialmente dopo gli anni Cinquanta con i lavori di numerosi matematici. Il risultato di gran lunga più rilevante è stato la classificazione dei gruppi finiti semplici. Un gruppo si dice semplice se non possiede sottogruppi normali non banali, i gruppi semplici si possono considerare come i mattoni di costruzione dei gruppi in generale. Dallo sviluppo della teoria dei gruppi della fine dell'Ottocento, motivato dalla teoria di Galois, erano emerse alcune classi infinite di gruppi semplici (i gruppi alterni e i gruppi di matrici su campi finiti) e alcuni gruppi semplici isolati (i gruppi di Mathieu).

Per avere dei risultati fondamentali nuovi in questa teoria bisogna arrivare agli anni Cinquanta e Sessanta. Da una parte il fondamentale contributo di Chevalley, il quale ha costruito gli analoghi dei gruppi di Lie compatti sui campi finiti, costruendo quindi le classi dei gruppi di tipo Lie, dall'altra il profondo teorema di Feit e Thompson (1963) in cui si dimostra che un gruppo semplice (non banale) ha necessariamente ordine pari. Quest'ultimo risultato ha aperto la strada alla classificazione dei gruppi sporadici, ossia quei gruppi semplici che non appaiono nelle classi infinite descritte dai gruppi di tipo Lie. I gruppi sporadici formano una lista di 26 gruppi dei quali i primi 5 sono stati scoperti alla fine dell'Ottocento, mentre gli altri sono stati costruiti e descritti negli anni Sessanta e Settanta del XX secolo. Può essere interessante notare che, con lo studio di questi gruppi, si cominciano a impiegare in algebra i computer, per effettuare calcoli su matrici di ordine elevato e calcoli espliciti di caratteri. Solo successivamente questo approccio computazionale è stato esteso ad altri aspetti dell'algebra.

Nella teoria dei gruppi moderna vi sono anche numerose ricerche sui gruppi infiniti che meritano una menzione, fra queste: lo studio dei gruppi e dei prodotti liberi (teoremi di Kurosh) che trovano ora eleganti formulazioni nel linguaggio della teoria dei gruppi che operano su grafi; il problema di Burnside e sue generalizzazioni, risolto dalla scuola russa; la teoria dei gruppi aritmetici, con i profondi risultati di Grigorij Aleksandrovič Margulis e la attuale teoria dei gruppi computabili che tenta di analizzare classi di gruppi infiniti in cui si possano sviluppare metodi effettivi.

Logica, combinatoria e K-teoria

Vogliamo soltanto accennare al fatto che le idee di Kurt Gödel (1906-1978) sull'indecidibilità hanno trovato una controparte algebrica con una risposta negativa al cosiddetto problema della parola per i gruppi. Ossia se dato un gruppo con un numero finito di generatori e di relazioni si possa determinare con una macchina, per esempio se il gruppo è banale.

Gli aspetti combinatori sono stati sempre presenti in algebra, specialmente nella teoria dei gruppi finiti, i quali, potendosi considerare come i gruppi di simmetria di strutture finite, compaiono in modo naturale in moltissimi problemi di combinatoria. Dovendo però specificare l'aspetto più algebrico di questa disciplina possiamo ricordare i lavori di Young sul gruppo simmetrico e in particolare la teoria delle tabelle standard, che ha avuto vari sviluppi in relazione alla teoria degli invarianti e con vere e proprie ricerche combinatorie di codifica di dati con particolari strutture; i lavori di Jacques Tits tendenti a isolare vari aspetti combinatori, di geometria sintetica, associati ai gruppi algebrici e aritmetici, a spazi omogenei e a strutture a essi associate (gli edifici di Bruhat-Tits).

L'algebra dei codici e dei linguaggi, nell'ambito dell'informatica teorica, può in parte essere considerata legata agli aspetti combinatori dell'algebra. Per esempio la teoria di Marcel Paul Schutzenberger (1920-1996) sul monoide plactico, che fornisce un'elegante dimostrazione della regola di Littelwood-Richardson sul prodotto tensoriale di rappresentazioni irriducibili del gruppo lineare, è appunto suggerita dallo studio dei codici e dei linguaggi.

Il punto di vista algoritmico è tornato recentemente al centro dell'attenzione anche nello studio dell'algebra commutativa. Questo interesse è in gran parte dovuto all'uso sempre più diffuso dei calcolatori elettronici, ma i metodi usati ora sono abbastanza lontani dalla classica eliminazione e sono invece basati sull'algoritmo di Buchberger sulle basi di Grobner. Per chiarire questa differenza ricordiamo che la teoria dell'eliminazione tende a fornire metodi di questo tipo: si parte da un sistema di equazioni di grado prefissato e in variabili scelte, si pone un problema sul sistema di equazioni, per esempio se esso ammetta soluzioni. In molti casi la risposta al problema posto dipende dal fatto che i coefficienti del sistema dato soddisfino o meno opportune equazioni algebriche, (che quindi si pensano ottenute dalle equazioni date eliminando le variabili, da cui il nome di teoria dell'eliminazione). L'esempio classico è il risultante di Sylvester che è un polinomio nei coefficienti di due polinomi dati (in una variabile) e che svanisce quando i due polinomi hanno una radice in comune. In questo caso il problema è costruire le equazioni algebriche corrispondenti, ma spesso o le equazioni ottenute sono troppo complesse o il procedimento va reiterato e alla fine è del tutto impossibile leggere le proprietà richieste dal risultato finale.

Nel metodo delle basi di Grobner, viceversa, dato un sistema di equazioni questo si sostituisce con uno equivalente ma in forma normale. La forma che si ottiene dipende dai coefficienti del sistema ma non si tenta in nessun modo di predire a priori quale forma assumerà il sistema, si applica solo l'algoritmo che produce la forma normale. Naturalmente quando si trattano gli aspetti effettivi dell'algebra è necessario restringersi a oggetti costruibili, per esempio polinomi a coefficienti razionali o in un campo finito; in generale vi sono delicati problemi di indecidibilità.

Non possiamo non menzionare in conclusione di questa rassegna una delle teorie più importanti nel panorama dell'algebra degli ultimi decenni del Novecento, la K-teoria. è una costruzione recente motivata da molteplici tipi di ricerche: una congettura di Serre, risolta da Daniel Quillen e Suslin, secondo la quale un modulo proiettivo su un anello di polinomi su un campo è libero e i tentativi, in parte riusciti, di estendere ad anelli e varietà, classici invarianti dell'aritmetica dei numeri algebrici. In questo campo restano numerose congetture irrisolte e generalizzazioni di funzioni ζ dei campi di numeri. Si tratta di una disciplina di frontiera con la topologia e la teoria dei numeri.

CATEGORIE
TAG

Bartel leendert van der waerden

Peter gustav lejeune dirichlet

Teoria delle rappresentazioni

Ferdinand georg frobenius

Calcolo delle probabilità