La seconda rivoluzione scientifica: fisica e chimica. Organizzazioni e autorità scientifiche

Storia della Scienza (2004)

La seconda rivoluzione scientifica: fisica e chimica. Organizzazioni e autorita scientifiche

Lewis Pyenson

Organizzazioni e autorità scientifiche

Le nazioni coinvolte nella Prima guerra mondiale

Il protrarsi nel tempo del primo conflitto mondiale intensificò il processo di centralizzazione delle attività di ricerca scientifica, favorendo l'incremento delle sovvenzioni sia nei paesi belligeranti sia in quelli non coinvolti ma comunque interessati. Per compensare la mancanza di accesso ai prodotti tedeschi, la Gran Bretagna reagì creando la British Dyestuffs Corporation con un capitale complessivo di 3 milioni di sterline (di cui 100.000 dedicate alla ricerca). Nonostante la Royal Society avesse istituito una commissione al servizio degli interessi della nazione, fu necessario quasi un anno prima che fosse creata la Board of Invention and Research che, posta sotto il controllo della Marina, aveva come obiettivo principale l'individuazione dei sottomarini; quale direttore del settore ricerca ed esperimenti fu nominato Charles H. Merz, ingegnere elettrico, discendente dello storico filosofo e chimico John T. Merz.

L'innovazione scientifica era considerata in Occidente la chiave di volta per interrompere la situazione di stallo che caratterizzava l'andamento del conflitto; a questo scopo la Germania aveva introdotto l'iprite, prodotta in grandi quantità da migliaia di tecnici associati con il Kaiser Wilhelm Institut für Chemie di Fritz Haber. Dopo cinque mesi la Francia emulò la Gran Bretagna istituendo la Direction des Inventions all'interno del ministero della Pubblica Istruzione. Gli inglesi mantennero comunque il primato nella centralizzazione scientifica in tempo di guerra, creando un Advisory Council, che avrebbe poi dato vita al Department of Scientific and Industrial Research (DSIR), inaugurato nel 1916, sul modello del Medical Research Committee, fondato nel 1913 sotto l'egida del Board of Education.

A partire dal 1917 il DSIR sovvenzionò largamente numerose associazioni autonome, finanziate insieme all'industria, per ricerche nel campo delle nuove tecnologie, come le onde radio e la fotografia. Questa organizzazione centralizzata durò per 50 anni ca., fino a quando Harold Wilson creò il Science and Research Council e il Ministry of Technology; intorno al 1922 il DSIR destinò 100.000 sterline ca. alla ricerca (erano solo 11.000 nel 1916-1917) e, analogamente, il National Physical Laboratory vide incrementare il proprio budget dalle 44.000 sterline del 1913-1914 alle 155.000 del 1922: quest'ultima cifra era destinata esclusivamente al suo dipartimento per la ricerca.

La chimica giocò un ruolo rilevante nella Prima guerra mondiale. L'esempio più significativo è la selezione di gas velenosi di diverso tipo: nel 1918 nei paesi belligeranti erano attivi più di 1500 ricercatori universitari impegnati nella creazione sia di gas tossici, da usare in guerra, sia di altri gas fondamentali in ambito bellico, come l'elio, utilizzato per permettere ai dirigibili di sollevarsi (proveniente, alla fine della guerra, soprattutto dagli Stati Uniti, grazie ai giacimenti in Texas) o l'azoto, fondamentale per la produzione industriale dell'ammoniaca (il processo di sintesi di questo elemento valse al chimico tedesco Fritz Haber il Nobel per la chimica nel 1918). Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e Svizzera incrementarono la produzione chimica per compensare la perdita cospicua delle industrie tedesche e ampliarono o istituirono dipartimenti di ricerca tecnologica (la DuPont Corporation statunitense ne è un esempio degno di nota). Negli anni Venti il gruppo tedesco I.G. Farben si trovò a competere seriamente con le industrie rivali ‒ tra le quali Imperial Chemical Industries ‒ che si erano sviluppate nei paesi coinvolti nel recente conflitto.

Le élite intellettuali americane, pur manifestando opinioni diverse riguardo alla guerra, sfruttavano la loro posizione di neutralità per dar vita a strutture e associazioni che potessero rappresentare punti di riferimento dopo la pace; si può ricordare a titolo d'esempio la creazione della League to Enforce Peace, che costuì l'immediato precedente della Lega delle Nazioni.

Scienza e istruzione erano i cardini di questa riorganizzazione. Lo psicologo James McKean Cattell, grazie alla sua autorità scientifica, fondò l'American Association of University Professors, mentre J. Franklin Jameson, editore di "American historical review", promosse una campagna per creare un archivio nazionale; infine l'astronomo George Ellery Hale contribuì a rendere la National Academy of Science un'istituzione di grande prestigio e autorità.

L'affondamento del Lusitania offrì a Hale l'opportunità per convincere il presidente Woodrow Wilson ad appoggiare la richiesta dell'Academy di nominare una commissione che, oltre a promuovere nuove e approfondite ricerche pure e applicate, ritenesse suo compito fondamentale quello di operare per il comune obiettivo 'della sicurezza e del benessere nazionale'. Fu istituito a questo riguardo il National Research Council, che svolse il ruolo di autorità centrale e privata nel soprintendere alla ricerca a livello di università, governi, industria e ospedali. Il National Research Council ottenne dalla Rockefeller Foundation fondi per borse da assegnare a studenti che avevano da poco ottenuto il dottorato in materie scientifiche, che consentivano ai giovani scienziati di compiere viaggi di studio in Europa, delle quali negli anni Venti e agli inizi degli anni Trenta usufruì il 15% dei dottorati in fisica. Il Council in genere stanziava fondi solamente per un ristretto gruppo di università, ritenendo che la ricerca sarebbe stata più fruttuosa se condotta da una élite accademica. Inoltre collaborava con fondazioni private, in particolare con la General Education Board della Rockefeller Foundation, che sosteneva la ricerca nelle discipline matematiche; con il Laura Spelman Rockefeller Memorial Fund, che sosteneva il Social Science Research Council (omologo del National Research Council nel campo delle scienze sociali) e con la John Simon Guggenheim Foundation, punto di riferimento per tutte le personalità di spicco.

Quando la famiglia Rockefeller decise di investire nella ricerca in Europa, stanziò finanziamenti soprattutto per la costruzione di edifici universitari sede di istituzioni prestigiose quali la Senate House di Londra, la biblioteca della Cambridge University, il Mathematisches Institut di Gottinga e l'Institut Henri Poincaré a Parigi. In seguito, nonostante avesse donato un contributo di 420.000 dollari alle istituzioni scientifiche spagnole nel 1926, l'anno successivo il fisico Augustus Trowbridge, direttore dell'International Educational Board della Rockefeller Foundation a Parigi, si rifiutò di sovvenzionare l'istituto nazionale di fisica e chimica durante la dittatura di Miguel Primo de Rivera. La fondazione sostenne inoltre in maniera sostanziale l'associazione federale per il sovvenzionamento della ricerca nella Germania della Repubblica di Weimar ‒ la cosiddetta Notgemeinschaft (organizzazione d'assistenza) ‒ presumibilmente in quanto la società destinava gran parte dei propri fondi a singoli ricercatori accademici.

Nel 1923 l'Italia pose a capo del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) il matematico Vito Volterra, per dare al paese una rappresentanza nell'International Research Council a Bruxelles. Dotato inizialmente di pochi mezzi, il CNR ricevette nel 1927 un nuovo mandato e una nuova struttura creata per accentrare le ricerche, svolte nelle diverse discipline, e convogliare il peso dei finanziamenti sul ministero dell'Istruzione, un aumento di stanziamenti per i laboratori e un nuovo presidente: il Nobel Guglielmo Marconi. Nel 1932-1933 il Consiglio divenne il massimo consulente tecnico dello Stato italiano, direttamente responsabile di fronte a Benito Mussolini. Mezzi insufficienti e scarsa autonomia comunque limitarono profondamente l'operato del CNR che, nonostante fosse riuscito a finanziare lo studio dei raggi cosmici e della fisica nucleare, non fu in grado di sovvenzionare un laboratorio per le basse temperature o l'istituto per la radioattività di Enrico Fermi. A partire dal 1937, con l'Italia sotto le sanzioni internazionali per la guerra in Etiopia, il CNR stabilì strette relazioni con le corporazioni di regime e assunse il controllo degli istituti di fisica applicata di Torino, Firenze e Roma; successore di Marconi ‒ sempre nel 1937 ‒ fu il maresciallo Pietro Badoglio, conquistatore di Addis Abeba, il quale spinse il CNR verso progetti volti alla risoluzione di problemi pratici.

Sotto la pressione della guerra nel 1915 la Francia istituì una Direction des Inventions intéressant la Défense Nationale, per coinvolgere la scienza nella difesa nazionale, che impiegò per esempio il fisico francese Pierre Ernest Weiss (insegnante presso il Polytechnikum di Zurigo) ma fece ben poco per salvare i giovani scienziati francesi, gran parte dei quali perse la vita sul fronte. Nel 1922 l'Office National des Recherches Scientifiques et Industrielles et des Inventions assunse il compito di sovrintendere sia alla direzione della ricerca sia all'antica Caisse des Recherches Scientifiques che, riformata nel 1930, continuò a operare nel 1933 sotto il Conseil Supérieur de la Recherche fino al 1935, quando fu sostituita dalla più attiva Caisse Nationale de la Recherche Scientifique, che diede vita a laboratori universitari. Nel 1939 dopo altri cambiamenti si giunse ‒ sotto la pressione della guerra imminente ‒ al Conseil National de la Recherche Scientifique (CNRS), che assorbì tutte le altre organizzazioni. Il CNRS, funzionando indipendentemente dalle università e dalle scuole di specializzazione sotto il ministero della Pubblica Istruzione, costruì laboratori, agevolò la carriera dei ricercatori e generalmente promosse relazioni di tipo scientifico. Tale evoluzione fu animata nell'ambito di un decennio dai fisici progressisti Jean-Baptiste Perrin e Paul Langevin; la forza politica che sosteneva il CNRS era il fronte popolare di Léon Blum, che nel 1936 nominò il fisico Irène Joliot-Curie come sottosegretario di Stato per la ricerca scientifica. Il direttore del CNRS era Henri Laugier, un biologo che aveva sollecitato la riforma dell'istruzione a partire dai primi anni Venti con un gruppo di radicali ‒ i Compagnons de l'Université Nouvelle ‒ e che nel 1936 aveva diretto il Service Central de la Recherche Scientifique, l'istituzione che aveva preceduto il CNSR.

In Francia in numerose discipline scientifiche la ricerca fu centralizzata tra il 1918 e il 1940. In tempo di guerra la meteorologia e la ricerca sulle onde radio vennero mantenute comunque in ambito militare, insieme con la geofisica, che usufruiva degli osservatori, con i relativi fondi, presenti nei territori dell'impero coloniale e dei protettorati; nel 1938 il corpo militare meteorologico sotto il comando di Henry Hubert constava di 50 unità ca. ed era composto da personale civile con preparazione accademica. La tendenza generale può vedersi nel CNRS che, nel suo evolversi da Caisse des Recherches Scientifiques, divenne il nuovo centro privilegiato della ricerca scientifica, riuscendo a emarginare i vecchi 'baroni' che guardavano al mondo della ricerca con freddo distacco. L'iniziativa privata in Francia ebbe i suoi più fecondi risultati negli istituti Pasteur, diffusi in tutto il mondo, dove lavoravano i premi Nobel Charles-Louis-Alphonse Laveran (1907), Il′ja Il′jč Mečnikov (1908), Jules Bordet (1919) e Charles Nicolle (1928). Ricchi filantropi avevano sovvenzionato progetti speciali sin dalla fine del XIX sec. (Raphaël Bischoffsheim costruì l'Osservatorio di Nizza) e tale tradizione continuò anche negli anni Venti del secolo successivo, in particolar modo con il patronato di Edmond de Rothschild per le scienze fisiche. Tali fenomeni però non rientravano nella tipologia delle donazioni in stile americano ed erano invece maggiormente legati a esperienze sovietiche e tedesche.

Il sistema sovietico, che Langevin aveva avuto modo di conoscere personalmente, sosteneva fermamente la necessità dell'integrazione tra ricerca pura e applicata e, in generale, della separazione tra ricerca e istruzione, nell'ambito di un'economia che seguiva le autoritarie tecniche di gestione promosse dall'americano Frederick W. Taylor e il sistema industriale di Henry Ford. Fino al consolidarsi del regime stalinista dei tardi anni Venti, la scienza era rimasta dominio di una élite prerivoluzionaria, cui fu permesso di formare un fronte popolare con il partito comunista. Esemplificativa a tal proposito è la figura di Vladimir Nikolaevič Ipatev, capo de facto dell'industria chimica sovietica, che era stato monarchico e generale dell'esercito dello zar e condusse negoziati con la Germania riguardo le armi chimiche nel 1923. Ancora più rivelatrici sono le libertà delle quali godeva il premio Nobel Ivan Petrovič Pavlov, come quella di avere la possibilità di andare in chiesa. Nonostante il fervente desiderio di porre la scienza a capo del processo di trasformazione della società ‒ in tale contesto è particolarmente sorprendente l'autorità riconosciuta a Trofim Denisovič Lysenko, un ciarlatano 'coltivatore di piante' ‒ gli scienziati attivi in campi particolari, come l'aeronautica (Artem Mikoyan), e i fisici delle basse temperature (il Nobel Pëtr Leonidovič Kapitsa) mantennero una sostanziale indipendenza creativa. Proprio come i loro colleghi in Occidente, gli scienziati sovietici riscossero successo sottolineando i loro risultati pratici effettivi o potenziali. Il cosmologo Aleksandr Aleksandrovič Friedmann, che lavorò anche nell'aeronautica, nella meteorologia e nel settore della fluidodinamica, divenne il primo direttore dell'Osservatorio Geofisico Centrale nel 1925. L'osservatorio era stato un organo militare durante gli ultimi anni del regime zarista e ci vollero ben otto anni perché tornasse a essere utilizzato per le ricerche di meteorologia sotto gli auspici dell'Accademia delle Scienze, servendosi delle nuove metodologie della scuola norvegese di Vilhelm F.K. Bjerknes.

La riorganizzazione stalinista della scienza ebbe come risultato il trasferimento della maggior parte dei grandi istituti di scienze fisiche nel Commissariato dell'industria pesante, con la richiesta di formulare un piano di ricerca quinquennale, secondo un modo di procedere che però indeboliva le associazioni indipendenti. Gli scienziati erano incoraggiati, o costretti, a svolgere il loro lavoro senza contatti con i ricercatori stranieri ‒ addirittura la circolazione di ristampe era vista come un attentato allo sviluppo sovietico autonomo ‒ e caddero sovente vittime del grande terrore stalinista nel 1936-1938. In migliaia furono arrestati, imprigionati o uccisi, come il fisico, premio Nobel, Lev Davidovič Landau (imprigionato per un anno) e il genetista Nikolaj Vavilov (morto in carcere). Quando Langevin visitò le istituzioni sovietiche, ebbe l'impressione che gli scienziati si comportassero come una sorta di classe sacerdotale, che aveva accesso alla politica e gestiva le risorse di grandi istituzioni centralizzate.

In Germania il passaggio dal benessere del periodo imperiale alle ristrettezze del nuovo Stato repubblicano portò a numerose innovazioni nell'autofinanziamento della scienza. Albert Einstein, direttore del non ancora costituito Kaiser Wilhelm Institut für Physik, nel 1919 divulgò un'offerta di sovvenzioni finanziarie a tutti gli altri istituti di fisica tedeschi. Al suo programma spontaneo si unirono Carl Heinrich Becker e Friedrich Schmidt-Ott, dotti e sensibili funzionari di governo, con appelli alla nazione al fine di sostenere economicamente in forma diretta lo sviluppo dell'istruzione, alla maniera della Kaiser Wilhelm Gesellschaft e del Deutsches Museum di Monaco (le università ricevevano infatti fondi dai singoli Stati dell'impero e della repubblica). L'idea di un'agenzia centrale per il finanziamento delle attività scientifiche, la Notgemeinschaft der Deutschen Wissenschaft, si deve a Schmidt-Ott e al chimico Fritz Haber. Per il tramite delle accademie scientifiche tedesche un gran numero di sostenitori si raccolse per supportare il piano che Max Planck e altri presentarono sia al ministero degli Interni federale sia alle autorità per l'istruzione prussiane. La Notgemeinschaft nacque nel 1920, sotto la guida energica di Schmidt-Ott come presidente, con un budget di oltre un milione di marchi d'oro e, intorno al 1922, aveva ricevuto dall'industria una cifra anche maggiore. In un primo momento i fondi venivano equamente divisi tra gli istituti di tecnologia e borse di studio individuali per la ricerca; nel 1928, dopo la ristabilizzazione della valuta, la Notgemeinschaft ricevette otto milioni di marchi dal governo federale. L'attività della Notgemeinschaft era integrata dalla Kaiser Wilhelm Gesellschaft, fondata prima della guerra, che focalizzò la propria attenzione prevalentemente sulla rinascita dell'industria tedesca; durante la Repubblica di Weimar tale istituzione realizzò più di venti istituti, la maggior parte dei quali era destinata a ricerche di scienza applicata.

Il resto del mondo

Il più sostanzioso contributo individuale alla Notgemeinschaft per quanto riguarda la fisica venne dall'industriale giapponese Hajime Hoshi. Questo evento indicativo era il riflesso di cinquant'anni di una prolungata e autonoma opera di creazione di istituzioni scientifiche in Giappone, che aveva incluso anche la fondazione di università di Stato (imperiali) dette daigaku, nelle quali insegnarono in un primo momento professori occidentali, e di società scientifiche così come l'introduzione di riviste scientifiche e l'impiego nell'industria pesante di ingegneri provenienti dall'Occidente. La maggioranza degli specialisti occidentali lavorava per i ministeri della Tecnologia, degli Interni e delle Finanze, così come per la Commissione per la colonizzazione di Hokkaido e per l'esercito; il ministero della Tecnologia e la Commissione per la colonizzazione erano i maggiori centri promotori di innovazioni istituzionali. Nei decenni precedenti la Prima guerra mondiale scienziati giapponesi, come Tanakadate Aikitsu, Jun Ishiwara, Shibasaburo Kitasato e Hideyo Noguchi erano conosciuti in Occidente per le loro importanti ricerche nel campo della fisica e della medicina.

Accogliendo la cultura occidentale nel suo complesso i responsabili per la ricerca giapponesi non si sentivano vincolati dalla distinzione ‒ propria dell'Occidente ‒ tra scienza pura e applicata. La notevole assimilazione della scienza di matrice europea, facilitata dalla tradizione di guardare all'estero come a una fonte di saggezza, rende meno evidenti determinati orientamenti secolari nel Giappone del periodo Tokugawa, nel quale era in corso una rivoluzione protoindustriale, e talora impedisce agli storici di vedere le grandi modifiche che gli stessi giapponesi apportarono alle istituzioni europee, in particolare alle aziende commerciali e alle università: le loro società economiche, motore dell'industrializzazione, divennero una sorta di famiglia allargata e le loro università promossero la ricerca originale senza avere però una posizione di preminenza.

In Giappone negli anni Trenta si aveva un centinaio di dottorati in materie scientifiche e tecnologiche all'anno ma, ciononostante, la parte più consistente dell'attività scientifica si svolgeva nelle strutture ante guerra, in particolare nelle università imperiali e private. All'Istituto imperiale per le malattie infettive di Tokyo, che dal 1893 riceveva sovvenzioni pubbliche e private, diretto da Shibasaburo Kitasato durante la guerra, si affiancò nel 1917 l'Istituto di ricerca fisica e chimica (fondazione Riken), ispirato al Physikalisch-Technische Reichsanstalt di Berlino; questi istituti, sebbene di notevole importanza, non fungevano tuttavia da centri per il coordinamento nazionale della ricerca.

Il corrispettivo del Giappone in America Latina, l'Argentina, mostrò una certa preferenza a mantenere in vita nel XX sec. le strutture di fine Ottocento. Analogamente al Giappone, l'Argentina emergeva da un periodo di guerre civili e interventi esterni per diventare una potenza a livello mondiale intorno al 1900; la sua ricchezza derivava dall'esportazione di risorse naturali e beneficiava (così come gli Stati Uniti) di grandi ondate di immigrazione dai paesi europei. Tra il 1890 e il 1914 l'Argentina rinnovò e ingrandì le sue università (sia provinciali sia federali), considerate le fondamenta del progresso nazionale. Al pari del Giappone sperimentò una centralizzazione delle istituzioni, accogliendo un gruppo di scienziati tedeschi (insieme all'astronomo americano Benjamin Apthorp Gould) per popolare l'accademia nazionale a Córdoba. Nonostante alcune scoperte significative in cartografia e in storia naturale, l'accademia di Córdoba non dominava l'attività di ricerca, che era concentrata nella capitale Buenos Aires. Durante la prima parte del XX sec. Argentina e Giappone divennero paesi 'esportatori' di scienza: l'Università di La Plata, riorganizzata nel 1905 come istituzione scientifica, attraeva studenti da tutta l'America Meridionale così come, agli inizi della Prima guerra mondiale, molti studenti asiatici frequentavano le università giapponesi. Argentina e Giappone condivisero, inoltre, notevoli interessi in ambito militare, promuovendo innovazioni nelle armi e nell'addestramento e offrendo opportunità di ricerca nei campi dell'aviazione, della tecnologia, della geografia e dell'astronomia. Negli anni Trenta i militari costituivano una presenza decisiva nella vita civile di entrambe le nazioni.

In India, nel periodo compreso tra le due guerre mondiali, la scienza fu interessata da un notevole sviluppo sotto tutti i punti di vista e quasi in ogni settore; in particolare, si ampliò il campo dell'istruzione superiore (nel 1914 l'Università di Calcutta era la più grande del mondo per numero di iscritti). A partire dalle importanti ricerche sull'elettrotecnica e sulla fisiologia delle piante di Sir Jagdish Chandra Bose e quelle matematiche di Srinivasa Ramanujan (membri entrambi della Royal Society di Londra) negli anni precedenti il 1914, gli scienziati dell'Asia meridionale raggiunsero fama mondiale nel campo della fisica: Meghnad Saha per gli studi sulla ionizzazione termica nel 1920, Satyendranath Bose sulla statistica quantistica nel 1924 e il premio Nobel Chandrasekhara Venkata Raman sull'ottica quantistica nel 1928. Le industrie tessili, in particolare gli enormi stabilimenti di Jamsetij N. Tata divennero, nell'ultimo periodo del XIX sec., grandi poli di sviluppo della chimica sia organica sia fisica; in questa disciplina si distinsero Prafulla Chandra Ray, Shanti Swaroop Bhatnagar, Jatindra Nat Mukherjee, N.R. Dhar; la Bengal Chemical and Pharmaceutical Works di Ray a Calcutta era, nel 1940, il maggiore stabilimento chimico di tutta l'India.

L'espansione dell'istruzione scientifica contribuì allo sviluppo, agli inizi del XX sec., dell'industria del carbone, dell'acciaio, tessile e della iuta, che trasse beneficio anche dal boicottaggio dei manufatti inglesi e dal movimento swadeshi promosso dal Congresso nazionale indiano. Tata, promotore della fondazione dell'Indian Institute of Science a Bangalore, finanziò cattedre di materie scientifiche nelle università indiane, insieme a facoltosi avvocati e aristocratici. L'esigenza di disporre di più ampie conoscenze scientifiche e tecnologiche emerse anche in conseguenza delle necessità di coordinamento dell'esercito, che contava un milione di soldati, durante la Prima guerra mondiale e dall'esperienza della Indian Industrial Commission, voluta dal governo nel 1916 per gestire la mobilitazione militare. Questo movimento di modernizzazione, portato avanti da figure appartenenti alla cerchia di Jawaharlal Nehru (che aveva ottenuto l'onorificenza di bachelor in scienze naturali a Cambridge nel 1910) e dell'astrofisico Meghnad Saha, dominò i primi anni di indipendenza dell'India, sebbene si muovesse con molta discrezione intorno a Mohandas Gandhi, ostile alla scienza e alla tecnologia occidentali.

Durante il periodo tra le due guerre l'iniziativa privata finanziò svariati progetti, in seguito al sovvenzionamento dello University College of Science di Calcutta da parte di Sir Astosh Mukherjee e al fatto che la Indian Association for the Cultivation of Science venne assorbita nei dipartimenti di fisica e chimica della University of Calcutta nel 1916. Saha, per esempio, fu uno dei più importanti organizzatori del National Institute of Science nel 1935 e della United Provinces Academy of Science nel 1934. Senza contributi esterni si provvide a migliorare la formazione degli ingegneri, ma corsi di laurea in ingegneria meccanica, elettrica e metallurgica presso gli istituti di studi superiori del Dipartimento dei lavori pubblici furono avviati solamente a partire dal 1930. Nonostante istituzioni affini al Department of Scientific and Industrial Research (DSIR) britannico fossero già sorte in Australia e Nuova Zelanda nel 1926, fino al 1935 il governo indiano aveva formato soltanto, sotto la direzione del Dipartimento dell'industria e del lavoro, un Industrial Intelligence and Research Bureau, che disponeva di un budget annuo di 16.000 sterline e non prendeva in considerazione gli scienziati indiani. Più importante fu la creazione del National Planning Committee del Congresso nazionale indiano nel 1938, un'iniziativa privata e politica che attribuiva grande importanza all'industrializzazione pesante e alla scienza moderna.

La cultura scientifica giapponese divenne 'autonoma' dagli inizi del XX sec., a differenza di quanto accadde in Argentina, paese nel quale, invece, si continuarono a impiegare studiosi immigrati e scienziati stranieri, che vi soggiornavano per lungo tempo occupando posizioni di rilievo, come l'editore di "Physikalische Zeitschrift" Emil Hermann Bose, il collaboratore di Einstein, Jakob Laub, il direttore dell'Osservatorio di Ann Arbor William Joseph Hussey e quello dell'Osservatorio di Gottinga Johannes Hartmann, il matematico spagnolo Julio Rey-Pastor e lo storico della scienza italiano Aldo Mieli.

Una situazione simile si può notare in Brasile negli anni Trenta con la creazione di università e con la presenza di scienziati stranieri (fisici e matematici come Gleb Wataghin, Giuseppe Occhialini e Luigi Fantappiè). Cattedre ben retribuite condussero molti scienziati del vecchio continente a cercare impiego nel nuovo mondo, per ritornare poi in patria: il fisico Max Abraham lavorò alla University of Illinois, il matematico Pierre Boutroux alla Princeton University, l'astronomo François Gonnesiat a Quito, Richard Prager a Santiago del Cile e Francisco Porro di Somenzi a La Plata. Del resto spostarsi da una nazione a un'altra era normale in quel periodo, specialmente tra i Gesuiti, e gli scambi erano intensi specie tra il mondo anglofono e quello neolatino; il fenomeno è testimoniato da figure quali William Lawrence Bragg (Australia e Inghilterra), Ernest Rutherford (Nuova Zelanda, Inghilterra e Canada) e William Osler (Montreal, Filadelfia, Baltimora e Oxford); e interessò un numero sempre maggiore di scienziati nel XX secolo.

La Prima guerra mondiale rese ancora più complesso il fenomeno dell'emigrazione. Tra le centinaia di migliaia di rifugiati figurava un gran numero di scienziati belgi; Nevil M. Hopkins, professore di chimica alla George Washington University, organizzò un Belgian Scholarship Committee per raccogliere fondi e per aiutare gli scienziati belgi a trovare una collocazione lavorativa; con il passare del tempo la commissione estese la sua attività comprendendo la ricostruzione delle università belghe dopo la guerra.

Benché superato a partire dalla fine degli anni Venti, il boicottaggio degli scienziati tedeschi durante il conflitto e nell'immediato dopoguerra costituì un'opportunità molto vantaggiosa per i ricercatori olandesi; essi poterono infatti contare su un'ottima accoglienza da parte di istituzioni d'oltreoceano, come attesta il notevole esempio dei fisici Samuel Goudsmit e George E. Uhlenbeck (studenti di Paul Ehrenfest a Leida), chiamati entrambi alla University of Michigan, e tuttavia fu nell'astronomia che tale tendenza si manifestò in maniera molto evidente. Nel 1941 astronomi olandesi dirigevano gli osservatori della Yale University (Dirk Brouwer), della Columbia University (Jan Schilt), della University of Minnesota (Willem Jacob Luyten) e dello Swarthmore College (Peter van der Kamp) ed erano presenti in strutture di rilievo quali il McDonald Observatory in Texas (Gerard Kuiper), lo Harvard Observatory (Bart J. Bok) e il Mount Wilson Observatory (Adriaan van Maanen), senza considerare il loro ruolo di spicco a Java, in Sudafrica e nella Città del Vaticano (Johan Stein).

La Rivoluzione russa, la guerra civile e il convulso fenomeno di collettivizzazione costrinsero numerosi scienziati russi all'esilio: il matematico Stefan Prokof′evič Timošenko in Jugoslavia, Kapitsa in Inghilterra e l'ingegnere aeronautico Igor Sikorskij, il matematico Jakov Davidovič Tamarkin, il fisico George Gamow e il genetista Theodosius Dobzhansky negli Stati Uniti.

Nel 1930 i migliori scienziati europei, soprattutto dell'Europa centrale, lavoravano in America; essi vi avevano trovato asilo sin dai tempi di Joseph Priestley e Angelo Secchi, ma fu con le leggi razziali del regime nazista che il flusso di scienziati verso ovest assunse proporzioni enormi. Il 10% ca. dei 280 ricercatori eminenti annoverati nel Sources for history of quantum physics era composto di esuli dal regime tedesco; lo storico Nathan Reingold stima in 150 ca. il numero dei matematici rifugiati negli Stati Uniti, in una comunità che contava 1200 persone con un dottorato in matematica. Nel 1933 la pubblica amministrazione tedesca aveva allontanato il 14% degli insegnanti universitari e delle scuole superiori; in Italia il regime fascista applicò le leggi razziali nel 1938 privando dei mezzi di sussistenza il 7% ca. di coloro che lavoravano in ambito universitario. Si può affermare, ironicamente, che gli scienziati rimasti in Italia e in Germania continuarono a mantenere comunque una certa indipendenza sotto i rispettivi regimi; i premi Nobel per la fisica Philipp Lenard e Johannes Stark ricevettero infatti ben poco sostegno in ambito accademico.

Alcuni, prima di decidere di emigrare, cercarono in un primo momento di evitare la minaccia: il matematico Otto Neugebauer, per esempio, venne assunto a Copenaghen dalla fondazione Rask-Ørsted; George de (György von) Hevesy si trasferì anch'egli a Copenaghen e poi in Svezia; il fisico Peter Pringsheim si recò alla Université Libre di Bruxelles; e Walter M. Elsasser all'Institut Henri Poincaré di Parigi. Einstein ebbe numerosissime offerte in Europa e fuori dal vecchio continente e scelse di stabilirsi al nuovo Institute for Advanced Study a Princeton, dove poté lavorare senza pressioni né obblighi e divenne il punto di riferimento per i rifugiati in America.

A metà degli anni Trenta negli Stati Uniti, durante la Grande depressione, si diffuse un atteggiamento di sostanziale reticenza a favorire gli scienziati immigrati, anche affermati, rispetto a quelli statunitensi, ma furono comunque accolte 'a braccia aperte' alcune personalità di grande talento, giunte in un secondo momento: l'astronomo Rudolf Minkowski, il fisico Enrico Fermi e il matematico Neugebauer. Altri, invece, furono meno fortunati: il fisico di Gottinga Paul Hertz morì in miseria a Filadelfia, il fisico polacco Leopold Infeld ottenne un incarico alla University of Toronto soltanto dopo aver lavorato al fianco di Einstein a Princeton per due anni e dopo essersi occupato dell'edizione tedesca e di quella inglese della loro opera di divulgazione della fisica Evolution of physics, scritta a due mani; il premio Nobel Gerhard Herzberg riuscì a trovare una sistemazione alla University of Saskatchewan e, infine, il futuro premio Nobel Max Born dovette conseguire una laurea in inglese prima di poter essere assunto alla University of Edinburgh. A partire dal 1933 l'Emergency Committee for Displaced German (in seguito Foreign) Scholars fornì assistenza e sovvenzioni ai rifugiati negli Stati Uniti proprio così come aveva fatto il Belgian Scholarship Committee durante la Prima guerra mondiale; tale commissione, insieme con la Rockefeller Foundation, diede aiuto a 277 persone. Un riscontro evidente del successo di questo tipo di iniziative è dato dal fatto che 26 dei premi Nobel assegnati a scienziati degli Stati Uniti tra il 1950 e il 1988 furono destinati ad americani naturalizzati.

I rifugiati dal regime nazista trovarono asilo anche in Gran Bretagna, molti grazie all'Academic Assistance Council presieduto da Rutherford. Nel 1936 egli aiutò più di 1300 tedeschi e un numero inferiore di russi e portoghesi, trovando un lavoro sicuro a 363 di loro e comunque un'occupazione, anche se non stabile, ad altri 324.

Gli scienziati esuli a causa della guerra civile spagnola emigrarono in Argentina (il matematico Luis A. Santaló e l'ingegnere Casimiro Lana Sarrate), così come anche alcuni italiani vittime del regime fascista (i matematici Beppo Levi e Alessandro Terracini e il fisico Andrea Levialdi). Un piccolo numero di scienziati trovò una sistemazione temporanea e poco soddisfacente in Unione Sovietica (il fisico Guido Beck a Odessa e Friedrich Georg Houtermans a Kharkov) mentre altri furono accolti dall'Università di Istanbul nonché da vari centri culturali al Cairo e, infine, da istituzioni dell'India Britannica.

Integrazione fra accademia e industria

Costretti dall'emigrazione e allettati dalle migliori opportunità, numerosi scienziati accademici trovarono spazio in ambito industriale.

Il fisico polacco Ludwik Silberstein, per esempio, tra il 1910 e il 1930 prestò la propria opera per Adam Hilger a Londra e per Eastman Kodak a Rochester, New York, e il fisico del MIT Daniel F. Comstock sviluppò il Technicolor come dipendente di una società di Boston. Il fisico Gilles Holst fu assunto alla N. V. Philips Company a Eindhoven nel 1914 e fece una brillante carriera, fino a diventare direttore del laboratorio di ricerca. In altri casi, invece, fu direttamente l'industria a contribuire alla formazione di scienziati accademici, come avvenne per Solomon Lefschetz che, in seguito a un tremendo incidente in cui perse l'uso di entrambe le mani e degli avambracci alla Westinghouse a Pittsburgh, dove lavorava come ingegnere, divenne uno dei più illustri docenti di matematica a Princeton.

L'industria sostenne l'attività di scienziati insigniti del premio Nobel sin dall'inizio (Guglielmo Marconi nel 1909 e Gustaf Dalén nel 1912) ma nei successivi trent'anni tale riconoscimento fu assegnato prevalentemente ad accademici, con le due eccezioni di Irving Langmuir dei General Electric Laboratories (GE) nel 1932 e Clinton J. Davisson dei Bell Laboratories nel 1937, entrambi per la fisica. Langmuir iniziò a lavorare ai GE nel 1906, quando tali laboratori contavano solo 106 dipendenti, mentre Davisson iniziò nel 1917 la sua attività presso quelli che sarebbero divenuti i Bell Laboratories che, cinque anni dopo la loro creazione, già disponevano di un budget di oltre 2 milioni di dollari.

Tra le due guerre la ricerca applicata si sviluppò notevolmente, sostenuta dalla formazione di enormi conglomerati societari impegnati nei settori della chimica e delle elettrotecnologie (gli assi portanti della seconda rivoluzione industriale, insieme all'acciaio), anche se tale modello di sviluppo, va precisato, era comunque già impostato prima del 1914. La ricerca industriale che perseguiva l'ottenimento di brevetti interdipendenti e l'integrazione verticale spingeva le discipline scientifiche a distaccarsi da un modello gerarchico come quello dell'istituto a favore di un modello basato su dipartimenti.

L'istituto, come tipo di struttura, si era definito nell'Europa centrale del XIX sec. a partire da antecedenti quali il seminario e il gabinetto, intesi come feudo accademico di un professore universitario. Tale modello si basava sul sistema che prevedeva la presenza, per ogni università, di una cattedra con un professore per ciascuna disciplina, anche se già nell'ultimo terzo del secolo a Lipsia, per la chimica, esistevano molte cattedre, dotate ognuna di un istituto data la vastità della disciplina. Il significativo aumento del numero di insegnamenti fu anche una diretta conseguenza degli sforzi di organizzatori interdisciplinari come Felix Christian Klein a Gottinga.

Intorno al 1920 le più grandi università americane iniziarono a imporre attività di ricerca a tutti i professori, sebbene all'inizio fossero interamente assorbiti dall'insegnamento. Uno dei risultati di ciò fu la creazione di un certo numero di specialisti, che si ritirarono nei propri dipartimenti, vincolati spesso solo alla buona volontà dei loro direttori. Nel 1940 l'era dei brillanti scienziati solitari era ormai tramontata; i grandi progetti scientifici per la Seconda guerra mondiale ‒ radar, aviazione, armi nucleari ‒ ebbero successo o fallirono nelle varie nazioni nella misura in cui i modelli industriali avevano rimpiazzato le tradizioni di ricerca delle generazioni precedenti.

Nel periodo tra le due guerre alcuni dipartimenti di scienze delle maggiori università iniziarono a sviluppare la ricerca su scala industriale. Il Le Conte Hall della University of California a Berkeley, completato nel 1924, copriva una superficie di più di 5000 m2 e comprendeva 40 stanze per gli studiosi, che portavano avanti la ricerca in altrettanti settori diversi. Il modello che prevedeva lunghi corridoi con uffici tutti identici tra loro si estese anche all'Europa, per esempio all'Institut für Mathematik di Gottinga finanziato da Rockefeller. Gli standard industriali, introdotti dai nuovi orientamenti di un'architettura che mirava alla funzionalità, portarono al superamento della preferenza per strutture classicheggianti nello stile e nell'ornamentazione manifestata dalla generazione precedente.

Nelle università dell'Europa occidentale, nonostante le innovazioni architettoniche introdotte nella costruzione degli edifici che ospitavano attività scientifiche, si mantennero comunque, per quanto riguardava le iscrizioni, le vecchie tradizioni, a testimonianza dell'ancora incerta correlazione tra alta formazione, industrializzazione e la nascente borghesia imprenditoriale.

Da una parte la Germania di Weimar assistette a una relativa diminuzione nel numero di studenti universitari provenienti dal mondo dell'industria e del commercio e al corrispondente incremento di quelli provenienti da famiglie di insegnanti, professionisti o funzionari; nel 1931 pochi cercarono quindi impiego nel commercio e nell'industria (a differenza della metà degli studenti degli istituti tecnici).

A Cambridge, invece, tra il 1900 e il 1937 gli studenti con genitori attivi nell'industria crebbero dal 15% al 45% e i laureati impiegati nel mondo del commercio dal 33% al 50%, percentuali superiori a quelle delle università inglesi di recente fondazione, dove i curricula di studio tendevano a imitare l'istruzione tipica delle università di Oxford e Cambridge nel XIX secolo. Queste opposte tendenze furono di buon auspicio per le iscrizioni a materie scientifiche: fisici, farmacisti e chimici industriali avevano tutti bisogno di fondamenti nelle scienze di base. Di uguale importanza fu la presenza delle donne, che costituivano il 16% degli studenti universitari in Germania, il 23% in Gran Bretagna nel 1938 e il 27% in Francia nel 1936. Alcune di esse seguivano corsi di scienze, tuttavia il loro punto di vista nei confronti di tali materie, così come le loro prospettive di carriera sono argomenti non ancora studiati; in Francia, Germania e negli Stati Uniti esse comunque non ricoprirono incarichi in ambito industriale.

Gli schemi demografici indicano una resistenza nei confronti dei tentativi di unire scienza e industria negli anni Venti e Trenta, un processo spesso osteggiato, sia in Europa sia in America, da alcuni scienziati inclini a considerare le loro discipline come facenti parte delle arti liberali.

In generale le iscrizioni alle università crebbero enormemente nel periodo tra le due guerre, con aumenti di dieci volte in Gran Bretagna tra il 1914 e il 1940. Negli Stati Uniti il numero di laureati passò dal 3% dei giovani in età universitaria del 1900 all'8% del 1940, ma in Europa, grazie a svariati meccanismi di agevolazione allo studio introdotti a favore dei giovani di talento, le opportunità di accedere all'istruzione superiore si rivelarono più equamente distribuite che non in America. Il sistema universitario statunitense era, da un lato, meno selettivo di quello europeo ‒ accogliendo nel mondo universitario chiunque potesse permettersi il pagamento delle rette ‒ ma, dall'altro lato, non si dimostrava più progressista, poiché accoglieva soltanto pochi giovani delle classi meno abbienti; la scienza risentiva, di conseguenza, del sistema delle quote assegnate alle minoranze (specialmente gli ebrei) e dell'iniquità del segregazionismo.

Con la creazione di dipartimenti comprendenti una varietà di discipline, le élite nei campi della biologia, della chimica e della fisica speravano di contenere la tendenza alla differenziazione e alla specializzazione favorita dal vecchio modello di organizzazione della struttura scientifica basato sugli istituti, dove speciali argomentazioni legate a discipline emergenti producevano autonome unità didattiche e di ricerca. I grandi dipartimenti rallentarono il processo verso la definizione autonoma di campi di studio interdisciplinari, come la biochimica, di aree di ricerca specializzate, come la fisica nucleare e di nuovi modi di vedere il mondo, come la genetica (che era in netto contrasto con l'istituzionalizzazione della disciplina dell'eugenetica, risalente al periodo precedente alla guerra).

Un risultato, nel 1940, fu l'ampliamento disfunzionale degli organismi dipartimentali, che garantiva l'opportunità di sviluppare grandi progetti speciali; per esempio, nonostante i ciclotroni della fisica nucleare facessero sembrare insignificanti le altre iniziative di ricerca, in questo periodo essi rimasero comunque legati al loro dipartimento di origine; i dipartimenti di grandi dimensioni, del resto, riassorbivano per loro natura le nuove scoperte nel largo spettro della disciplina che rappresentavano. Nella fisica la nascita dei grandi dipartimenti coincise con la rivoluzionaria scoperta della meccanica quantistica, che divenne parte di una nuova 'ortodossia' che non intendeva dare spazio a un altro campo di studi, apparentemente anomalo, come per esempio la relatività generale. La struttura a grandi dipartimenti dominò il mondo accademico per numerose generazioni a venire.

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