La seconda rivoluzione scientifica: fisica e chimica. I prodotti petrolchimici e l'industria chimica

Storia della Scienza (2004)

La seconda rivoluzione scientifica: fisica e chimica. I prodotti petrolchimici e l'industria chimica

Anthony S. Travis

I prodotti petrolchimici e l'industria chimica

L'imponente crescita nella produzione dei polimeri ‒ plastiche, resine e fibre sintetiche ‒ e la conversione dal carbone al petrolio come materia prima prevalente trasformarono ricerca e sviluppo dell'industria chimica organica. Questo fenomeno fu particolarmente intenso negli Stati Uniti a partire dalla metà degli anni Cinquanta, quando i servizi industriali statali per la produzione della gomma sintetica, impiantati durante la Seconda guerra mondiale, furono venduti alle compagnie petrolifere e a quelle chimiche. Poiché in tempo di guerra la produzione si fondava su idrocarburi derivati dal petrolio, come il butadiene, richiesto per la manifattura della gomma sintetica, l'industria petrolifera diventò una delle fonti principali d'intermedi per l'industria chimica. I prodotti petrolchimici sono principalmente le olefine (alcheni) e i loro derivati che si producono durante il cracking delle diverse frazioni del petrolio: etilene, propileni, butileni, i composti alifatici associati impiegati nella produzione dei solventi, dei polimeri polietilene e polistirene, della gomma sintetica. A partire dagli anni Sessanta, i derivati aromatici del petrolio sostituirono quelli precedentemente ottenuti dal carbone: le innovazioni nei processi di cracking catalitico e di polimerizzazione, con il relativo spostamento verso gli intermedi sintetici organici, portarono l'industria del petrolio e quella chimica a una convergenza d'interessi. Il declino, dai tardi anni Sessanta, delle scoperte e delle invenzioni nei settori tradizionali dell'industria chimica fu controbilanciato da una forte crescita dei processi di sintesi di molecole per obiettivi specifici, che contribuivano allo sviluppo delle scienze della vita e della scienza dei materiali.

Petrolchimica

La chimica della raffinazione comprende i processi di cracking, idrogenazione, isomerizzazione, alchilazione e polimerizzazione. Il cracking e il reforming degli idrocarburi del petrolio, anche attraverso l'intervento di opportuni catalizzatori, hanno la funzione di convertire gli alcani a catena lineare in isomeri ramificati e composti ciclici che si formano anche dalle olefine: gli alcani sono convertiti in cicloalcani e i cicloalcani in idrocarburi aromatici come il benzene, il toluene e gli xileni. Nella seconda metà degli anni Quaranta, Vladimir Haensel studiò alla United Oil Products un reforming ottimizzato con arricchimento di idrogeno (hydroforming) che utilizzava un catalizzatore al platino. Il processo, denominato platforming, che comportava il miglioramento dell'isomerizzazione delle catene lineari degli idrocarburi, fu brevettato nel 1947 e venduto alla Old Dutch Reforming Company del Michigan. Esso fu adottato per la prima volta in produzione dalla Shell Oil Company e successivamente dalla Standard Oil dell'Indiana (Amoco).

Questi processi di cracking e reforming facevano uso di 'letti' fluidi di particelle solide finemente suddivise che fluiscono come liquidi: la miscela prodotta passava attraverso un setaccio molecolare a zeolite che separava le catene lineari dagli isomeri ramificati (le zeoliti sono tectoalluminosilicati idrati di origine naturale o sintetica); sia le condizioni di processo sia il catalizzatore possono essere variati per fornire la massima quantità del prodotto desiderato, alcani ramificati per la benzina o alcheni per l'industria petrolchimica. Nel 1954 John H. Sinfelt entrò a far parte della Standard Oil Development Company (Linden, New Jersey), antesignana della Esso Research & Engineering, poi diventata Exxon. Nel nuovo centro di ricerca inaugurato nel 1957, egli utilizzò un modello matematico per sviluppare catalizzatori costituiti da cluster bimetallici a platino e iridio, che furono introdotti nei processi di reforming catalitico intorno al 1970. Ciò consentì la produzione di maggiori quantità di catene ramificate e idrocarburi BTX per le benzine, come richiesto quando fu proibito per problemi d'inquinamento l'uso del piombo tetraetile quale additivo antidetonante.

Ricerca e sviluppo

A partire dagli anni Cinquanta le industrie petrolchimiche, perseguendo strategie di diversificazione, costituirono grandi unità di ricerca e sviluppo altamente specializzate che si occupavano delle attività scientifiche e tecniche dei loro clienti. Analoghe unità furono create nei centri operanti nel campo di ricerca e sviluppo delle industrie chimiche tradizionali, compresa la DuPont, che aprì nel 1954 a Wilmington (Delaware) il Plastics Technical Service Laboratory. La General Electric, che aveva esteso la sua attività alla chimica in seguito al successo delle resine alchidiche e di altri polimeri, inaugurò nel 1974 il suo Plastics Technology Center a Pittsfield (Massachusetts). Le industrie Dow, Union Carbide, Exxon e BP svilupparono i catalizzatori metallocenici e i relativi metodi per polimerizzare l'etilene e il propilene.

Il petrolio rimase la materia prima di riferimento per l'industria chimica malgrado le sue fluttuazioni di prezzo. La connessione tra i due settori fu forgiata da attività comuni e dalla vertiginosa crescita dei prodotti termoplastici, che rese quasi sinonimi i termini 'prodotto petrolchimico' e 'polimero'. La distanza tra le industrie petrolchimiche e quelle chimiche tradizionali fu ulteriormente ridotta con l'inizio della produzione di derivati del petrolio, catalizzatori e altri prodotti chimici utilizzati nelle raffinerie e negli impianti petrolchimici, tra i quali l'ossido di etilene, i cui processi di fabbricazione sviluppati alla IG Farben erano più efficienti di quelli della Union Carbide. Nel 1953 la Scientific Design co. commercializzò negli Stati Uniti un processo migliorato per l'ossido di etilene, come fece di lì a poco la Royal Dutch Shell. Tale tendenza, cominciata negli Stati Uniti nella prima decade dopo la Seconda guerra mondiale, fu seguita dalle società petrolifere e chimiche in Europa occidentale, dove il prezzo crescente del carbone incoraggiava un maggiore uso dei sottoprodotti della nafta di petrolio. Emerse, pertanto, un nuovo settore dell'industria chimica organica e la nafta di petrolio diventò la fonte di idrogeno, metano, etano, alcheni e aromatici. L'idrogeno fu inoltre utilizzato nei processi di sintesi dell'ammoniaca. In Europa, negli anni Sessanta, il gas naturale divenne un'ulteriore materia di base, mentre negli Stati Uniti, nel 1960, l'88% dei prodotti chimici organici proveniva da gas e da petrolio, contro il 50% relativo al 1950.

Uno degli effetti della guerra mediorientale del 1973, con il conseguente 'embargo' petrolifero, fu la grande ripresa degli studi sui processi di trasformazione da carbone a petrolio, basati sui procedimenti sviluppati dalla IG Farben negli anni Trenta, come anche la possibilità del ritorno al carbone per alimentare l'industria chimica. Negli Stati Uniti la ricerca riportò in auge il progetto per la gomma sintetica elaborato durante la Seconda guerra mondiale, con finanziamenti e risorse secondi soltanto a quelli del programma spaziale. Tali ricerche proseguirono con intensità fin verso la fine degli anni Ottanta; tuttavia, i processi basati sul carbone, sostanzialmente fondati sulle scoperte della IG Farben, rimasero prevalenti in Europa orientale e in Sudafrica almeno sino alla fine degli anni Novanta. Da allora, i chimici e gli ingegneri chimici hanno in gran parte indirizzato la propria attività verso progetti che riguardano i polimeri.

Nuovi polimeri

Molte nuove interessanti scoperte di polimeri realizzate nei laboratori di ricerca industriale negli anni Trenta furono sviluppate soltanto dopo il 1945. Tra queste figura quella delle resine epossidiche, quale l'araldite, introdotte nel 1946 dall'industria svizzera CIBA per il rivestimento di superfici e come pellicole di alte resistenza e stabilità. Le resine epossidiche, realizzate per condensazione di epicloridrina e bisfenolo A e trattate, o indurite, con poliammidi sono largamente utilizzate nelle colle, sia a freddo sia termoindurenti. Nel 1937 Otto Bayer scoprì, nei laboratori Bayer della IG Farben, il poliuretano, che tuttavia ebbe allora limitate applicazioni: per esempio, fu utilizzato come materiale di rivestimento dei razzi V2. Dopo il 1945 l'invenzione attirò l'attenzione degli ispettori alleati in Germania e fu sviluppata commercialmente nei primi anni Cinquanta in Inghilterra e negli Stati Uniti. Il poliuretano è un polimero di condensazione lineare, con unità monomerica uretanica (NHCOO), prodotto da un diisocianato e un dialcole quale il glicole etilenico e utilizzato per le schiume rigide o flessibili, specialmente come isolante per frigoriferi e congelatori; quando è impiegato come elastomero è denominato 'spandex' e nelle forme reticolate si applica come rivestimento di legno, strutture murarie e metalli. È rimarchevole il fatto che la sua polimerizzazione per condensazione avvenga senza la perdita di alcuna molecola. Durante il periodo 1939-1941, John R. Whinfield e James T. Dickson idearono, alla British Calico Printers Association, un processo analogo a quello del nylon DuPont per utilizzare acidi bibasici, invece di acidi alifatici, con l'obiettivo di ricavare un polimero ad alto punto di fusione che potesse essere estruso e deformato per acquisire le caratteristiche di una fibra. I diritti furono venduti all'ICI (Imperial Chemical Industries), che sviluppò il terilene, messo per la prima volta sul mercato nel 1948.

Agli anni Cinquanta risalgono molti dei principali successi della scienza dei polimeri. Paul J. Flory, premio Nobel per la chimica nel 1974, con una teoria sviluppata intorno al 1950 contribuì alla comprensione delle configurazioni delle catene lunghe in soluzione. La sua carriera si svolse in ambito sia industriale sia accademico, inizialmente presso il gruppo di ricerca di Wallace H. Carothers alla DuPont (1934-1937), poi alla University of Cincinnati (1937-1940), nei laboratori Esso (1940-1943) e alla Goodyear Tire & Rubber Company (1943-1948) con ricerche sulla gomma sintetica, e ancora all'università, prima al Cornell poi al Mellon Institute di Pittsburgh e a Stanford. Sempre intorno al 1950, la chimica dei colloidi diventò una scienza esatta, in primo luogo a seguito degli studi di fisici come i sovietici Boris Derjagin e Lev Davidovič Landau e gli olandesi Evert Verwey e Theo Overbeck.

Le scoperte degli anni Cinquanta determinarono molti nuovi polimeri e diversi processi di sintesi innovativi. Il politetrafluoroetilene (PTFE) fu introdotto dalla DuPont nel 1950 con il nome commerciale 'teflon'. Il prodotto era dotato di grande stabilità termica e utilizzato nell'isolamento di cavi elettrici e di valvole e come rivestimento di vassoi nelle lavorazioni alimentari. I policarbonati, anch'essi prodotti a partire dal bisfenolo A condensato con fosgene o difenilcarbonato, furono sviluppati nel 1956 negli Stati Uniti e in Germania. La ricerca sui letti fluidi per la produzione di prodotti chimici organici seguì i successi conseguiti nell'industria petrolifera. La Standard Oil of Ohio (Sohio), per esempio, nel triennio 1955-1958 mise a punto un processo in singolo passo a letto fluido per acrilonitrile, basato sulla reazione di propilene, ammoniaca e aria, di cui fu successivamente realizzato un impianto commerciale a Lima (Ohio).

Il polietilene dell'ICI, facile da stampare e da pigmentare, svincolatone l'uso dalle restrizioni belliche, diventò un importante prodotto di consumo per bocce, secchi, pellicole da imballaggio, sacchi da trasporto e scatole. Nel 1955 un cavo sottomarino costituito da polietilene come isolante fu posato tra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. L'originale processo di produzione fu condotto alla pressione di 2000 atm ca. per realizzare quello che fu in seguito chiamato polietilene a bassa densità (LDPE, low density polyethylene), nel quale le catene polimeriche sono intensamente ramificate.

Negli anni Cinquanta il contributo della scienza accademica allo studio dei polimeri consistette nella formazione di polimeri stereoregolari, attraverso processi che favorivano il posizionamento di gruppi di atomi sulle catene polimeriche. Il preludio a tali ricerche si ebbe con quelle condotte da Karl Ziegler al Max-Planck-Institut. Nel 1953 egli scoprì che il polietilene poteva essere sintetizzato a basse pressioni in presenza di catalizzatori organometallici sospesi in solvente organico. I polimeri, lunghe catene lineari ordinate, potevano in questo modo essere più compattati che nel processo ad alta pressione: Ziegler aveva inventato il polietilene ad alta densità (HDPE, high density polyethylene). I catalizzatori erano realizzati con metalli di transizione e composti di alchilalluminio. Nel 1953, utilizzando composti al titanio come catalizzatori, egli ottenne insieme ai suoi collaboratori lunghe catene, con polimeri dal peso molecolare di 3.000.000 ca., e piccole ramificazioni. Il passo successivo fu realizzato in Italia da Giulio Natta che, dopo aver studiato ingegneria chimica al Politecnico di Milano, vi aveva ottenuto la cattedra di chimica industriale nel 1938, sviluppando anche strette collaborazioni con l'industria Montecatini. Egli era convinto che i catalizzatori ad alchilalluminio avrebbero favorito l'orientazione stereoregolare dei polimeri. Nel 1954, seguendo la prospettiva di Ziegler, Natta utilizzò catalizzatori costituiti da alchilalluminio e tetracloruro di titanio per polimerizzare il propilene e scinderlo in due forme: una di queste, denominata 'isotattica' dal chimico italiano ‒ coadiuvato dalla moglie, studiosa di semantica ‒, era cristallina, con gruppi metile aventi la medesima orientazione lungo la catena polimerica, ossia polipropilene stereoregolare; la seconda, un polimero amorfo con gruppi metile orientati casualmente, fu chiamata forma 'atattica'. Una terza forma presentava gruppi metile alternati lungo la catena polimerica e fu denominata 'sindiotattica'. Natta continuò a sviluppare nuovi catalizzatori che permettessero la crescita della molecola polimerica dalla superficie del catalizzatore verso l'esterno. La polimerizzazione stereoregorale di Natta di olefine e diolefine sostituite, copolimerizzate con altri monomeri come lo stirene, offrì vie per nuove plastiche, fibre e gomme. Il processo per la produzione di HDPE fu adottato in Germania dalla Hoechst e negli Stati Uniti dalla Hercules Powder Company nel 1957. Processi simili furono studiati alla Phillips Petroleum di Baskerville (Oklahoma), da Robert L. Banks e J. Paul Hogan, che lavorarono alla polimerizzazione dell'etilene (1952) e del propilene (1951-1953). Il prodotto della Phillips, registrato con il nome 'marlex', fu introdotto sul mercato nel 1954 e utilizzato, verso la fine degli anni Cinquanta, per la realizzazione del cerchio da hula hoop. Le dispute sulla priorità di tutti questi processi furono molto accese e soltanto dopo che Natta e Ziegler ebbero ottenuto il premio Nobel per la chimica nel 1963 fu possibile il riconoscimento delle relative differenze. Superate le rilevanti controversie legali tra le industrie interessate, i due inventori della Phillips conseguirono un brevetto specifico.

A partire dagli anni Sessanta, le industrie chimiche e petrolchimiche coinvolte nella produzione di polimeri e fibre, per realizzare una classe di materie plastiche per costruzioni spostarono i loro interessi dalle materie plastiche rinforzate ai materiali compositi. Alcuni speciali polimeri, come i materiali compositi al carbonio nati in Gran Bretagna alla fine degli anni Sessanta dalla collaborazione tra Courtlauds e Royal Aircraft Establishment (Farnborough), presentano caratteristiche di resistenza dell'ordine di quelle dei metalli. Questo nuovo campo, noto dalla metà degli anni Sessanta come 'scienza dei materiali', nacque dalla fusione della metallurgia con la scienza dei polimeri e durante gli anni Ottanta diventò una disciplina accademica. Le strumentazioni richieste includevano versioni moderne delle tecniche analitiche del XIX sec. impiegate nell'analisi termica e nella microscopia. In tale settore la progettazione e i processi di valutazione convogliano le capacità dei migliori chimici, ingegneri chimici e meccanici.

Il nylon è un'importante materia plastica per costruzione in virtù delle sue proprietà di tenacità, rigidità, resistenza all'abrasione e inoltre di mancanza di reattività chimica. L'allineamento rigido delle sue catene polimeriche però non si può ottenere per filatura. Nei primi anni Sessanta, Stephanie L. Kwolek, presso il Pioneering Research Laboratory of the Textile Fiber Department della DuPont, scoprì soluzioni liquido-cristalline di una poliammide aromatica (aramide) che per la prima volta fornirono catene polimeriche allineate rigide durante la filatura. Un'evoluzione di questa tecnica condusse al 'kevlar', sviluppato da un gruppo di lavoro che comprendeva la ricercatrice Kwolek e Paul Morgan, che fu introdotto sul mercato nel 1971 con le credenziali di una superfibra, una catena polimerica lineare a bassa densità, di grande resistenza al calore e rigidezza. Considerando la stessa quantità in peso, il kevlar è cinque volte più robusto dell'acciaio, a causa dell'impacchettamento delle sue rigide molecole lineari; è impiegato anche per la realizzazione di ali di aeromobili. Nel momento in cui il problema del rilassamento (perdita di allineamento per fusione) era stato finalmente superato, i chimici poterono sperimentare altre nuove catene polimeriche: per esempio, il polietilene cristallino a peso molecolare ultra alto. John Rose, alla Plastic Division dell'ICI, sviluppò un polimero ad alto punto di fusione, resistente all'ossidazione, noto come polietere-etere-chetone (PEEK). Questa termoplastica dalle elevate prestazioni, con rinforzi di fibra come il kevlar, è utilizzata per bollitori, ogive di missili e parti interne di motori.

Le proprietà isolanti dei polimeri sintetici hanno contribuito alla variegata tipologia delle loro applicazioni. Negli anni Settanta, tuttavia, quando si scoprì che il poliacetilene trattato con alogeni incrementava la sua conduttività, diventarono disponibili anche polimeri conduttori. Nel 1971 all'Institute of Technology di Tokyo, Hideki Shirakawa, premio Nobel per la chimica nel 2000, diresse un flusso di acetilene sulla superficie di un catalizzatore Ziegler-Natta alla temperatura di −78 °C e rilevò che si formava soltanto il cis-poliacetilene rosso. Nel 1976 Alan MacDiarmid, anch'egli premio Nobel per la chimica nel 2000, determinò un potenziale per realizzare sostituzioni metalliche. Nel suo laboratorio alla University of Pennsylvania, egli drogò il materiale argenteo (trans-poliacetilene) con iodio ottenendo un foglio metallico dorato che conduceva elettricità 109 volte di più della precedente forma di poliacetilene. Un grande sviluppo nel settore dei polimeri conduttori si ebbe ancora nel 1989, quando Andrew Holmes sintetizzò a Cambridge il p-polifenilenevinilene (PPV), stimolato dalla collaborazione con il fisico Richard Friend, il quale successivamente sperimentò che un diodo costituito da PPV emetteva una luce giallo-verde. Le applicazioni di questa scoperta includono i quadri visualizzatori. I composti complessi hanno condotto la DuPont verso i dispositivi a polimeri a emissione luminosa, mentre altre industrie chimiche sono entrate nel campo dell'elettronica dei polimeri.

Ricerca industriale

Coloranti reattivi

I coloranti reattivi sono quelli in grado di fissarsi direttamente sulla fibra attraverso un legame covalente. Il primo di questa categoria fu scoperto nel 1953 da William Stephen e Ian Rattee al Wool Research Laboratory dell'ICI (Blackley, Manchester): in realtà il colorante non aveva presa sulla lana ma agiva sul cotone. Esso incorporava un anello triazinico, il quale si trova nella melammina, nei pesticidi e in alcuni coloranti realizzati dalla CIBA, come fosse una connessione che lega il colorante alla fibra. I coloranti reattivi furono introdotti in Inghilterra nel 1956 dall'ICI e subito dopo da altri produttori. Ciò contribuì al declino della ricerca sui coloranti tradizionali, in particolare quelli al tino, anche se la ricerca di settore fu in generale rivitalizzata dalla richiesta di pigmenti proveniente dall'industria elettronica e da quella informatica.

Contributi ai prodotti sanitari

Dopo il 1945, i chimici organici delle industrie chimiche e farmaceutiche indirizzarono i loro interessi allo studio della struttura e alla sintesi di molecole biologicamente attive come potenziali prodotti medicinali e agrochimici. Ciò favorì il finanziamento industriale della ricerca accademica, come quello attribuito a Robert B. Woodward, premio Nobel per la chimica nel 1965, nello svolgimento dei suoi studi a Harvard. Egli conseguì il suo principale successo determinando nel 1944 la struttura della chinina, con il supporto finanziario della Polaroid e con il contributo di William von Eggers Doering. Inoltre, il notevole rilievo dato agli steroidi dalle grandi aziende chimiche e farmaceutiche fu lo stimolo che lo portò nel 1952 alla sintesi totale del colesterolo e del cortisone. Altri suoi grandi risultati includono la determinazione delle strutture della stricnina (1947-1963), in seguito a finanziamenti della Eli Lilly, nonché della reserpina (1958) e della vitamina B12 (1968). Woodward fu consulente per le industrie farmaceutiche Pfizer, Eli Lilly, Merck e CIBA; quest'ultima inaugurò nel 1963 a Basilea il Woodward Research Institute da lui stesso diretto. Il caso dell'alcaloide reserpina è un eccellente esempio di risultato per convergenza d'interessi industriali e accademici verso i farmaci naturali. Nel 1952 Emil Schlittler isolò alla CIBA l'alcaloide puro estratto dalle radici della pianta indiana Rauwolfia serpentina Benth, applicato nel trattamento dell'ipertensione e di alcune patologie del sistema nervoso. L'interesse della CIBA per le sue proprietà farmacologiche condusse all'introduzione del prodotto sul mercato con il nome commerciale Serpasil. La struttura della molecola fu chiarita principalmente dai chimici della CIBA e la sua completa struttura stereochimica fu disponibile dall'estate del 1955. Dopo che le forniture della materia prima furono sospese dal governo indiano, il metodo di Woodward fu trasferito su scala industriale nel 1958 dalla compagnia francese Roussel-Uclaf.

In seguito al successo dello steroide cortisone furono studiati nuovi steroidi, arrivando a determinare quelli per la contraccezione, che trasformarono i costumi sociali negli anni Sessanta. La sintesi degli ormoni steroidei comportò la costruzione di una struttura di base a diciassette atomi di carbonio fusi in quattro anelli. Nell'ottobre del 1951 Carl Djerassi al Syntex Labs (Messico) sintetizzò il norethindrone, seguito dall'ormone steroideo sintetico di tipo estrogeno etinilestradiolo. Nel 1953 Frank B. Colton, un chimico della G.D. Searle & Company, realizzò il noretinodrel costituente dell'Enovid, il primo contraccettivo chimico orale, introdotto nel 1957 e generalmente noto come 'la pillola'.

Prodotti chimici per la protezione delle colture

I pesticidi (insetticidi, erbicidi e fungicidi) uccidono gli insetti che danneggiano le colture, eliminano quelli che consumano i nutrienti e depauperano i terreni fertili. Il primo importante insetticida sintetico fu il composto organico clorurato diclorodifeniltricloroetano, meglio conosciuto come DDT. La sua azione insetticida fu scoperta nel 1939 dal chimico della Geigy Paul Hermann Müller, premio Nobel per la medicina o la fisiologia nel 1948, nel corso di ricerche per la protezione dai pidocchi. Il DDT aveva il vantaggio che poteva essere prodotto in un singolo processo da materie prime dal basso valore economico, il cloralio (dalla clorinazione del metanolo) e il clorobenzene. Dai primi anni Cinquanta, il DDT era stato associato alle olefine analoghe (TDE o DDD, dicloroetilidene bis 4-clorobenzene) e ai metossiderivati, come anche all'esaclorocicloesano (BHC). Un gruppo di insetticidi organoclorurati policiclici prodotti mediante la reazione Diels-Alder includeva l'aldrina e la dieldrina (così denominate dalla reazione da cui avevano origine). La grande stabilità del DDT e dei prodotti organoclorurati suggerì successivamente lo studio degli effetti indotti dalla loro accumulazione nella catena alimentare.

I derivati dei composti prodotti alla IG Farben durante le ricerche del periodo bellico sugli aggressivi nervini furono sfruttati dall'American Cyanamid nelle applicazioni dei nuovi prodotti per la protezione delle colture, tipicamente composti organofosfati come il parathion (O,O-dietil O-p-nitrofenilfosfato) nel 1947, considerato allora da venti a venticinque volte più potente del DDT, e il malathion nel 1950. Gli organofosfati sono insetticidi ad azione diffusa (sistemici), in quanto agiscono sul sistema nervoso dell'insetto come inibitori dell'acetilcolinesterasi. Essi furono seguiti dai carbamati, più selettivi e meno tossici. Nel 1977 fu introdotto il primo insetticida sintetico piretroide, tossico per gli insetti ma innocuo per i mammiferi; questo composto fu il risultato di studi condotti da Michael Elliot alla Rothamsted Experiment Station inglese sulle piretrine, insetticidi naturali ottenuti dai fiori di piretro.

Negli anni Cinquanta si focalizzò l'attenzione sul potenziale fungicida dei prodotti organici: ciò portò alla produzione delle ftalimmidi, come il 'captan', applicabili a molte coltivazioni. Nel 1967 fu introdotto il fungicida sistemico Benomyl e dal 1980 cominciarono a comparire prodotti chimici che colpivano la capacità dei funghi di produrre steroli. Nel 1981 alcuni ricercatori alla BASF e in altri centri scoprirono che quattro composti appartenenti alla categoria dei fungicidi metossiacrilati, i quali derivano da una famiglia di prodotti naturali isolati negli anni Sessanta e Settanta, condividevano le stesse condizioni biochimiche. Le industrie ICI e BASF considerarono rilevante tale risultato e intrapresero ampi studi di sintesi, anche se inizialmente senza alcuna applicazione commerciale.

Il primo erbicida organico fu il derivato del catrame di carbonfossile 2-metil-4,6-dinitrofenolo, comunemente conosciuto come DNOC, risalente al 1932. Durante gli anni Quaranta, per il controllo selettivo delle piante infestanti a foglie larghe, furono introdotti i derivati dell'acido fenossiacetico (2,4-D, MCPA e 2,4,5-T, che simulava l'azione degli ormoni della pianta). Negli anni Cinquanta e Sessanta, la Geigy e altre industrie svilupparono una serie di erbicidi basati sulle triazine, come l'atrazina e il chlorotorulon, un derivato aromatico. Intorno al 1970, analisi non specifiche della Monsanto contribuirono alla realizzazione di alcuni prodotti per il controllo della vegetazione, compreso il glifosfato, un erbicida non selettivo utilizzato nelle fasi dell'aratura poiché distrugge le piante infestanti perenni prima che una coltura sia seminata.

La ricerca nel settore della protezione delle coltivazioni segue i percorsi tradizionali tracciati dalla ricerca in ambito farmaceutico e in quello dell'industria dei coloranti, prevede un uso analogo della chimica e risponde alla logica della competitività. Le informazioni preliminari si ottengono dalla letteratura sui brevetti, per poi delineare una strada per conseguire un prodotto innovativo. Frequentemente, anche la ricerca di base industriale, che consente allo scienziato di investigare aree fondamentali senza interessi commerciali di breve termine, può essere efficace. Si può considerare un buon esempio il sale di pirazolo sintetizzato all'American Cyanamid negli anni Sessanta da un chimico ricercatore nell'area dei coloranti, Erwin Klingsberg. In seguito a ricerche non specifiche su nuovi composti, questo prodotto (Avenge o difenzoquat) diventò l'erbicida per il controllo dell'avena selvatica della divisione agricoltura dell'American Cyanamid, esportato per la prima volta dagli Stati Uniti nel 1973. Il composto di Klingsberg era eterociclico, ossia con anello contenente atomi di carbonio e di altri elementi, e in particolare un nuovo composto eterociclico di azoto. Le ricerche successive condotte presso la divisione agricoltura da Marinus Los portarono allo sviluppo degli erbicidi a imidazolinone, altamente selettivi e capaci di inibire l'enzima acetolattatosintetasi, il primo dei quali venne introdotto nel 1985. Se si esclude un tipo di solfonammidi, che fu proposto nel corso del 1992, non si registrarono nel XX sec. ulteriori sviluppi nel settore degli erbicidi.

I prodotti per la salute degli animali sono spesso considerati alla stregua di quelli per la protezione delle colture; essi includono i benzimidazoli, il primo dei quali (tiabenzadolo) fu messo sul mercato dalla Merck nel 1961. Il levimasole dell'American Cyanamid, un imidazotiazolo, è un composto a largo spettro introdotto negli anni Sessanta, come le tetraidropirimidine, per il controllo dei parassiti negli ovini e nei bovini. Alla SmithKline si scoprì che l'anello di tiazolo poteva essere sostituito da un gruppo 2-metilcarbamato e la Merck Sharp & Dohme sviluppò le avermectine, come l'ivermectin che, scoperto nel 1979, diventò il prodotto antiparassitario più diffuso sul mercato sanitario animale.

Negli Stati Uniti, durante gli anni Cinquanta e Sessanta, la ricerca svolta dalle multinazionali dell'industria chimica e basata sulle procedure universitarie fu un tema dominante, nell'intento più generale di emulare i successi del periodo bellico nel convertire la scienza di base in prodotti di utilità sociale. Questi nuovi dipartimenti di ricerca e sviluppo non fornirono però tutte le risposte e le singole divisioni di produzione contribuirono spesso maggiormente all'innovazione. La ricerca industriale nel settore chimico non fu in grado di apportare innovazioni rilevanti e assolute, in particolare negli anni Settanta. Di oltre sessanta nuovi importanti prodotti introdotti tra il 1930 e i primi anni Ottanta, un terzo fu sviluppato negli anni Cinquanta e Sessanta e soltanto tre dopo il 1970. Nella sola petrolchimica ci furono nove significative innovazioni tra il 1961 e il 1973 e soltanto due tra il 1973 e il 1982.

I successi nella produzione farmaceutica e agrochimica indussero molte industrie chimiche, a partire dagli anni Ottanta, a orientare le proprie linee di ricerca verso le scienze della vita. Alcune si erano già mosse in questa direzione essendo state coinvolte nella ricerca e nella produzione delle solfonammidi (negli anni Trenta e Quaranta), della penicillina (negli anni Quaranta e Cinquanta) oltre che di un grande spettro di prodotti farmaceutici e per la protezione delle colture e degli animali (negli anni Sessanta). I programmi di ricerca per prodotti specifici hanno tipicamente durata dai quattro ai dieci anni e il loro sviluppo comporta periodi anche più lunghi. Il costo della ricerca industriale sui prodotti sanitari è enorme ed è questa una delle principali cause delle fusioni tra grandi gruppi che hanno avuto luogo a partire dagli anni Ottanta.

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