La giurisprudenza della Corte di giustizia sul reg. CE n. 261/2004

Libro dell'anno del Diritto 2014

La giurisprudenza della Corte di giustizia sul reg. CE n. 261/2004

Gerardo Mastrandrea
Barbara Bianchini

Il reg. CE 11.2.2004, n. 261 ha sostituito il precedente reg. CE 4.2.1991, n. 295 contenente norme comuni relative a un sistema di compensazione per negato imbarco nel trasporto aereo di linea (overbooking) con l’obiettivo di rafforzare la posizione del passeggero riconoscendo al medesimo più articolate forme di tutela minima e, come tale, inderogabile in occasione delle principali ipotesi di disservizio caratterizzanti il trasporto aereo di passeggeri: cancellazione del volo, negato imbarco e ritardo rilevante. La protezione è estesa anche ai passeggeri dei voli non di linea in partenza e con destinazione in uno Stato membro, purché tali voli siano effettuati da un vettore comunitario. In quasi dieci anni di vigenza si sono succeduti diversi interventi da parte della giurisprudenza della Corte di giustizia europea che hanno precisato e, in alcune occasioni, integrato il regime.

La ricognizione

Il reg. CE 11.2.2004, n. 261 ha introdotto forme di tutela minima del passeggero che sia costretto a subire la mancata esecuzione del traporto o il ritardo nell’esecuzione della prestazione di trasferimento. Queste misure consentono al passeggero di beneficiare di forme di tutela inderogabile nel caso in cui il trasporto non venga eseguito per cancellazione del volo, negato imbarco o venga eseguito in ritardo1. Nei dieci anni di applicazione di tale disciplina sono emersi numerosi problemi di carattere interpretativo ed applicativo. La Corte di giustizia, investita a più riprese in via pregiudiziale dell’interpretazione delle norme del regolamento maggiormente controverse, ha offerto una serie di soluzioni non sempre convincenti che tuttavia non solo hanno consentito di colmare alcune significative lacune, ma hanno anche risolto problemi di compatibilità e coordinamento con le norme della Convenzione di Montreal del 28.5.1999 che, come è noto, rappresenta anche la disciplina europea in tema di responsabilità del vettore aereo di passeggeri. Parallelamente, il legislatore comunitario ha nel tempo completato il sistema di protezione del passeggero predisponendo ulteriori regolamenti che settorialmente sono intervenuti per stabilire forme di protezione minima per ciascuna modalità di trasporto. Il reg. CE 23.10.2007, n. 1371 ha introdotto misure di protezione del passeggero ferroviario, mentre il reg. UE 24.11.2010, n. 1177 ha introdotto disposizioni volte a garantire i diritti dei passeggeri che viaggiano per mare e per vie navigabili. Più recentemente, il reg. UE 16.2.2011, n. 181 ha completato il quadro di insieme apprestando analoghe forme di tutela per il passeggero che viaggia su autobus. Nel predisporre tali regolamenti, che hanno succeduto il reg. CE n. 261/2004, il legislatore comunitario non ha potuto ignorare i contributi interpretativi che la Corte di giustizia ha fornito proprio in sede di interpretazione ed applicazione del regolamento sul trasporto aereo.

Alcune soluzioni, infatti, rappresentano la trasformazione in norma di alcuni principi affermatisi in sede giurisprudenziale. È il caso della nozione di “circostanza eccezionale” che esonera il vettore dall’obbligo di effettuare alcune prestazioni, quale quella del pagamento della compensazione pecuniaria in caso di cancellazione del volo e negato imbarco; come pure il riconoscimento di forme di tutela minima, sotto forma di pagamento di compensazione pecuniaria, in caso di rilevante ritardo a destinazione. Vengono quindi passati in rapida rassegna i più recenti e significativi interventi del giudice comunitario che hanno affrontato temi di particolare rilevanza che costituiscono i pilastri della disciplina complessivamente intesa.

La focalizzazione. Cancellazione del volo e negato imbarco

È il caso del concetto di «cancellazione del volo» («mancata effettuazione di un volo originariamente previsto e sul quale sia stato prenotato almeno un posto»), che la Corte di giustizia, con la sentenza del 19.11.2009 (cause riunite C-402/07, Sturgeon-Condor Flugdienst GmbH, e C-432/07 Böck-Air France)2 ha voluto ulteriormente precisare, con riguardo all’ipotesi in cui il passeggero prenotato su un volo, poi cancellato, venga poi riprotetto su un diverso volo. In tal caso si ha cancellazione del volo, mentre tale ipotesi non si concretizza quando alla mancata effettuazione del trasporto originariamente previsto segue comunque la partenza, che viene quindi solo posticipata, in conformità della programmazione originariamente prevista quanto ad itinerario, veicolo, equipaggio, codice. In questo ultimo caso, infatti, non si tratterebbe di una cancellazione ma di una tipica ipotesi di ritardo del trasporto oggetto di separata disciplina. Il volo può essere qualificato come cancellato, infatti, solo se il vettore provvede al trasporto dei passeggeri su un altro volo la cui programmazione originaria differisce da quella del volo originariamente previsto.

Più recentemente la Corte di giustizia, con le sentenze del 4.10.2012, causa C-22/11 e causa C-321/11, è invece intervenuta sulla diversa nozione di «negato imbarco» e sull’interpretazione dell’art. 2, lett. j, reg. CE n. 261/2004. In particolare il problema posto all’attenzione del giudice comunitario riguardava la qualificazione delle ragioni del negato imbarco e la rilevanza, ai fini dell’applicazione della disciplina, di un provvedimento di negato imbarco giustificato da ragioni diverse rispetto a quelle squisitamente commerciali proprie del diverso caso dell’overbooking che qualificava in via esclusiva il sistema del reg. CEE, 4.2.1991, n. 295 (che costituì la prima disciplina di tutela del passeggero contro la prassi operativa dei vettori di accettare prenotazioni di posti in numero superiore rispetto alla capacità dell’aeromobile). Il negato imbarco viene definito, dall’art. 2, lett. j, reg. CE n. 261/2004, come il rifiuto di far partire un passeggero munito di regolare biglietto per un volo determinato, ed in aeroporto, secondo le prescrizioni del vettore salvo quando sussistano ragionevoli motivi per negare l’imbarco, quali ad esempio motivi di salute o di sicurezza ovvero documenti di viaggio inadeguati. Si tratta quindi di un provvedimento interdittivo del vettore le cui ragioni non devono necessariamente coincidere con la prassi dell’overbooking, ben potendo essere di qualsiasi altra natura fermo restando la sussistenza di quei presupposti espressamente disciplinati. Pertanto, il passeggero che sia munito di prenotazione confermata per il volo in questione e che si sia presentato per l’imbarco nei limiti di tempo stabiliti dal vettore, allorché subisca un negato imbarco non giustificato da ragionevoli motivi ha diritto all’assistenza, alla messa a disposizione di un altro volo in alternativa alla restituzione del prezzo nonché alla compensazione pecuniaria. In questo contesto si inserisce il problema della individuazione del contenuto del criterio della ragionevolezza del negato imbarco che dovrebbe precludere al passeggero la fruibilità della tutela. Infatti, la norma non si preoccupa di stabilire a chi debbano essere riferiti i ragionevoli motivi che giustificherebbero il diniego all’imbarco, tanto più che la successiva elencazione è di carattere meramente ed espressamente esemplificativo3.

La Corte di giustizia interviene sul punto chiarendo un concetto che, a dire il vero, ha rappresentato proprio la ratio ispiratrice del legislatore comunitario nell’apprestamento delle misure di tutela minima alle quali il passeggero ha diritto a prescindere dal mezzo di trasporto utilizzato; il negato imbarco, rappresentando un provvedimento interdittivo specifico, non può essere giustificato da circostanze riferibili al vettore stesso il quale potrà solo far ricorso al concetto di circostanza eccezionale per esonerarsi dall’obbligo di pagamento della compensazione pecuniaria, prestazione questa che, come è noto, non esaurisce gli strumenti di tutela posti a disposizione del passeggero.

La normativa comunitaria, infatti, nel momento in cui stabilisce i criteri in base ai quali è possibile escludere che un provvedimento di negato imbarco dia luogo alle forme di tutela previste si riferisce a situazioni indipendenti dal vettore, in grado di rendere oggettivamente impossibile o comunque disagevole o pericolosa la presenza del passeggero sul volo in questione.

2.1 Obbligo di assistenza e “circostanze eccezionali”

La Corte di giustizia, con la sentenza 31.1.2013 (causa C-12/11) è tornata a pronunciarsi sulla nozione di “circostanza eccezionale”, e quindi sulla interpretazione e sulla validità degli artt. 5 e 9 reg. CE n. 261/2004, con particolare riferimento alla portata dell’obbligo di assistenza ai passeggeri, e soprattutto all’evento naturale di straordinaria importanza per il settore del trasporto aereo rappresentato dalla eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajökull. Si trattava di stabilire se la particolare eccezionalità dell’evento, tale da imporre la chiusura dello spazio aereo per alcuni giorni, rappresenti una «circostanza assolutamente eccezionale», idonea ad esonerare il vettore non solo dall’obbligo di compensazione pecuniaria, ma anche da quello – contemplato negli art. 5 e 9 del reg. CE n. 261/2004 – di prestare assistenza ai passeggeri stessi. Il sistema del regolamento non consente di individuare una graduazione del parametro della eccezionalità tale da giustificare, nei casi più gravi, l’inapplicabilità di ogni forma di tutela del passeggero rimasto vittima di disservizi da parte del vettore. La Corte europea, pertanto, ha correttamente evidenziato come nel regolamento non vi è alcuna disposizione che riconosca, al di là delle «circostanze eccezionali» menzionate all’art. 5, § 3, una distinta categoria di eventi «particolarmente eccezionali», tali da liberare il vettore da tutti i suoi obblighi. La ricorrenza di «circostanze eccezionali» è idonea unicamente ad esonerare il vettore dall’obbligo di corrispondere la compensazione pecuniaria, non anche a liberarlo dall’obbligo di prestare assistenza ai passeggeri ai sensi dell’art. 9 del regolamento. Tale obbligo di assistenza non subisce alcuna limitazione, né temporale né pecuniaria: diversamente opinando, infatti, si comprometterebbe il raggiungimento dello scopo perseguito dal reg. CE n. 261/2004. Di conseguenza, secondo il giudice europeo il vettore è tenuto a fornire assistenza «per tutto il periodo durante il quale i passeggeri devono attendere il loro riavviamento».

2.2 La tutela in caso di ritardo prolungato

Con la sentenza, 19.11.2009 (C-402/07 e C-432/07)4 il giudice comunitario ha dato vita ad una vera e propria integrazione normativa nel sistema del reg. CE n. 261/2004. Secondo un’interpretazione estensiva delle previsioni del regolamento in tema di cancellazione del volo, ha stabilito che i passeggeri dei voli ritardati possono essere equiparati ai passeggeri dei voli cancellati ai fini della compensazione pecuniaria stabilita espressamente proprio in caso di cancellazione del volo e negato imbarco quando, a causa di un volo ritardato, subiscono una perdita di tempo pari o superiore a tre ore, ossia quando giungono alla loro destinazione finale tre ore o più dopo l’orario di arrivo originariamente previsto dal vettore; al pari del caso della cancellazione del volo, il diritto alla compensazione nel caso di ritardo rilevante, ovvero superiore alle tre ore, viene meno quando il vettore dimostri che il ritardo è stato provocato da circostanze eccezionali che non si sarebbero potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso, ossia circostanze che sfuggono all’effettivo controllo del vettore (fattispecie che sembra non poter ricorrere nel caso, di cui alla causa C-347/13, sottoposta attualmente all’attenzione della Corte, delle condizioni meteorologiche avverse interessanti però un volo precedente effettuato dal medesimo aeromobile, potendo tra l’altro il vettore fronteggiare in via organizzativa il problema e non trattandosi dunque delle “condizioni meteorologiche incompatibili con il volo in questione” di cui al considerando n. 14 del reg. CE n. 261/2004, né ancora nel caso dell’operato di terzi affidatari di compiti del vettore, come per la causa pure pendente C-353/13, riguardante l’urto della carlinga dell’aeromobile da parte di un veicolo di una società di catering). In caso di ritardo alla partenza (in merito all’ipotesi di un volo con ritardo alla partenza inferiore ai limiti stabiliti dall’art. 6 del regolamento la Corte di giustizia, con sentenza del 26.2.2013 C-11/11, ha precisato che in tal caso se il volo giunge alla destinazione finale con ritardo pari o superiore a tre ore rispetto all’orario di arrivo previsto, il passeggero ha diritto a compensazione pecuniaria, in quanto tale compensazione non dipende dall’esistenza di un ritardo alla partenza e, di conseguenza, al rispetto dell’art. 6), l’art. 9 stabilisce inoltre obblighi di assistenza a terra quali la fornitura di pasti e bevande, possibilità di comunicare, alloggio in albergo e trasporto da e per l’albergo.

Con la sentenza 23.10.2012 (cause riunite C-581/10 e C-629/10)5, la Corte di giustizia è intervenuta nuovamente sul tema, precisando la portata del suo precedente arresto con riferimento al tema dei rapporti tra disciplina comunitaria, come integrata dalla giurisprudenza in commento, e le previsioni della Convenzione di Montreal 1999 che all’art. 19 disciplina la responsabilità del vettore per ritardo secondo il principio della presunzione di colpa in capo al vettore. Rapporto quanto mai delicato se si considera che la stessa Convenzione esclude la risarcibilità dei danni punitivi (che non presuppongono una ragione risarcitoria) e impone il rispetto delle condizioni e dei limiti delle azioni di responsabilità stabilite dalla Convenzione. La soluzione adottata dalla Corte muove dalla diversa qualificazione da attribuire alla natura della compensazione pecuniaria stabilita dal regolamento anche per il ritardo a destinazione (secondo l’interpretazione della sentenza 19.11.2009) rispetto al risarcimento del danno riconosciuto dalla Convenzione di Montreal in caso di ritardo.

La prima, infatti, rappresenta una compensazione del disagio che qualunque passeggero vittima di un ritardo prolungato sopporta a prescindere dalla ulteriori conseguenze di carattere pregiudizievole che ciascuno può sopportare ulteriormente; il secondo invece è la reintegrazione del pregiudizio effettivo subito dall’individuo in ragione del ritardo. La prima può essere individuata secondo parametri standardizzati; il secondo impone la prova del pregiudizio la cui misura può variare in ragione delle circostanze specifiche e delle condizioni soggettive di ciascuno e che, in caso di contestazione, deve essere accertata giudizialmente.

Al di là delle considerazioni di natura perequativa, la soluzione indicata dalla Corte europea solleva seri dubbi da punto di vista del fondamento giuridico; in particolare non appare convincente la dissimulazione sotto forma di assistenza di una prestazione che ha ad oggetto il pagamento di una somma di denaro che, in considerazione del momento in cui avviene (al termine del trasporto), non pare idonea ad assolvere alla funzione che le si vuole attribuire (rimedio contro la perdita di tempo).

2.3 Prescrizione del diritto al pagamento della compensazione pecuniaria

La Corte di giustizia, con la sentenza 22.11.2012 (causa C-139/11) è intervenuta anche sul termine per richiedere il pagamento della compensazione pecuniaria. Nel silenzio del regolamento, si è posto il problema di stabilire se il termine per promuovere azioni dirette ad ottenere il versamento di tale compensazione dovesse ritenersi regolato dalla Convenzione di Montreal (decadenza biennale) ovvero dalle regole di ciascuno Stato membro in materia di prescrizione dell’azione.

La Corte di giustizia europea risolve la questione in maniera del tutto condivisibile ritenendo applicabile la normativa interna di ciascuno Stato membro. Infatti, in caso di assenza di espressa previsione del diritto dell’Unione, spetta alla normativa interna il compito di disciplinare le modalità procedurali per l’esercizio dei diritti riconosciuti dall’ordinamento comunitario, purché conformi ai principi di effettività ed equivalenza. Inoltre il reg. CE n. 261/2004 rappresenta un sistema autonomo rispetto alla Convenzione di Montreal del 1999 tanto da rendere ingiustificata l’applicazione del termine di decadenza biennale ivi previsto per specifiche azioni di responsabilità. Deve tuttavia essere osservato che il rinvio alla legge nazionale comporta che per l’Italia il termine applicabile coinciderebbe comunque con quello stabilito dalla Convezione di Montreal stante il rinvio a tali regole operato in generale dall’art. 941 c. nav. e, in particolare, dall’art. 949-ter c. nav. in materia di prescrizione.

I Profili problematici

Le soluzioni licenziate dalla Corte di giustizia europea, che sicuramente hanno apportato un significativo contributo sotto il profilo della effettività della tutela accordata al passeggero consumatore, sollevano delicati problemi di teoria generale ove le definizioni e le categorie concettuali utilizzate non sembrano collocarsi adeguatamente entro lo schema del contratto di trasporto e delle prestazioni tipiche assunte dalle parti. La tendenza che appare possibile cogliere sembra volere porre sullo stesso piano l’assistenza dovuta al passeggero per il ritardo alla partenza con la compensazione di cui il medesimo beneficia nel caso di ritardo all’arrivo. E ciò muovendo dal presupposto comune che l’attesa del passeggero, prima della partenza o al termine del trasporto, di per sé arreca disagio a qualunque passeggero. Il vettore, quindi, deve farsi carico di apprestare le misure necessarie per rimuovere o alleviare tale situazione di disagio anche quando siano provocate da altri soggetti che operativamente intervengono nell’operazione di trasporto, salvo poi rivalersi nei confronti di questi per il rimborso degli oneri sostenuti. Tuttavia all’interprete non può sfuggire che l’indicazione di termini quali quelli di disagio, riconducibile ad una condizione non preventivata (l’attesa) o alla perdita di una condizione (la comodità), non convincono quando vengono isolati e distinti dalle nozioni di danno risarcibile i cui contorni nelle diverse accezioni e categorie sono sempre stati quanto mai controversi.

Note

1 Cfr. Tullio, L., Overbooking, cancellazione e ritardi, in Negato imbarco, cancellazione del volo e ritardo nel trasporto aereo, Cagliari, 2005, 9 ss.; Zampone, A., La responsabilità del vettore aereo per negato imbarco e cancellazione del volo, in Negato imbarco, cancellazione del volo e ritardo nel trasporto aereo, cit., 55 ss.

2 In Foro it. 2010, IV, 325 ss. e in Dir. trasp. 2010, 113.

3 Ancis, L., Negato imbarco, capacità di sintesi e rigore lessicale della Corte di giustizia UE, in Dir. trasp. 2013, 477 ss.

4 In Dir. trasp. 2010, 113 con nota di Corona, V., La compensazione pecuniaria per il ritardo aereo tra diritto positivo e giurisprudenza interpretativa della Corte di giustizia.

5 In Dir. trasp. 2013, 491 ss, con nota di Cuccu, V., Compensazione pecuniaria per ritardo prolungato all’arrivo e compatibilità con la Convenzione di Montreal.

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