La Fontaine, Jean de

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Poeta e favolista francese (Château-Thierry, Champagne, 1621 - Parigi 1695). È ricordato soprattutto per le Favole (1668-94); ispirate di frequente da quelle di Esopo e di Fedro e caratterizzate da uno stile preciso e nitido, esse - spesso chiuse da un'esplicita morale -  hanno come protagonisti animali che con i loro comportamenti rappresentano metaforicamente i difetti, i vizi e le virtù dell'umanità.

Vita

Studiò teologia, poi diritto. Avvocato al Parlamento, comprò nel 1652 la carica di "maître particulier" delle Acque e Foreste, ma trascurò sempre di più il suo ufficio per la letteratura; ottenne una pensione dal ricco finanziere Fouquet. Divenuto, dopo la disgrazia di quest'ultimo (1661), gentiluomo della duchessa d'Orléans (1664-72), conobbe poi un periodo di disagio economico, quindi ottenne la protezione di Madame de la Sablière e successivamente dei d'Hervart. Di carattere mite e sottomesso ("le bonhomme La Fontaine"), fu amico di Molière, Racine, Boileau. I suoi primi tentativi artistici risalgono alla riduzione della commedia di Terenzio L'Eunuque (1654), e alla composizione di rime varie, con gusto arcaicizzante. Il poemetto Adonis (1658; pubbl. 1669), i frammenti del Songe de Vaux (1659-62), l'Élégie aux Nymphes de Vaux (1661-62) dimostrano già una sicura padronanza dell'arte, nei due campi che gli si aprono: il racconto in versi e la favola. Nelle Nouvelles en vers tirées de Boccace et de l'Arioste (1664), e nei Contes et Nouvelles (1665-66, 1671, 1674, 1682, 1685, 1686), che derivano dalle fonti più varie, si compiace d'una voluttà licenziosa, che non sempre raggiunge un sufficiente equilibrio artistico. Nelle favole invece, libero da schemi altrui, poté dispiegare il suo stile preciso, nitido, assecondando il suo capriccio e il suo estro nell'abile uso del polimetro, svagato e sorvegliatissimo. Gli animali ch'egli mette in azione, ispirandosi a Esopo, Fedro, e agli apologhi della Kalīla wa Dimna, sono piccole maschere, figurine tipiche che rappresentano essenzialmente la varia umanità, con i suoi caratteri, i suoi difetti, i vizî, le manie. E nello stesso tempo, il garbo sottile dell'ironia divertita non nasconde un senso quasi nostalgico, ma pacato, della natura, della sua armonia, nelle diverse manifestazioni. I contemporanei intesero subito la grande novità e il valore di questa poesia: La F. accrebbe di volta in volta la sua raccolta che nelle sue varie edizioni, dal 1668 al 1694, raggiunse complessivamente dodici libri. Fra le numerose opere minori vanno ricordati il romanzo Les Amours de Psyché et de Cupidon (1669), il Poème de la captivité de Saint Malc (1673), il Poème du Quinquina (1682), la satira Le Florentin (1674, contro Lulli). Nel 1683 fu eletto all'Académie française. Nella "querelle des anciens et des modernes", si schierò in difesa dei classici con l'epistola in versi A Monseigneur l'évêque de Soisson (1687) nota come Épître à Monseigneur Huet.

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