La femme d’à côté

Enciclopedia del Cinema (2014)

La femme d’à côté

Daniela Angelucci

(Francia 1981, La signora della porta accanto, colore, 106m); regia: François Truffaut; produzione: Les Films du Carrosse, Tf1 Films Productions; soggetto: François Truffaut, Suzanne Schiffman, Jean Aurel; sceneggiatura: François Truffaut, Suzanne Schiffman, Jean Aurel; fotografia: William Lubtchansky, Caroline Champetier, Barcha Bauer; montaggio: Martine Barraqué, Marie-Aimée Debril, Catherine Dryzmalkowksi; scenografia: Jean-Pierre Kohut-Svelko, Pierre Compertz, Jacques Peisach; musica: Georges Delerue.

A raccontare la storia narrata nel film è Madame Odile Jouve, proprietaria del circolo del tennis del paese di campagna vicino a Grenoble dove Philippe e Mathilde Bouchard, da poco sposati, si trasferiscono. Nella prima scena, Odile si rivolge alla macchina da presa chiedendo un'inquadratura più larga, che mostra la sua invalidità. Proprio di fronte alla villa dei Bouchard vivono Bernard e Arlette Coudray, con il figlio Thomas. Al primo incontro tra i quattro lo spettatore scopre che Mathilde e Bernard si conoscono, ma non lo rivelano ai rispettivi coniugi per mantenere segreta la tormentata storia d’amore vissuta otto anni prima. Inizialmente Bernard evita Mathilde, che mantiene invece un comportamento sereno, finché i due si incontrano da soli al supermercato: nel parcheggio l’uomo bacia la donna, che improvvisamente sviene. Riprende così la loro relazione, che assume ben presto i toni di possessività e di ossessione che aveva già avuto. Dopo due incontri in un hotel, Bernard propone a Mathilde di fuggire insieme, ma la donna rifiuta e interrompe il rapporto. Intanto, arriva in paese un visitatore in cerca di Odile, che si reca a Parigi per evitare l’incontro. È l’uomo per cui, venti anni prima, aveva tentato il suicidio procurandosi danni permanenti a una gamba. Durante una festa al circolo del tennis, Bernard, in preda alla gelosia, insegue Mathilde nel tentativo di baciarla e la scuote con violenza di fronte a tutti. Venuti alla luce i trascorsi dei due amanti, i Bouchard partono per un breve viaggio e l’ordine sembra ristabilito. Al ritorno, però, Mathilde ha un crollo nervoso e viene ricoverata alcuni giorni in una clinica, da cui sembra uscire rimessa e pronta a trasferirsi in una nuova casa. Durante la notte, Bernard viene svegliato da un rumore, esce di casa e trova Mathilde nella sua vecchia abitazione, ormai vuota. Mentre fanno l’amore la donna estrae una pistola e spara alla testa del suo amante, uccidendosi subito dopo. Nella scena finale, mentre arriva l’ambulanza, Odile commenta la vicenda proponendo questa epigrafe funeraria per i due: «Né con me, né senza di me».

Penultimo film di François Truffaut, ispirato alla sua storia d’amore con Catherine Deneuve, La femme d’à côté descrive la perfetta parabola di un amour fou, raccontato tuttavia senza magniloquenza, con asciuttezza, rigore e una regia poco invadente. Il film fu girato in sole sei settimane, dagli inizi di marzo alla metà di aprile del 1981, e il fatto che i dialoghi furono scritti durante le riprese, dallo stesso Truffaut con la sceneggiatrice Suzanne Schiffman, ha reso possibile la sintesi di naturalezza e precisione che caratterizza l’opera. I luoghi in cui si svolge la storia sono quelli della borghesia francese, le accoglienti case di campagna, il circolo del tennis. In questo contesto fondato su regole di convivenza inaggirabili, cortesie e gesti trattenuti, tanto più fortemente esplodono i tratti distruttivi della passione. Il primo bacio tra Mathilde e Bernard avviene nel parcheggio di un supermercato: l’imbarazzo mostrato dai due nel compiere insieme atti ordinari come quello di caricare la spesa in automobile, unito alla spontaneità dell’abbraccio intenso di Bernard e alla reazione violenta dello svenimento di Mathilde, colloca subito la coppia in un mondo parallelo. Se i due sono al colmo della felicità durante gli incontri in albergo, nella clandestinità, questa atmosfera si trasforma nel suo opposto nella vita ordinaria, al punto che Bernard sembra perfino annoiarsi durante le visite a Mathilde in clinica, invitato dal marito di lei. La passione che Truffaut ci mostra sullo schermo non può essere in alcun modo soddisfatta, né trasformarsi in un rapporto quotidiano. A fare da contraltare, la complicità tranquilla tra Bernard e la moglie e l’atteggiamento protettivo del marito di Mathilde, che non vengono mai meno nel corso della narrazione. Proprio a sua moglie Bernard confessa che lui e Mathilde, che lo ha «sempre irritato», sono destinati a rimanere «deleteri l’uno per l’altra».

I segnali della tragedia, d’altra parte, sono disseminati nel tessuto del film: l’ironia della narratrice Odile nel raccontare il suo tentato suicidio per amore non basta a smorzare l’inquietudine causata dalla sua invalidità; lo scoppio della furia incontrollata di Bernard durante la festa rende evidente che tra i due tutto è perduto. La violenza trattenuta traspare da molti indizi visivi, come il dipinto, appeso accanto alla finestra da cui Mathilde osserva la casa della famiglia Coudray e inquadrato con insistenza, che ritrae un uomo nell’atto di colpire una donna, o come la macchia di sangue troppo larga e vivace che Mathilde, disegnatrice, insiste per pubblicare in un fumetto per bambini. Lo spirito melodrammatico del film si incarna nei tratti e nello sguardo bruno di Fanny Ardant, compagna di Truffaut, attrice in grado di esprimere quella vitalità mista a ritrosia che il regista aveva dichiarato di cercare nelle sue protagoniste.

La suspense suscitata dal rilascio lento delle informazioni sui personaggi e dalle esplosioni improvvise, insieme alla serietà nascosta sotto l’apparente leggerezza, conferiscono inoltre al film un’atmosfera quasi hitchcockiana. Una luce fredda e azzurra ricorre in molte scene, in quella finale dell’omicidio-suicidio, ma anche in alcune sequenze notturne in cui Bernard, ossessionato, non riesce a dormire, o traspare nei riflessi blu dei vetri dell’automobile in cui i due fanno l’amore. Elementi esplicitamente da thriller sono usati nell’epilogo tragico, in cui scompare il tono realistico del resto del film. Sentiamo il rumore di passi e il cigolio della porta nella notte, poi vediamo l’inquadratura dei piedi di Mathilde mentre gira intorno alla casa dell’amante indossando un impermeabile chiaro e infine il fascio di luce della torcia usata da Bernard nella casa vuota. Truffaut dirà che da questa scena avrebbe tratto l’ispirazione per il poliziesco in bianco e nero, con Ardant nuovamente protagonista, Vivement dimanche! (1983; Finalmente domenica!), suo successivo e ultimo film.

Interpreti e personaggi: Gérard Depardieu (Bernard Coudray); Fanny Ardant (Mathilde Bauchard); Henri Garcin (Philippe Bauchard); Michèle Baumgartner (Arlette Coudray); Véronique Silver (Odile Jouve); Roger Van Hool (Roland Duguet); Philippe Morier-Genoud (dottore); Olivier Becquaert (Thomas Coudray).

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