La depurazione biologica

Frontiere della Vita (1999)

La depurazione biologica

Robert L. Irvine
(Department of Civil Engineering and Geological Sciences, University of Notre Dame, Notre Dame, Indiana, USA)
Lisa I. Larson²
(SBR Technologzes, Inc. South Bend, Indiana, USA)
David A. Irvine
(SBR Technologzes, Inc. South Bend, Indiana, USA)
Camille A. Irvine
(SBR Technologzes, Inc. South Bend, Indiana, USA)
Timothy J. Irvine
(Warrington College of Business, University of Florida Gainseville, Florida, USA)

La depurazione biologica, ovvero l'eliminazione mediante processi biologici di sostanze contaminanti indesiderate da liquidi, solidi o gas, si verifica sia in natura sia in sistemi appositamente progettati per eliminare le sostanze biodegradabili. Utilizzando il carbonio e le fonti di energia presenti nell'ambiente, i microrganismi (quali batteri e funghi) convertono sia le sostanze inquinanti sia quelle non inquinanti in diossido di carbonio, acqua, massa cellulare e in tutta una serie di altri composti che entrano a far parte dell'ambiente naturale. Se i processi biologici naturali non tengono il passo con la velocità con cui le sostanze inquinanti vengono introdotte nell'ambiente, l'acqua che si usa, l'aria che si respira e la terra sulla quale viviamo risulteranno inquinate. In questo saggio illustreremo il modo in cui vengono progettati i sistemi biologici che utilizzano i microrganismi per aumentare la velocità con cui le sostanze inquinanti indesiderate sono rimosse dall'ambiente, e mostreremo come si possa utilizzare la tecnologia per coadiuvare la natura a fornire un sostegno a tutte le forme viventi presenti nella biosfera terrestre.

Inquadramento storico

L'inquinamento, cioè la contaminazione di acqua, terreno e aria, ha afflitto la salute e il progresso delle civiltà nel corso dei secoli. Dalle società di cacciatori e di raccoglitori di 30.000 anni fa fino alle attuali e moderne nazioni industrializzate, le popolazioni umane hanno dovuto sopportare e vincere gli effetti negativi della contaminazione ambientale. Le primissime sostanze inquinanti furono rinvenute nelle fonti idriche dell'uomo preistorico.

Gran parte delle prime malattie furono causate senza dubbio da ciò che oggi noi chiameremmo inquinamento. La presenza di batteri dell'intestino umano, come Escherichia coli, e di sedimenti di piombo nell'acqua da bere fiaccavano laresistenza dei primi uomini. La recente analisi dell'ominide di Broken Hill, in Zambia, che risale a 200.000 anni fa, ha fornito le prove che questi soffriva di avvelenamento da piombo dovuto a una vena minerale che passava sotto la riserva d'acqua della caverna che gli faceva da dimora (Janssens, 1970).

La transizione da gruppi di cacciatori-raccoglitori a sistemi di pastorizia nomade e infine a comunità stanziali di agricoltori e contadini durante il periodo Neolitico è stata definita come "un cambiamento fondamentale nella storia dell'uomo" (Ponting, 1991). Determinando un aumento nella produzione di cibo, lo sviluppo del concetto di proprietà e la crescita dell'eccedenza alimentare, la transizione all'agricoltura costituì la base di una rivoluzione umana.

Con l'agricoltura crebbero anche le comunità. Lo sviluppo di villaggi e città inaugurò un'epoca che evidenziò la limitata capacità della natura di utilizzare i processi biologici per auto depurarsi ogniqualvolta la velocità con la quale le sostanze inquinanti vengono immesse nell'ambiente risulta eccessiva. Nel 1972 il biologo inglese K. Mellanby definì l'inquinamento come "la presenza di sostanze tossiche introdotte nel nostro ambiente dall'uomo" (Mellanby, 1972). Tuttavia, esso può anche essere il risultato della distruzione dei regimi naturali del suolo e dell'acqua mediante lo spostamento e la mobilizzazione delle sostanze naturali. Un classico esempio attuale è l'inquinamento dei fiumi e degli eco sistemi costieri con il terriccio e il limo dilavati dai terreni. La salinizzazione è un fenomeno che rientra in questa categoria e può essere stata anche responsabile della distruzione della civiltà sumera. Lungo un periodo di circa 1700 anni, dal 3500 a.C. al 1800 a.C., l'agricoltura dei Sumeri nella Mesopotamia meridionale andò declinando e la produttività dei campi di grano infine crollò a causa dell'inquinamento da sale. Se si irriga un terreno piatto, la mancanza di un appropriato drenaggio fa sì che l'acqua filtri nella falda sotto stante e ne faccia aumentare il livello. Quando il terreno è impregnato d'acqua, i sali salgono in superficie e gli elevati tassi di evaporazione dal suolo determinano la formazione di una crosta di sali sui campi. I Sumeri, ancora inconsapevoli dell'errore di coltivare un terreno piatto, potevano solo lamentarsi dell'effetto dannoso sulla resa dei raccolti e prendere atto che "la terra diventava bianca" (Ponting, 1991). Nel 1989, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità e il Programma per l'ambiente delle Nazioni Unite, "la crescente salinità era ancora una delle più importanti e certamente la più diffusa forma di inquinamento delle falde idriche". Problemi di salinità interessano seriamente il 7% dei terreni agricoli coltivati al mondo, soprattutto in India (24% del totale delle zone irrigate), Stati Uniti, Pakistan, Iran, Iraq ed Egitto (Meybeck et al., 1990).

Mentre i Sumeri vennero travolti dalla salinizzazione, i Romani ebbero maggior successo nel realizzare sistemi che evitassero e risolvessero gli effetti pericolosi dell'inquinamento. Il primo sistema fognario fu la Cloaca Massima romana, costruita nel 6° secolo a.C. durante la dinastia etrusca dei Tarquini. Lo scopo iniziale di questa enorme struttura era di prosciugare una palude tra il colle Palatino e quello Capitolino; l'esito finale fu la costruzione del Foro Romano, il quale divenne il centro della Repubblica e successivamente dell'Impero. I pionieri dell'idraulica del mondo antico, i Romani, costruirono un'intera rete di cloacae, o fognature, oltre a un labirinto di acquedotti che portavano l'acqua nella città.

I rapidi progressi nella gestione delle acque ottenuti dai Romani non proseguirono nel corso del Medioevo. La maggior parte delle città e dei villaggi dell'Europa medioevale era penalizzata da tecniche primitive di gestione dei rifiuti che sfidavano le capacità della natura di autodepurarsi. La maggior parte dei liquami si raccoglieva direttamente in canali e fossi a cielo aperto che correvano lungo le strade. Erano stati adottati fogne e pozzi neri, ma la loro efficacia era dubbia. Le fogne erano spesso ostruite o, semplicemente, riversavano le loro acque nel fiume o nel corso d'acqua più vicino, mentre i pozzi neri straripavano e l'acqua lurida si infiltrava nei pozzi utilizzati dalla popolazione per l'approvvigionamento idrico. Molti villaggi e città avevano solo regole rudimentali per l'eliminazione dei rifiuti, e per rimuovere le immondizie dalle città venivano spesso impiegate squadre di raccoglitori o spazzini. L'inquinamento dell'acqua e le deplorevoli condizioni urbane aumentarono con l'avvento della Rivoluzione industriale. I problemi legati all'ambiente urbano furono percepiti per la prima volta e con particolare acutezza in Gran Bretagna. Negli anni Venti e Trenta del secolo scorso la popolazione di molte città britanniche aumentò dal 40% al 70%. I rifiuti causati dall'inurbamento fecero aumentare l'inquinamento di fiumi e di altri corsi d'acqua. F. Engels diede voce alle frustrazioni di molti quando descrisse il fiume di Manchester, l'Irk, come "un fiume stretto, nerastro, puzzolente, pieno di immondizie e di rifiuti che riversa sulla riva destra, più piatta; con il tempo asciutto su questa riva resta una lunga fila di ripugnanti pozzanghere fangose, verdastre, dal cui fondo salgono continuamente alla superficie bolle di gas mefitici che diffondono un puzzo intollerabile anche per chi sta sul ponte, quaranta o cinquanta piedi sopra il livello dell'acqua" (Engels, 1845). In seguito al costante peggioramento della salute pubblica, crebbe il bisogno di normative per l'ambiente e di uno sviluppo dell'ingegneria sanitaria, non solo in Gran Bretagna, ma un po' in tutto il mondo occidentale.

Sebbene i riformatori del sistema sanitario agli inizi dell'epoca Vittoriana si fossero molto impegnati nell'affrontare il problema dell'inquinamento dell'acqua, essi non furono in grado di eliminare i limiti dell'autopurificazione della natura. Basandosi sul crescente numero di studi medici e sociologici, E. Chadwick, il più famoso riformatore britannico, pubblicò nel 1842 un rapporto rivoluzionario che dimostrava come le malattie fossero correlate alla sporcizia ambientale, che a sua volta era determinata dall'assenza di scoli, fognature e raccolta di immondizie. Il suo rapporto del 1842 raccomandava un miglior tipo di fognature, il collegamento dei gabinetti con le fognature, e un flusso costante d'acqua ad alta pressione (a differenza del sistema prevalente, che funzionava a intermittenza) che portasse via i liquami prima che essi avessero la possibilità di stagnare e andare in putrefazione. Chadwick confermò che scaricare i liquami in un fiume era causa di inquinamento e di danni. Egli studiò il problema e pensò di aver trovato una soluzione che consisteva nel diluire i liquami con acqua, utilizzava fognature coperte per trasportarli su terreni a una certa distanza e distribuirli come concime liquido tramite l'irrigazione. In questo modo, egli concludeva nel suo rapporto, si sarebbero potuti evitare i problemi sanitari causati dall'inquinamento dei corsi d'acqua. Anche se i consigli di Chadwick non riuscirono a fermare lo scarico di sostanze inquinanti nei corsi d'acqua naturali, il suo rapporto divenne la base di partenza per la prima legge sulla salute pubblica in Gran Bretagna, che consentì la creazione di un comitato nazionale per la salute e diede ai consigli cittadini ampi poteri per costruire moderni sistemi sanitari.

Negli Stati Uniti l'inquinamento urbano industriale emerse per la prima volta come significativo problema politico d'interesse pubblico nella seconda metà del 19° secolo, soprattutto in seguito alle enormi quantità di scarichi prodotte dalle città industriali statunitensi. I primi studi sull'inquinamento delle acque, promossi dalle autorità statali e municipali negli Stati Uniti, spesso indicarono gli scarichi industriali come la causa più importante del peggioramento della qualità dell'acqua e portarono a un imponente programma di costruzioni fognarie che cominciò negli anni intorno al 1870. I funzionari municipali erano convinti che un sistema organizzato di trasporto e rimozione degli scarichi urbani fosse un grande miglioramento rispetto ai metodi tradizionali di immagazzinamento in scala individuale e rimozione con servizi privati. Sfortunatamente i riformatori del sistema sanitario che spingevano per l'adozione di questa nuova tecnologia non previdero che lo smaltimento di grandi volumi di liquami in fiumi e laghi avrebbe portato alla frequente insorgenza di malattie tifoidi o comunque diffuse attraverso l'acqua. I sanitari avevano capito quale fosse il legame tra batteri e malattie, e questa era una delle principali ragioni per le quali avevano patrocinato il sistema pubblico di trasporto degli scarichi. Il difetto nel loro ragionamento riguardava la capacità dell'acqua corrente di autopurificarsi in un periodo di tempo sufficientemente breve da proteggere da danni i potenziali utilizzatori. Secondo questa teoria della diluizione, l'acqua corrente in un lago o in un fiume piuttosto grandi disperdeva e purificava i liquami mediante processi naturali. Perciò, i liquami potevano essere scaricati in ampi bacini idrici che servivano anche come fonte di acqua da bere senza mettere in pericolo la salute pubblica. Gli esperti avevano ragione sul primo punto, ma sovrastimavano la capacità di un corso d'acqua di assimilare quantità illimitate di scarichi in tempi così brevi. Gli studiosi che si occuparono dell'eliminazione degli scarichi alla fine capirono che un corso d'acqua si autopurifica attraverso l'azione di batteri presenti in natura che utilizzano l'ossigeno libero per consumare le sostanze organiche in un processo di ossidazione. La capacità di un corso d'acqua di autopurificarsi è quindi funzione dell'ossigeno disciolto presente, e questa scorta di ossigeno può esaurirsi prima che sia possibile ricostituirla. In altre parole, esiste un limite finito a quanta materia organica un lago o un fiume può assimilare in un dato periodo di tempo.

Per capire come l'ambiente naturale possa essere manipolato o come possano essere progettati dei sistemi per distruggere sostanze inquinanti, nella prima parte di questo saggio presenteremo una breve descrizione degli aspetti di microbiologia, biochimica e cinetica chimica coinvolti. Successivamente discuteremo in modo più approfondito i vari processi di trattamento biologico.

La biodegradazione

Benché le sostanze che contaminano l'ambiente vengano prodotte da tutte le forme di vita, oltre che dai fenomeni geologici e meteorologici (per esempio l'attività vulcanica), l'attenzione di solito è puntata sulle sostanze inquinanti che derivano dall'attività umana a livello industriale, agricolo, minerario e domestico. Indipendentemente dalla loro origine, le sostanze contaminanti idonee a essere distrutte forniscono energia o nutrimento (o entrambi) a un'associazione microbica preesistente o predisposta nell'impianto di trattamento degli scarichi. In entrambi i casi praticamente tutte le sostanze inquinanti che possono essere consumate dai microrganismi vengono definite biodegradabili o leggere. Nello specifico questo significa che l'associazione microbica contiene l'informazione genetica necessaria per produrre enzimi catabolici che estraggono energia dalle sostanze inquinanti convertendo le in prodotti biochimici intermedi. Gli enzimi delle vie anaboliche utilizzano l'energia estratta e i prodotti intermedi per sintetizzare i composti necessari affinché i microbi possano riprodursi. L'associazione microbica presente deve, quindi, possedere tutte le informazioni genetiche necessarie affinché le opportune reazioni biochimiche abbiano luogo, altrimenti la sostanza inquinante rimarrà nell'ambiente. In questo caso tale sostanza non è biodegradabile e viene definita resistente o dura.

Le sostanze inquinanti vengono giudicate pericolose o non pericolose indipendentemente dalla loro biodegradabilità. Una sostanza pericolosa per un gruppo di microrganismi può costituire una preziosa fonte di nutrimento per un altro gruppo. Di conseguenza, molti composti pericolosi possono essere e sono bio degradati nell'ambiente. Dandole abbastanza tempo, la natura può auto depurarsi da tutti i composti biodegradabili, pericolosi o no. Per vari motivi, tra cui esigenze legate all'uso del tempo libero e al trasporto, e i problemi di salute pubblica, non si può attendere che i processi biologici naturali depurino da soli dai contaminanti presenti l'acqua, l'aria o il terreno. Di conseguenza, questi composti devono essere rimossi in impianti di trattamento degli scarichi.

Caratteristiche dei microrganismi

La microbiologia è quella branca della biologia che studia la fisiologia, la riproduzione, la simbiosi, l'impatto sugli ecosistemi, la presenza in natura e l'importanza in campo scientifico e industriale di piccoli organismi viventi invisibili a occhio nudo. La microbiologia comprende lo studio dei batteri (batteriologia), dei funghi (micologia), dei protozoi (protozoologia) e dei virus (virologia). A causa della loro versatilità biochimica e ambientale i batteri sono gli organismi più comunemente usati nei sistemi progettati per distruggere le sostanze inquinanti biodegradabili. I batteri sono utilizzati frequentemente anche nella ricerca biologica e nelle trasformazioni biochimiche.

Gli organismi multicellulari, come le piante e gli animali, sono costituiti da cellule eucariotiche. Le cellule delle forme di vita inferiori, come i batteri e le alghe blu-verdi, sono procariotiche. A differenza delle cellule procariotiche, che non contengono organuli circondati da membrane, quelle eucariotiche contengono nel loro citoplasma organuli intracellulari quali i vacuoli, i mitocondri, il reticolo endoplasmatico e il nucleo, che sono separati dal citoplasma da membrane proprie. Una membrana plasmatica semipermeabile separa il citoplasma dall'ambiente extracellulare.

I procarioti sono da 1000 a 10.000 volte più piccoli degli eucarioti e molti di loro sono mobili. I batteri possono essere sferici, a bastoncino o spiraliformi e sono i più piccoli tra i microbi unicellulari, con dimensioni tipiche che variano da 0,5 a 3 μm. Essi possono essere larghi anche 0,1 μm e lunghi 50 μm. La loro forma è definita da una parete cellulare strutturale. I batteri hanno un unico cromosoma circolare a doppio filamento. Molti batteri importanti dal punto di vista ambientale contengono ulteriori informazioni genetiche su un pIasmide. I batteri si riproducono a velocità estremamente elevate con tempi di divisione che comunemente possono richiedere da una a quattro ore. Ciò li rende particolarmente utili di fatto per tutti i processi di trattamento biologico. Non tutti i microrganismi importanti per l'ambiente sono procarioti. I funghi e le alghe sono eucarioti e sono stati utilizzati, anche se meno estesamente, nei sistemi progettati per l'eliminazione di sostanze inquinanti. Sia i funghi che le alghe sono, ovviamente, ubiquitari nell'ambiente e danno contributi significativi ai processi naturali di depurazione biologica.

Alcuni batteri crescono in strato sottile (bio film) attaccati a superfici, altri crescono meglio senza attaccarsi (cioè in sospensione come organismi separati, in grappoli o in fiocchi). Gli aerobi stretti crescono solo in presenza di ossigeno; gli anaerobi stretti non possono sopravvivere in presenza di ossigeno, mentre gli anaerobi facoltativi crescono sia in presenza che in assenza di ossigeno. I microrganismi convertono le sostanze inquinanti in nuova massa cellulare, diossido di carbonio, acqua e altri prodotti finali che variano a seconda della natura delle sostanze inquinanti e degli specifici microrganismi presenti.

Per la crescita i microrganismi necessitano di una fonte di energia, di una fonte di carbonio e di nutrienti. Gli organismi fotoautotrofi, come le alghe, utilizzano la luce del Sole come fonte di energia e il diossido di carbonio come fonte di carbonio; gli organismi chemoautotrofi usano una sostanza inorganica ridotta come l'ammoniaca o il ferro a numero di ossidazione + 2 quale fonte di energia e il diossido di carbonio quale fonte di carbonio; gli organismi eterotrofi utilizzano sostanze organiche come fonte sia di energia sia di carbonio. I nutrienti sono gli elementi che non si trovano né nella fonte di carbonio né in quella energetica, e sono necessari alle cellule viventi per produrre proteine, carboidrati, grassi, acidi nucleici, che contengono un'ampia varietà di elementi tra cui carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto, fosforo e zolfo. Inoltre le proteine, se utilizzate come enzimi, hanno bisogno di metalli in tracce quali sodio, potassio, ferro, manganese, magnesio e calcio. I nutrienti richiesti a concentrazioni relativamente elevate sono detti macronutrienti (per esempio azoto e fosforo), quelli necessari a basse concentrazioni prendono il nome di micronutrienti (per esempio metalli presenti in tracce). Alcune cellule non contengono l'informazione genetica per sintetizzare determinate sostanze organiche intracellulari necessarie, come alcuni amminoacidi e vitamine. Sia i nutrienti inorganici sia questi essenziali intermedi organici preformati devono essere presenti nell'ambiente oppure devono essere forniti agli organismi affrnché questi possano crescere.

Una popolazione microbica si instaura nell'ambiente o in un sistema progettato per l'eliminazione delle sostanze inquinanti se sono disponibili tutti i nutrienti necessari, una fonte di carbonio e una di energia, e se i suoi membri contengono l'informazione genetica necessaria per produrre gli enzimi catabolici che estraggono energia dalle sostanze inquinanti. L'informazione genetica per la maggior parte degli enzimi catabolici e per tutti quelli anabolici è presente nel cromosoma. Ulteriori informazioni genetiche, specialmente per la produzione di enzimi che catalizzano la degradazione delle sostanze xenobiotiche, si trovano di solito nei plasmidi. Di conseguenza, i geni dei plasmidi spesso forniscono all'associazione microbica le informazioni necessarie per liberare l'ambiente da sostanze inquinanti indesiderate.

Gli impianti progettati per il trattamento dei liquami domestici sono basati quasi sempre su processi biologici. Il flusso delle acque di scarico contiene tutti i nutrienti essenziali per il trattamento. Questi sistemi impiegano di solito colture miste di batteri (piuttosto che una coltura pura). Anche se sono presenti altri microrganismi (per esempio protozoi), i batteri sono i principali responsabili della demolizione aerobica delle sostanze organiche e dell'eliminazione dell'azoto e del fosforo. Nel trattamento biologico delle acque di scarico domestiche vengono impiegati sia sistemi a biofilm fisso (per esempio filtri percolatori), sia sistemi in cui si ha una crescita a biomassa sospesa (per esempio fanghi attivi). La maggior parte dei sistemi moderni è del tipo a biomassa sospesa. I composti solidi di origine biologica prodotti in tali sistemi contengono biomassa vivente e morta insieme con sostanze solide sospese che sono parzialmente decomposte dai batteri presenti nell'impianto di trattamento. Questi fanghi di depurazione di solito vengono ulteriormente trattati in digestori aerobici o anaerobici. I digestori aerobici stabilizzano i fanghi di depurazione mineralizzando le sostanze organiche biodegradabili (cioè producendo diossido di carbonio e acqua) e riducendo così la massa di fanghi di depurazione che deve essere eliminata negli inceneritori o smaltita sul terreno come ammendante del suolo o fertilizzante. I digestori anaerobici ottengono risultati simili producendo metano e idrogeno. Questi gas sono spesso utilizzati per produrre elettricità. In passato, le acque di scarico industriali erano trattate più spesso utilizzando procedimenti chimici e fisici invece che sistemi basati su processi biologici. Poiché i sistemi biologici sono di solito meno costosi dei loro equivalenti fisici e chimici e a causa dell'alto costo associato alle attuali stringenti necessità di rispetto ambientale, molte industrie sono impegnate nello sviluppo intensivo di impianti di trattamento biologico, quando possibile. Le sostanze contaminanti presenti nelle acque di scarico industriali spesso costituiscono un problema più complesso rispetto a quelle presenti negli scarichi domestici. La maggiore varietà di sostanze xenobiotiche a concentrazioni superiori, la carenza di nutrienti, temperature, pH, salinità e livelli di metalli pesanti meno favorevoli, e le più basse velocità di crescita batterica, richiedono una maggiore attenzione negli studi di trattabilità tesi a determinare i parametri necessari al progetto. Tuttavia, una volta scelti, i bioreattori aerobici (e talvolta anche gli anaerobici) possono essere progettati e fatti funzionare così da soddisfare i limiti determinati dalle normative vigenti.

Trasformazioni biochimiche

Per catalizzare una data reazione biochimica è richiesto un enzima specifico. Ciascun enzima è composto da una o più proteine. Una proteina necessita di almeno un gene impegnato a dirigere la sua sintesi e di coenzimi (molecole organiche non proteiche) e/o cofattori (ioni inorganici) che si le gano o si associano alla proteina per consentire l'attività catalitica desiderata. L'informazione genetica specifica (ovvero il DNA, di un microrganismo o di una cellilla) determina quali enzimi verranno prodotti. Nei batteri l'informazione genetica è localizzata nel cromosoma o in un plasmide.

Perché si verifichi la crescita, la fonte di nutrimento o substrato (ovvero la sostanza inquinante) deve essere in grado di passare attivamente attraverso la membrana cellulare. Per i batteri eterotrofi il substrato può essere un carboidrato, una proteina, un lipide o qualche altro composto organico di origine biologica o xenobiotica. l substrati costituiti da molecole grandi devono essere parzialmente degradati (per esempio mediante enzimi) nell'ambiente extracellulare cosicché i prodotti possono essere attivamente trasportati attraverso la membrana cellulare. Una volta trasportati, questi composti devono costituire un substrato per gli enzimi intracellulari. Tali composti sono considerati biodegradabili quando si verifica una serie di reazioni che si conclude con la formazione di prodotti fmali innocui. Se si ottiene la loro completa mineralizzazione, i prodotti finali sono ioni inorganici semplici (per esempio Cl- e NH4+), diossido di carbonio e acqua.

In generale, i substrati e le fonti di energia sono composti organici ridotti per gli eterotrofi e composti inorganici ridotti per gli autotrofi e vengono di solito chiamati elettrondonatori. L'energia o gli elettroni sono estratti dai substrati e trasferiti a elettronaccettori extracellulari e intracellulari. l comuni elettronaccettori extracellulari comprendono l'ossigeno, le forme ossidate dell'azoto (per esempio nitriti e nitrati) e i solfati. Durante il catabolismo una parte degli elettroni immagazzinati originariamente nel substrato viene trasferita per via enzimatica alle forme ossidate dei nucleotidi flavina e nicotinammide, producendo le forme ridotte di questi nucleotidi, e per l'esattezza un flavinadenindinucleotide ridotto (FADH₂), e due nucleotidi nicotinammidici ridotti (NADH + H+ e NADPH + H+). Altri importanti prodotti del catabolismo sono l'energia chimica immagazzinata (per esempio l'adenosintrifosfato, ATP) e gli intermedi a bassa massa molecolare. Durante i processi anabolici i nucleotidi ridotti vengono utilizzati insieme all'energia chimica per trasformare i prodotti intermedi in macromolecole. In questi processi i nucleotidi ridotti aiutano a ridurre i precursori intracellulari e vengono ossidati a FAD, NAD+ e NADP+, che verranno poi riutilizzati durante i processi catabolici. l nucleotidi ridotti vengono ossidati anche utilizzando elettronaccettori extracellulari o esogeni. Queste reazioni producono grandi quantità di ATP e aumentano significativamente la velocità con cui gli elettrondonatori vengono convertiti in biomassa, diossido di carbonio, acqua e altri sottoprodotti innocui.

Considerare gli impianti biologici di trattamento come dispositivi di trasferimento di elettroni fornisce le basi necessarie a progettarli e farli funzionare. Nel linguaggio degli ingegneri ambientali ciò diventa chiaro facendo un bilancio di massa riferito alla richiesta chimica di ossigeno (COD, Chemical Oxygen Demand) in tutto il sistema. Il COD di un campione è la quantità di ossigeno necessaria a convertire tutte le sostanze organiche presenti nel campione in diossido di carbonio e acqua. Questa misurazione di solito si ottiene utilizzando un forte agente ossidante quale il dicromato o il permanganato. In un sistema biologico aerobico o in sistemi anaerobici che hanno elettronaccettori esogeni alternativi, quali i nitriti e i nitrati (questi sistemi vengono chiamati anossici), la quantità totale di ossigeno o dell'elettronaccettore esogeno alternativo (espressa come equivalenti di ossigeno) consumata dalla biomassa deve essere uguale alla massa di COD che entra nel sistema meno la massa di COD che esce dal sistema (cioè nelle acque di scarico trattate e nei fanghi di depurazione di scarico). Nei sistemi anaerobici senza elettronaccettori esogeni alternativi, la quantità totale di COD che entra deve essere uguale alla quantità di COD che esce dal sistema. Perciò la somma delle quantità di idrogeno e di metano (espresse come COD) generate nel sistema deve essere uguale alla quantità di COD che entra nel sistema meno la quantità di COD che esce dal sistema nelle acque di scarico trattate e nei fanghi di depurazione.

Stechiometria e cinetica

La velocità con la quale gli elettrondonatori (cioè i prodotti inquinanti) si accumulano nell'ambiente dipende da più fattori, tra i quali la natura delle sostanze inquinanti, l'informazione genetica nell'associazione microbica presente nel punto di contaminazione, la disponibilità di nutrienti, la presenza di tossine inorganiche e organiche, l'adeguatezza delle condizioni ambientali quali pH, salinità e temperatura, la velocità con cui viene fornito ossigeno come elettronaccettore esogeno.

Per poter integrare questi fattori in uno schema teorico che permetta di calcolare la velocità con cui ha luogo la depurazione biologica in natura o in sistemi a tal scopo progettati, i dati devono essere raccolti e tradotti in termini stechiometrici e cinetici. Gli schemi di reazione così sviluppati possono poi essere usati mediante modelli matematici basati sul principio di conservazione (per esempio bilancio di massa) per stabilire la distribuzione delle sostanze inquinanti nell'ambiente. Una reazione semplice può essere scritta nel seguente modo:

formula, [

formula

l]

ovvero

formula [2]

formula

dove AI,A2, .. .Am sono gli m componenti di questa reazione e vI,v2...,vm sono i rispettivi coefficienti stechiometrici con Vi<0 per i reagenti e Vi>0 per i prodotti. La velocità di reazione r è una funzione definita dalla velocità di formazione di ciascun componente (per esempio, rfi per l'i-esimo componente) ed è data dalla relazione:

formula. [3]

formula

Questa notazione può essere facilmente estesa a sistemi in cui sono coinvolte più reazioni, come di seguito indicato:

formula [4]

formula

ovvero

formula [5]

formula

dove Vi,j è il coefficiente per il componente Ai nellaj-esima reazione, Vi,j < 0 per i reagenti e Vi,j > 0 per i prodotti, n è il numero delle reazioni e m è il numero dei componenti. Come per il sistema a singola reazione, la velocità di ciascuna reazione j-esima in un sistema a reazioni multiple, rj, è una funzione definita dalla velocità di formazione di ciascun componente nella specifica reazione considerata ed è data dalla relazione:

formula [6]

formula

formula [7]

formula

formula [8]

formula

dove (rfi)i è la velocità di formazione del componente i-esimo nella reazione j-esima e rfi è la velocità complessiva di formazione del componente i-esimo nel sistema a n reazioni, semplicemente uguale alla somma delle velocità di formazione del componente i-esimo in ciascuna singola reazione.

Descriviamo ora un esempio di relazioni stechiometriche e cinetiche comunemente utilizzate nella progettazione dei sistemi di trattamento biologico dei liquami. In questo esempio due reazioni, una di crescita e una di morte cellulare, sono presentate in relazione alla massa:

(- 1)S + (-0,58)O₂ + (+0,3)B = 0

(- 1)B + (-0,9)O₂ + (+0,11)CD = 0.

La prima reazione descrive la crescita di una coltura mista di batteri aerobi; essa comprende due reagenti, il substrato (S) e l'ossigeno (0₂) e, come unico prodotto, la biomassa (B). Il coefficiente stechiometrico della biomassa nella prima reazione (vB,1) rappresenta il rendimento in biomassa per ciascuna unità di massa di substrato o di sostanza inquinante consumata. In questa reazione per ciascun chilogrammo di substrato utilizzato verrebbero prodotti 0,3 kg di biomassa. La seconda reazione, quella di morte cellulare, rappresenta la respirazione endogena. In pratica, per ciascun chilogrammo di biomassa consumata vengono consumati 0,9 kg di ossigeno e prodotti 0,11 kg di detriti cellulari (CD, Cellular Debris) o biomassa morta.

Le equazioni che esprimono la velocità di reazione sono rispettivamente

formula [9]

formula

formula [10]

formula

dove CB è la concentrazione della biomassa, K₂ è il coefficiente di respirazione endogena e μ la velocità di crescita specifica della biomassa in chilogrammi di biomassa prodotta per chilogrammo di biomassa presente per unità di tempo, è data dall'espressione classica di Monod:

formula. [11]

formula
fig. 1

In questa relazione μmax è la velocità massima di crescita specifica della biomassa, ks è la costante di semi saturazione, Cs è la concentrazione del substrato. La forma funzionale dell'espressione di Monod è mostrata graficamente nella figura (fig. 1). L'esame della curva e della sua forma matematica mostra che l'espressione cinetica è approssimativamente del primo ordine rispetto al substrato a basse concentrazioni di questo (cioè quando Cs≪ks), ed è di ordine zero (cioè indipendente dalla concentrazione di substrato) per concentrazioni di substrato elevate (cioè quando Cs≫ks); Il ha un valore massimo asintotico μmax ed è uguale a μmax/2 quando la concentrazione del substrato è numericamente uguale a ks. Nei sistemi biologici di trattamento dei liquami i tipici valori medi di Il variano da 0,05 a 0,3 giorno-1.

La funzione della velocità per l'equazione di morte cellulare di solito viene considerata di primo ordine rispetto alla concentrazione della biomassa, come mostrato. Un valore tipico del coefficiente di respirazione endogena K₂ è 0,05 giorno-1. Ciò suggerisce che circa il 5% della biomassa verrà perso ogni giorno per morte o respirazione endogena.

Il valore rfB per questo sistema a due reazioni è dato da:

formula. [12]

formula

Perciò, la velocità specifica di formazione della biomassa per entrambe le reazioni, rfB/CB, è uguale a μ − K₂. Di conseguenza la quantità netta di biomassa prodotta è data dalla differenza tra la quantità di biomassa prodotta nella reazione di crescita e la quantità di biomassa consumata per effetto della respirazione endogena definita dalla seconda reazione. Questa è una considerazione importante nella progettazione, perché i costi operativi e di capitale associati al trattamento dei fanghi di depurazione costituiscono frazioni apprezzabili dei corrispondenti costi totali.

A causa dell'alto costo dell'energia, e considerato l'impatto critico che l'inadeguato apporto di ossigeno ha sul rendimento complessivo, particolare attenzione deve essere prestata anche alla velocità di formazione dell'ossigeno, rfo, data da vo,1r1 +Vo,2r2. La velocità specifica di formazione dell'ossigeno per entrambe le reazioni, rfO/CB, viene di solito indicata come velocità specifica di consumo di ossigeno (SOUR, Specific Oxygen Uptake Rate) e, a eccezione della velocità di consumo di ossigeno dovuto a respirazione endogena, che ha luogo a concentrazione di substrato pari a zero, presenta un andamento simile a quello della espressione di Monod in figura 1.

Il processo di depurazione biologica

I sistemi di trattamento biologico utilizzano comunità di microbi per rimuovere o eliminare sostanze organiche e inorganiche, pericolose e non pericolose, presenti nei liquami domestici, nei liquami industriali, nei percolati, nell'aria e nei terreni. Questi sistemi appositamente studiati riproducono la situazione ambientale e superano i limiti della natura, soprattutto quelli che derivano da squilibri locali che rallentano la velocità di autopurificazione.

Le caratteristiche delle comunità di microbi selezionate e arricchite nei sistemi artificiali dipendono da numerosi fattori, tra cui: il tipo di sostanza inquinante e il modo in cui essa varia nel tempo; la portata massica delle singole sostanze inquinanti; la presenza o l'assenza di elettronaccettori (cioè la presenza di condizioni aerobiche, anossiche o anaerobiche); la frequenza di cambiamento delle condizioni aerobiche, anossiche o anaerobiche; la presenza delle condizioni di abbondanza e carestia (per esempio la frequenza con cui si passa da elevati a bassi tassi di crescita); la natura dei vari prodotti secondari che si formano; la tendenza all'adesione della biomassa (cioè, crescita in condizioni di biomassa sospesa o di biomassa adesa).

Sistemi di trattamento biologico appositamente studiati e adeguatamente funzionanti possono selezionare e arricchire l'associazione microbica e poi modificare il suo stato fisiologico per gestire le normali variazioni del carico inquinante. Questo livello di controllo è molto difficile da raggiungere in natura. I paragrafi che seguono si occupano della progettazione dei sistemi biologici per il trattamento delle acque di scarico, dei suoli e dell'aria.

Sistemi per la depurazione biologica delle acque di scarico

Convenzionalmente i reattori biologici vengono progettati utilizzando configurazioni ideali per modellare o rappresentare sistemi reali. Comunemente vengono impiegate due configurazioni ideali: quella a mescolamento completo (a flusso discontinuo, semidiscontinuo o continuo: batch, semibatch or continuous flow) o quella con flusso a pistone (con flusso continuo con grado di retromescolamento nullo). I reattori a flusso continuo possono essere a riciclo o senza riciclo. Da queste rappresentazioni ideali di reattori vengono facilmente sviluppati bilanci di massa o modelli matematici. I bilanci di massa che risultano dall'applicazione dei principi di conservazione sono gruppi di equazioni algebriche e/o equazioni differenziali ordinarie e/o equazioni differenziali alle derivate parziali. I gruppi di reazioni o modelli che si ottengono sono usati per la progettazione dei reattori e/o la loro analisi.

Una generalizzazione della legge di conservazione è la seguente: la velocità con cui Ai si accumula nel sistema è data dalla somma algebrica della velocità (positiva) con cui entra nel sistema, della velocità (negativa) con cui esce dal sistema, della velocità (positiva) con cui si forma nel sistema e della velocità (positiva o negativa) con cui Ai entra o esce dal sistema tramite altre 'sorgenti' o altri 'pozzi'. Come si può vedere da questa espressione, un componente Ai si accumula nel sistema quando la sua velocità netta d'ingresso nel sistema eccede la sua velocità netta di uscita dal sistema. In condizioni stazionarie, nel sistema non si verifica accumulo e le velocità nette di ingresso e di uscita sono uguali. Le relazioni sviluppate precedentemente per esprimere la stechiometria e la cinetica di reazione sono indipendenti dal sistema preso a modello. Poiché i coefficienti stechiometrici dei reagenti sono negativi, la loro velocità di formazione è negativa. In un sistema a reazioni multiple, alcuni componenti sono sia reagenti sia prodotti, a seconda della reazione che viene presa in considerazione. In questo caso la velocità finale di formazione può essere sia positiva sia negativa durante il corso della reazione. La nitrificazione, cioè l'ossidazione sequenziale dell'ammoniaca a nitrito e del nitrito a nitrato a opera di due diversi batteri autotrofi, fornisce un eccellente esempio di tale evento. In un reattore batch spesso si osserva che il nitrito aumenta durante le prime fasi della nitrificazione, a mano a mano che l'ammoniaca viene ossidata a nitrito, e poi diminuisce dopo che tutta l'ammoniaca è stata ossidata e, quindi, la produzione di nitrito cessa. Nel seguito descriveremo cinque tipi di reattori (Weber e Di Giano, 1995): il reattore batch a mescolamento completo (CMBR, Completely Mixed Batch Reactor), il reattore a flusso continuo a mescolamento completo (CMFR, Completely Mixed Flow Reactor), il reattore batch sequenziale (SBR, Sequencing Batch Reactor), il reattore con flusso a pistone (PFR, Plug Flow Reactor) e il reattore con flusso a pistone con dispersione (PFDR, Plug Flow Reactor with Dispersion).

Reattore batch a mescolamento completo

fig. 2

Una semplice rappresentazione schematica di un reattore batch è mostrata nella figura (fig. 2), dove V rappresenta il volume del liquido e α è la concentrazione dell'i-esimo componente, Ai. Poiché il reattore è a mescolamento completo, α rappresenta la concentrazione del componente iesimo in qualunque punto del reattore. Il bilancio di massa di un CMBR può essere scritto:

formula [13]

formula

in cui Ci(0) è noto, oppure, per V costante:

formula [14]

formula

in cui Ci(0) è noto. Nel bilancio di massa la concentrazione iniziale dell'i-esimo componente è Ci(0) e qualunque ingresso (per esempio il rifornimento di ossigeno mediante rimescolamento o aerazione) o uscita (per esempio la volatilizzazione delle sostanze inquinanti con un'elevata pressione di vapore) è rappresentato da Si. Il segno + è usato per gli ingressi, il segno - per le uscite. Ovviamente in questa espressione devono essere considerati tutti gli ingressi e tutte le uscite.

l bilanci di massa, come quello espresso dalla relazione sopra sono spesso utilizzati per sviluppare le relazioni stechiometriche e cinetiche. Per il sistema a due reazioni precedentemente descritto, può essere usato un bilancio di massa del substrato per un CMBR a volume costante e nessun altro ingresso o uscita per valutare μmax e ks. Ciò si ottiene riportando in grafico il reciproco della velocità di rimozione del substrato specifico, cambiato di segno

formula, [15]

formula

rispetto al reciproco della concentrazione del substrato. Questo grafico di doppi reciproci è praticamente identico a quello utilizzato per valutare i coefficienti della cinetica enzimatica di Michaelis-Menten.

l CMBR vengono utilizzati piuttosto frequentemente nell'industria delle fermentazioni. Il loro utilizzo su vasta scala nei sistemi di trattamento biologico delle acque di scarico è meno diffuso. Il sistema SBR, tuttavia, prevede un periodo di trattamento batch durante la sua normale attività.

Reattore a flusso continuo a mescolamento completo (CMFR)

fig. 3

l CMFR sono comunemente utilizzati nel trattamento biologico di acque di scarico con colture miste che crescono in fase sospesa in sistemi chiamati a fanghi attivi. Spesso questi sistemi vengono fatti funzionare con riciclo, talvolta senza riciclo. l sistemi senza riciclo comprendono una tipologia di reattori per trattamenti biologici di acque di scarico utilizzata nelle comunità rurali. Questi sistemi sono stati chiamati fossi di ossidazione, stagni di stabilizzazione, lagune, e così via. Lo schema per un CMFR senza riciclo è rappresentato nella figura (fig. 3). La portata volumetrica e la concentrazione del componente i-esimo nella corrente di alimentazione vengono indicate come Q e CiO, rispettivamente. Il bilancio di massa di un CMFR può essere scritto:

formula, [16]

formula

dove Ci(0) noto o, per V costante:

formula [17]

formula

dove Ci(0) è noto.

Il tempo di permanenza idraulica (HRT, Hydraulic Residence Time), T è uguale al volume del reattore diviso la portata volumetrica. L'HR T per tali sistemi può essere breve (un giorno) o lungo (dieci giorni). Questi stagni o lagune sono spesso progettati per utilizzare le alghe come fonte di ossigeno. Poiché durante i mesi estivi le alghe crescono molto, se l'HR T è maggiore di due giorni, gli effluenti da questi sistemi sono considerati essi stessi una fonte d'inquinamento.

l microbiologi e i biochimici che usano i CMFR da laboratorio senza riciclo li chiamano chemostati e di solito utilizzano colture pure, piuttosto che colture miste. Il modello dei CFMR senza riciclo è stato utilizzato anche per descrivere il comportamento di bacini idrici naturali come stagni o laghi.

fig. 4

l progettisti spesso utilizzano i CMFR con riciclo per gli studi di trattabilità su scala di laboratorio e su scala pilota. Lo schema semplificato di tale sistema è rappresentato in figura (fig. 4). Poiché il reattore biologico è a mescolamento completo, la concentrazione del componente i-esimo nel reattore è identica alla concentrazione dello stesso componente nell'effluente da reattore. La concentrazione della biomassa nei CMFR con riciclo è di molto superiore rispetto a quella di un CMFR senza riciclo e di solito varia da circa 1,5 g/I a circa 4 g/I. L'HRT che ne risulta è corrispondentemente inferiore: per esempio quello per gli impianti di trattamento dei liquami domestici varia da 0,25 a 1 giorno, mentre quello per i sistemi di trattamento dei liquami industriali varia da 0,25 a 10 giorni.

Reattore batch sequenziale (SBR)

L'SBR è un sistema di crescita in sospensione di colture miste che viene fatto funzionare periodicamente. Anche se è chiaramente un sistema a fanghi attivi, l'SBR differisce da un sistema a flusso continuo convenzionale. L'SBR è un sistema regolato nel tempo (time-oriented system) nel quale il flusso materiale, l'input energetico e il volume utile delle vasche variano a seconda di una certa strategia operativa periodica e predeterminata. Poiché si tratta di un sistema a fanghi attivi non stazionario, l'operatore può impiegare un'ampia varietà di strategie operative per selezionare e arricchire l'associazione microbica desiderata.

fig. 5

Come si può vedere dalla figura (fig. 5), ciascun reattore in un sistema SBR ha cinque modalità operative fondamentali, o periodi, ciascuno dei quali prende il nome dalla sua funzione primaria. Si tratta dei periodi di riempimento, di reazione, di sedimentazione, di estrazione e di inattività. I periodi di riempimento, nei quali i liquami contaminati vengono ricevuti e hanno inizio le reazioni, e quelli di estrazione nei quali l'effluente trattato viene scaricato, sono necessari per ciascun ciclo di un dato reattore. I periodi di reazione, durante i quali le reazioni volute vengono portate a termine, di sedimentazione, in cui i fanghi di depurazione vengono separati dall'effluente trattato, e di inattività (un periodo di inoperosità tra quelli di estrazione e riempimento) vengono inclusi o esclusi a seconda delle necessità. Per esempio, la semplice regolazione del tempo concesso per la reazione in condizioni di aerazione e per la reazione in condizioni di mescolamento controlla l'efficacia della rimozione biologica delle forme inorganiche di azoto e fosforo, il grado di rigonfiamento (bulking) dei fanghi (cioè le caratteristiche di sedimentazione della biomassa), e la rimozione dei composti organici pericolosi che si trovano negli scarichi industriali e nei percolati di discariche. L'SBR si comporta formalmente come un CMFR a volume variabile affiancato in serie da un CMBR (Irvine e Ketchum, 1988).

Reattori tubulari

fig. 6

Questa definizione include sia il reattore con flusso a pistone (PFR) sia il reattore con flusso a pistone con dispersione (PFDR). Questi reattori possono essere rappresentati semplicemente con lo schema illustrato in figura (fig. 6). In questi reattori l'HRT è definito nello stesso modo che nel CMFR, ma rappresenta il tempo di transito nel reattore. Il bilancio di massa per un PFR può essere scritto:

formula. [18]

formula

Le condizioni iniziali sono: Ci(0,z) = Fi(z) =funzione nota; quelle al contorno sono: Ci(t,0) noto; νz è la velocità nella direzione z(νz= Q/A ). Il bilancio di massa per un PFDR può essere scritto:

formula. [19]

formula

Le condizioni generali sono: Ci(0,z) = Fi(z) = funzione nota; quelle al contorno sono: Ci(t,0) e ∂Ci(t,L)/∂z noti. Le equazioni di bilancio di massa sopra riportate sono basate sull'assunzione che A, Q e Di siano costanti.

La differenza tra i due modelli sta nel coefficiente di dispersione, Di. Come si può vedere dal confronto dei modelli unidimensionali del PFR e del PFDR, il termine convettivo (che comprende la velocità νz), la velocità di formazione, le 'sorgenti' e i 'pozzi' sono uguali. Poiché il meccanismo della dispersione appare espresso come una derivata seconda, per il PFDR sono necessarie due condizioni limite, mentre ne è necessaria solo una per il PFR. Si noti che il modello per un PFR unidimensionale in condizioni stazionarie è identico a quello per un CMBR. La differenza sta nel fatto che il tempo nel PFR è il tempo di percorrenza lungo la coordinata spaziale (l'HRT) mentre nel CMBR il tempo è quello effettivo. Da questa rappresentazione riferita a un corso d'acqua si ottiene la classica equazione di Streeter-Phelps che esprime l'abbassamento del tenore di ossigeno disciolto. Va notato, inoltre, che un numero infrnito di CMFR di dimensione infinitesimale posti in serie equivale a un PFR e che un PFR con riciclo infinito equivale a un CMFR.

Poiché le condizioni di funzionamento dei PFR sono praticamente impossibili da riprodurre a causa dell'energia richiesta per l'aerazione e per il rimescolamento, e tenuto conto della necessità di controllare il rigonfiamento dei fanghi e la rimozione dei nutrienti, i progettisti solitamente utilizzano o i CMFR in serie o gli SBR al posto dei PFR. Il numero dei CMFR in serie dipende dalle necessità del sistema. Per esempio, il controllo sulle caratteristiche di sedimentazione dei fanghi può essere ottenuto con 2 vasche in serie, mentre la rimozione del fosforo biologico richiede ben 5 vasche in serie.

Sistemi per la depurazione biologica dei terreni

La depurazione biologica dei terreni contaminati con composti organici è un problema di grande interesse poiché la natura non è in grado di auto depurarsi in modo tempestivo anche quando i contaminanti da eliminare siano biodegradabili. Per poter accelerare la velocità di disinquinamento bisogna migliorare le condizioni più propizie biologicamente, in termini di disponibilità di nutrienti, di concentrazione di ossigeno, di pH e di tasso di umidità. Quando i problemi determinati da sostanze inquinanti introdotte nei terreni dall'attività umana (per esempio, metodi impropri di smaltimento, spargimenti accidentali sulla superficie o serbatoi che perdono sottoterra) vengono affrontati con determinazione, si accorcia il tempo richiesto per risanare e vengono diminuiti i costi specialmente se si utilizzano metodi biologici.

l metodi fisico-chimici per eliminare le sostanze inquinanti dal suolo comprendono di solito l'incenerimento, l'ossidazione chimica, l'estrazione con vapore, il desorbimento termico a bassa temperatura, il lavaggio del suolo. Questi metodi, tuttavia, possono essere relativamente costosi, perché il contaminante estratto o il terreno incenerito spesso devono poi essere ulteriormente trattati o smaltiti, e ciò va aggiunto al costo complessivo del trattamento. In alternativa molte sostanze inquinanti organiche possono essere facilmente biodegradate dai microbi indigeni del suolo, rendendo così possibile il biorisanamento. Il trattamento biologico è di solito l'opzione meno costosa per i suoli contaminati (EPA, 1992; 1993). Durante il biorisanamento, le sostanze inquinanti sono convertite in acqua, diossido di carbonio, biomassa e prodotti organici stabili che vengono incorporati nel materiale umico del terreno originario (umificazione). Queste reazioni biologiche possono essere promosse nel suolo (in situ) lasciandolo indisturbato o, previa escavazione, in reattori fuori terra (ex situ). Il trattamento ex situ è più costoso rispetto alle tecniche in situ, a causa del costo di movimentazione del terreno, ma permette un miglior controllo del processo e un miglior trattamento. In entrambi i casi molte delle tecnologie basate su principi biologici sono aerobiche e si fondano sullo sviluppo di metodi per fornire ossigeno alla popolazione microbica responsabile del risanamento.

Il trattamento ex situ

Le tecniche ex situ trattano la terra di scavo contaminata in bioreattori fuori terra, che permettono un controllo maggiore del processo, velocità maggiori di reazione e la distribuzione più uniforme dei reagenti, rispetto a quanto possibile con le tecniche in situo il biorisanamento ex situ avviene di solito in fase solida o in sospensione. Nel biorisanamento in fase solida, un apposito sistema spesso prende la forma di bacini confrnati (per esempio, nel cosiddetto landfarming) o di cumuli (per esempio, nelle cosiddette biopiles o soil-heaping) costituiti dal terreno contaminato. Nel landfarming l'aerazione è di solito passiva in quanto la quantità complessiva di ossigeno trasferita cresce semplicemente per incremento della superficie esposta all'atmosfera. Nelle biopile l'aria viene immessa per aerazione forzata attraverso il suolo contaminato. L'acqua viene fatta gocciolare o viene spruzzata sul terreno contaminato per ottenere un grado di umidità adatto alla bio degradazione (normalmente tra il 45% e il 65%). Le sostanze nutrienti possono essere fornite in forma solida (per esempio come fertilizzanti, letame o compost) o aggiunte in forma disciolta. Spesso ai terreni a grana fine vengono aggiunti materiali di riempimento (paglia e pezzetti di legno) in modo da aumentarne la permeabilità all'aria. L'energia consumata nel landfarming o con l'aerazione forzata è di modesta entità, e ciò rende il biorisanamento in fase solida uno dei metodi meno costosi di trattamento ex situ dei terreni contaminati. Tuttavia, l'efficacia di questo metodo è spesso limitata dalla eterogeneità insita nel sistema di rimozione delle sostanze inquinanti, dalla bassa velocità e dalla scarsa resa della biodegradazione. Nel biorisanamento in sospensione (chiamato trattamento bioslurry) la decontaminazione di terreni o fanghi inquinati è effettuata mediante l'aggiunta di acqua (di solito dal 5% al 40%) per formare una torbida acquosa, che viene poi mescolata e aerata in una vasca o in una laguna al fine di ottenere la biodegradazione delle sostanze inquinanti. Il biorisanamento in sospensione è più costoso del trattamento in fase solida a causa dell'energia necessaria a mantenere le particelle di terreno nella condizione di torbida acquosa. Tuttavia, il rimescolamento nei reattori biosluny diminuisce le resistenze di trasferimento di massa perché disperde le sacche isolate di contaminanti e rompe gli aggregati di argilla e le particelle di limo. L'omogeneizzazione facilita lo stretto contatto tra le sostanze nutrienti aggiunte, i composti inquinanti, i microrganismi e l'ossigeno. Il risultato consiste in maggiori velocità, resa e uniformità della biodegradazione dei composti inquinanti rispetto a quanto di solito si ottiene nei sistemi in fase solida. L'utilizzazione dei reattori biosluny seguita dal biorisanamento in fase solida permette di combinare i vantaggi e di minimizzare gli inconvenienti che ciascuno di questi metodi di trattamento presenta quando viene utilizzato da solo. In tali sistemi si utilizza una breve decontaminazione in sospensione, per ottenere l'omogeneizzazione, e le velocità massime di distruzione delle sostanze inquinanti e di produzione di microrganismi (Cassidy, 1995), seguita dal completamento del trattamento biologico in un sistema a fase solida (a bassa richiesta energetica).

Il trattamento in situ

Le tecniche in situ trattano il terreno contaminato sul posto togliendo l'acqua sotterranea e i gas contaminati e sostituendo li con acqua e gas non contaminati, carichi di ossigeno, nutrienti e altre sostanze necessarie alla biodegradazione degli inquinanti. A causa dei problemi di salute e di sicurezza connessi con lo spostamento di terreni contaminati, soprattutto se contaminati da materiali pericolosi, le varie autorità competenti hanno mostrato di preferire le tecnologie in situo In tali sistemi il suolo funge da bioreattore. L'erogazione di ossigeno al di sotto della superficie è il passaggio che limita la velocità dei sistemi di biorisanamento in situo Quattro tipi differenti di tecniche in situ hanno ricevuto le maggiori attenzioni: l) il biorisanamento in situ (in situ bioremediation), nel quale viene stimolata la bio degradazione delle sostanze inquinanti nella zona satura; 2) la bioventilazione (bioventing), con la quale viene stimolata la biodegradazione delle sostanze inquinanti nella zona insatura (o zona vadosa); 3) la bioinsufflazione (biosparging), nella quale viene stimolata la bio degradazione delle sostanze inquinanti sia nella zona satura sia in quella vadosa; 4) il biorisanamento intrinseco (intrinsic bioremediation), in cui le sostanze inquinanti sono lasciate a biodegradarsi nella zona satura o nella zona vadosa senza particolari interventi attivi (a eccezione dei pozzi di controllo).

l sistemi di biorisanamento in situ consistono di solito in una combinazione di pozzi per l'iniezione di acqua sotterranea (o gallerie o fossi di infiltrazione) e in uno o più pozzi per il recupero delle acque sotterranee. Nella maggior parte dei casi l'acqua sotterranea raccolta viene dapprima trattata per eliminare le sostanze inquinanti, poi arricchita con nutrienti oppure ossigeno o entrambi, e infine iniettata di nuovo. Il trattamento dell'acqua sotterranea recuperata viene di solito effettuato in unità di stripping con aria, in adsorbitori su carbone attivo, in separatori di acqua dall'olio, in bioreattori, in unità di ossidazione avanzata (per esempio con ozono), o in una loro combinazione. L'azoto e il fosforo vengono di solito forniti sotto forma di sali ammoniacali e ortofosfati. L'ossigeno normalmente viene somministrato insufflando aria o ossigeno puro nell'acqua prima di iniettarla di nuovo, oppure aggiungendo acqua ossigenata.

l sistemi di bioventilazione consistono in una serie di pozzi per l'estrazione o l'immissione di aria che si estendono attraverso la zona di contaminazione. l pozzi di estrazione sono più usati dei pozzi di iniezione poiché consentono di controllare meglio la perdita di contaminanti volatili nell'atmosfera. l nutrienti vengono di solito forniti sciogliendoli nell'acqua che viene fatta percolare sull'area contaminata. L'acqua è necessaria nella zona vadosa per evitare l'essiccamento causato dalla ventilazione. È interessante notare che questa tecnologia è derivata dai sistemi di estrazione con vapore dal suolo (SVE, Soil Vapor Extraction), in cui il principale metodo di rimozione si pensava che fosse fisico. Gli utilizzatori dei sistemi SVE non erano in grado di spiegare completamente l'effetto di risanamento che risultava maggiore di quello prevedibile in base alle sostanze inquinanti estratte. La differenza in molti casi risultò essere dovuta all'intervento di processi biologici.

La bioinsufflazione (talvolta chiamata air sparging, cioè immissione forzata di aria) è una tecnologia relativamente nuova sviluppata per superare i due processi che limitano maggiormente la velocità del biorisanamento in situ nella zona satura: la disponibilità di ossigeno e la dissoluzione di liquidi in fase non acquosa (NAPL, Non-Aqueous Phase Liquids). Nella bioinsufflazione si inietta aria sotto pressione nella zona satura per fornire l'ossigeno necessario alla bio degradazione delle sostanze inquinanti ivi presenti. Questa tecnica non solo determina una maggiore ossigenazione rispetto al biorisanamento in situ, ma favorisce la dissoluzione dei NAPL mediante l'agitazione e il rimescolamento prodotti dalle bolle d'aria insufflate. L'aumentata dissoluzione dei NAPL incrementa la biodisponibilità generale dei NAPL nella zona di saturazione. Le bolle prodotte dall'insufflazione inducono un incremento della volatilizzazione delle sostanze organiche contaminanti dalla zona satura alla zona vadosa. Per questa ragione la bioinsufflazione prevede di solito pozzi per l'estrazione di aria (cioè si combina con la bioventilazione), per il controllo dei composti organici volatili (VOC, Volatile Organic Compound).

Il biorisanamento intrinseco (talvolta chiamato biorisanamento naturale o attenuazione naturale) è un processo di correzione nel quale la concentrazione delle sostanze inquinanti nelle falde acquifere contaminate viene ridotta senza interventi progettati ad hoc o manipolazioni dell'ecosistema. Il biorisanamento intrinseco è una tecnica passiva che semplicemente sfrutta la capacità naturale dei microbi adattati a un sito di bio degradare le sostanze contaminanti. Il requisito necessario è che in una falda acquifera contaminata è presente una zona attiva dal punto di vista biologico nella quale un'associazione stabile di microrganismi indigeni si sviluppi e degradi biologicamente le sostanze contaminanti. La zona biologicamente attiva può essere aerobica o anaerobica, a seconda delle condizioni richieste dalla bio degradazione delle sostanze contaminanti. La presenza di una zona biologicamente attiva dipende dal continuo rifornimento di materiali essenziali per la crescita (nutrienti ed elettronaccettori) e si verifica in modo naturale in quel sito. Le sostanze inquinanti che attraversano la zona biologicamente attiva nelle normali condizioni di flusso in quel punto vengono consumate dai microrganismi, e ciò permette di controllare la corrente di sostanze inquinanti in modo che non si verifichi la migrazione di questa corrente fuori dal sito.

La biofiltrazione

La biofiltrazione è una tecnica per il controllo dell'inquinamento dell'aria ben consolidata in Europa, dove più di 500 installazioni sono state costruite prima del 1991 (Leson e Winer, 1991). Negli Stati Uniti un forte interesse per la biofiltrazione è cominciato durante i primi anni Novanta, anche se una viva preoccupazione per l'inquinamento dell'aria c'era già negli anni Sessanta. La crescente consapevolezza ambientalista negli Stati Uniti è stata accompagnata dall'approvazione di norme sempre più severe riguardanti l'ambiente, come si può riscontrare dall'approvazione dell'air quality act (legge sulla qualità dell'aria) del 1967, del clean air act (legge per l'aria pulita) nel 1970 e dei clean air act amendments (emendamenti alla legge per l'aria pulita) nel 1977 e nel 1990 (Brownell et al., 1998).

Il trattamento delle emissioni gassose mediante la biofiltrazione riduce i costi della depurazione e elimina i flussi secondari e di scarico; tale metodica è altrettanto efficace nella rimozione delle sostanze inquinanti biodegradabili, se non più di altre tecnologie di trattamento. La biofiltrazione è significativamente meno costosa di qualunque altra tecnologia di trattamento (Bohn, 1992). Tuttavia, molte questioni tecniche ne hanno limitato l'uso. Quattro sono i problemi comunemente riportati:

1) eccessiva crescita microbica. La biomassa prodotta in sistemi sovraccaricati o in sistemi fatti funzionare per lunghi periodi di tempo spesso ostruisce i bio filtri, provocando cammini preferenziali, cortocircuiti ed eccessiva perdita di carico attraverso il letto filtrante.

2) Inadeguato controllo dell'umidità. L'eccesso di umidità riduce le velocità di trasporto dei voe e di ossigeno, mentre un'umidità insufficiente limita l'attività microbica.

3) Inadeguato controllo del pH e dei nutrienti. Elevati o scarsi livelli di pH e un inadeguato rifornimento di nutrienti fanno diminuire o eliminano l'attività microbica.

4) Rapidi aumenti del carico di sostanze contaminanti. Variazioni rilevanti nelle caratteristiche dei gas di scarico, per esempio concentrazione di voe e VIe (Volatile Inorganic Compound, composti inorganici volatili), umidità relativa e temperatura, possono determinare carichi dinamici eccezionali che eccedono le capacità di reazione biologica.

I biofiltri sono nati più di 40 anni fa per essere utilizzati nel controllo degli odori negli impianti industriali agricoli, di lavorazione degli alimenti e di trattamento delle acque di scarico. L'uso dei biofiltri impiegati in Europa consisteva nell'insufflare l'aria maleodorante attraverso strati di terreno o mucchi di compost. In generale, la biofiltrazione implica il passaggio dei gas contaminati attraverso un mezzo solido poroso che fa da supporto a uno strato biologicamente attivo di microrganismi. Quando i gas fluiscono attraverso il mezzo poroso e vengono a contatto con il biofilm, le sostanze contaminanti si trasferiscono dalla fase gassosa alle fasi acquosa e solida (cioè il mezzo di supporto e il bio film) dove i microrganismi consumano le sostanze contaminanti proprio come operano negli impianti di trattamento biologico per le acque di scarico o per i terreni.

Le componenti fisiche fondamentali di un biofiltro sono un sistema di distribuzione delle emissioni gassose, un mezzo di supporto per la popolazione microbica e un sistema di umidificazione e drenaggio per controllare il tasso di umidità. Solitamente una soffiante forza i gas contaminati attraverso una rete di tubi forati. Questo sistema può essere umidificato in vari modi: saturando l'aria di umidità prima che essa entri nel biofiltro, cospargendo d'acqua la superficie del materiale di riempimento, aggiungendo acqua al letto filtrante con un tubo flessibile, o con una combinazione di queste tecniche. Solitamente viene predisposto anche un sistema di drenaggio per eliminare l'acqua in eccesso.

Anche se i materiali di riempimento utilizzati nei letti filtranti convenzionali sono per lo più torba e compost, è stata utilizzata un'ampia varietà di altri materiali tra i quali terra, sabbia, trucioli di legno, corteccia, segatura, carbone attivo, monoliti di ceramica, palline di ceramica, vetro sinterizzato, perline di polistirene e schiuma di poliuretano (Moe et al., 1997; Baltzis, 1998; Kinney et al., 1998). Gli additivi tipici ai materiali di riempimento comprendono agenti volumizzanti, agenti tamponanti, nutrienti e microbi. Gli agenti volumizzanti, impedendo che i letti si compattino, aumentano la loro permeabilità per una migliore distribuzione dei gas, e diminuiscono la perdita di carico lungo il letto. Tali agenti includono sfere di polistirene, perlite, vermiculite, corteccia e trucioli di legno. I tamponi regolano il pH contrastando la produzione o il consumo di ioni idrogeno che derivano dall'attività microbica. Quando viene utilizzato un materiale di supporto inorganico i nutrienti vengono aggiunti o con il materiale di riempimento prima di assemblare il biofiltro, oppure in una soluzione nutriente che viene spruzzata sul materiale di riempimento o a esso mescolata dopo la costruzione. Qualunque sia il materiale di riempimento utilizzato, esso deve possedere alcune proprietà particolari, tra cui un'elevata porosità, un'appropriata dimensione dei pori, una bassa densità e la capacità di assorbire l'acqua (Moe, 1999).

Sistemi alternativi

La biofiltrazione è stato il primo sistema utilizzato per il trattamento biologico dei gas di scarico, ma in seguito sono stati studiati molti altri procedimenti per trattare biologicamente le sostanze inquinanti in fase gassosa. Questi sistemi sono conosciuti come biofiltri percolatori, biolavatori, reattori a insufflazione di gas e reattori a membrana porosa.

Un biofiltro percolatore ha una fase liquida che scorre liberamente. In questo sistema un flusso contenente le sostanze nutrienti viene fatto continuamente ricircolare sul materiale di riempimento. l materiali di riempimento sono di solito inerti e rigidi e possono essere costituiti da ghiaia, plastica, ceramica o una varietà di altri prodotti. Un biolavatore utilizza una torre o una colonna per trasferire le sostanze inquinanti dal gas alla fase liquida che viene sottoposta a bio degradazione in un reattore separato. Alcune torri utilizzate per il trasferimento delle sostanze inquinanti sono a piatti, altre vengono riempite con materiale inerte, e alcune sono del tipo a spruzzo dove le sostanze inquinanti si trasferiscono nelle goccioline che ricadono nel flusso di gas contaminato. Un reattore a insufflazione di gas è un reattore a liquido (per esempio un CMFR) in cui avviene una intensa insufflazione di gas contaminato. Le sostanze inquinanti si trasferiscono dalla fase gassosa nella fase liquida, dove vengono bio degradate da una coltura di microrganismi che cresce in sospensione. Il reattore a membrana porosa utilizza una membrana idrofobica microporosa costituita da materiali quali il polipropilene, il polietilene o il silicone. Le sostanze inquinanti si trasferiscono attraverso la membrana dalla fase gassosa alla fase liquida, dove vengono degradate da una popolazione microbica che può crescere in sospensione (fanghi attivi) o formando un sottile strato fisso (Moe, 1999).

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