L'Italia romana delle Regiones. Regio X Venetia et Histria: Aquileia

Il Mondo dell'Archeologia (2004)

L'Italia romana delle Regiones. Regio X Venetia et Histria: Aquileia

Maria José Strazzulla
Cristiano Tiussi

Aquileia

di Maria José Strazzulla

Antica colonia di diritto latino del Friuli, fondata nel 181 a.C.; l’origine del nome, la cui terminazione -eia secondo alcuni si riconnetterebbe a suffissi celtici, è controversa.

L’interesse eminentemente strategico della fondazione della città, finalizzata alla creazione di un avamposto in una zona di frequentazione celtica, ma già considerata come parzialmente acquisita all’influenza romana, si coniuga con motivi di ordine economico, miranti alla messa in atto di nuove tecniche di risanamento territoriale e di sfruttamento agrario di recentissima sperimentazione. In entrambi i casi, di particolare importanza risultava la posizione del sito prescelto per la città, a breve distanza dal mare e a esso collegato mediante l’antico corso del fiume, il Natiso cum Turro (Natissa) che le scorreva accanto. La colonia era situata inoltre alla confluenza di antiche vie protostoriche che la collegavano alle retrostanti regioni, attraverso le quali si muoveva il commercio di materiali pregiati come l’ambra.

Discusso è l’assetto urbanistico della colonia all’atto della sua fondazione. All’ipotesi che le attribuiva una realizzazione in due fasi (la prima, del 181 a.C., con una pianta di soli 355 - 296 m; la seconda, attuata dopo l’invio di un nuovo contingente di coloni nel 169 a.C.) sembrano opporsi considerazioni di carattere generale, quali il confronto con le dimensioni delle fondazioni coloniali coeve e argomenti più specifici, quali la presenza di un modulo base costante di 120 m = 1 actus rintracciabile negli isolati, che si distribuiscono secondo un rapporto predominante 3:4 all’interno delle mura. La cinta muraria, costruita unitariamente con un nucleo cementizio di laterizi frammentari e fodera esterna di mattoni cotti, era dotata di una serie di torri, quadrate e poligonali, oltre che di una monumentale porta di accesso a corpo quadrangolare e cortile interno circolare in corrispondenza dell’ingresso nord. Due epigrafi ricordano il rifacimento di una porta da parte del quattuorviro M. Annaeus, probabilmente al momento in cui la città, nell’89 a.C., ottenne lo status di municipio.

L’abbondante documentazione archeologica relativa alla fase repubblicana si basa su un eccezionale corpus di epigrafi, che fornisce preziose informazioni sugli edifici pubblici e sui culti, sulle magistrature e sulla provenienza dei primi coloni, giunti in percentuale notevole dal Lazio (Praeneste, Aquino, Sora) e dall’area medioitalica. Le più antiche manifestazioni monumentali sono costituite da una serie di elementi architettonici lapidei e in terracotta, databili prevalentemente a partire dalla metà del II sec. a.C. Frammenti di statue fittili pertinenti alla decorazione di un frontone sono stati di recente attribuiti alla decorazione di un tempio extraurbano al Timavo, eretto nel 129 a.C. dal console Sempronio Tuditano, del quale ci è pervenuta anche parte della tabula triumphalis.

Lo studio sistematico di alcune classi dell’abbondante instrumentum domestico (lucerne, ceramica, gemme, ecc.) ha evidenziato una costante e ininterrotta crescita economica della città, destinata a toccare il proprio culmine nella seconda metà del I sec. a.C.: in tale momento essa risulta ormai dotata di numerosi edifici a carattere monumentale e di lussuose residenze private con ricchi mosaici pavimentali che si espandono oltre l’originaria cerchia muraria, nell’area compresa tra questa e il corso meridionale del fiume. Alla metà del I sec. a.C. sembrerebbe ad esempio attribuibile l’edificazione del teatro, al quale vengono solitamente riferiti alcuni sedili in trachite euganea con iscrizioni dei nomi degli esponenti della classe dirigente locale che godeva del diritto di posto fisso. L’edificio non è stato ancora localizzato con sicurezza sul terreno, ma indagini preliminari suggerirebbero di collocarlo non lontano dal foro, in un’area immediatamente extraurbana rispetto all’angolo sud-ovest delle mura repubblicane, dove sono stati ritrovati i resti di un imponente fregio dorico con raffigurazione di armi, strumenti sacrificali e nave da guerra, attribuito alla porticus post scaenam.

In età augustea non sembra verificarsi il fervore edilizio che contraddistingue altri centri della Cisalpina, probabilmente per il fatto che la struttura urbanistica della città era ormai coerentemente organizzata: gli interventi documentati si limitano ad alcune strutture extraurbane, quali i resti delle cosiddette Piccole Terme del fondo Tuzet, a sud del Natissa, nei quali è stato recentemente proposto di riconoscere una lussuosa villa della prima età imperiale, forse la residenza temporanea di Augusto. Probabilmente al medesimo periodo risale il grande, contiguo complesso, indagato alla fine degli anni Settanta del Novecento e consistente in una complessa serie di criptoportici, cortili, stanze e padiglioni, nel quale si propone di riconoscere il foro pecuario già esistente in età repubblicana, come sembra confermare anche il ritrovamento di un’aretta con dedica a Ercole.

Sempre all’età augustea sono databili due clipei marmorei di raffinatissima fattura, rinvenuti nei pressi del porto fluviale menzionato da Strabone (V, 1-8). Di esso, già sicuramente esistente in età augustea, è quindi troppo bassa la tradizionale datazione all’età claudia; oggi è ancora visibile la banchina occidentale, costituita da un marciapiede lastricato in pietra d’Istria e sormontato da un muro foderato con lastre in calcare d’Aurisina, nel quale si aprivano tre strade in direzione della città e altrettante scalinate di accesso. Nell’area retrostante sono stati individuati alcuni magazzini; recenti scavi effettuati nella zona tra il porto fluviale e il foro hanno individuato un’area di mercato con una prima fase edilizia tardorepubblicana, a cui si sovrappose in seguito un edificio degli inizi del I sec. d.C. successivamente rimaneggiato.

Il foro, nella forma architettonica che ci è pervenuta, viene solitamente datato a età severiana (fine II sec. d.C.), anche se il programma ideologico ricostruibile in base agli elementi decorativi si rifà sicuramente ai fori di Augusto e di Traiano a Roma. Le analogie con i prototipi urbani sono riscontrabili nei plinti in calcare di Aurisina che riprendono il motivo della testa di Medusa e di Giove Ammone, nei plutei con aquile ed eroti che reggono festoni, simbolo di immortalità, ma soprattutto nelle iscrizioni al genitivo incise sulla balaustra e riferibili a personaggi di particolare rilievo nella storia della città, le quali dovevano pertanto formare una sorta di galleria di uomini illustri, probabilmente corredata di statue. La collocazione di tali elementi decorativi è discussa, anche se i dati degli scavi più recenti sembrerebbero avvalorare definitivamente l’ipotesi che la balaustra fosse collocata a mo’ di attico al di sopra della trabeazione.

All’estremità nord-ovest del foro è da segnalare il ritrovamento del comizio circolare, a conferma che la piazza aveva di certo assolto alle sue funzioni civiche sin dalla fase originaria della colonia. Frutto di scavi recenti è anche il ritrovamento della basilica forense lungo il lato sud del foro, con il quale comunicava attraverso un ingresso monumentale. Divisa in tre navate e conclusa sui lati brevi da due grandi absidi contrapposte, essa costituisce un chiaro esempio di reduplicazione del modello urbano della basilica Ulpia, contraddistinta però da un’esuberanza decorativa di marca tipicamente severiana. Da menzionare infine il ritrovamento di un plinto con iscrizione Publio / Valerio / Maroni / patri Vergili, probabilmente in onore del patrigno del poeta. Accanto a queste testimonianze monumentali, l’importanza del centro nel corso del I e del II sec. d.C. è documentata dall’opulenza dei mosaici, dalla ricchezza dei monumenti funerari, dalle numerose sculture in marmo e in pietra, opera di maestranze greche e locali, oltre che dall’abbondanza dell’instrumentum, tra cui spicca l’eccezionale produzione di gemme e di ambre, a riprova dell’attivo ruolo sostenuto da A. nell’ambito dei traffici transmarini e con le province settentrionali.

A partire dal III sec. d.C. la città è coinvolta a più riprese nei gravi disordini che dissestano la vita politica dell’impero romano. Base di Marco Aurelio e Lucio Vero nel corso della guerra condotta contro Quadi e Marcomanni (168/9 d.C.), verrà in seguito fatta oggetto di assedio da parte di Massimino il Trace (238 d.C.) e di Giuliano l’Apostata (361 d.C.), per subire infine una radicale distruzione da parte di Attila (452 d.C.).

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Scoperte e acquisizioni recenti ad aquileia

di Cristiano Tiussi 

La scoperta forse più significativa dell’archeologia aquileiese nell’ultimo decennio è rappresentata dall’individuazione di un insediamento preromano nell’area immediatamente a nord del foro. Gli scavi hanno portato alla luce i resti di un abitato impostato su strutture lignee di travi e pali di rovere, con funzione di contenimento e di bonifica del terreno: datato nella sua fase più antica alla prima età del Ferro (IX sec. a.C.), esso sembra frequentato ininterrottamente fino alla fondazione della colonia latina, sebbene i resti strutturali siano meno consistenti per il periodo compreso tra IV e inizio del II sec. a.C. Il materiale ceramico e le modalità d’insediamento rivelano strette analogie con i centri del mondo venetico (cui sembra ormai da ricondurre anche l’origine del toponimo A.), e in particolare con quelli della frangia lagunare (ad es., Concordia Sagittaria).

Per quanto concerne la fase della colonia latina, un importantissimo ritrovamento epigrafico è stato effettuato nel settore ovest del foro: si tratta della base di Tito Annio Lusco, uno dei triumviri che guidarono nel 169 a.C. un nuovo contingente di coloni ad A. L’iscrizione documenta le attività legislative e istituzionali che i commissari preposti alla deduzione coloniaria erano chiamati a svolgere nei centri di nuova fondazione (o di rifondazione, come nel caso di A.), e attesta per la prima volta l’esistenza di un edificio templare affacciato sulla piazza forense, purtroppo ancora non localizzabile. La crescita della città nel II sec. a.C. è favorita anche dallo sviluppo di precoci contatti commerciali marittimi con l’Oriente mediterraneo: ne sono testimonianza i numerosi frammenti di anfore di Rodi bollate con il nome del sacerdote eponimo di Halios e con quello del fabbricante, all’interno delle quali il rinomato vino dell’isola raggiungeva il porto dell’alto Adriatico per soddisfare i gusti dei ceti elevati della società aquileiese.

All’indomani della concessione della cittadinanza romana (90 a.C.) si colloca invece la realizzazione di un mercato alimentare (macellum) a nord del foro, lungo il cardine massimo; appare evidente in questo caso la necessità di riservare al complesso forense le funzioni politiche e amministrative, spostando altrove quelle di natura più propriamente commerciale. La costruzione, a pianta quadrata con cortile interno circolare sul quale si affacciavano le botteghe radiali, è piuttosto simile, dal punto di vista planimetrico, a edifici dell’Italia centro-meridionale (Alba Fucens, Herdoniae), che tuttavia sono decisamente più tardi (II sec. d.C.).

Sebbene non sia a tutt’oggi possibile articolare la sequenza dei singoli episodi edilizi in maniera del tutto soddisfacente, i decenni compresi tra l’età cesariano-augustea e il regno degli imperatori giulio-claudi coincidono con la trasformazione in senso monumentale della città. Al teatro, ormai localizzabile con una certa sicurezza a cavaliere del tratto occidentale delle mura repubblicane, a breve distanza dal foro, si aggiunge all’inizio dell’età augustea la realizzazione della basilica civile sul lato meridionale della piazza, che è ricordata dall’iscrizione del prefetto dei fabbri C. Aratrius (oggi custodita a Este); entro il terzo quarto del I sec. d.C. sono inquadrabili la monumentalizzazione del foro, probabilmente dotato di un primo ciclo di rilievi con raffigurazioni di Giove Ammone e Medusa sul portico, la costruzione dell’anfiteatro e di parte delle nuove strutture portuali, che sembrano però completate in età flavia; in concomitanza con la demolizione di ampi tratti della cinta muraria repubblicana si registra anche una notevole espansione degli spazi residenziali.

Alla fine del I sec. d.C. la fisionomia della città è ormai ben delineata nella sua organizzazione generale e nelle sue componenti monumentali. Nei due secoli successivi sono ben pochi gli interventi a livello dell’edilizia pubblica, se si escludono il rifacimento della decorazione del portico forense dopo l’incursione dei Quadi e dei Marcomanni e la ristrutturazione completa della basilica civile in età severiana, mentre le abitazioni private mostrano una crescita qualitativa, che si riscontra soprattutto nella decorazione musiva degli ambienti più rappresentativi della casa.

Tra la fine del III e l’inizio del IV sec. d.C. si assiste a una nuova fioritura di iniziative edilizie, favorite dal clima di ripresa economica che fece di A. il centro di ampi traffici commerciali, grazie anche alla piena funzionalità del porto almeno fino all’assedio di Giuliano (361 d.C.), e dal ruolo preminente assunto dal centro altoadriatico nello scacchiere strategico-militare del confine orientale. A questo periodo si data la costruzione del circo (da taluni anticipata però alla fine del II sec. d.C.), forse in connessione con un grande complesso residenziale in cui si è voluto riconoscere il palazzo imperiale nominato in un panegirico, e la realizzazione di estesi magazzini (horrea) nella parte meridionale della città, simili per caratteristiche planimetriche e strutturali agli impianti omologhi di Milano e di Treviri. All’età di Costantino (306-337 d.C.) si fanno risalire il complesso delle Grandi Terme e un probabile nuovo mercato alimentare a est del foro, entrambi oggetto di recenti ed estensive indagini archeologiche, nel primo caso ancora in corso. Almeno fino ai decenni successivi alla metà del IV secolo, il foro continua a mantenere un ruolo centrale nella vita civica, anche attraverso un’opera di rinnovamento dell’arredo della piazza improntato al recupero del decoro urbano classico, di cui sono testimonianza anche le tre iscrizioni, di recentissimo rinvenimento, fatte apporre dal governatore della Venetia et Histria Septimius Theodulus. Rimane aperta, invece, la questione della datazione del nuovo circuito murario, che sfrutta a sud e a est la linea naturale di difesa rappresentata dal fiume Natissa e che è variamente collocato all’inizio o all’avanzato IV secolo.

Dopo il famoso editto di Costantino (313 d.C.), nel settore meridionale della città venne costruito il complesso episcopale a due aule parallele voluto dal vescovo Teodoro, che divenne, nel corso del tempo e in concomitanza con le sue ravvicinate trasformazioni architettoniche, un nuovo polo di aggregazione urbana. Intorno all’edificio di culto si disporranno, nel corso della seconda metà del IV secolo, le abitazioni più ricche (i cosiddetti “oratori cristiani”), nonché edifici a destinazione utilitaria, come i tre piccoli mercati eretti sulla sponda destra del Natissa. Alla rilevanza di A. come centro di diffusione della fede cristiana (nel 381 d.C. vi si tenne un importante concilio) si riferiscono anche le numerose chiese a destinazione principalmente martiriale o funeraria che sorsero, tra fine del IV e V secolo, fuori delle mura, a est (basilica di Monastero), a sud (basilica dei SS. Felice e Fortunato, basilica del fondo Tullio) e a sud-ovest (chiesa di S. Giovanni in Foro).

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