L'Italia romana delle Regiones. Regio VI Umbria: Bevagna

Il Mondo dell'Archeologia (2004)

L'Italia romana delle Regiones. Regio VI Umbria: Bevagna

Laura Ponzi Bonomi

Bevagna

Centro umbro e poi municipio romano (lat. Mevania), sorgeva, come la città attuale, ai margini della valle umbra alle estreme propaggini dei monti Martani, su una piccola emergenza, quasi circondata da corsi d’acqua che ne costituiscono una prima difesa naturale.

La posizione di controllo di un importante itinerario che correva sul versante occidentale dei Martani e le buone condizioni ambientali favorirono lo sviluppo dell’insediamento umano fin dalle età più antiche, che sono attestate da sporadici rinvenimenti di materiali litici e bronzei. Con l’età del Ferro avanzata, come nel resto del territorio umbro, anche in quello mevanate è attestata una realtà insediativa diffusa e stabilizzata basata su una serie di abitati di altura e luoghi di culto, organizzati secondo il modello paganico-vicano.

Tra questi abitati già nel VII sec. a.C. sembra assumere maggiore importanza quello identificato da scavi recenti sul versante settentrionale della collina di B., dove sono stati riportati alla luce resti di abitazioni, una fornace per ceramica, fosse di scarico che hanno restituito tra l’altro frammenti di ceramica di impasto buccheroide di tipo etrusco e sabino-falisco nonché un gocciolatoio di impasto a testa di felino dello stesso tipo di quelli rinvenuti a Poggio Civate di Murlo. A questo abitato è riferibile la necropoli individuata agli inizi del Novecento sullo stesso versante della città e i cui corredi sembrano strettamente affini a quelli dei coevi contesti funerari umbri. Da questo abitato arcaico si sviluppò, nel corso dei secoli successivi, il primo nucleo urbano di B. nell’area corrispondente al punto più alto della collina, compreso tra Porta Cannara, via Crescimbeni e via S. Margherita, che successivamente costituì l’acropoli del municipio. Il processo di urbanizzazione ebbe una decisa accelerazione nel periodo compreso tra il IV e il III sec. a.C. e appare completamente compiuto nel II sec. a.C., come mostrano indizi che suppliscono alle scarse notizie delle fonti antiche.

Il primo nucleo urbano, come si è detto, è da identificare nella zona settentrionale dove convergono due delle principali vie di accesso alla città: la via Flaminia e la via Perugina. L’esplicita documentazione di Plinio (Nat. hist., XXXV, 174) sulla presenza di mura di mattoni crudi, sostituite dopo la municipalizzazione da mura in opera incerta, non lascia dubbi sull’esistenza di un vero e proprio progetto urbanistico. A questa fase appartengono i resti di un tempio riportati alla luce nel 1884 nel Parco Silvestri, che mostra una fase di IV secolo come appare da frammenti di terrecotte architettoniche rinvenute recentemente, e un ninfeo, riportato alla luce in anni recenti in viale Properzio, inserito in un’area urbanizzata con opere di canalizzazione e stradali, facente parte di un’area sacra, forse dedicata a Valetudo, il cui culto è attestato da fonti epigrafiche. Da questa stessa area provengono due tesoretti monetali composti uno, rinvenuto nel 1929, da 911 denarii repubblicani compresi tra la metà del III e gli inizi del I sec. a.C. e l’altro, rinvenuto nel 1980 nel ninfeo di viale Properzio, da 234 denarii rientranti nel medesimo arco cronologico. Le necropoli mediorepubblicane erano dislocate lungo i principali assi viari.

Tra le produzioni mevaniati di età repubblicana sono da ricordare la ceramica (officine di Popilius) e le urne cinerarie in gran parte di travertino, anche se non mancano esempi di arenaria. Il tipo più diffuso è quello a forma sostanzialmente cubica, fronte liscio o decorato a rilievo, coperchio a doppio spiovente con timpano triangolare, di derivazione perugina. Un altro tipo, di dimensioni maggiori, coperchio a columen disposto nel senso della larghezza (ad es., coperchio con due grifi fiancheggianti un rosone e iscrizione umbra dell’uthur Ofedio) è di derivazione chiusina. Altri elementi importanti per la conoscenza della fase precedente la municipalizzazione sono le testimonianze epigrafiche relative a magistratura e sacerdozi che testimoniano una fase ancora autonoma della città federata in cui l’elemento umbro è ancora forte nella lingua e nelle istituzioni. Sono attestati magistrati tipicamente umbri come l’uthur (iscrizione di Ofedio), i quaestores fararii (orologio solare) e i marones. Tra i sacerdoti, importante appare la presenza di un haruspex volsiniese, carica ricoperta da un personaggio mevanate.

Subito dopo la guerra sociale B. diviene municipio ascritto alla tribù Ameria e successivamente entra a far parte della VI regio augustea. La città, il cui impianto antico è ben identificabile in quello attuale, si ingrandisce e si abbellisce. Il tessuto viario antico è quasi completamente ricostruibile: il decumanus maximus corrisponde al tratto urbano della via Flaminia, il cardo maximus è rappresentato invece dall’asse piazza Garibaldi, via Crescimbeni, via S. Margherita. Il foro è identificabile nell’area del cosiddetto Trivio. In questo schema regolare si inseriscono i resti di numerosi edifici pubblici e privati, in molti casi ancora visibili nelle cantine delle case attuali. Sono da ricordare un tempio pseudoperiptero con la cella ancora conservata, in opera listata, basi delle colonne e cornici dello stilobate di calcare, il teatro in opera laterizia di cui rimangono gli ambulacri ben conservati, le terme di cui restano tre ambienti, di cui uno con pavimento a mosaico bianco e nero raffigurante animali marini, la domus nelle vicinanze del monastero del Monte di cui rimangono tre ambienti intercomunicanti (uno, con pareti in opera reticolata e laterizia decorate con semicolonne laterizie, ha pavimento a mosaico, il secondo ha pareti di opera reticolata e il terzo ha pareti di opera laterizia, volta a botte e pavimento di opus spicatum e mosaico). Lungo corso Matteotti (tratto urbano della via Flaminia) sono stati riportati alla luce recentemente altri resti probabilmente di edifici privati (una latrina e un pavimento a mosaico in vicolo Onofri).

Di grande interesse è l’edificio conservato negli scantinati dell’ex convento dei Domenicani. Si tratta di un complesso di vari ambienti (sette in tutto) con strutture in opera mista (reticolato e laterizio), alcuni conservano la volta a botte originale. Nell’orto contiguo il complesso continua con cinque nicchioni in opera mista intervallati da semicolonne laterizie. Le strutture di questo edificio, sicuramente di carattere pubblico e con ogni probabilità collegato con un piccolo impianto portuale (i corsi d’acqua che toccano B. erano, secondo le fonti antiche, navigabili), continuano negli scantinati di alcune case di via del Girone. La città antica si estendeva con ogni probabilità nella zona settentrionale, come dimostrano i rinvenimenti di viale Properzio e via I Maggio (un complesso monumentale, sorto sull’area dell’abitato protostorico, comprendente due grandi vasche absidate e altre strutture e una rampa basolata).

La cinta muraria, di cui ampi tratti di opera vittata sono ancora visibili, risale all’età della municipalizzazione. Nella fascia immediatamente suburbana è localizzato, in località Umbersato, l’anfiteatro. Lungo le principali vie di comunicazione si sviluppavano le necropoli, come quella che si estende fuori Porta S. Agostino, in vocabolo Pilone, oggetto di recenti scavi sistematici, lungo la via Flaminia, o quella in località Colle Popo, lungo la via Perugina, nota soprattutto da iscrizioni funerarie. Sempre nell’immediata periferia sono ipotizzabili anche alcune ville suburbane (villa Mattoli, Madonna del Core, convento dell’Annunziata, loc. Sant’Antonio, Fonte Caime).

Anche il territorio, compreso tra la valle spoletina, il corso del Puglia e quello del Topino, appare intensamente abitato e numerose sono le testimonianze di ville rustiche e pagi, che testimoniano una fiorente economia agricola. Anche le attività artigianali, soprattutto quella laterizia e ceramica, dovettero essere sviluppate, almeno per tutta la tarda repubblica, mentre la possibilità di commercializzare facilmente i prodotti, grazie alla presenza di importanti arterie stradali, quali la Flaminia, e di corsi d’acqua navigabili, dette un notevole impulso all’economia della città.

Bibliografia

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