L'Europa tardoantica e medievale. Il cristianesimo nelle regioni occidentali. Il gruppo episcopale: Cornus

Il Mondo dell'Archeologia (2004)

L'Europa tardoantica e medievale. Il cristianesimo nelle regioni occidentali. Il gruppo episcopale: Cornus

Letizia Pani Ermini

Cornus

Sito archeologico della Sardegna occidentale. L’insediamento cartaginese nell’area Corchinas - Campu ’e Corra doveva essere circondato da una cinta muraria in blocchi poligonali per un perimetro di circa 6,5 km, che comprendeva l’acropoli; l’abitato doveva trovarsi nel settore occidentale, ove sono rintracciabili strutture edilizie e aree per l’agricoltura e l’allevamento.

Gli studiosi hanno proposto una sovrapposizione, almeno parziale, dell’abitato romano su quello punico unicamente sulla base della presenza in superficie di materiale ceramico romano, che però non oltrepassa il II sec. a.C., associato a quello punico, e di alcuni ritrovamenti decontestualizzati di resti scultorei ed epigrafici. Non si esclude un utilizzo in età repubblicana delle strutture precedenti, ma allo stato attuale della documentazione archeologica nulla prova che nel medesimo luogo possa trovarsi l’impianto urbano di età imperiale. Per quanto riguarda l’acquedotto, parzialmente individuato, non risulta chiaro se possa aver servito un insediamento di altura ed eventualmente in quale periodo. Al contrario, le testimonianze materiali di vita della piena età imperiale e della Tarda Antichità si localizzano nella valle e nelle pendici e sommità delle colline di minore altitudine che si estendono a nord del colle di Corchinas, al di là del Rio sa Canna, che sfocia in mare ai piedi del medesimo colle. Sulla sommità del pianoro immediatamente a nord del rio, noto con il nome di Sisiddu, di cui a più riprese erano stati asportati materiali lapidei da costruzione, fusti e basi di colonne, gli scavi di A. Taramelli hanno restituito un complesso abitativo, composto da otto ambienti costruiti con ampio uso di materiale di spoglio, tra cui un frammento di statua togata. Ancora a nord, in regione Lenaghe, sono stati rilevati i resti di un edificio termale con vari ambienti, alcuni costruiti in una rozza opera listata, altri in opera laterizia, tutti attribuiti a età tardoimperiale. Necropoli di età imperiale e tardoantica sono state rinvenute lungo l’iter costiero e nell’entroterra verso oriente, nell’area oggi circostante la chiesa medievale di S. Elena, ove i materiali associati alle sepolture indicano un uso dalla Tarda Antichità sino al primo Alto Medioevo, e in località Columbaris.

In tale località, oggetto delle indagini archeologiche iniziate nel 1955 e riprese nel 1976, la prima utilizzazione dell’area sembra legata a un impianto termale di età altoimperiale, abbandonato alla fine del III - inizi del IV secolo, quando intorno a una grande cisterna si istallò un cimitero sul quale fu costruito un primo edificio di culto mononave, con abside a nord, preceduto da un ampio avancorpo adibito, come l’edificio stesso, a uso funerario. Sul pendio orientale della collina si estese una vasta area cimiteriale, utilizzata almeno fino a tutto il VII secolo con sepolture di diversa tipologia, che ha restituito testimonianze materiali del rito funebre del refrigerium, organizzato anche con dispositivi appositi. Ai limiti meridionali della basilica funeraria un ampio spazio aperto, munito di pozzo e di forno, fungeva da raccordo fra l’area cimiteriale e gli edifici episcopali. L’aula per la sinassi, della fine del IV secolo, ha corpo longitudinale suddiviso in tre navate, abside a oriente inclusa in un muro rettilineo, affiancata da pastophoria e gradata, con cattedra episcopale, altare sormontato in origine da baldacchino, avancorpi, nartece. In connessione a essa deve essere stata costruita, nell’ambito del frigidarium del complesso termale, la vasca cruciforme per il battesimo, individuata nella struttura poligonale del più tardo battistero del VI secolo che la inglobò. Alla costruzione del primo impianto battesimale è stato riferito il testo epigrafico con dedica ai tre imperatori, che menziona lavori legati all’acqua nell’ambito di thermae aestivae quae olim squalore et... ruina conlabsae. All’inizio del VI secolo l’aula episcopale subì la totale ricostruzione del muro perimetrale nord, con il restringimento della navatella sinistra; si venne a costituire una seconda aula a pianta longitudinale, parallela e contigua alla prima, destinata al battesimo, e la stessa vasca cruciforme fu trasformata a pianta poligonale. L’aula ebbe un unico accesso dall’esterno attraverso il pastoforio settentrionale e fu messa in diretta comunicazione con l’aula della sinassi. Il battistero aveva l’abside rivolta a occidente, gradata e fiancheggiata da pastophoria: quello meridionale doveva fungere da sacrestia.

Contiguo e a sud dell’aula del battistero correva un portico, coperto a tetto, di cui è stata recuperata nel crollo parte delle tegole e dei coppi; la presenza di lettere greche incise su alcuni di essi ha consentito di attribuire la produzione fittile e la conseguente erezione o restauro della copertura al primo periodo bizantino. Il portico si affaccia su un cortile aperto intorno al quale si dispongono una serie di ambienti sinora parzialmente recuperati. Il primo sul lato orientale appartiene all’impianto funerario con funzione di spazio coperto per i refrigeria; un altro in posizione centrale può essere identificato come una torre; altri nel settore occidentale risultano destinati a servizi e ad attività artigianali: in particolare un vano ha restituito numerosi resti di materiali lapidei lavorati, nonché scarti e avanzi di lavorazione che consentono di riconoscervi una bottega di marmoraro. Sul lato meridionale il complesso edilizio è chiuso da un muro perimetrale continuo, all’esterno del quale si estende ancora l’area cimiteriale. Sembra plausibile la proposta avanzata di attribuire una parte degli ambienti individuati alla residenza episcopale. L’insula episcopalis, che raccolse intorno a sé parte dell’insediamento tardoantico e altomedievale, viene a confermare la dignità di sede vescovile assunta dalla città forse già dalla fine del IV secolo e con certezza documentata a partire dal 484. Nella prima età bizantina l’altura di Corchinas venne fortificata con una cinta ellittica, costituendo così un castrum a difesa dell’abitato secondo un modello già attestato in ambito africano e dando luogo a quel particolare dualismo insediativo che caratterizza sin dal periodo giustinianeo alcune città della Sardegna. Al momento della fortificazione castrense è possibile attribuire anche la presenza sul colle di sarcofagi di calcare e di talune deposizioni collocate nello speco dell’acquedotto.

Bibliografia

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