L'Europa tardoantica e medievale. Il cristianesimo. La vita cenobitica nelle regioni occidentali: L'abbazia

Il Mondo dell'Archeologia (2004)

L'Europa tardoantica e medievale. Il cristianesimo. La vita cenobitica nelle regioni occidentali: L'abbazia

Laura Saladino

L’abbazia

Con il termine “abbazia” si indica una fondazione monastica (benedettina, cistercense, certosina) giuridicamente autonoma e retta da un abate. Fisicamente essa è costituita da una serie di edifici strettamente funzionali alle esigenze di una comunità monastica strutturata in maniera complessa. Il passaggio da una semplice comunità cenobitica composta da pochi individui, come dovevano essere le fondazioni più antiche, a una società monastica gerarchizzata ha prodotto un incremento della complessità nell’articolazione planimetrica, soprattutto in seguito alla riforma cluniacense. Ci si limiterà dunque in questa sede alla trattazione di quegli edifici definiti dalle fonti storiche come abbazie e, come tali, aventi una particolare strutturazione planimetrica.

Numerosi sono gli studi storico-architettonici riguardanti i complessi abbaziali, ma pochi sono gli scavi svolti al loro interno, che spesso hanno interessato soltanto la chiesa abbaziale trascurando gli edifici del monastero. Poco noti sono i rapporti tra i singoli edifici e la chiesa principale, soprattutto perché rarissimi sono i resti conosciuti degli ambienti non cultuali, cioè residenziali e funzionali, del periodo delle origini e dell’Alto Medioevo. Tale assenza di dati può forse in parte dipendere dall’uso di materiale ligneo che non ha lasciato testimonianza. Nonostante la scarsità di dati, da un raffronto dei risultati delle indagini storiche e archeologiche dei singoli complessi abbaziali è comunque possibile enucleare alcune direttive comuni. Gli insediamenti monastici sorgono generalmente in luoghi già frequentati nell’antichità, anche se non è vincolante la funzione dell’insediamento preesistente, che nella maggior parte dei casi non è comunque stata individuata. Infatti, solo per Montecassino si è potuta stabilire la continuità dell’uso cultuale dell’area, con la presenza di un santuario di epoca romana precedente la fondazione monastica del VI secolo. Funzione residenziale svolgevano invece le strutture rinvenute sotto i complessi abbaziali della Novalesa (Torino) e di San Vincenzo al Volturno (Isernia). Resti di epoca imperiale sono stati riconosciuti nello scavo dell’abbaziale di Cruas, nella media valle del Rodano (Francia) e di St.-Feuillen a Fosses (Belgio), fondato nel VII secolo da monaci irlandesi, che occuparono il sito di una villa romana in uso fino al III sec. d.C. Gli scavi condotti dalla British School at Rome nel complesso abbaziale di Farfa (Rieti) hanno inoltre restituito l’area funeraria esistente alle spalle del transetto e dell’abside, probabilmente in uso già dall’età tardoantica, come testimonierebbero i frammenti di sarcofagi di quell’epoca reimpiegati nelle strutture posteriori del complesso. Sembra, dunque, che la primitiva funzione dell’area non abbia minimamente influito nella scelta dei siti al momento della fondazione.

Una generale assenza di schemi fissi nell’articolazione spaziale e planimetrica caratterizza gli insediamenti religiosi anteriori all’età carolingia, costituiti da una serie di edifici indipendenti e di dimensioni limitate, disposti senza regole prestabilite. Sia la chiesa principale, in genere mononave e monoabsidata, sia le chiese minori e gli oratori si affiancavano a cellule abitative e ambienti funzionali, talvolta all’interno di un recinto. A Montecassino s. Benedetto, proveniente da Subiaco, costruì due edifici di culto dedicati a s. Giovanni Battista e a s. Martino; nelle sue vicinanze erano le celle dei monaci e una torre (Greg. M., Dial., II, 7). Cospicui resti di una chiesa, identificata con quella di S. Martino, insieme ad altre strutture su più livelli pertinenti a edifici il cui uso è sconosciuto sono stati rinvenuti nel chiostro d’ingresso della chiesa barocca, negli scavi condotti nel dopoguerra dopo la distruzione americana del 1943. Sono state inoltre recuperate iscrizioni medievali e sepolture, nonché un lungo muro, probabilmente pertinente al primitivo impianto monastico. Al di sotto dell’altare della chiesa abbaziale sono stati ritrovati i resti di una piccola aula absidata (7,6 ™ 15,25 m) con paramento in pietra locale e laterizi di riutilizzo: l’edificio, forse preceduto da un portico, era orientato secondo un asse ruotato leggermente più a est rispetto a quello della chiesa più recente.

L’abbazia della S. Croce di Poitiers, che sorge a sud-est del gruppo episcopale, si sviluppò da un nucleo fondato tra il 552 e il 557 da Radegonda, moglie di Clotario, che vi si ritirò con un gruppo ristretto di donne. Scavi condotti nell’area del complesso hanno messo in luce le fondazioni della chiesa di S. Maria fuori le mura, edificata prima del 561 e destinata a uso funerario; i resti della chiesa della S. Croce, così denominata dalle reliquie ottenute da Radegonda stessa (Greg. Tur., Hist. Franc., IX, 4), sono stati riconosciuti sotto la chiesa abbaziale dell’XI secolo, indagata negli anni Sessanta del Novecento. Non è nota la disposizione degli edifici monastici, che sorgevano all’interno di un recinto. Scavi condotti nel 1955, 1978 e 1984 nella chiesa e nel chiostro dell’abbazia di Landeuinnoch, in Bretagna, hanno rivelato, oltre alla fase carolingia ben documentata dalle fonti, edifici preesistenti, tra cui un’aula absidata, forse riferibili a un primo impianto monastico. Le indagini svolte all’interno della chiesa abbaziale di S. Agostino a Canterbury (Kent, Gran Bretagna), hanno consentito di recuperare i resti della chiesa principale dedicata agli Apostoli, costruita alla fine del VI secolo dal re Etelberto, fuori la città romana di Durovernum. A tale edificio di culto ne vennero affiancati altri due, tra i quali a est la chiesa di S. Maria, sempre di fondazione regia (619-624); resta ancora da indagare l’impianto monastico vero e proprio.

Questa fase sopravvive più o meno invariata fino ai secoli centrali dell’Alto Medioevo: in età carolingia si assiste infatti a un rinnovamento che prevede una più organica disposizione degli edifici organizzati intorno alla chiesa abbaziale, ricostruita secondo schemi più monumentali. Documenti eccezionali quale il cosiddetto Piano di San Gallo, pergamena dei primi del IX secolo conservata nell’abbazia di San Gallo, illustrano la complessità planimetrica dell’abbazia e la sua accurata progettazione, comprensiva di ambienti non solo cultuali, ma residenziali, artigianali e di servizio disposti intorno agli spazi claustrali. Il complesso abbaziale risultava dunque essere un insediamento autonomo, con una tendenza all’autosufficienza che si perfezionò nei secoli successivi, come attesta la studiata articolazione planimetrica delle grandi abbazie d’Oltralpe, quali Cluny e la stessa San Gallo. In questo periodo sorgono molte abbazie, per iniziativa regia o per filiazione da altre comunità monastiche: basti l’esempio di Bobbio, fondata nel 612 dal monaco irlandese Colombano proveniente da Luxeuil con il consenso del re longobardo Agilulfo, che presto estese i suoi possedimenti nell’area padana e a ovest, fino alla Liguria. Attraverso le fonti scritte abbiamo un’idea del numero dei suoi edifici e delle loro funzioni, cultuali, residenziali e artigianali, ma l’entità reale delle strutture e la loro disposizione planimetrica è sconosciuta perché l’abbazia non è mai stata oggetto di indagini archeologiche. D’altronde, non sempre gli scavi sono riusciti a recuperare le fasi più antiche, sebbene fossero ben conosciute dalle fonti scritte, a causa delle modifiche, spesso radicali, intervenute nei periodi successivi, in particolare a partire dall’XI secolo. Fortunatamente non è così per tutte le fondazioni monastiche altomedievali.

Nell’abbazia della Novalesa, le indagini archeologiche sono state condotte contestualmente (1978-83) alle operazioni di restauro del complesso abbaziale dei Ss. Pietro e Andrea, fondato nella prima metà dell’VIII secolo su un’area già occupata in età romana, all’interno e all’esterno della cappella di S. Maria, intorno a quella di S. Eldrado, nel chiostro e nella chiesa abbaziale. Gli scavi nelle cappelle hanno messo in luce le fasi altomedievali e romaniche (secc. VIII e X-XIII), mentre la sostituzione completa del pavimento nella chiesa abbaziale ha permesso lo scavo dell’intera aula di culto. Le strutture evidenziate testimoniano la fase altomedievale della chiesa, a navata unica e con abside rettangolare poi sostituita da un’altra profonda e semicircolare a est, affiancata a nord da un edificio coevo annesso, forse di carattere funerario e ospitante reliquie. L’aula era preceduta da un atrio, a sua volta edificato su preesistenze che ne condizionarono l’orientamento: tale spazio aveva una definita connotazione funeraria. Del famoso cenobio farfense, in Sabina, le fonti riferiscono della rifondazione alla fine del VII secolo di Tommaso di Maurienne (Chronicon Farfense, ed. Balzani, I, p. 6), che sostituì il monastero originario, di cui rimaneva soltanto la chiesa, con il complesso destinato a godere di immunità e privilegi, sotto la protezione del duca longobardo di Spoleto prima e dei sovrani carolingi poi, protagonista del delicato equilibrio di rapporti tra questi e il papato. Per l’Alto Medioevo e il periodo successivo vi sono numerosi materiali scultorei ed epigrafici, nonché cospicui resti individuati nel corso di ripetute indagini archeologiche.

A Montecassino, la piccola aula di culto mononave attribuita al primo impianto del monastero venne sostituita dalla chiesa a tre navate dei primi anni del IX secolo, opera probabile dell’abate Gisulfo (797-817), che estese i lavori di costruzione e rifacimento a tutto il complesso monastico, il quale tuttavia è rimasto escluso dalle indagini archeologiche. Le fonti riferiscono come la chiesa di Gisulfo e gli altri edifici del monastero, tra cui la residenza dell’abate a nord della chiesa abbaziale e il refettorio e la sala capitolare a sud, subissero gravi danni a opera dei Saraceni (883) circa settanta anni dopo la loro costruzione, ma nel corso degli scavi non è stato riconosciuto nessun sostanziale intervento sulle strutture conseguente a tale distruzione. Resti di muri pertinenti a costruzioni dei secoli X-XI sono stati rinvenuti addossati alla navata laterale sinistra della chiesa abbaziale, forse pertinenti alla cappella di S. Nicola edificata dall’abate Teobaldo (1022-1035), ma tali strutture sono state seriamente compromesse dalla costruzione delle cappelle laterali del XVI secolo. A San Vincenzo al Volturno gli scavi condotti dalla British School at Rome hanno messo in luce il vasto complesso fondato nel 703 da tre monaci benedettini provenienti da Benevento, in seguito a una donazione del duca longobardo Gisulfo I. Molte delle abbazie inglesi sono sorte nell’Alto Medioevo, talvolta sui resti di più antichi nuclei monastici. Tra quelle indagate archeologicamente è l’abbazia benedettina di Glastonbury (Somerset), di cui sono ancora visibili cospicui resti, fondata nel 705 dal re Ina del Wessex, ma interamente ricostruita alla fine del XII secolo dopo un incendio. Si è visto come l’espandersi delle strutture collocate secondo un piano organico e razionale ebbe inizio nella Gallia del VII secolo, ma lo schema si diffuse rapidamente, evidentemente più consono alle esigenze della vita monastica del tempo.

A partire dall’XI secolo e per tutto il seguente, le fonti storiche e le indagini archeologiche sono concordi nel rilevare un generale rinnovamento delle strutture altomedievali e una loro monumentalizzazione. Nell’abbazia della Novalesa sono stati rinvenuti cospicui resti della fase romanica (secc. X-XII), che seguì il reinsediamento dei monaci alla fine del X secolo, dopo l’abbandono temporaneo dovuto alle incursioni dei pirati saraceni. Il primitivo impianto viene sostituito da una chiesa a tre navate divise da archi a tutto sesto sostenuti da pilastri, i cui muri perimetrali sono stati parzialmente inglobati nella posteriore chiesa settecentesca. A un momento successivo risalgono il campanile e il prolungamento a ovest della navata, quest’ultimo destinato a spazio intensivo di sepolture (inizi del XII sec.). L’uso cimiteriale dell’avancorpo cessa soltanto nel XIV secolo, mentre le prime sepolture all’interno dell’aula di culto risalgono al XV secolo. Sotto il governo dell’abate Berardo I (1047-1089), le fabbriche dell’abbazia di Farfa vengono ampiamente rinnovate, a coronamento della rinascita politica e patrimoniale iniziata già alla fine del X secolo sotto il predecessore di Berardo, Ugo, che accolse la riforma cluniacense. Nel 1071 viene consacrata la nuova basilica di Montecassino, fatta erigere dall’abate Desiderio, che si sovrappone a quella preesistente: rispetto a essa il nuovo edificio è più vasto, a tre navate sostenute da colonne, sostituite da pilastri nel XVII secolo. Gli scavi hanno riconosciuto le strutture della sacrestia e del campanile, mentre poco rimane della chiesa desideriana, già compromessa dal rifacimento settecentesco, ripristinato nel dopoguerra. Di notevole interesse storico- archeologico è la porta bronzea posta in opera da Oderisio, successore di Desiderio, con l’elenco delle proprietà cassinesi. Una riedificazione totale è stata rilevata anche per il complesso monastico di San Vincenzo al Volturno, che nel 1055 fu rinnovato interamente, prima del suo definitivo spostamento nel sito dove si trova tuttora, prossimo a quello originario.

Consistenti trasformazioni secondo le nuove norme si osservano a Cluny, dove viene riedificata la chiesa abbaziale, consacrata nel 1130, a cinque navate, doppio transetto e grande coro radiale, e sono ampliati molti degli edifici del monastero, rendendo possibile ospitare più di mille monaci. Le abbazie di nuova fondazione, quelle cistercensi e certosine, nascono già con un impianto progettuale complesso, più rigido e modulare per le prime e più libero per le seconde, secondo schemi che ormai sono imprescindibili dall’ordinamento che regola le singole comunità monastiche. Molte sono le abbazie cistercensi sorte ex novo in Inghilterra. Le indagini archeologiche svolte recentemente all’interno di alcune di esse rivelano interessanti particolari sugli ambienti periferici dei complessi abbaziali, immediatamente all’interno dei vasti recinti che delimitavano la proprietà monastica. A Fountains Abbey (Yorkshire), fondata nel 1132, nel cortile esterno, a ovest del monastero, sono stati rinvenuti alcuni ambienti con funzione artigianale, tra cui un edificio dove si producevano tessuti di lana; fornaci per la lavorazione dei metalli sono invece state scavate nell’abbazia di Tintern nel Galles del Sud, edificata nel 1131.

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