L'Europa tardoantica e medievale. I territori entro i confini dell'Impero. L'Italia: Napoli

Il Mondo dell'Archeologia (2004)

L'Europa tardoantica e medievale. I territori entro i confini dell'Impero. L'Italia: Napoli

Paul Arthur

Napoli

Una delle poche città dell’Italia meridionale oggetto di un’attività di scavo archeologico sistematica e continua a partire dagli anni Ottanta del Novecento.

Le testimonianze attestano che, nonostante le alterne fortune politiche ed economiche del centro, una continuità di vita di alcune strutture e fenomeni urbani negli stessi secoli in cui molte altre città dell’Italia meridionale vengono abbandonate o risultano, sostanzialmente, declassate. La quantità e qualità delle evidenze archeologiche mostrano la trasformazione di N. da una delle tante città romane in Campania, a una città-stato che è riuscita a mantenere il predominio nel Meridione fino ad almeno l’Unità d’Italia per molti secoli. Già durante il V secolo, N. sembra prevalere, come importanza, sulla grande città di Puteoli, centro portuale svantaggiato sia per la mancanza di mura urbiche, sia per episodi di bradisismo che sembrano aver coinvolto gran parte del litorale flegreo. Scavi presso l’insula romana di Vico Carminiello ai Mannesi, a poca distanza dal duomo, hanno messo in luce uno spaccato di vita cittadina. L’abbandono delle strutture di prima età imperiale durante il corso del V secolo, è stato seguito da una sistematica spoliazione e dal riutilizzo di alcuni ambienti come calcara. In una fontana in disuso sono state rinvenute sette sepolture di bambini, morti probabilmente durante un’epidemia nel VI o VII secolo e sepolti “frettolosamente”, mentre nelle fogne occluse sono state trovate le ossa di ratti neri, i portatori della peste. Infatti, uno dei risultati più importanti dello scavo è stata proprio la raccolta di circa 15.000 reperti faunistici, permettendo il più completo studio sull’apporto degli animali nella vita di una città meridionale a cavallo tra Tarda Antichità e primo Medioevo. Non meno significativo è stato il recupero di un’ingente quantità di ceramiche databile tra il V e il VII secolo. Sommate alle ceramiche rinvenute nello scavo del complesso monastico dei Ss. Nicandro e Marciano (cantiere di S. Patrizia), forniscono una visione sia dei contatti commerciali della città, sia dello sviluppo delle manifatture locali, attraverso una buona parte dell’Alto Medioevo. Nonostante il declino delle industrie ceramistiche tardoantiche e la contrazione dei rapporti commerciali, il materiale ceramico proveniente da N. dimostra, da un lato, la continuità di un alto livello di artigianato e, dall’altro, continui sebbene affievoliti rapporti con il mondo bizantino e con Roma. Non è affatto sorprendente che i materiali archeologici provenienti da S. Patrizia rispecchino, in miniatura, quello che è emerso dagli scavi romani alla Crypta Balbi.

N. sembra ricoprire un ruolo di “centro direzionale” nella politica bizantina da Giustiniano in poi, testimoniato sia dalle importazioni per tutto il VI e VII secolo, sia dal ripristino, più volte, delle sue fortificazioni. Mentre un intervento sulle mura è databile, da un’epigrafe, al periodo di Valentiniano III, chiaramente in risposta alla minaccia dei Vandali dal Nord Africa, la scoperta, molti anni fa, di una torre pentagonale presso corso Umberto, sembra testimoniare un miglioramento delle difese durante la guerra greco-gotica o poco dopo. È anche in questo periodo che vengono abbandonati alcune aree suburbane, comprese le terme romane a S. Chiara, e un altro edificio con terme, a S. Maria la Nova. Gli scavi di quest’ultimo hanno, infatti, restituito sepolture del VI o VII secolo, inserite in strati di scarico all’interno dell’edificio. Ma se da un lato si può evincere un degrado di alcune strutture urbane, è anche durante il corso del V e VI secolo che vengono costruite alcune delle chiese più importanti della città, fra cui S. Maria Maggiore, S. Giovanni Maggiore, S. Giorgio Maggiore e S. Lorenzo Maggiore, da aggiungere al complesso episcopale sviluppatosi attorno a S. Restituta. A S. Maria Maggiore, detta la Pietrasanta per il campanile del XII secolo, realizzato con l’impiego di laterizi romani, gli scavi hanno restituito ulteriori evidenze per il degrado di un’insula romana e la conversione, nel 533, delle strutture antiche in chiesa con mosaici parietali policromi. Nell’area absidale di S. Giovanni Maggiore, invece, sono state rinvenute tracce del suo originale pavimento in opus sectile e brandelli di affreschi altomedievali all’interno degli archi del deambulatorio. Presso S. Lorenzo Maggiore è documentata la conversione di parte dell’area forense in area ecclesiastica, con sepolture in file dinanzi alla chiesa e un altro cimitero, meno organizzato, all’interno del vetusto macellum.

Appena fuori città, sul fianco della collina di Capodimonte, insistono le catacombe di S. Gennaro. Esse presentano una ricca serie di sepolture riferibili a tutto il periodo altomedievale, nonché una serie di cappelle funerarie con affreschi e mosaici parietali, compreso il famoso arcosolio di Quodvultdeus, vescovo di Cartagine, fuggito dinanzi alla conquista vandala del Nord Africa. Pochi edifici sono noti per l’età altomedievale, quando, comunque, grande riuso venne fatto di quelli di età romana imperiale. Gli scavi di S. Patrizia hanno portato alla luce un ambiente rettangolare, databile intorno all’VIII secolo, diviso in due navate da pilastri centrali, probabilmente facente parte di una struttura monastica. A Carminiello ai Mannesi, invece, gli ambienti con volte di età romana, parzialmente riempiti di scarichi, sono stati riutilizzati con nuove aperture realizzate attraverso lo sfondamento delle pareti originali. Vari altri scavi hanno restituito evidenze per depositi di dark earth, con tutta probabilità terreni depositati appositamente all’interno della città per innalzare i livelli d’uso, a testimonianza di un incremento di attività agricola in alcune aree urbane non più abitate.

Le evidenze archeologiche relative al periodo bassomedievale sono quelle meno conosciute. Di particolare rilievo sono, comunque, i lavori condotti sulle ceramiche, a partire dal convegno di S. Lorenzo Maggiore (1980), in cui sono stati presentati i rinvenimenti effettuati durante gli scavi presso il convento omonimo. Con il rinvenimento di bacini invetriati al piombo presso gli scavi nel complesso di S. Patrizia e lo studio di simili bacini esportati a Pisa e rinvenuti impiegati nell’abbellimento delle facciate di alcune chiese, si è evidenziato un certo predominio della produzione locale di ceramiche nel XII secolo, fortemente influenzata dai crescenti contatti con il mondo normanno- siculo-maghrebino. Nel corso del XIII secolo compare anche la locale produzione di ceramiche invetriate policrome. Dei pochi monumenti di età tardomedievale analizzati, di particolare interesse è l’identificazione di un complesso termale a due vani, ancora sostanzialmente integro, probabilmente perché reimpiegato, a partire dal 1313, all’interno del complesso monastico di S. Chiara. Tale complesso è forse databile intorno al Mille e alcuni particolari costruttivi del suo impianto sembrano rimandare a tradizioni architettoniche riscontrabili fra le terme islamiche.

Nel 1997, si sono svolti i primi scavi stratigrafici all’interno del Maschio Angioino, nell’area della Sala dei Baroni, immediatamente a nord della cappella palatina. A parte le importanti testimonianze materiali, compreso il rinvenimento di frammenti di affresco della bottega di Giotto, è stato individuato un cimitero, verosimilmente appartenente alla corte o familia di Carlo I d’Angiò, o comunque probabilmente anteriore alla realizzazione della cappella palatina intorno al 1307-1310, o alla sua ridecorazione sotto Roberto d’Angiò tra il 1329 e il 1333. Fra i pochi oggetti di corredo sono stati rinvenuti alcuni speroni a brocco di bronzo, con felino rampante sulle placchette mobili, di un tipo che diventa tipico verso la fine del XIII secolo e che difficilmente sopravvive dopo la metà del secolo successivo. Sia il castello angioino, come anche Castel dell’Ovo e numerose chiese e palazzi richiedono ancora lavori di analisi delle architetture e stratigrafie degli alzati. L’architettura “povera” è, infine, testimoniata da scavi condotti presso S. Maria d’Anglona - vico della Serpe. Al di sopra di strati di dark earth altomedievali sono state individuate due case, di cui una, almeno, dotata di due piani.

Bibliografia

A. Prandi (ed.), L’art dans l’Italie Méridionale. Aggiornamento dell’opera di Emile Bertaux, I-IV, Roma 1978.

M.V. Fontana - G. Ventrone Vassallo (edd.), Atti del Convegno “La ceramica medievale di San Lorenzo maggiore in Napoli nel quadro della produzione dell’Italia centro-meridionale e i suoi rapporti con la ceramica islamica” (Napoli, 25-27 giugno 1980), Napoli 1984.

E. Pozzi (ed.), Napoli Antica, Napoli 1985.

P. Arthur, Naples: a Case of Urban Survival in the Early Middle Ages?, in MEFRM, 103, 2 (1991), pp. 759-84.

G. Pugliese Carratelli (ed.), Storia e Civiltà della Campania. Il Medioevo, Napoli 1993.

P. Arthur (ed.), Il complesso archeologico di Carminiello ai Mannesi, Napoli (scavi 1983-1984), Galatina 1994.

A. Feniello, Napoli normanno-sveva, Roma 1995.

E. Zanini, Le Italie Bizantine. Territorio, insediamenti ed economia nella provincia bizantina d’Italia (VI-VII secolo), Bari 1998.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

CATEGORIE