L'Europa tardoantica e medievale. I Longobardi: Benevento

Il Mondo dell'Archeologia (2004)

L'Europa tardoantica e medievale. I Longobardi: Benevento

Marcello Rotili

Benevento

Scelta dai Longobardi come sede del loro esteso ducato meridionale istituito intorno al 576, la città nel 774, con il crollo del regno di Pavia, divenne il principale centro dell’Italia longobarda.

Dopo la divisio ducatus dell’849 e la costituzione del principato di Salerno, rimase capoluogo di uno Stato la cui estensione andò riducendosi con il procedere della riconquista bizantina. Dopo l’arrivo dei Normanni, a seguito del trattato di Ceprano del 1080 B. entrò a fare parte, con un piccolo territorio, del patrimonio della Chiesa, cui apparteneva di fatto dal 1051. Nel Medioevo rimase sostanzialmente invariato il sistema di accesso: la via Appia entrava in città attraverso il pons leprosus; la Latina raggiungeva l’area del foro e della cattedrale dopo aver superato il fiume Calore grazie al ponte che fu detto “di S. Onofrio” dal nome di un vicino monastero; la via proveniente dall’alto Sannio entrava in città dopo aver raggiunto la pianura di contrada Cellarulo, presso la confluenza del Sabato nel Calore, attraverso il pons maior su quest’ultimo fiume. Per gran parte del loro tratto urbano, le arterie ricordate si identificavano con la platea puplica maior delle fonti medievali, corrispondente al decumanus maximus della struttura pianificata di età romana e alla via Magistrale di età moderna.

Dopo l’arrivo dei Longobardi proseguì la trasformazione, avviata da tempo, della città antica che era stata devastata nel 545 da Totila, distruttore, secondo Procopio di Cesarea (Bell. Goth., III, 6), delle mura urbiche. Entro gli inizi del VII secolo venne restaurata la recinzione di impianto tardoantico la cui realizzazione, dopo il terremoto del 346, aveva comportato l’esclusione e la conseguente ruralizzazione dell’area occidentale del centro romano, nella quale strutture urbane ed edifici importanti come l’anfiteatro erano stati abbandonati per lo spopolamento e per il decadimento delle opere civili. Un parziale recupero di quest’area fu attuato da Arechi II con la costruzione della civitas nova, promossa entro il 774 per esigenze difensive e di rinnovamento urbanistico. Sebbene conservata solo parzialmente a causa dei danni ripetutamente subiti e dei conseguenti restauri, la cinta muraria con torri e porte connota il centro medievale, arroccato essenzialmente sul Colle della Guardia. Elementi significativi del panorama edilizio furono i quartieri degli adalingi e arimanni longobardi, la curs ducis, insediata sin dal VI secolo nel praetorium romano e ricordata dal toponimo planum curiae, il sacrum palatium, costruito da Arechi II nell’ambito della residenza ducale. Ad Arechi si deve anche la fondazione di S. Sofia, santuario della nazione longobarda beneventana, oltre che del principe e sacrario della sua stirpe. Costruito dal 758 al 760, l’edificio spicca per la sua forma stellare e per il tetto a capanna, particolarità che lo hanno fatto considerare, con le altre caratteristiche costruttive, imitazione in muratura della tenda del capo e quindi come il simbolo del suo potere.

Tra le chiese e i monasteri che contribuirono a formare il panorama edilizio della città si ricordano il cenobio femminile annesso da Arechi a S. Sofia, i monasteri di S. Salvatore e di S. Maria di Porta Somma, quelli di S. Vittorino e di S. Eufemia, esistente già alla fine dell’VIII secolo, i cenobi dedicati a s. Paolo e a s. Adeodato, attestati nel 774 e nel 981, il monastero di S. Giovanni a Port’Aurea, risalente almeno ad Arechi II, la chiesa di S. Costanzo. Nella civitas nova si registrano l’“ecclesia S. Nicolay Turris Paganae”, presso l’omonima torre, la chiesa di S. Modesto, costruita tra il 758 e il 774, cui venne annesso entro l’852 un cenobio maschile, il monastero dei Ss. Lupolo e Zosimo, le chiese dei Ss. Filippo e Giacomo, di S. Tecla e di S. Secondino ricordate per la prima volta nel 991, nel 1022 e nel 1053 e due chiese attestanti mestieri: S. Nazzaro de lutifiguli e S. Giovanni de fabricatoribus. Fuori città, lungo la via Traiana erano la chiesa di S. Ilario a Port’Aurea e il monastero di S. Sofia a Ponticello, mentre lungo l’Appia sorgevano il monastero femminile di S. Pietro fuori le mura, fondato da Teodorada, consorte di Romualdo I e la chiesa di S. Cosma; le chiese dei Ss. Quaranta e di S. Lorenzo erano fuori porta S. Lorenzo. La chiesa madre, dedicata a s. Maria, fu costruita entro la fine del IV secolo nell’area del foro, che più tardi avrebbe accolto la basilica di S. Bartolomeo apostolo de Episcopio e il monastero di S. Pietro de monachabus. Nell’età di Arechi II la cattedrale fu restaurata e nuovamente consacrata dal vescovo Davide (782-796); al tempo del principe Sicone (812-832) la chiesa dall’impianto a croce latina e a tre navate con una sola abside fu rinnovata e la cripta, ubicata sotto il presbiterio, fu ornata da affreschi che rappresentarono le storie di s. Barbato, il vescovo beneventano che nel 663 aveva promosso la conversione dei Longobardi.

La città altomedievale non era priva di case-torri e di strutture abitative di consistenza notevole, come i numerosi pontili; tra quelli superstiti si segnalano il cosiddetto “arco di S. Gennaro” e i pontili di via F. Pacca. Le case in muratura potevano essere terraneae o solariatae, molto di rado erano dotate di servizi, documentati più di frequente in relazione ai monasteri. La mancanza di bagni era peraltro surrogata dall’esistenza di quelli pubblici, cui si riferisce il testo delle leggi di Arechi II (MGH, LL, IV, 1868, p. 209) nel ricordare le vedove che li frequentavano; è possibile che si sia trattato di bagni antichi rimasti in attività. Il riuso di strutture di età classica per scopo abitativo, sicuro nel caso del teatro, riguardò anche le superstiti insulae della città romana e altri edifici. Le case fabritae solariatae avevano la scala in muratura all’esterno; testimonianze di edilizia minore sono offerte dalle case in legno, anche solariatae, da cellarii e casaleni. Nel Medioevo la viabilità urbana fu integrata da nuovi percorsi privi della regolarità che aveva caratterizzato le strade antiche; sono attestate trasendae, strictolae e platee, termine, quest’ultimo, con il quale cominciano a essere designate anche le piazze.

Dopo il Mille l’insediamento degli Ordini mendicanti è documentato dal convento di S. Francesco, costruito in forme gotiche intorno al 1243, e dal complesso domenicano, sorto dopo il 1268 ma ristrutturato a seguito del terremoto del 1688. I numerosi resti di abitazioni con portali e pontili a sesto acuto documentano l’ampiezza e la qualità degli interventi svolti in prosieguo dell’opera intrapresa con  la rinnovazione della cattedrale, compiuta tra il 1114 e gli inizi del XIII secolo, e con i lavori avviati all’indomani del terremoto del 1125. Modificando la cattedrale tardoantica rinnovata nell’VIII e nel IX secolo, Landolfo della Greca costruì una chiesa a cinque navate, nelle cui vicinanze fu eretta la basilica dedicata a s. Bartolomeo. Coevo alla cattedrale è il chiostro di S. Sofia, strutturato su una trifora e su 15 quadrifore formate da archi moreschi. L’edilizia di età gotica trova la più efficace espressione nella Rocca dei Rettori pontifici, fatta costruire da Giovanni XXII e Benedetto XII a partire dal 1321.

Bibliografia

M. Rotili, La diocesi di Benevento, in Corpus della scultura altomedievale, V, Spoleto 1966.

A. Rusconi, La chiesa di S. Sofia di Benevento, in CARB XIV (1967), pp. 339-59.

M. Rotili, La necropoli longobarda di Benevento, Napoli 1977.

Id., Rinvenimenti longobardi dell’Italia meridionale, in Studi di storia dell’arte in memoria di Mario Rotili, Napoli 1984, pp. 77-108.

Id., Benevento romana e longobarda. L’immagine urbana, Napoli 1986.

Id., s.v. Benevento, in EAM, III, 1992, pp. 370-78.

CATEGORIE