L'Asia islamica. Asia Centrale

Il Mondo dell'Archeologia (2005)

L'Asia islamica. Asia Centrale

Elizaveta G. Nekrasova
Nina B. Nemceva
Carlo Lippolis

Asia centrale

di Elizaveta G. Nekrasova

Il termine geografico Asia Centrale è entrato in uso dopo la suddivisione della parte meridionale dell'Asia ex sovietica, precedentemente nota come Turkestan, in diverse unità nazionali, nel 1924, e include le attuali repubbliche del Turkmenistan, Uzbekistan, Tajikistan, Kirghizistan, la parte meridionale e sud-orientale del Kazakhstan (quest'ultima nota come Semireč´e). La regione è delimitata a ovest dal Mar Caspio, a nord dalle steppe del Kazakhstan, a est confina con la Cina e a sud con l'Afghanistan e l'Iran. Il periodo islamico copre un arco cronologico molto prolungato, dalla conquista (VIII sec.) al primo quarto del XX secolo. In questa parte dell'Asia l'archeologia islamica ha al suo attivo indagini in siti urbani, datati tra l'VIII e il XV secolo, e lo studio di singoli monumenti architettonici, per il periodo successivo (XV-XX sec.).

La ricerca archeologica ebbe inizio già nell'Ottocento, tuttavia l'introduzione di metodi scientifici risale alla metà degli anni Venti del Novecento. Una delle principali difficoltà delle indagini nei centri urbani della regione è costituita dalla plurisecolare continuità di vita di molte città, che ha comportato la distruzione o la profonda alterazione degli strati culturali delle epoche più antiche.

Le città del periodo islamico si svilupparono in molti casi da centri urbani o da insediamenti non fortificati preesistenti o ancora da castelli (ad es., Asbanikat, nell'odierno villaggio di Karabulak, nel Ferghana sud-occidentale, e Kuyruk Tobe, l'antica Keder, nel Kazakhstan meridionale). Alla vigilia della conquista islamica il territorio dell'Asia Centrale era suddiviso in una moltitudine di piccoli principati: ciascuno aveva un capoluogo costituito da ark (pers. arg, la cittadella, sede dell'autorità politica), šahristān (la città bassa) e rabāḍ (il suburbio). La conquista militare e l'islamizzazione delle terre assoggettate richiesero un secolo. Inizialmente diverse città furono distrutte e si verificò un temporaneo spopolamento: se ne ha testimonianza, ad esempio, a Penjikent, nell'antica Sogdiana (oggi in Tajikistan). Caduta in mano ai musulmani nel 722, la città fu in parte abbandonata e cominciò a ripopolarsi dopo 20-30 anni. In questo intervallo di tempo, tuttavia, la struttura urbana aveva subito delle trasformazioni. La cittadella era stata convertita in caserma della guarnigione islamica, i templi avevano cessato di funzionare, nelle residenze aristocratiche furono distrutti i santuari domestici e danneggiati dipinti murali figurati, la necropoli preislamica venne abbandonata e comparvero le prime sepolture islamiche.

Nel periodo del consolidamento e della centralizzazione del potere (fine VIII-X sec.), durante il quale l'Asia Centrale entra a far parte del califfato e, successivamente, in epoca samanide, si assiste a una sensibile crescita delle città preislamiche. In genere si constata un'espansione dello šahristān verso il suburbio, ma a volte, nei casi in cui la cittadella e la città bassa siano state abbandonate, il nuovo centro urbano si sviluppa nel precedente suburbio. Il picco massimo dell'urbanizzazione sembra si tocchi nel Chach-Ilak (regione della od. Tashkent), con 45 città, in genere connesse con la produzione metallurgica, grazie alla presenza di miniere d'oro e, soprattutto, d'argento. Tra queste si ricordano, nell'area di Tashkent, Benaket, la più grande (350 ha), Shahjuvar Tepe, sviluppatasi da una base mineraria, e Binket (Tashkent vecchia). Anche nelle altre regioni dell'Asia Centrale città di grande e media estensione conoscono il massimo rigoglio nel X-XI secolo: Burana e Navaket (Krasnaja Rečka) nel Semireč´e, Altin Tepe nella valle del Kashka Darya, Chaghanian (con superficie totale di 600 ha) nella valle del Vakhsh (Tajikistan meridionale), Serakhs (120 ha) nell'antica Parthiene (Turkmenistan meridionale), Paykend nell'oasi di Bukhara (Uzbekistan).

Nelle città compaiono tipologie architettoniche legate alla nuova ideologia; in luogo dei templi zoroastriani e delle chiese vengono costruite moschee (di quartiere, muṣallā [recinti per pregare] e congregazionali), sorgono scuole (madrasa) e gli antichi luoghi di culto vengono islamizzati. Nelle descrizioni dei geografi del X secolo (al-Istakhri, al-Muqaddasi) sono menzionate oltre 300 città nel territorio dell'Asia Centrale, molte delle quali sono state individuate dagli archeologi.

Nell'XI e XII secolo, quando l'Asia Centrale è divisa tra i regni di dinastie diverse (Qarakhanidi, Selgiuchidi e Khwarazmshah) lo sviluppo delle città subisce un rallentamento. Tra la fine del XII secolo e gli inizi del XIII in alcune regioni la vita urbana entra in declino per cause diverse, tra le più importanti la crisi dell'approvvigionamento idrico (ad es., nella parte occidentale dell'oasi di Bukhara) ed eventi politici, come la distruzione delle città dell'area di Tashkent e del Ferghana, ordinata dal Khwarazmshah Muhammad (1200-1231) qualche anno prima dell'invasione mongola, con conseguente migrazione dei loro abitanti in altri centri.

La diffusione dell'Islam nelle città del Kazakhstan meridionale e sud-orientale, regione che non era stata inglobata dal califfato, ebbe inizio con la conquista samanide. Il massimo sviluppo di questi centri (in particolare Taraz e Otrar) si registra tra il X e il XII secolo. In quei secoli si sviluppa il cimitero e complesso cultuale nel territorio della città di Yasy (od. Turkestan, nel Kazakhstan meridionale), divenuto mazār ("tomba venerata") dopo che vi fu inumato il predicatore ṣūfī Khwaja Ahmad Yasavi (m. 1166); il prestigio e il carattere monumentale di questa importante meta di pellegrinaggio si accrebbero ulteriormente in epoca timuride.

Un colpo mortale alla crescita e alla cultura delle città centroasiatiche fu inferto, agli inizi del XIII secolo, dall'invasione mongola. In capo a due anni furono rasi al suolo centri urbani e villaggi, i loro abitanti uccisi o ridotti in schiavitù, fu vietata la ricostruzione delle cinte murarie e delle porte di città, furono distrutti i sistemi di irrigazione artificiale e le infrastrutture agricole. Molte città furono letteralmente cancellate, in altre la vita riprese molto lentamente. A Samarcanda e a Bukhara ancora negli anni Trenta del XIV secolo molti edifici erano in rovina; solo alcuni settori dello šahristān e del suburbio erano popolati.

Durante la dominazione mongola la parte orientale dell'Asia Centrale entrò a far parte dell'ulus Chaghatay (uno dei quattro regni in cui Gengiz Khan ben presto aveva ripartito il suo impero), quella occidentale (il Khwarazm e parte dell'attuale Turkmenistan) all'ulus Giuci. In quest'ultimo potentato, che ebbe come capitale l'attuale Kunya Urgench (l'antica Gurganǧ), la più fiorente città dell'Asia Centrale dell'epoca, lo sviluppo di città e villaggi fu più intenso. A Urgench sono state scoperte le rovine di una moschea e di un minareto (XI sec.), mausolei, botteghe e il portale d'ingresso di un caravanserraglio (XIV sec.).

Caratteristica delle nuove città è l'assenza di fortificazioni (Shaherlik, Shemaha Kala e altre). Nell'ulus Chaghatay le antiche città risorsero nel sito che occupavano in precedenza o furono trasferite in un'altra area. Ad esempio, Termez fu ricostruita a nord-est della città pre-mongola, e di questa era quattro volte più estesa, ma priva di fortificazioni come pure di limiti territoriali ben definiti.

Durante il regno di Timur (Tamerlano) e dei suoi successori (seconda metà del XIV-XV sec.) l'attività architettonica ricevette un notevole impulso, particolarmente consistente a Samarcanda e a Shahr-i Sabz, capitale della stirpe mongola dei Barlas, dalla quale lo stesso Timur discendeva. In diverse regioni dell'Asia Centrale, oltre a edifici pubblici, furono ampliati gli antichi ḫānqā e mausolei nei luoghi di sepoltura di santi ṣūfī, importanti mete di pellegrinaggio, e se ne costruirono di nuovi, spesso nella forma di grandi complessi cultuali, a Termez (Hakim al-Tirmizi, Sultan Saodat, Kirk Kiz), Tashkent (Zengi Ata), a Samarcanda (Gur-i Amir, Shah-i Zinda, Khwaja Ahrar e altri) e nella città di Turkestan (Khwaja Ahmad Yasavi).

Nel XVI secolo, con la dinastia uzbeka degli Shaybanidi, ma anche nel XVII, con l'ascesa degli Astrakhanidi, si continuò a dedicare grande impegno all'attività edilizia a Bukhara e a Samarcanda, ma anche a Tashkent e in altri centri, così pure nel secolo successivo. Grazie alla crescente influenza del sufismo sulla vita politica del Paese furono ingranditi i vecchi centri di culto con necropoli annesse e se ne fondarono di nuovi, sia nelle città sia nel loro circondario (a Bukhara: Baha al-din, Chor Bakr, Hazrat-i Imam; a Kermin: Qasim Shah; presso Samarcanda: Makhdum-i Azam). La crisi politica ed economica del XVIII secolo, causata da conflitti intestini, da aggressioni da parte di gruppi nomadi e altri fattori, ebbe gravi conseguenze per diverse città. Ne furono colpite soprattutto Khiva e Samarcanda, ma anche Termez che, in gran parte distrutta, continuò a essere abitata solo nell'area all'interno delle fortificazioni antiche, punto strategico su un importante attraversamento dell'Amu Darya. Tra la fine del XVIII secolo e nel corso del XIX, l'intera regione era divisa tra i tre khanati di Bukhara, Khiva e Kokand; in questo periodo riprese slancio l'attività architettonica, per lo meno nelle città capitali. Alla fine del XIX - inizi del XX secolo parte di questo territorio fu annessa all'impero russo; fu inoltre imposto il protettorato russo al khanato di Bukhara. In quest'epoca l'urbanesimo ricevette un nuovo impulso, sia con la nascita di nuove città ‒ Nuova Bukhara (od. Kagan), Skobelev (od. Ferghana), Petro-Aleksandrovsk (od. Turtkul) e altre ‒ sia con la costruzione di quartieri russi nelle città antiche (Tashkent, Samarcanda, Kokand, Margelan, ecc.); in generale, in tutti i centri urbani compaiono edifici di tipica architettura russa, pur con elementi orientali, mentre nella decorazione degli edifici tradizionali (madrasa, abitazioni, palazzi ecc.) si fa ricorso a elementi stilistici propri dell'architettura russa.

Bibliografia

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Bukhara

di Elizaveta G. Nekrasova

Importante città mercantile e centro politico dell'Asia Centrale sia nell'antichità sia nel Medio Evo, B. si sviluppò sul basso corso dello Zerafshan (l'antico Masif o Kuhek), accanto a uno dei più importanti rami di questo corso d'acqua e per oltre due millenni ha occupato il medesimo sito. Questo fattore, insieme con l'elevata densità abitativa della città e la presenza di falde di acqua mineralizzata in livelli relativamente superficiali, pone notevoli difficoltà alla ricerca archeologica.

Alle prime indagini condotte da V.A. Šiškin nel 1934-35, ma limitate alla moschea Magok-i Attari (XII sec.), sono seguite (1950-99) le attività dell'Istituto di Restauro del Ministero della Cultura dell'Uzbekistan, che hanno visto impegnati archeologi uzbeki e russi (in particolare A.R. Muchamedžanov, Dž.K. Mirzaachmedov ed E.G. Nekrasova, che dal 1975 dirige le attività archeologiche nella città); saggi di scavo sono stati effettuati in tutti gli edifici superstiti, ma anche durante i lavori per la realizzazione o il rifacimento di infrastrutture urbane (reti idriche e impianti viari) Negli anni Settanta e Ottanta del XX secolo l'Istituto di Archeologia dell'Uzbekistan ha condotto scavi nell'ark e nello šahristān.

B. fu sede della dinastia dei Bukhar Khudat (seconda metà VII-VIII sec.). Nelle cronache cinesi del V-VII secolo il nome della città viene tramandato in diverse forme (Numi, An e altre). L'antica denominazione locale, Numijkent, deriva verosimilmente dal sogdiano namič, "famoso". Dopo la conquista islamica (VII sec.) la città fu capitale di diversi regni ‒ samanide (ultimo quarto del IX-X sec.), shaybanide (XVI sec.), astrakhanide (o gianide, XVII - prima metà XVIII sec.) e Mangit (seconda metà XVIII sec. - 1920).

Il primo insediamento si sviluppò su quattro alture sabbiose bagnate dal fiume, su una delle quali ancora oggi sorge l'ark, ossia la cittadella. Nel VI-VII secolo B. era una città mercantile ben sviluppata e consisteva di due settori distinti: la cittadella, che ospitava la rocca del governatore, un tempio e altri edifici, e, più a est, la città bassa (šahristān) estesa 30-32 ha, suddivisa in 4 quartieri separati da muri e accessibile da 4 porte; nell'area compresa tra la porta meridionale e il canale (Mah o Bazara) erano un mercato, un "tempio degli idoli" e un tempio del fuoco. Nel corso dell'VIII secolo, quando la presenza dei musulmani si era consolidata e l'Islam si andava ormai diffondendo, la topografia di B. mutò. Nella cittadella il tempio "pagano" fu soppiantato dalla prima moschea congregazionale; lo stesso destino toccò a una chiesa nella città bassa e al tempio del mercato Mah. Nella seconda decade dell'VIII secolo l'amīr musulmano Qutayba bin Muslim fondò la prima moschea Namazgah (lett. "luogo per la preghiera", o muṣallā) nella parte settentrionale del Registan, il vasto piazzale antistante la cittadella; il muro occidentale, orientato in direzione di Mecca, conservatosi per un'altezza di 7,5 m e uno spessore di circa 10, era di mattoni crudi con integrazioni di paḫsā. Immediatamente a nord della Namazgah si sviluppò il cimitero islamico. Con l'insediamento delle tribù musulmane nella città bassa i muri che originariamente separavano i quartieri furono gradualmente abbattuti e dopo poco tempo sostituiti da abitazioni.

Sotto i Tahiridi, alla metà del IX secolo, la città fu cinta da un muro il cui spessore totale (incluse le aggiunte successive) raggiungeva 14-16 m. In esso si aprivano 11 porte, i cui nomi sono stati tramandati da fonti scritte del X secolo. In epoca samanide (ultimo quarto del IX e X sec.) la cittadella (oltre 3 ha), densamente edificata, ospitava la residenza dei governatori, il serraglio, l'erario, il carcere, laboratori artigianali e altre strutture. La moschea congregazionale fu trasferita dalla cittadella nello spazio tra la porta orientale e la città interna. Anche quest'ultima era densamente costruita; nella sua cinta muraria si aprivano 7 porte. Nell'area del Registan sorgevano i palazzi dei rappresentanti della dinastia ed edifici amministrativi (dīwān). Più a ovest, nel rabāḍ, era la necropoli dinastica samanide; l'unico monumento funerario conservato fino ai nostri giorni è il mausoleo di Ismail (892-907; evidenze letterarie, epigrafiche e archeologiche suggeriscono che abbia ospitato più di un principe e che sia stato edificato nella prima metà del X sec.). A nord di questo, nel sito di una sorgente venerata, si trovava il mazār Chashma ("sorgente") Ayyub, e ancora più a nord, nel sito di Juy-i Mulina, un complesso palaziale con giardini. Nel X secolo la moschea Namazgah fu trasferita a ovest del rabāḍ, al di fuori della cinta urbana. Nelle adiacenze del muro della qibla della vecchia Namazgah sorse un cimitero, ancora oggi utilizzato. La parte mercantile e artigianale del rabāḍ si sviluppò a est, a sud e a ovest dello šahristān, lungo lo Shahrud. Una serie di canali minori distribuivano le acque dello Shahrud seguendo il tracciato delle vie e alimentavano bacini idrici (hauḍ).

A cavallo tra il X e l'XI secolo, con la caduta dei Samanidi, B. perse lo status di capitale; la sua area abitata si ridusse a meno di 300 ha, inclusa la città interna, e i quartieri abbandonati furono adibiti a necropoli. La fortificazione della cittadella venne distrutta in diverse occasioni, tra l'XI e gli inizi del XIII secolo, e l'area al suo interno fu solo parzialmente riutilizzata e in maniera discontinua. Nel primo terzo del XII secolo, durante il regno del qarakhanide Muhammad bin Sulayman Arslan Khan, ebbero luogo delle trasformazioni nella città interna: le costruzioni in prossimità del tratto nord-ovest della cinta muraria furono demolite e quel tratto della fortificazione fu ricostruito più a ovest, cosicché la superficie urbana fu ampliata in quella direzione di 40-45 ha. In quell'area nel 1121 Arslan Khan fece edificare una nuova moschea congregazionale (Mir-i Arab) con un minareto ‒ complesso monumentale oggi noto come Pa-i Kalan ‒ e un palazzo. Le fondazioni del muro occidentale della moschea poggiano sull'antica cinta muraria dello šahristān. L'antica strada che collegava il centro cittadino con la porta Banu Asad fu deviata verso sud, in direzione della moschea congregazionale.

Durante l'invasione mongola, nel 1220, B. fu distrutta e nei decenni successivi, fino al primo quarto del XIV secolo, subì diversi attacchi che apportarono ulteriori devastazioni testimoniate da strati di incendio e da crolli. Nei secoli XIII-XV lungo lo Shahrud sorsero numerosi edifici con decorazioni di terracotta intagliata e invetriata. Fu probabilmente nel XIII-XIV secolo che il kuhandiz (cittadella) cominciò a essere denominato ark. Fino agli inizi del XVI secolo B. ebbe scarso significato politico, pur rimanendo una grande città mercantile nonché importante centro religioso, soprattutto per lo sviluppo che vi ebbe il sufismo, e meta di pellegrinaggio.

Nel XVI secolo, con l'avvento degli Shaybanidi, la città tornò a essere capitale, inizialmente di un principato, in seguito dell'intero regno. L'ark fu ancora una volta residenza dinastica, ruolo che conservò fino al 1920. Nella prima metà del XVI secolo la cinta muraria esterna della città fu ricostruita; i suoi lati ovest e sud coincidevano con il tracciato della fortificazione del IX secolo, i lati nord ed est furono invece spostati di circa 500 m verso l'interno. La superficie entro le mura era di 440-450 ha. Nella seconda metà del secolo raggiunse di nuovo un'estensione di 500 ha. Il sistema viario fu parzialmente modificato; i più importanti crocevia ricevettero un aspetto monumentale (čahārsū). I quartieri residenziali si concentravano nel settore a nord dell'ark e nella città vecchia. In quest'epoca B. assume la fisionomia architettonica e planimetrica che, con leggere modifiche, si sarebbe conservata fino alla terza decade del XX secolo.

Bibliografia

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Khoja mashhad

di Nina B. Nemceva

Complesso cultuale nel Tajikistan sud-occidentale, sul basso corso del Kafirnigan, presso il villaggio di Sayat, nella regione nota in epoca medievale con il nome di Kabadian.

Si tratta di un grande edificio rettangolare (68 × 46 m) con corte interna (40 × 31 m) e torrette (guldasta) agli angoli (individuate sul lato sud). Nella parte meridionale del complesso sorgono due mausolei a cupola identici e ben conservati, di mattoni cotti e separati da un īwān trasversale; a nord si trovano gli esigui resti di un portale d'ingresso e degli ambienti adiacenti (in blocchi di paḫsā e mattoni crudi).

Già menzionati in pubblicazioni della fine del XIX secolo, i mausolei meridionali furono analizzati e misurati nel 1947-48 (A.M. Belenickij, M.M. D'jakonov, L.S. Bretanickij); nel 1959 fu nuovamente eseguito il rilievo delle rovine (S. Chmel´nickij) e nel 1965 ebbero luogo i primi scavi archeologici (N.B. Nemceva, E. Saltovskaja e altri). Questi dimostrarono che i due mausolei con īwān e le strutture settentrionali di crudo facevano parte di un progetto unitario.

La particolarità del complesso è costituita dalla presenza di due portali sull'asse longitudinale ‒ uno sul lato nord, di crudo, l'altro a sud, in corrispondenza dell'īwān, di mattoni cotti quadrati (28 × 28 × 5 cm); mentre ai lati del portale sud vi erano i due mausolei, il portale nord, a giudicare dai resti superstiti, era affiancato da ambienti quadrati (7,5 × 7,8 m) cupolati. Lungo il perimetro della corte era una serie di ḥuǧra, "celle" (ca. 30) di dimensioni simili. Al centro di ogni lato si apriva un īwān.

Il settore più importante del complesso da un punto vista cultuale è costituito dai due mausolei, quadrati e cupolati (14,5 × 14,5 m; alt. 13 m, spessore dei muri 2 m). Lo spazio interno era interamente occupato da cenotafi di ganč (stucco con alta percentuale di gesso) del medesimo tipo a due o tre gradini, risalenti a epoca premongola. Le pareti esterne e interne di entrambi i mausolei sono rivestite da un paramento decorativo di mattoni cotti e altri elementi ornamentali di terracotta. Nel mausoleo occidentale, al centro del muro qiblī, era il miḥrāb, decorato con mattoni. Il mausoleo orientale comunicava con una piccola corte a est di quella principale. Il passaggio dalla pianta quadrata alla copertura a cupola era realizzato tramite trombe angolari e archi ciechi sugli assi, entrambi con decorazioni di mattoni di fogge diverse.

Al centro della facciata meridionale, in asse con l'īwān, era il portale d'ingresso con piedritti decorati da un motivo di mattoni a treccia annodata; nell'archivolto era un'iscrizione araba in stile ṯulṯ sul fondo rosato grigio del rivestimento in ganč misto ad argilla, risalente al XII secolo (M.M. D´jakonov).

La consistente quantità di reperti proveniente dalla corte include ceramica comune del XII secolo, lampade, ossa, carbone e monete di rame (fine del XII - seconda metà del XV sec.).

Sorto nella seconda metà del XII secolo, secondo la tradizione nel luogo del martirio (mašhad) di un missionario musulmano del VII-VIII secolo, continuò a essere utilizzato fino al XVI secolo. Il complesso associava un'area religiosa (in particolare, i due mausolei) a un'area abitativa (settore nord). La sua funzione principale era presumibilmente quella di ḫānqā, sorta di ricovero per ṣūfī; è probabile tuttavia che, al pari di un caravanserraglio, offrisse ospitalità anche ai viaggiatori, soprattutto ai mercanti, essendo su una via di comunicazione, in un'area che non ha rivelato tracce di insediamenti urbani o villaggi.

Bibliografia

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Khulbuk

di Nina B. Nemceva

Sito del Tajikistan meridionale, probabilmente l'antica Khulbissa di Tolomeo e Plinio, che fu capitale del Khuttalian (o Khuttal), potentato preislamico della regione delimitata dal basso corso dei fiumi Pyanj e Vakhsh, non lontano dal loro punto di confluenza, dove ha origine l'Amu Darya. Nel 737 il Khuttalian fu conquistato dai musulmani e annesso al califfato. Nel IX-X secolo la regione apparteneva ai Samanidi, sebbene fosse di fatto governata dalla locale dinastia dei Banijuridi.

Le indagini archeologiche, iniziate nel 1953 e protrattesi per circa 40 anni, a cura dell'Istituto di Archeologia dell'Accademia delle Scienze del Tajikistan, hanno dimostrato che l'antica Kh. corrisponde al sito archeologico di Khisht Tepe, non lontano dal villaggio di Kurban Sheid. Dalle fonti scritte sappiamo che Kh. era circondata da giardini, comprendeva una moschea congregazionale di mattoni cotti e cessò di esistere nel XII secolo.

Gli scavi condotti tra gli anni Cinquanta e Ottanta si sono concentrati nella cittadella, dove sono state portate alla luce le rovine di un grande complesso palaziale del IX-XII secolo, più volte ristrutturato. L'edificio originario (IX sec.), costruito di paḫsā e distrutto da un incendio (X sec.), sorgeva nella parte sud della cittadella, la più elevata. Gli esigui resti superstiti consentono di ricostruire la planimetria: pianta quadrata (35 × 35 m ca.), corte interna (17,1 × 12,2 m) circondata da una fila di ambienti e da un porticato con colonne lignee; al centro della corte era un pozzo e al centro del lato settentrionale la sala di ingresso (darwāzā-ḫāna). Si è conservato il rivestimento pavimentale della corte di mattoni cotti con ornato vegetale stilizzato.

Sulle rovine livellate di questo edificio fu costruito l'imponente palazzo dell'XI-XII secolo che, più volte rimaneggiato, occupa quasi l'intera superficie della cittadella (ca. 200 × 75-77 m). Le strutture murarie erano di mattoni crudi rettangolari, poi rivestite di mattoni cotti quadrati di formato e misure diversi. Il palazzo sembra il risultato della giustapposizione di due complessi (nord e sud) separati da una ampia corte (38 × 32 m) con grande vasca. L'ingresso, di struttura elaborata (darwāzā-ḫāna con cupola e portale affiancata da due terrazze a gradini), era sul lato occidentale della corte. Nel complesso nord, presso il suo lato orientale, era un'altra corte più piccola con vasca; nella parte nord-occidentale del complesso sud si trovava la moschea palatina (13,5 × 13,5) con miḥrāb nel muro ovest rivestito di ganč (stucco con alta percentuale di gesso) con decorazione intagliata e con colonnato ligneo lungo il perimetro della corte. All'esterno del palazzo, presso l'angolo nord-est, è stato scavato un bagno (19 × 11 m) composto da sei ambienti e con ingresso a sud. Gli angoli del complesso erano rinforzati da torrette a pianta circolare (guldasta) e le mura esterne del settore settentrionale erano racchiuse da un'ulteriore fortificazione con bastioni rettangolari aggettanti. La torre circolare all'angolo nord-est del settore meridionale prova che questo era originariamente una struttura autonoma e, forse, la più antica del complesso palaziale dell'XI-XII secolo. Gli interni erano ornati da rivestimenti in ganč con decorazione intagliata e da pitture murali policrome, anche figurate; uno dei dipinti superstiti presenta dei musici entro arcate. Nel complesso le decorazioni di ganč di Kh. sono affini a quelle dal palazzo del XII secolo dei Termezshah (Termez), ma includono anche soggetti zoomorfi. Come in altri siti coevi dell'Asia Centrale, l'effetto di questi ornati era enfatizzato dall'uso del colore (azzurro, giallo e rosso) ottenuti da pigmenti minerali.

Bibliografia

E. Guljamova, Raskopki citadeli gorodišča Chul´buk v 1960 g. [Scavi della cittadella di Khulbuk nel 1960], in Archeologičeskie raboty v Tadžikistane, 8 (1960), pp. 118-29; Ead., Chul´buk - stolica Chuttaljana [Khulbuk, capitale del Khuttalian], Dushanbe 1969; Ead., Reznoj štuk Chul´buka [Lo stucco intagliato di Khulbuk], in Material´naja istorija Tadžikistana, 3 (1978); Oxus. Tesori dell'Asia Centrale (Catalogo della mostra), Roma 1993, pp. 25, 72, 73.

Merv

di Nina B. Nemceva

Città antica e medievale sul medio corso del Murghab, in Turkmenistan. I siti della M. antica (Gyaur Kala, con la cittadella di Erk Kala) e medievale (Sultan Kala), separati dal canale Razik, si trovano 8 km a est dell'odierna città di Bairam Ali e a 30 km dall'odierna Mary (Merv, fino al 1937). Nel corso di 2500 anni l'insediamento urbano si è gradualmente spostato verso ovest, di pari passo con il prosciugamento degli affluenti antichi del Murghab e con la comparsa di nuovi.

Uno dei maggiori centri urbani dell'Asia Centrale, M. era un'importante tappa dei commerci che si svolgevano lungo la Via della Seta. Per diversi secoli fu capitale del Khurasan settentrionale.

La città antica e medievale ricopre un'area molto vasta (ca. 49 km2); tra gli anni Cinquanta e Ottanta del XX secolo è stata sistematicamente indagata dalla Spedizione archeologica multidisciplinare del Turkmenistan meridionale (JuTAKE). I materiali archeologici, i monumenti architettonici superstiti e le notizie di storici e geografi arabi, tra il IX e il XII secolo, consentono di ricostruire la topografia storica della città nelle diverse fasi della sua esistenza e le dinamiche del suo sviluppo. M. fu la prima città centroasiatica a essere conquistata dai musulmani (651), che ne fecero la sede del governatore del Khurasan, poi trasferita a Nishapur. Al centro dello šahristān di Gyaur Kala, all'incrocio delle due vie principali, i musulmani costruirono la prima moschea, Banu Mahan, il minareto e il palazzo del governo (dār al-imāra) di mattoni cotti, con copertura a cupola e portale. Nella cittadella erano il carcere e l'arsenale. In seguito l'antico šahristān perse importanza e il nucleo della città medievale si spostò a Sultan Kala, a ovest di Gyaur Kala, sul canale Majan. Intorno alla metà dell'VIII secolo Abu Muslim, governatore del Khurasan, vi trasferì il centro amministrativo. All'incrocio del canale Majan (che scorre in direzione nord-sud) con la via magistrale est-ovest sorsero in quest'epoca la moschea congregazionale, la residenza del governatore e il bazar. Come a Gyaur Kala, anche nella città medievale le porte urbiche erano all'estremità delle vie principali.

All'epoca del califfo abbaside al-Mamun (813-833) M. divenne la seconda capitale del califfato; ebbe così inizio uno dei periodi più brillanti della sua storia. A ovest di Sultan Kala, al di là della porta Firuza ("del Paradiso"), fu edificata la moschea Namazgah. Nell'antico šahristān (Gyaur Kala), che nell'VIII secolo non era stato ancora abbandonato, fu restaurata la moschea Banu Mahan, accanto alla quale sorgeva un serbatoio idrico a cupola (sirdāb). Dopo una fase di declino, testimoniata dalle fonti del X secolo, M. divenne la capitale dei Selgiuchidi e, nel corso dell'XI e XII secolo, conobbe la massima espansione, inglobando tutte le terre all'interno della cintura difensiva di Gilyakin-Chilburj ("quaranta torri"). A nord-est di Gyaur Kala si conservano le rovine di una residenza (qaṣr) a due piani di mattoni crudi con pianta cruciforme e sala centrale cupolata. Nel principale incrocio viario (čārsū) della M. selgiuchide furono edificati, nel XII secolo, la moschea congregazionale e un complesso palaziale comprendente il mausoleo del più importante sovrano selgiuchide, Sultan Sangiar (1118-1157).

Nell'XI secolo Sultan Kala fu munita di una cinta muraria rinforzata da bastioni circolari (se ne conservano ca. 200) e circondata da un fossato, della quale restano le rovine. Nel XII secolo la città si espanse al di là delle mura, inglobando le aree suburbane a sud e a nord dello šahristān (sviluppandosi, dunque, lungo il corso del canale Majan), e fu cinta da una nuova fortificazione. In corrispondenza degli sbocchi del canale, a sud e a nord, furono costruite rispettivamente le porte Sar-i Majan ("testa del Majan") e Pa-i Majan ("piedi del Majan").

Alla periferia meridionale, intorno a una tomba dell'VIII secolo, luogo di pellegrinaggio, si sviluppò, nel XII secolo, il cimitero. Anche il suburbio occidentale era densamente edificato; qui sorgevano le tombe di Zamchi e Khwarazmi, anche queste mete di pellegrinaggi. Sulle sponde del canale Khurmuzfara si conserva il mausoleo di Ibn Zaydi (m. inizi VIII sec.), costruito nel 1112-13. Ancora oggi sono visibili, lungo il canale suddetto, mausolei e le rovine di due castelli, Grande e Piccola Nagim Kala, con le mura esterne movimentate da aggetti semicircolari. Cento metri più a ovest di questi sono i resti di un caravanserraglio (65 × 70 m) di mattoni crudi, con corte interna (XI-XII sec.); ancora più ovest di Sultan Kala sono state scavate, negli anni Sessanta, le rovine della moschea Namazgah (prima metà XII sec.), con nicchia del miḥrāb e parete qiblī decorati da stucchi (gessi) intagliati, intonaci dipinti e mattoni a vista.

Alla periferia nord-occidentale della città è stato indagato un esteso quartiere di vasai, attivo tra il IX e il XII secolo e, successivamente, tra la seconda metà del XIII e il XIV secolo. Sono state scavate oltre 20 fornaci ceramiche di epoche diverse, che producevano una grande varietà di vasellame di alta qualità (invetriata e a stampo). Iscrizioni su ceramiche consentono di attribuire il complesso artigianale del XII secolo al maestro Muhammad Ali Inayatonu. Nello stesso quartiere si sono conservate le rovine di un serbatoio idrico a cupola (andata perduta), nonché una residenza (qaṣr) a due piani dell'XI-XII secolo con sala centrale cupolata. Nella parte sud-occidentale del rabāḍ è ancora visibile, anche se parzialmente in rovina, il mausoleo a pianta centrale di Kyz Bibi (XI-XII sec.), scavato negli anni Sessanta.

La cittadella di Sultan Kala (Shahriyar Ark) era difesa da un'alta e possente cinta muraria, rinforzata da bastioni semicircolari (se ne conservano 48). Qui erano ubicate le caserme e, nella parte centrale, una residenza del XII secolo, accanto a un grande edificio civile (sede del dīwān), indagati negli anni Sessanta. Shahriyar Ark era un edificio (45 × 39 m) con corte interna a quattro īwān e un sistema di ambienti che si snodava lungo il suo perimetro. Costruito in mattoni crudi, l'edificio aveva le facciate esterne decorate da mattoni cotti. Gli ambienti hanno rivelato diversi tipi di copertura (a cupola, a volta e balḫī).

Il mausoleo di Sultan Sangiar sorge nel centro di Sultan Kala e si è conservato quasi integralmente. Parte di un grande complesso architettonico, che includeva anche la moschea congregazionale e il palazzo (crollati nel XVII-XVIII sec.), il monumento è un imponente edificio quadrato (27 × 27 m; alt. 33 m) di mattoni cotti quadrati (28-29 cm di lato) e rettangolari (38 × 25 × 5 cm) su profonde fondazioni (oltre 4 m). L'interno era coperto da una cupola (diam. 17 m) rivestita da mattoni che formano una complicata decorazione geometrica. Il passaggio dalla pianta quadrata alla copertura era realizzato mediante un sistema di archetti di dimensioni decrescenti, cui corrispondeva all'esterno un tamburo ottagonale dissimulato e alleggerito da una galleria di archi con rivestimento di terracotta intagliata. Le facciate esterne sono lisce, l'interno è decorato da pitture ed epigrafi su ganč (stucco con alta percentuale di gesso) nei toni del rosso e dell'azzurro e forse, a giudicare da alcune tracce superstiti, rifinito da doratura.

Alla periferia occidentale di Sultan Kala è il mausoleo costruito nel 1112/3 dal governatore di M. Shafar al-Din Abu Tahir nel luogo del martirio (mašhad) di Muhammad Ibn Zayd (fine VII - inizi VIII sec., come indicato dalle epigrafi all'interno). L'edificio è di mattoni crudi quadrati (25 × 25 × 6 cm), a eccezione della cupola e del paramento esterno, di mattoni cotti. Le pareti interne sono decorate da pitture in rosso e in azzurro su stucco bianco. Di particolare interesse è la decorazione in ceramica invetriata delle facciate. A questo monumento furono successivamente accostati una moschea tripartita con miḥrāb e un altro piccolo mausoleo. Sultan Kala fu duramente colpita dagli attacchi delle tribù turche dei Ghuz, nel XII secolo, e soprattutto dall'invasione mongola, nel XIII. In seguito non vi fu che un modesto ripopolamento e nel XVI secolo il sito cessò definitivamente di esistere.

L'insediamento tardomedievale (XV-XVI sec.) si sviluppò 8 km a ovest di Sultan Kala per volere di Shah Rukh, governatore del Khurasan e figlio di Timur (1405-1447), presso l'odierna città di Bairam Ali. Si conservano in buono stato i due siti adiacenti di Abdullah Khan Kala e Bairam Ali Khan Kala.

Bibliografia

G.A. Pugačenkova, Puti razvitija južnogo Turkmenistana pory rabovladenija i feodalizma [Vie di sviluppo del Turkmenistan meridionale nelle epoche schiavistica e feudale], in Trudy JuTAKE, VI, Moskva 1958; S.B. Lunina, Gončarnoe proizvodstvo v Merve X - načala XIII vv. [La produzione ceramica a Merv tra il X e il XIII sec.], in Trudy JuTAKE, XI, Ashkhabad 1962; O.V. Obel´čenko, Gorodišča starogo Merva Abdulla-chan-kala i Bajram-Ali-chan-kala v svete rabot JuTAKE 1950 g. [I siti di Abdullah Khan Kala e Bairam Ali Khan Kala nell'antica Merv, alla luce dei lavori della JuTAKE nel 1950], in Trudy JuTAKE, XII, Ashkhabad 1963; S.B. Lunina, Istoričeskaja topografija zapadnoj časti rabada srednevekovogo Merva [Topografia storica della parte occidentale del rabāḍ nella Merv medievale], in Trudy JuTAKE, XV, Ashkhabad 1974.

Nisa

di Carlo Lippolis

Sito antico e medievale nel Turkmenistan meridionale. Sono esigui i dati sui periodi tardi di N. Vecchia (NV), dove livelli islamici sono attestati al di sopra delle strutture di età arsacide (N. Partica); la storia del distretto può essere ricostruita su quanto noto per la vicina N. Nuova (NN) dalle fonti e dalle ricerche sovietiche del XX secolo.

Nel 651 il comprensorio di N. entra a far parte del califfato islamico; fino al IX secolo non si riconoscono che modeste abitazioni ricavate nelle antiche fortificazioni arsacidi di NN. Il X-XI secolo segna una ripresa e i testi arabi ricordano una città "salubre e bella" ricca di giardini, strade, alberi e acqua. Celebri i suoi abiti di cotone e seta, le pelli di volpe e zibellino, l'olio di sesamo e le verdure. Nel XII secolo si ha un'intensa attività edilizia, nel settore sud, che prevede la costruzione di un ḥammām con pareti dipinte con motivi geometrici e vegetali. Alle devastazioni dei Mongoli, che conquistano la città nel 1220, segue una ripresa quasi immediata con la ricostruzione delle fortificazioni e l'erezione di edifici residenziali (mai indagati sistematicamente) decorati con mattonelle invetriate e a traforo; è il periodo di massima attività edilizia, come attestano anche i livelli islamici della vicina NV. Dopo l'invasione timuride (1381) comincia una lunga serie di lotte intestine, ma fino al XVI secolo entrambe le colline archeologiche ospitano edifici anche monumentali. Il settore tra i due rilievi fortificati include un quartiere artigiano, mercati, orti e giardini e, a partire dall'XI secolo, mausolei ed edifici religiosi: tra questi la moschea del namāz ("preghiera") ricordata nelle fonti, la cui esatta collocazione, tuttavia, è ancora oggi discussa.

Gli scavi di NV registrano, per l'epoca protoislamica, un'occupazione occasionale delle rovine di età arsacide. Si tratta di rifugi interrati rettangolari, con spiazzo antistante recintato, solitamente ricavati nei muri degli edifici più antichi del settore centrale oramai in rovina. Al loro interno resti di focolari e ceramica dei secoli X-XI (invetriata Slip Painted in rosso e nero su fondo bianco) e XII-XIV (invetriata turchese), a testimoniare una frequentazione occasionale ma distribuita su un lungo arco temporale. Il settore con le più cospicue tracce di epoca islamica è quello settentrionale, dove una costruzione allungata (forse due edifici adiacenti) era costituita da file di ambienti in argilla pressata (paḫsā) e mattoni crudi (X-XII sec.). Un'attiva frequentazione del settore centrale si ha, invece, poco più tardi: sopra la Sala Quadrata partica sono stati rinvenuti i resti di sei stanze (in mattoni crudi su zoccolo di argilla battuta) separate da un corridoio. A queste erano forse collegate altre strutture (a nord e a est) cui si fa solo breve cenno nelle prime notizie di scavo.

La datazione dei complessi è fissata al XIII-XIV secolo, ma il ritrovamento, poco distante, di ceramica integra con ornato floreale tipico dei "bianchi e blu" di imitazione cinese sembra suggerire una frequentazione dell'area fino al XV-XVI secolo. La ceramica è il principale strumento di datazione anche per l'edificio che gli scavi italiani hanno riportato alla luce lungo le mura occidentali, al di sopra di un complesso di età partica. Il precario stato di conservazione delle strutture non ha impedito di ridisegnare la pianta di un ampio edificio con cortile centrale (13 × 10 m) sul quale si affacciavano tre piccoli īwān fiancheggiati da stanze e dispositivi. I muri sono di argilla pressata con uso limitato di mattoni crudi per le pareti degli īwān. La pavimentazione, nel cortile e negli ambienti interni, era un semplice battuto rivestito di gesso. Due i principali ambiti cronologici: al XII-XIV secolo appartiene ceramica a stampo o invetriata turchese con ornato floreale; al XV-XVI secolo risalgono coppe invetriate monocrome verdi o marroni e ceramica bianca e blu. L'unico ritrovamento numismatico è timuride (900 a.E. / 1494/5 d.C., zecca di Abiverd). Per l'epoca islamica si registrano inoltre rifacimenti lungo la cortina di mura. Modeste sepolture, a fossa o a camera, si dispongono all'interno della cittadella nei settori non edificati.

Bibliografia

Studi e notizie di scavo di M.E. Masson, G.A. Pugačenkova, M.I. Vjaz´mitina, V.D. žukov, E.A. Davidovič, L.T. Gjuzal´jan e M.M. D´jakonov, V.N. Kononov, A.A. Rosljakov, A.A. Semenov in TJuTAKE, I, II e V, Ashkhabad 1949, 1951, 1955).

Si vedano inoltre:

V.N. Pilipko, Zdanie s kvadratnym zalom [L'edificio con la sala quadrata], Moskva 1996, pp. 92-100; O. Gundogdyev, Prošloe Turkmenistana [Il passato del Turkmenistan], Moskva 1998; O. Gundogdyev - R. Muradov (edd.), Istoriko-kul´turnoe nasledie Turkmenistana [L'eredità storico-culturale del Turkmenistan], Istanbul 2000, pp. 236-40; V.N. Pilipko, Staraja Nisa [Nisa vecchia], Moskva 2001, pp. 354-69; C. Lippolis, Nisa-Mithradatkert: l'edificio a nord della Sala Rotonda. Rapporto preliminare delle campagne di scavo 2000-2001, in Parthica, 4 (2002), pp. 47-62.

Rabat-i malik

di Nina B. Nemceva

R.M., la "fortezza regale", una delle maggiori opere di architettura civile dell'Asia Centrale premongola, si trova nella steppa ai margini occidentali dell'oasi di Bukhara, sulla strada che sin dall'antichità collegava questa città con Samarcanda, a 23 km da Kermin, in Uzbekistan.

Nel 1841 A. Leman disegnò la facciata del monumento e fece una descrizione dell'interno; la prima documentazione fotografica risale alle indagini degli anni Venti del XX secolo, in occasione delle quali fu consolidata la base dei muri della facciata. Ulteriori scavi hanno avuto luogo negli anni Settanta e Novanta del XX secolo e, infine, nel 2001 (a cura di N.B. Nemceva e altri).

R.M. era protetto da una cinta muraria, riconoscibile nei disegni di Leman e ancora visibile nelle fotografie degli anni Venti. Il lato più rappresentativo e monumentale della fortezza era quello rivolto verso la strada; negli anni Quaranta e Cinquanta del XX secolo era ancora parzialmente conservato. Al centro si apriva il portale d'ingresso (alt. 18-19 m, largh. 12 m), attualmente l'unica struttura superstite dell'intero complesso, affiancato da due cortine murarie (alt. 12 m), movimentate da massicce semicolonne sormontate da archi prospettici e fregi ornamentali. Alle estremità della facciata erano due torri circolari (alt. 23 m, diam. 5,5 m). In base ai resti delle strutture murarie è possibile ricostruire uno schema planimetrico simmetrico articolato in più corti e caratterizzato da una marcata divisione tra il settore settentrionale, residenziale, e quello meridionale, di servizio. L'edificio, quadrato (91 × 91 m; all'interno 86 × 86 m), era di mattoni crudi rettangolari e blocchi di paḫsā. Il portale, il paramento della facciata principale, le torri angolari e le basi dei muri erano di mattoni cotti quadrati. Come la facciata, anche il settore meridionale è tripartito e simmetrico. Un corridoio, sull'asse centrale dell'edificio, collegava l'ingresso con il settore settentrionale. Ai suoi lati erano vaste corti di servizio (32 × 38 m) bordate da stalle (XI sec.). Nel XII secolo nella corte occidentale fu costruito un ḥammām comprendente sette ambienti, sia freddi sia riscaldati (con pavimenti a ipocausto). Al centro della corte orientale si suppone si trovasse un serbatoio idrico (hauḍ). A ovest del corridoio centrale era una piccola moschea (11,2 × 5,6 m) con grande miḥrāb (3,62 m) nel muro occidentale e un minbar a destra. Si sono conservati frammenti della originaria decorazione in stucco intagliato.

La parte di maggiore interesse architettonico e artistico è il settore settentrionale. La parte centrale era originariamente occupata da una corte a peristilio (22,5 × 22,5 m, all'interno; 48,5 × 48,5 m all'esterno). Delle colonne si sono conservate le fondazioni e parti dei fusti di mattoni rivestiti di ganč (stucco con alta percentuale di gesso) con decorazione a girali. Nel XII secolo la corte colonnata fu sostituita da una galleria coperta con struttura centrale ottagonale cupolata (diam. 18 m), sostenuta da coppie di colonne agli angoli dell'ottagono; al centro della rotonda era un podio ottagonale (diam. 6 m).

Per le sue caratteristiche planimetriche e architettoniche R.M. non ha analogie nella tradizione centroasiatica, né tanto meno è confrontabile con alcun caravanserraglio dell'Oriente medievale. La sua complessa articolazione e i suoi elementi costitutivi fanno pensare a una residenza regale fortificata costruita nella steppa dai Qarakhanidi (XI-XII sec.). Un'iscrizione persiana in cufico fiorito nel portale d'ingresso attribuisce la costruzione al "Sultano del mondo", presumibilmente il qarakhanide Shams al-Mulk (1068-1080). Arslan Khan, che tra il 1102 e il 1130 governò Bukhara e Samarcanda e che una fonte del XVI secolo (Kashmiri) indica come committente del complesso, è con ogni probabilità da considerare l'artefice della radicale ristrutturazione del settore settentrionale del complesso. Dopo l'invasione mongola (XIII sec.) il complesso fu convertito in un prestigioso caravanserraglio e tale rimase la sua funzione fino al XVIII secolo.

Bibliografia

N.B. Nemceva, Rabat-i Malik (archeologičeskie issledovanija 1973-1975, 1977 gg.) [Rabat-i Malik (indagini archeologiche degli anni 1973-1975, 1977)], in L.I. Rempel´ (ed.), Chudožestvennaja kul´tura Srednej Azii IX-XIII vv., Tashkent 1983; Ead., Carskaja krepost´ v bucharskoj stepi (Rabati-Malik, XI-XII vv.) [Una fortezza regale nella steppa di Bukhara (Rabat-i Malik, XI-XII sec.)], in IstMatKulUzbek, 33 (2002), pp. 227-42.

Samarcanda

di Nina B. Nemceva

Tra le più antiche città dell'Asia Centrale, S. sorge sul medio corso dello Zerafshan, al centro dell'antica Sogdiana (oggi in Uzbekistan). Situata sul tracciato principale della Via della Seta fu sempre una città commerciale estremamente vitale, ma anche importante centro politico dei diversi potentati che si avvicendarono. La fase più prestigiosa della sua storia coincide con il XIV-XV secolo, quando fu capitale dell'impero di Timur (Tamerlano).

Nello sviluppo storico e topografico della città si distinguono abbastanza nettamente quattro fasi principali. La S. antica e medievale (VI-V sec. a.C. - XIII sec. d.C.) corrisponde al sito di Afrasiab, a nord della città moderna, ed è oggetto di indagini archeologiche sin dal XIX secolo. La città vecchia, a sud di Afrasiab, cominciò a svilupparsi tra il IX e il XII secolo come suburbio (rabāḍ) della S. più antica. È in quest'area che, dopo l'invasione mongola, si trasferì l'abitato, che nei secoli XIV-XV divenne capitale dei Timuridi. Le attività di restauro svolte tra gli anni Cinquanta e Novanta del XX secolo sono state accompagnate da indagini archeologiche. Nella seconda metà del XIX secolo S. (come l'intero Turkestan) fu annessa all'impero russo; da allora la città cominciò a espandersi verso la periferia sud-ovest della città timuride. La S. del XX secolo (od. mikrorajon) ha continuato a svilupparsi in direzione sud-ovest. Fatta eccezione per il sito di Afrasiab, abbandonato negli anni Venti del XIII secolo, tutte le diverse parti storiche di S. sono componenti vitali della città odierna, che rispecchia fondamentalmente l'impianto planimetrico e viario definitosi nel corso di secoli.

Il settore della città che pone maggiori problemi a una ricostruzione archeologica è proprio quello più antico, Afrasiab, così ribattezzato (ma in epoca più tarda) dal nome del leggendario re del Turan. A partire dal XIX secolo vi si svolgono scavi archeologici, inizialmente a cura di una missione russa, successivamente, in epoca sovietica (dalla metà degli anni Quaranta), a cura dell'Istituto di Archeologia dell'Accademia delle Scienze dell'Uzbekistan. Dal 1989 è attiva una missione archeologica franco-uzbeka.

Alla vigilia della conquista islamica, nei secoli VI e VII, nella metà settentrionale della città, immediatamente a sud della cittadella, in conseguenza dell'accrescimento dell'abitato comparvero due ulteriori cinte murarie. Un'altra cerchia di mura più esterna con 12 porte, nota come Divar-i Qiamat (individuata su mappe antiche e in base ai resti superstiti), racchiudeva il circondario agricolo (rustāq); l'area compresa in questa fortificazione era di circa 11.000 ha (il doppio di Samarra e molte volte Merv). In questa fascia più esterna sorgevano castelli e residenze dei ricchi proprietari terrieri, mercati, campi coltivati e frutteti. In quest'epoca (ma verosimilmente già nel periodo precedente) la città si componeva di una cittadella (ark), di uno šahristān (città bassa, la madīna delle fonti arabe) e del suburbio (rabāḍ). Da geografi arabi del IX-X secolo sappiamo che la città era accessibile tramite quattro porte (la porta di Kesh a sud, di Naubehar a ovest, di Bukhara a nord, della Cina a nord-est). Le indagini archeologiche hanno localizzato la porta di Bukhara; la posizione delle altre è suggerita dall'andamento del rilievo. Gli scavi nello šahristān altomedievale, densamente edificato, hanno portato alla luce blocchi abitativi, quartieri artigianali, residenze aristocratiche, alcune delle quali decorate da pitture parietali.

Nel 712 S. fu conquistata dai musulmani. Nella parte settentrionale dello šahristān, come indicano gli scavi più recenti, fu edificato (740 ca.) un grandioso palazzo (120 × 80 m) a opera del governatore omayyade Nasr ibn Sayyar. In epoca abbaside la sua superficie venne ridotta in seguito alla costruzione della prima moschea congregazionale (765-80), il cui ingrandimento (820-30) lo obliterò del tutto. Costruito in mattoni crudi e argilla pressata (con spess. sino a 4,2 m), ha una pianta composita, formata da elementi ereditati dai palazzi sogdiani (la sala del trono chiusa, i grandi corridoi) e da quelli omayyadi (i bayt con corte centrale, lastre di mattoni cotti con iscrizioni in cufico). Con ogni probabilità ospitava uffici amministrativi e, a una certa epoca, dei bagni.

La moschea congregazionale (120 × 80 m), ipostila e con corte centrale quadrata, ingrandita una prima volta verso ovest e più volte ristrutturata, rimase in funzione fino all'arrivo dei Mongoli (XIII sec.). Sono conservati al museo di S. alcuni stucchi della decorazione della prima moschea, realizzati nel tipico stile presamarreno (Grenet - Rapin 1998, fig. 7). Intorno alla metà dell'VIII secolo sulla piattaforma a est del dongione della cittadella sorse un palazzo (65 × 55 m) di mattoni crudi con corte porticata, portale d'ingresso e corte adiacente a ovest, scavato negli anni Novanta del Novecento, probabilmente la residenza del governatore abbaside Abu Muslim (749-55). L'edificio fu occupato sino al X secolo.

Si può avere un'idea della S. di epoca samanide (IX-X sec.) integrando i materiali archeologici con le notizie fornite da storici e geografi arabi (Ibn al-Faqih, Istakhri, Ibn Hawqal e altri). Nel X secolo S. è una città fiorente, con residenze a più piani, giardini, mercati e canali. Nello šahristān sono stati rinvenuti i resti del palazzo samanide (la parte occidentale) decorato da panelli di stucco intagliato. Nella parte orientale è stata scavata una casa aristocratica con copertura a cupola, con rivestimento di stucco intagliato, e un edificio con īwān a sud del palazzo samanide, anche questo con decorazione di stucco di stile analogo. Nel settore nord-occidentale dello šahristān è stato indagato un grande quartiere urbano pluristratificato (VIII-XI sec.), che oltre ad abitazioni private includeva bagni pubblici e, in epoche diverse, laboratori ceramici e di gioiellieri, e forni per il pane. Scavi degli anni Sessanta nella parte meridionale della città bassa, presso lo Shah-i Zinda, hanno riportato alla luce abitazioni private, un acquedotto e un impianto fognario realizzato con tubi di terracotta (X sec.).

Nell'XI e XII secolo il Mawarannahr fu dominato dalla dinastia turca dei Qarakhanidi. Durante il regno di Ibrahim Tamgach Boghra Khan (1046-1068), che a S. stabilì la sua capitale, la città attraversò un nuovo periodo di prosperità. Nella prima metà dell'XI secolo nella parte meridionale dello šahristān sorse il complesso memoriale dedicato a Qutham ibn Abbas (m. 675/6), uno dei primi martiri dell'Islam e appartenente alla stirpe del Profeta. È questo l'unico monumento islamico premongolo conservatosi. Al di sotto di una moschea del XV secolo sono stati rinvenuti resti dei muri della moschea dell'XI (5,8 × 17-17,5 m) affiancata da un minareto (successivamente murato nelle strutture più tarde) e con decorazione lignea intagliata. Si è conservata parte delle strutture lignee interne originarie: una mensola intagliata e un fregio orizzontale con decorazione epigrafica in cufico "fiorito". Nella seconda metà dell'XI secolo di fronte alla tomba di Qutham fu edificata una madrasa hanafita in nome di Tamghach Boghra Khan, come testimonia un waqf (donazione) del 1066. Gli scavi degli anni Sessanta ne hanno riportato alla luce la parte sud-est, che consente di ricostruire un edificio rettangolare (55 × 44 m) con corte centrale e quattro īwān assiali. Si sono conservati anche resti della decorazione (terrecotte intagliate, stucco dipinto e ceramica invetriata). È la più antica madrasa nota in Asia Centrale e, insieme con il mašhad di Qutham, costituiva il nucleo sul quale si sarebbe successivamente sviluppato il complesso funerario dello Shah-i Zinda (XIV-XV sec.).

Nell'XI-XII secolo la cittadella di Afrasiab subisce significative trasformazioni. Come dimostrato da scavi recenti (2001-2003) nel sito in cui sorgeva il palazzo di Abu Muslim fu edificato, in età qarakhanide (seconda metà del XII sec.), un complesso architettonico costituito da diversi padiglioni dipendenti da un palazzo sulla sommità della cittadella (scomparso nel corso degli scavi antichi). Uno dei padiglioni ‒ distrutto all'epoca della presa di S. da parte del Khwarazmshah Muhammad nel 1212 ‒ era decorato da pitture sulle pareti della veranda interna: si sono conservati frammenti (uccelli entro ornati floreali con iscrizioni laudatorie in arabo e poemi in persiano, danzatrici, cavalieri, figure mitologiche). Nel XII secolo, a ovest dello šahristān e del rabāḍ, all'interno della cinta muraria più esterna (Divar-i Qiamat), fu costruita la moschea Namazgah, le cui rovine erano ancora visibili agli inizi del XX secolo. Negli anni Venti del XIII secolo S. fu conquistata, depredata e distrutta dalle armate mongole di Gengiz Khan. In seguito a questo evento la collina di Afrasiab fu abbandonata e la popolazione superstite si trasferì nel vasto territorio del rabāḍ dove, nei secoli XIV e XV, si sarebbe sviluppata la capitale timuride. Nella parte sud-occidentale della città sorge la nuova cittadella (qal῾a), con i due palazzi governativi, il Kok Saray, a quattro piani, e il Bustan Saray; la zecca, il carcere, il mausoleo del santo Nur al-Din Basir e botteghe artigianali. Durante i regni di Timur (1370-1405) e di Ulugh Beg (1447-1449) furono realizzate importanti opere monumentali. Sul colle di Afrasiab si sviluppa la necropoli regale, lo Shah-i Zinda, mentre la madrasa di Tamghach Boghra Khan (XI sec.) cominciò a essere utilizzata per ospitare i pellegrini che venivano a porgere omaggio alla tomba di Qutham ibn Abbas. Nella parte settentrionale della città furono costruiti il più grande edificio monumentale dell'epoca, la moschea di Bibi Khanum e, di fronte a essa, il mausoleo e la madrasa omonimi. Nel XV secolo, durante il governo di Ulugh Beg, fu realizzato il Registan, una vasta piazza di mercato sulla quale ancora oggi si affaccia la madrasa di Ulugh Beg (le altre due madrasa, Shir Dar e Tilla Kari, furono costruite nel XVII secolo sulle rovine di edifici preesistenti). Tra i monumenti notevoli si ricordano, inoltre, l'Ishrat Khana, a est del Registan, ove erano sepolti le donne e i bambini della dinastia timuride; poco distante, il mausoleo-ḫānqā di Abdi Darun e, di poco più tardo, il complesso funerario avente come fulcro la tomba dello šayḫ Khoja Akhrar.

Bibliografia

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Termez

di Nina B. Nemceva

Città antica e medievale sulla riva destra dell'Amu Darya (Uzbekistan meridionale).

Dopo gli scavi sovietici della seconda metà degli anni Trenta del XX secolo, condotti da M.E. Masson, nel sito le indagini sono state riprese nel 1979 e continuano tuttora (dal 1993 a cura di una missione franco-uzbeka).

Importante centro urbano in epoca preislamica, nell'VIII secolo entrò a far parte del califfato islamico. Secondo Tabari, T. era in quell'epoca una tipica città centroasiatica dalla struttura tripartita: una fortezza nella parte più alta, l'abitato vero e proprio (šahristān) e il suburbio (rabāḍ). Il suo periodo di fioritura corrisponde al IX-XII secolo, quando l'estensione raggiunse i 500 ha. Nella fortezza era situato il palazzo del governatore, nello šahristān trovavano posto i mercati, le case, le moschee di quartiere, un ḥammām, un caravanserraglio e un quartiere destinato alle attività artigianali (ceramica, tessuti, vetro e metallo), la moschea congregazionale e il carcere. Nel suburbio è stata scavata (1938) la moschea Chor Sutun (pers. čahār sutūn, "quattro colonne"), sorta nel IX-X secolo e in uso fino al XVI (a pianta centrale quadrata, con quattro colonne centrali, coperta da nove cupole). Nelle sue adiacenze era un minareto con iscrizione in cufico che ne riporta la data di fondazione (corrispondente al 1032). Nella stessa area sorsero, in seguito, un cimitero, un mazār e un edificio monumentale, Kurgan, per ospitare i pellegrini.

Nel IX-X secolo la città appartenne ai Tahiridi e, successivamente, ai Samanidi. Tra il X e il XII secolo passò sotto il dominio dei Ghaznavidi, dei Selgiuchidi e dei Qarakhanidi. In questo periodo furono rafforzate le difese della cittadella e della cinta urbana, nella quale si aprivano 9 porte; gli scavi hanno rivelato infrastrutture idriche, come tubature e tazar sotterranei (corridoi alti 1 m, di mattoni cotti e con copertura a volta, per il deflusso delle acque).

Nella parte nord-est del rabāḍ fu edificato, nel IX secolo, il palazzo (100 × 74 m) dei Termezshah, governatori di T., con corte interna e vasca centrale, portale d'ingresso e sala delle udienze, da cui proviene gran parte delle decorazioni in ganč (stucco con alta percentuale di gesso). Al primo quarto del XII secolo risale il rivestimento in ganč intagliato con soggetti zoomorfi fantastici e originali composizioni geometriche. Nel medesimo settore della città è stata parzialmente scavata, negli anni Ottanta del XX secolo, una grande fortezza dell'XI-XII secolo, abbandonata in seguito all'invasione mongola (primo quarto del XIII sec.). L'area indagata (65 × 17-20 m) ha rivelato molti ambienti: una sala centrale di ricevimento (10,5 × 6 m), con pavimento di mattoni cotti e affiancata da stanze di minori dimensioni, e il settore di accesso alla fortezza, rivolto verso la corte.

Agli inizi del XIII secolo T. fu distrutta dai Mongoli e il territorio della città antica e medievale non sarebbe stato più ripopolato, a eccezione della fortezza sul punto di attraversamento dell'Amu Darya e dei luoghi in cui sorgevano i mazār, meta di pellegrinaggio. Soltanto alla fine del XIII secolo, durante il regno dei Chagataidi, T. conobbe una certa ripresa. La nuova città sorse a nord-est di quella antica, in località Salavat, nell'area prospiciente il Surkhan Darya, luogo storicamente legato all'influente famiglia dei sayyid di Termez. Furono edificati ex novo la residenza del governatore, i mercati, le madrasa e la moschea congregazionale. Nella seconda metà del XIV e nel XV secolo T. era una delle città più importanti dell'impero timuride; furono ricostruiti la cittadella e il ponte sull'Amu Darya. Agli inizi del XVI secolo T. entrò a far parte del regno degli Shaybanidi; le lotte intestine della quale fu oggetto nel secolo successivo per il controllo dell'attraversamento dell'Amu Darya ne decretarono la decadenza; ancora una volta l'unica parte della città che sopravvisse fu la fortezza affacciata sul fiume. Conflitti intertribali portarono, nel XVIII secolo, al completo abbandono della città; solo alla fine del XIX secolo ingegneri militari russi fondarono una piccola cittadina di frontiera, dalla quale si sarebbe sviluppata l'odierna Termez.

Nell'angolo nord-occidentale dell'antica fortezza sull'Amu Darya, nel punto in cui sorgeva un tempio buddhista, sono stati rinvenuti i

resti di un edificio del IX secolo che si suppone fosse il ḫānqā dove visse e predicò Hakim al-Termezi (m. 869), mistico, teologo e fondatore della confraternita (ṭarīqa) ṣūfī degli Hakimi. Nel X secolo, nel luogo della sua tomba, fu edificato un piccolo mausoleo di mattoni cotti con portale e cupola, conservatosi fino ai giorni nostri. Nei secoli XI-XII e XIV-XVII, quale principale luogo di pellegrinaggio di T., il mausoleo divenne il nucleo di un più articolato complesso comprendente edifici di culto, monumenti funerari e ambienti di servizio e fu più volte restaurato. Il mausoleo principale dello šayḫ al-Termezi aveva pianta approssimativamente quadrata (4,7 × 5,1 m); nell'XI secolo le pareti interne, dalla base fino al sommo della cupola, furono ricoperte di stucco inciso ad alto rilievo (poi obliterato da intonaci successivi), comprendente fasce con epigrafi in scrittura cufica e nasḫī, complessi motivi ornamentali a stella (giriḫ) e a trifoglio. Nel XV secolo vi fu collocato un cenotafio a tre gradini di marmo bianco lavorato a rilievo.

Non lontano dal villaggio di Salavat, a est della città moderna, nel XII secolo sorse il Sultan Saodat, complesso funebre dei sayyid di T., comprendente due mausolei che nei secoli successivi (XIV-XVII) furono affiancati da un gruppo di edifici memoriali in coppie. Sul lato orientale del complesso fu costruito, sull'asse longitudinale, il darwāza-ḫāna, ossia l'ingresso monumentale (XIV-XV sec.), e un ḫānqā (XIV sec.). Negli anni Sessanta del XX secolo Sultan Saodat è stato oggetto di indagini archeologiche.

Imponente fortezza di tipo palaziale, Kirk Kiz ("quaranta ragazze") è nel territorio della T. chagataide (a est dell'odierna), nell'area suburbana della città medievale. Vi sono stati condotti scavi archeologici negli anni Trenta del XX secolo (N. Bačinskij), nel 1967 (Z. Chakimov) e negli anni Ottanta (E. Nekrasova). La costruzione, prevalentemente di mattoni crudi, è quadrata (54 × 54 m), con imponenti torri angolari circolari (vuote). Due corridoi assiali suddividono l'interno della fortezza in quattro blocchi di uguali dimensioni, ciascuno di cinque stanze. Nella parte sud-est si trova un grande ambiente a tre pilastri, evidentemente una sala delle udienze, e, all'incrocio dei due corridoi, una piccola corte quadrata (11 m di lato; secondo alcuni potrebbe trattarsi invece di una sala coperta). Gli sbocchi dei corridoi sia nella corte sia all'esterno sono configurati a īwān. Sulla funzione del complesso esistono diverse ipotesi (fortezza, caravanserraglio o ḫānqā); è opinione prevalente, tuttavia, che si tratti di una residenza palaziale extraurbana. Controversa è anche la datazione (le ipotesi spaziano tra VII-IX sec., XI-XII o ancora fine XIII - inizi XIV sec.). Gli scavi degli anni Ottanta hanno accertato che era funzionante nel XIV secolo e che successivamente fu adibito ad attività artigianali.

Bibliografia

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