L'archeologia del Sud-Est asiatico. Thailandia

Il Mondo dell'Archeologia (2005)

L'archeologia del Sud-Est asiatico. Thailandia

Charles F.W. Higham
Phuthorn Bumadhon
Joyce C. White
Ian C. Glover
Fiorella Rispoli
Jean-Pierre Pautreau
Vincent C. Pigott
Roberto Ciarla
Rachanie Thosarat
Marco Ferrandi

Thailandia

di Charles F.W. Higham

La Thailandia è stata la prima nazione dell'Asia Sud-Orientale a essersi aperta alla ricerca archeologica moderna; questa nazione, infatti, che non ha mai conosciuto la colonizzazione straniera, può ben essere considerata il "Paese di mezzo" tra le diverse aree culturali del Sud-Est asiatico continentale, come si evince d'altra parte dalla sua collocazione geografica al centro della piattaforma continentale della Sonda. Abbracciata dal Salween a ovest e dal Mekong a nord-est, solcata al centro dal Chao Phraya, con l'apertura a occidente attraverso il Passo delle Tre Pagode e, da questo, verso il Mare delle Andamane, con i sicuri approdi del Golfo di Thailandia e la facile via della Penisola Malese a sud, a partire dal Neolitico la regione ebbe un ruolo privilegiato nei diversi fenomeni di interscambio a livello locale, regionale e interregionale.

Paleolitico

Fino a oggi le ricerche non hanno portato alla luce fossili umani databili al Paleolitico, tuttavia a Ban Mae Tha e a Ban Don Mun, in un deposito di ghiaie di un antico fiume, sepolto sotto una colata di lava basaltica datata a oltre 700.000 anni fa, sono state individuate tre interessanti pietre da ognuna delle quali sembrerebbero essere state intenzionalmente distaccate alcune schegge. Khao Pah Nam è un sito formato da una ripida formazione carsica dai bordi scoscesi situata nella Provincia di Lampang dove, in una grotta calcarea, sono stati rinvenuti utensili litici scheggiati associati a ossa di iena, ippopotamo, tigre, Bovidi selvatici e Cervidi. Alcune ossa erano carbonizzate e giacevano vicino a quello che sembra essere stato un focolare; probabilmente alcuni gruppi di Homo erectus occuparono quella zona di bosco deciduo relativamente aperto: i resti faunistici non comprendono infatti nessuna delle specie oggi presenti nella fitta foresta pluviale. Alla prima espansione antropica ne seguì una seconda, circa mezzo milione di anni più tardi, che portò Homo sapiens nel Sud-Est asiatico. Testimonianze della presenza di sapiens sono state individuate a Lang Rongrien, un'ampia grotta calcarea della Thailandia meridionale. Gli scavi (1983) hanno portato alla scoperta di resti di focolari con carboni datati fra 38.000 e 27.000 anni fa. La grotta fu occupata per brevi periodi da cacciatori-raccoglitori e tra i reperti vi sono resti carbonizzati di ossa animali e strumenti litici (grattatoi, coltelli e asce) di selce locale. Lang Rongrien è a oggi l'unico sito thailandese con tracce di fasi culturali databili al periodo tra 38.000 e 27.000 anni fa.

Hoabinhiano

Le valli fluviali interne hanno restituito evidenze risalenti a 13.000 anni fa relative a piccoli gruppi di cacciatori-raccoglitori hoabinhiani. Nelle province di Kanchanaburi e Mae Hongson sono stati indagati molti ripari rocciosi, generalmente localizzati presso ruscelli in modo da avere accesso a un'ampia varietà di risorse (Mammiferi, pesci, Molluschi e vegetali). Spirit Cave (Thailandia settentrionale) è uno tra i siti maggiormente indagati: nel 1966 C. Gorman iniziò una serie di scavi identificando a una profondità di 75 cm una stratigrafia culturale in cui riconobbe quattro distinte fasi di occupazione datate al 14C tra l'11.000 e il 5500 a.C. Anche in questo caso la grotta non fu occupata ininterrottamente. In base alla tipologia dei reperti dello strato 2 fu ipotizzato che Spirit Cave potesse contenere evidenze di agricoltura riferibili a fasi molto antiche; recentemente, però, la resina presente su uno dei frammenti ceramici dello strato in questione è stata datata al II millennio a.C. La documentazione disponibile testimonia l'adattamento di vari gruppi anche in ambiente costiero. Dati i fenomeni di regressione marina in epoca glaciale, molti siti giacciono oggi sotto il Golfo di Thailandia. Quando si verificò il fenomeno inverso di trasgressione marina, i gruppi di cacciatori-raccoglitori seguirono gli spostamenti della linea di costa, ciò che ha permesso il rinvenimento dei loro insediamenti, tra cui Nong Nor (Prov. di Chonburi), per il quale datazioni al 14C testimoniano un'occupazione intorno al 2400 a.C. Gli scavi hanno fornito evidenze di un'ampia gamma di attività che attestano evidenti abilità nella pesca in mare aperto. Nonostante indagini approfondite, nel sito non è stata rilevata la presenza di animali domestici, né di riso o di attrezzi agricoli.

Neolitico

Intorno alla seconda metà del III millennio a.C. i primi gruppi di coltivatori di riso si insediarono nelle valli fluviali del Sud-Est asiatico, con ogni probabilità provenienti dalle valli a sud dello Yangtze (Cina), introducendo l'uso di animali domestici (cane e maiale), di caratteristiche tradizioni vascolari, di fusaiole, oltre che della famiglia linguistica austroasiatica. I pionieristici scavi degli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo (Ban Kao, Ban Chiang, Non Nok Tha, Khok Charoen, Sab Champa) aprirono una nuova stagione di scoperte, soprattutto per la comprensione del Neolitico nell'area. Dal sito di Khok Phanom Di, occupato per almeno 500 anni tra il 2000 e il 1500 a.C., provengono le prime evidenze dei mutamenti che avrebbero portato al passaggio da un'economia di caccia-raccolta a un'economia agricola. La ricostruzione delle fasi di Khok Phanom Di è basata in larga parte sul ritrovamento di un'importante sequenza di tombe (sette fasi funerarie sovrapposte). A Tha Kae, poco a nord di Lopburi, la sequenza si articola in tre fasi principali, la più antica delle quali neolitica. Sono state rinvenute numerose tombe con orientamento nord-sud; nei corredi sono presenti bracciali di pietra, di carapace di tartaruga, oppure ottenuti dalla colonna centrale della conchiglia Tridacna. Nella Thailandia nord-orientale le sepolture rinvenute a Ban Non Wat, nell'alta valle del Mun (2100-1400 a.C.), testimoniano la specializzazione e l'alto livello culturale raggiunti da questi gruppi di coltivatori: sono state rinvenute ricche sepolture in fossa e in giara con corredi composti da ceramica finemente decorata a motivi incisi e impressi, offerte animali (suini) e di conchiglie bivalvi, conchiglie di Cypraea sp. forate e usate come orecchini, bracciali di pietra e conchiglia.

Età del bronzo

Tra il 1500 e il 1200 a.C., la conoscenza delle tecniche di fusione del rame e dello stagno è testimoniata dai reperti scavati presso molti siti dell'età del Bronzo, da Ban Chiang a Non Nok Tha nel Nord-Est, da Ban Non Wat a Ban Lum Khao nella valle del Mun. Conoscenze più approfondite sono state ottenute dallo scavo di due complessi minerari per l'estrazione del rame a Phu Lon (Prov. di Loei) e nella valle di Khao Wong Prachan (Prov. di Lopburi).

Testimonianze della fusione del rame sono emerse a Non Pa Wai, distribuite su un'area di circa 5 ha e gli scavi hanno portato alla luce non solo le testimonianze di un'intensa attività fusoria, ma anche le tombe degli stessi artigiani: in un caso, i resti di un uomo di 25 anni erano associati a due matrici di argilla per la fusione di un'accetta di rame a immanicatura cava, mentre una seconda tomba conteneva un'ascia di rame. Il terreno in cui è stata scavata la tomba conteneva scorie di rame e frammenti di crogioli, testimoniando una fase di produzione di oggetti metallici durata circa otto secoli. Tale ricca presenza di frammenti di lavorazione dei metalli, unitamente a quella di altri siti raggruppati attorno ai giacimenti di rame, documenta uno dei maggiori centri minerari di età preistorica nel Sud-Est asiatico.

Nil Kham Haeng, un altro sito della stessa valle, copre un'area di 3 ha e presenta una stratigrafia profonda più di 6 m. Sono state distinte due fasi principali, datate al 14C tra il 1301 e il 900 a.C. I dati non sembrano indicare un ciclo di produzione continuo, ma fasi produttive su scala ridotta, forse stagionali, dall'estrazione e dalla preparazione del minerale metallifero fino alla successiva fusione. I lingotti lenticolari prodotti erano esportati in gran parte delle comunità agricole nelle pianure thailandesi. Sondaggi stratigrafici effettuati in siti come Ban Chiang, Ban Na Di e Ban Lum Khao hanno mostrato che nel corso di questa fase sono evidenti lievi mutamenti nella tipologia dei corredi, mentre non vi sono evidenze della presenza di élites.

I manufatti di bronzo sono rari anche nelle necropoli più vaste, ad esempio a Ban Lum Khao, nessuno dei 100 corredi di questa fase comprende manufatti di bronzo. Tale quadro è mutato radicalmente con gli scavi (2002) nei livelli dell'età del Bronzo di Ban Non Wat (alta valle del Mun), dove sono state identificate due grandi tombe (3,5 × 5 m) in cui erano sepolti quattro individui insieme a ricchi corredi: in una sepoltura sono stati rinvenuti oltre 80 vasi di dimensioni notevolmente superiori rispetto a quelli delle altre tombe. Sembrerebbe dunque che in questo sito un gruppo di individui avesse raggiunto una posizione dominante all'interno della comunità intorno al 1000 a.C.

Età del ferro

Un aumento della ricchezza e un miglioramento generale dello status sociale si ebbero nel corso della successiva età del Ferro. A Ban Don Ta Phet, sul versante est del Passo delle Tre Pagode (Thailandia occidentale), porta d'accesso verso il Myanmar e l'India, sono state scavate molte tombe con ricchi corredi che comprendono utensili e armi di ferro, ciotole e monili di bronzo, grani di vetro, agata e cornalina. Alcuni gioielli ricordano prototipi indiani, mentre i bronzi non sono paragonabili ad alcun manufatto thailandese dello stesso periodo; tali evidenze testimoniano contatti commerciali con l'India, suggeriti anche da alcuni contenitori in lega di rame ad alto tenore di stagno (23%), che donava all'oggetto una colorazione dorata. I grani di collana provenienti da questo sito rappresentano i reperti più numerosi: circa 3000 perline di vetro, 600 di cornalina, agata, cristallo di rocca e giada sono state rinvenute nelle sepolture, alcune decorate da incisioni mediante applicazione di sostanze alcaline, tecnica che in India raggiunse un elevato grado di perfezione proprio nel periodo di occupazione di Ban Don Ta Phet (395-350 a.C.). A Noen U-Loke (alta valle del Mun) sono state scavate tombe appartenenti a quattro fasi dell'età del Ferro in un sito cinto da ben cinque terrapieni alternati ad ampi fossati. Alcuni defunti presentavano un corredo eccezionalmente ricco, con oggetti d'oro, argento, cornalina, agata e vetro. Gli individui di rango indossavano cinture di bronzo e sfoggiavano bracciali e anelli di bronzo. Il rinvenimento di un giovane uomo, sepolto in posizione prona con una punta di freccia di ferro conficcata nella spina dorsale, testimonierebbe però che il raggiungimento di una posizione di comando o potere all'interno della comunità era divenuto anche motivo di conflitto sociale.

Periodo storico

Nella tarda età del Ferro si assistette a rapidi cambiamenti che avrebbero portato ai primi stadi della civilizzazione. In Thailandia, entità protostatali (maṇḍala) si svilupparono nella Pianura Centrale, nella valle del Mun e nel tratto costiero meridionale della penisola. Nella Thailandia centrale la scoperta di due monete a Nakhon Pathom ha fornito il nome di un antico Stato apparso nell'area. Le monete riportano l'iscrizione śrīdvāravatīśvarapuṇya (letteralmente "gesta meritorie del re di Dvaravati"), nome sanscrito del primo maṇḍala Mon. Le conoscenze su questa civiltà si basano sugli scavi in una serie di siti cinti da fossato e terrapieno (moated sites) presenti ai margini della Pianura Centrale. Molti siti erano vicini a fiumi o ruscelli che alimentavano il fossato circostante; grandi strutture religiose erano presenti sia all'interno che oltre il perimetro del fossato. Ulteriori scavi potranno appurare la presenza di strutture domestiche, in quanto per il momento non si hanno dati riguardo il numero degli abitanti. Qualora emergessero elementi in grado di documentare un numero elevato di abitanti, tali siti potranno essere ritenuti veri centri urbani. In ogni caso, molti dovettero essere la residenza di sovrani: a U-Thong, ad esempio, un'iscrizione della metà del VII secolo riporta: "Shri Harshavarman, nipote di Ishanavarman, avendo esteso la sfera della sua gloria, ha raggiunto il trono del Leone per legittima successione". Il buddhismo era ampiamente diffuso nei centri Dvaravati, dove si sono conservate fondamenta di templi e monasteri. Nello stesso periodo nella valle del Mun si formò una rete di piccoli Stati, i cui nomi insieme a quelli dei sovrani sono riportati in alcune iscrizioni: una, proveniente dalla grande città cinta da fossato di Muang Sema e stilisticamente databile al IX secolo, riporta l'elenco dei doni fatti a una comunità buddhista da un sovrano di nome Shri Chanasa. Questi piccoli Stati contribuirono alla nascita del regno di Angkor (Cambogia). Lungo i confini settentrionali di Angkor si trova l'ampia risaia della valle del Mun; grandi templi di età angkoriana furono costruiti sui più piccoli e precedenti templi di mattoni a Phimai, Phnom Rung e Phanom Wan. Questa fu infatti la regione semiautonoma angkoriana dove risiedeva il lignaggio di Mahidharapura, che sotto Jayavarman VI (1080-1107) si impadronì del trono di Angkor dando a quel regno due dei suoi più grandi sovrani, Suryavarman II e Jayavarman VII.

Bibliografia

R. Ciarla - F. Rispoli (edd.), Southeast Asian Archaeology 1992, S.O.R. LXXVII, Rome 1997; F. Rispoli, Late 3rd-Early 2nd Millennium B.C. Pottery Traditions in Central Thailand: Some Preliminary Observations in a Wider Perspective, ibid., pp. 59-97; Ch.F.W. Higham - R. Thosarat, Prehistoric Thailand, Bangkok 1998; V.C. Pigott, Prehistoric Copper Mining in the Context of Emerging Community Craft Specialization in Northeast Thailand, in A.B. Knapp - V.C. Pigott - E.W. Herbert (edd.), Social Approaches to an Industrial Past. The Archaeology and Anthropology of Mining, London 1998, pp. 205-25; V.C. Pigott - G. Weisgerber, Mining Archaeology in Geological Context. The Prehistoric Copper Mining Complex at Phu Lon, Nong Khai Province, Northeast Thailand, in A.n T. Rehren - A. Hauptmann - J.D Muhly (edd.), Metallurgica Antiqua. In Honor of Hans-Bert Bachmann and Robert Maddin, Bochum 1998, pp. 135-62.

Ayutthaya

di Phuthorn Bumadhon

Nome di un regno e della sua capitale, fioriti tra il 1351 e il 1767 d.C. nella porzione meridionale dell'odierna Thailandia, che esercitarono forti influssi sulle città-stato (muang) confinanti (Lan Na, Sukhothai e Lan Xang), abitate da gruppi di lingua e cultura Thai.

Gli Occidentali chiamavano il regno di A. Siam e ritenevano che fosse stato fondato da un sovrano di Lopburi o di Suphan Buri, le città-stato più importanti della Pianura Centrale. Secondo la tradizione, infatti, il re U-Thong, dopo avere abbandonato la sua capitale per un'epidemia, si spinse verso sud per fondare una nuova città; scelta un'isola circondata da tre fiumi, il Maenam Chao Phraya, il Pa Sak e il Lopburi, egli fondò Dvaravati Sri Ayutthaya e nel 1351 d.C. assunse il titolo regale di Ramathibodhi I. Durante il primo secolo di regno (1351-1451 d.C.), A. consolidò i propri confini orientali grazie alle favorevoli campagne militari del 1369 e del 1388 contro il regno di Angkor (Cambogia) e alla vittoria finale del 1431 d.C., che indusse i Khmer ad accettare la sovranità dei Thai. L'espansione di A. verso nord incontrò maggiori difficoltà per la resistenza opposta dal regno di Lan Na (Chiang Mai), alleato dei Birmani; il regno di Sukhothai venne invece incorporato durante la reggenza di Baromma Trailokanat (1448-88 d.C.). Il regno di Pegu, a occidente, fu nel corso di vari periodi sotto il dominio di A. e concesse basi commerciali per i traffici con l'India e i Paesi Arabi, mentre le città-stato meridionali, tra cui occorre citare Nakhon Si Thammarat, accettarono il controllo di A. diventandone alleate. A. prosperò per 417 anni sotto la guida di 34 sovrani, fino al 1767 d.C., anno in cui la capitale fu saccheggiata dall'esercito birmano.

Costruita su un'isola e protetta dal fiume e da una serie di canali, A. aveva mura (alt. 8 m) su due livelli, la base di terra pressata e l'alzato di mattoni cotti; lungo il perimetro difensivo erano disposti 16 bastioni e 32 porte. I dati archeologici hanno mostrato che la città si espanse fino a raggiungere un'area di 14 km2. All'interno della cinta fortificata sono stati identificati 3 palazzi, 141 templi, canali artificiali, strade di mattoni, mercati e un bacino idrico al centro della città. La maggior parte degli edifici fu saccheggiata e data alle fiamme dall'esercito birmano e le loro rovine compongono oggi il Parco Storico di A. L'economia si basava in massima parte sul commercio dei prodotti agricoli e della foresta. I re esercitavano il controllo su tutti i prodotti esportati (pelli di cervo, pepe, legni profumati, cortecce degli alberi medicinali, riso ed elefanti); venivano importati armi da fuoco e munizioni, metallo per le fonderie, cotone stampato, seta e ceramiche. Nel periodo iniziale A. commerciava con la Cina, il Giappone, l'India, l'Arabia, la Malaysia e l'Indonesia, mentre nel XVII secolo il mercato si rivolse verso Portoghesi, Inglesi, Francesi e Olandesi. Gli Olandesi divennero poi i più importanti referenti commerciali del regno e fu loro concesso di impiantare nella capitale stazioni per lo stoccaggio delle merci.

Negli anni Ottanta importanti indagini archeologiche sono state condotte sul luogo dell'insediamento portoghese, in particolare presso la chiesa domenicana di S. Pedro. Di notevole interesse è il rinvenimento di 253 sepolture riferibili a padri domenicani, residenti portoghesi e conversi locali. Tra le indagini condotte in diverse aree di scavo all'interno della città, particolarmente interessanti sono i dati provenienti da due trincee aperte alle spalle del Wat Somakos e da una trincea presso Wat Phanang Cherng. Tali scavi hanno permesso di ricostruire una cronologia relativa per l'intera regione di A., sulla base dell'associazione tra la tipologia ceramica locale e i frammenti di porcellane cinesi delle dinastie Yuan (1279-1368 d.C.), Ming (1368-1644 d.C.) e Qing (1644-1911 d.C.). I dati hanno inoltre dimostrato che la piccola comunità stanziata sulla riva orientale dell'isola di A. già dal XIII secolo intratteneva rapporti commerciali con i porti della Cina orientale e che tali rapporti, soprattutto dopo la fondazione del regno di A., continuarono ininterrotti fino alla distruzione del 1767 d.C.

Bibliografia

D.G.E. Hall, A History of South-East Asia, London 1955; D.K. Wyatt, The Short History of the Kings of Siam, Bangkok 1975; Id., Thailand. A Short History, New Haven 1984; D.G.E. Hall, A History of Thailand, Bangkok 1988.

Ban chiang

di Joyce C. White

Sito a carattere insediativo e funerario localizzato nell'altopiano del Khorat (Thailandia nord-orientale). I resti funerari, cui il sito deve la sua fama, sono datati tra il 2100 a.C. e il 200 d.C. Più antiche fasi di occupazione risalgono comunque a partire dal IV millennio a.C.

Il sito venne casualmente scoperto nel 1966 e gli scavi furono intrapresi nel 1974 e nel 1975 da un progetto congiunto Thai-statunitense codiretto da Ch.F. Gorman e P. Charoenwongsa. Il progetto rappresentò uno dei primi scavi multidisciplinari internazionali con utilizzo di moderne metodologie stratigrafiche dell'intero Sud-Est asiatico continentale. B.Ch. è celebre per la sua caratteristica ceramica funeraria (Red on Buff) e la sua controversa cronologia. I resti abitativi consistono in fori di palo, presumibilmente di case su palafitta, e dense concentrazioni di manufatti frammentari. Dalle oltre 142 sepolture rinvenute è stato possibile dividere la sequenza in tre periodi (antico, medio e tardo), ulteriormente suddivisi in fasi caratterizzate principalmente da mutamenti ceramici. Durante il periodo antico (fasi I-V, 2100-900 a.C.) adulti e adolescenti erano generalmente seppelliti in posizione prona, accompagnati da pochi vasi fittili e più raramente da ornamenti personali o strumenti, mentre gli infanti venivano deposti in giare. Durante il periodo medio (fasi VI-VIII, 900-300 a.C.) vasi di grandi dimensioni (fino a oltre 20 esemplari) venivano intenzionalmente rotti sopra e sotto il corpo dei defunti. Nel periodo tardo (fasi IX-X, 300 a.C. - 200 d.C.) si tornò a collocare vasi integri sul corpo dei defunti.

La forma fittile più comune è costituita dal vaso globulare con orlo everso e impressioni di corde sulle superfici esterne. Tra i vasi del periodo antico figurano alcuni esemplari con elaborati disegni incisi e impressi. I recipienti caratteristici del periodo medio sono grandi vasi carenati di colore biancastro con disegni dipinti e incisi lungo la spalla. I motivi dipinti in rosso su base camoscio (Red on Buff Painted Ware) del periodo tardo rappresentano lo stile più conosciuto del sito. I manufatti di metallo (asce e punte di lancia a immanicatura cava, ornamenti personali, soprattutto bracciali) apparvero subito dopo le sepolture più antiche, agli inizi del II millennio a.C. Frammenti di crogioli e scorie di fusione sono presenti tra i rifiuti domestici e attestano che la fusione degli oggetti era praticata in loco, sebbene quella dei minerali dovesse avvenire a molti chilometri di distanza. Il ferro apparve nel periodo medio: le punte di lancia bimetalliche e i bracciali rappresentano i più antichi beni funerari in ferro. Una sepoltura del periodo tardo conteneva una raffinata collana di bronzo ad alto tenore di stagno, mentre in altre erano presenti grandi grani biconici di vetro blu. La prima cronologia proposta, pubblicata poco dopo lo scavo e prima dell'analisi stratigrafica completa, implicava che il bronzo e il ferro fossero apparsi molto tempo prima di quanto si stimi attualmente; ciò nonostante, anche la datazione rivista per il bronzo e il ferro è ancora relativamente preliminare. La presenza di manufatti di ferro durante il periodo medio coincide approssimativamente con la comparsa di ossa di bufalo d'acqua domestico e con un mutamento delle evidenze paleoambientali; entrambi gli elementi suggeriscono che la coltivazione del riso in vasca risalirebbe almeno al I millennio a.C. Il riso era comunque presente nelle sepolture del periodo antico (fase I) e costituisce probabilmente uno dei primi cultigeni (2100-1800 a.C.). La tradizione culturale B.Ch. documenta quindi una società sedentaria e agricola con gruppi di abitazioni su palafitte, produzione di eccedenze, sfruttamento di piante sia selvatiche sia coltivate, villaggi autonomi con tradizioni culturali simili, sepolture nei pressi dell'abitato e un sistema sociale flessibile.

Bibliografia

J.C. White, Ban Chiang. Discovery of a Lost Bronze Age, Philadelphia 1982; M. Pietrusewsky - M.T. Douglas, Ban Chiang, a Prehistoric Village Site in Northeast Thailand, I. The Human Skeletal Remains, Philadelphia 2002; J.C. White et al., Vegetation Changes from the Late Pleistocene through the Holocene from Three Areas of Archaeological Significance in Thailand, in Quaternary International, 113, 1 (2004), pp. 111-32.

Ban don ta phet

di Ian C. Glover

Necropoli dell'età del Ferro ubicata nella Provincia di Kanchanaburi, scavata (1975-76, 1980-81, 1984-85) da una spedizione congiunta anglo-thailandese. Cinque datazioni al 14C su campioni di riso estratti da frammenti ceramici hanno permesso di stabilire una data al 390-360 a.C.

La necropoli, circondata da un fossato e un terrapieno, è composta da circa 105 sepolture in deposizione secondaria, disposte in file regolari a distanza di 50-70 cm circa l'una dall'altra. I ritrovamenti effettuati comprendono vasi in argilla cotta a bassa temperatura con impressioni di corda o con ingobbio rosso brunito, circa 1000 tra strumenti e armi di ferro, recipienti di bronzo, bracciali e ornamenti personali, tra cui più di 3000 vaghi di vetro e di pietre semipreziose, braccialetti di avorio e rare tracce di tessuti di canapa e di cotone, pianta, quest'ultima, che arrivò in Thailandia probabilmente dall'India. La distribuzione dei vaghi al momento del rinvenimento suggerisce che essi dovevano essere cuciti sui vestiti piuttosto che deposti in forma di collane. I più comuni sono i vaghi di colore verde chiaro e giallo miele e i piccoli vaghi di vetro rosso opaco prodotti nell'India sud-orientale; l'alto contenuto di allume del vetro conferma la loro origine alloctona. Più di 600 vaghi di agata, cornalina, cristallo di rocca e giada presentavano le caratteristiche striature nei fori che indicano l'uso di trapani a punta di diamante, forse la più antica documentazione del loro uso a oggi nota nel mondo.

Il bronzo era usato per contenitori, mestoli, figurine animali, bracciali, cavigliere e piccole campanelle. Molti dei 300 recipienti di bronzo erano realizzati in lega ad alto tenore di stagno (23-28%), scelta per la sua somiglianza con l'oro. Alcuni recipienti presentano raffinate decorazioni incise sotto l'orlo, con scene comprendenti personaggi, case, cavalli, bovini e bufali. Nell'Asia Sud-Orientale recipienti di bronzo simili per composizione e forma a quelli rinvenuti nel sito sono stati rinvenuti nella Thailandia occidentale e in Malaysia. Alcune tazze di bronzo presentano al centro della base un bottone conico circondato da cerchi concentrici, che potrebbe rappresentare il Monte Meru circondato dagli oceani: un simbolo cosmologico dell'antica iconografia religiosa buddhistica e induista. Vasi simili di bronzo, di ceramica e di pietra sono stati rinvenuti in molti contesti buddhistici dell'India e del Pakistan. Tra gli oggetti importati dall'India, oltre a vaghi di vetro e di pietre semipreziose, figurano due pendenti di cornalina a forma di leone, simili a quelli rinvenuti in reliquiari della cultura del Gandhara, nel Pakistan nord-occidentale, e circa 50 vaghi incisi con sostanze alcaline, tecnica nota per essere stata praticata solo in India e in Pakistan. Le ricerche hanno dimostrato come oggetti di lusso e ornamentali di produzione indiana, alcuni con valenze religiose di tipo buddhistico, circolassero in Thailandia circa 800 anni prima della comparsa dei primi templi e Stati indianizzati della civiltà Dvaravati.

Bibliografia

I.C. Glover et al., The Cemetery of Ban Don Ta Phet, Thailand: Results from the 1980-81 Excavation Season, in SAA 1981, pp. 319-30; I.C. Glover, Ban Don Ta Phet: the 1984-85 Excavation, in SAA 1986, pp. 139-83; Id., Early Trade between India and South-East Asia: a Link in the Development of a World Trading System, Hull 19902.

Ban kao

di Fiorella Rispoli

Sito neolitico (Prov. di Kanchanaburi) presso il quale, nei primi anni Sessanta del XX secolo, una missione congiunta danese e Thai ha portato alla luce i resti di due necropoli, Bang e Lue, che hanno fornito un importantissimo contributo alla comprensione del Neolitico della Thailandia occidentale (fine III millennio - II millennio a.C.).

L'indagine archeologica ha evidenziato un complesso di livelli abitativi e di necropoli che documentano la presenza di comunità protoagricole sedentarie. Sono stati scavati circa 400 m2 ed è stato portato alla luce un deposito, verosimilmente abitativo, tagliato da un'estesa necropoli di cui sono state indagate 44 sepolture. I corpi, inumati in semplici fosse, erano collocati in posizione supina e accompagnati da corredi composti da ceramica, asce di pietra, bracciali e piccoli elementi discoidali per collana di conchiglia. Sulla base di oltre 650.000 frammenti ceramici rinvenuti nel livello abitativo e dei circa 190 vasi interi (o a profilo ricostruibile) provenienti dai corredi funerari, è stato possibile distinguere tre diverse fasi, la prima caratterizzata da ceramica a fondo arrotondato provvista di supporti quali piedistalli, piedi ad anello o tre piedi conici, la seconda da basse coppe carenate, rifinite da un'accurata brunitura su ingobbio rosso o nero, e la terza da due sole sepolture, in cui sono state rinvenute due asce di ferro. La cronologia di due delle tre fasi si basa su sette datazioni al 14C: tre, relative alla fase più antica, forniscono una data tra il 2500 e il 1500 a.C., mentre le altre quattro, riferibili alla seconda fase, pongono quest'ultima tra il 1800 e il 1350 a.C. L'ultima fase è stata invece datata indirettamente, in base alla presenza degli utensili in ferro, intorno al 400-300 a.C. I livelli abitativi dei siti del complesso di B.K. hanno restituito un gran numero di ossa di animali selvatici (pesci, tartarughe e Molluschi), come pure di ossa di maiale e di cane, a indicare che animali domestici affiancavano l'attività di caccia-pesca e raccolta. Sono state inoltre rinvenute numerose categorie di manufatti (bracciali in pietra, ami da pesca e pettini in osso, fusaiole in ceramica e mazzuoli per la concia dei tessuti di corteccia, o bark-cloth beaters) che illustrano molteplici attività domestiche solo in parte evidenziate dall'analisi dei corredi funerari.

Repertori ceramici simili a quelli scavati nei due livelli neolitici di Bang e di Lue, associati a simili asce in pietra polita, sono stati rinvenuti nel livello più tardo del riparo di Sai Yok, nella grotta di Tham Ongbah (Prov. di Kanchanaburi) e nel sito di Nong Chae Sao (Thailandia occidentale), dove sono stati trovati anche i resti di un'abitazione rialzata su pali. Più a sud, nella Thailandia peninsulare, un riparo sotto roccia nelle vicinanze del villaggio di Buang Bep (Prov. di Surat Thani) ha restituito reperti affini. Ancora più a sud, tripodi simili a quelli di B.K. (con i caratteristici piccoli fori circolari per la fuoriuscita dell'aria durante la cottura) sono presenti in Malaysia nelle grotte di Gua Berhala (Kedah), Gua Bintong (Perlis) e Gua Cha (Kelantan) e, a sud di questi, nel sito di Dengkil (Selangor, Malaysia), che ha fornito una data al 14C intorno al 2000 a.C.

Bibliografia

P. Sørensen, The Thai-Danish Prehistoric Expedition 1960-1962. A Preliminary Report on the Results of the Expedition 1960-61 to the Kanchanburi Province, Western Thailand, in Folk, 4 (1962), pp. 28-45; H.R. van Hekeeren - E. Knuth, Archaeological Excavations in Thailand, I. Sai Yok, Copenhagen 1967; P. Sørensen - T. Hatting, Archaeological Excavations in Thailand, II. Ban Kao, 1. The Archaeological Materials from the Burials, Copenhagen 1967; D.T. Bayard - R.H. Parker, Interpretation of Sai Yok and Ban Kao Sites, Central Thailand, in AsPersp, 19, 2 (1976), pp. 289-92; P.S. Bellwood, Man's Conquest of the Pacific, Auckland 1978, pp. 166-73; Id., Prehistory of the Indo-Malaysian Archipelago, Honolulu 19972, pp. 258-67; Ch.F.W. Higham, Early Cultures of Mainland Southeast Asia, Bangkok 2002, pp. 105-109.

Ban lum khao

di Charles F.W. Higham

Sito ubicato circa 20 km a ovest di Phimai, nell'alta valle del Mun (Thailandia nord-orientale); gli scavi condotti nel 1995-96 da una missione congiunta neozelandese e thailandese hanno portato alla luce quattro fasi di occupazione databili tra il 1300 e il 500 a.C.

Lo strato basale, datato al 14C al 1280 a.C., è caratterizzato da una serie di fosse contenenti frammenti ceramici misti a fauna marina (pesci e Molluschi). La seconda fase di occupazione è documentata da un gruppo di tombe allineate sull'asse est-ovest. I defunti erano deposti in semplici fosse insieme a corredi comprendenti piccoli vasi globulari decorati con impressioni di corda. La cronologia di questa fase è stata determinata su base stilistica al Neolitico tardo. Lo strato successivo è caratterizzato da un'estesa necropoli dell'età del Bronzo in cui i defunti erano disposti in fila e i neonati deposti in grandi vasi ceramici dotati di coperchio e decorati da elaborati motivi incisi o dipinti; il corredo di questi ultimi era composto da vasellame miniaturistico del tutto simile a quello rinvenuto nelle sepolture di adulti. Nonostante siano state individuate e scavate quasi 100 sepolture, in nessuna sono stati rinvenuti manufatti di rame/bronzo; al contrario, però, la presenza di forme di fusione e crogioli dimostra che tra il 1000 e il 600 a.C. questo metallo era fuso nel sito. La tarda età del Bronzo (700-500 a.C.) vide un sensibile incremento della ricchezza dei corredi funebri: i tipi ceramici mutarono e, soprattutto, aumentò il numero di contenitori ceramici nei corredi; comparvero per la prima volta le fusaiole, a documentare che in questa fase l'importanza della tessitura aumentò. Tombe della prima età del Ferro rinvenute a Noen U-Loke, 15 km a ovest del sito, contenevano vasellame identico, indicando che l'ultima fase di occupazione del sito si data tra la fine dell'età del Bronzo e l'inizio dell'età del Ferro.

Bibliografia

Ch.F.W. Higham - R. Thosarat (edd.), The Excavation of Ban Lum Khao, Bangkok 2005.

Ban na di

di Charles F.W. Higham

Insediamento ubicato lungo il corso superiore dei fiumi Songkhram e Pao (Prov. di Udon).

Gli scavi hanno portato alla luce una sequenza stratigrafica in otto livelli per una profondità di 4 m. Due datazioni al 14C suggeriscono che l'occupazione ebbe inizio intorno al 1000 a.C. Il livello 7 è datato intorno al 500 a.C., mentre l'attività di fusione del bronzo e le deposizioni di bambini in giare si collocano fra il 200 a.C. e il 200 d.C. Il livello 8, il più profondo, appare caratterizzato da evidenze di occupazione costituite principalmente da accumuli di resti di molluschi d'acqua dolce e focolari. Il livello 7 era costituito da una necropoli con gruppi di tombe a inumazione e da una fornace per la fusione del bronzo. Dopo tale fase funeraria l'area fu utilizzata esclusivamente per la fusione del bronzo: sono state scavate otto fornaci rivestite di argilla per la fusione del rame, intorno alle quali vi erano frammenti di matrici di argilla per la realizzazione di braccialetti con la tecnica a cera persa e frammenti di crogioli. Nel livello 4 parte della zona ospitava sepolture di bambini deposti in vasi con coperchio.

Il rituale funerario delle sepolture in fossa (livello 7) prevedeva che il defunto, accompagnato dal corredo, fosse avvolto in un sudario o avesse indosso i propri abiti. Il corredo comprendeva bracciali di pietra e bronzo, denti di cane forati, statuine fittili di bovini, cervi e figure umane. Alcuni oggetti erano importati, come i bracciali di Trochus, una specie marina proveniente da almeno 1000 km di distanza, e forse quelli di marmo e ardesia. La presenza nelle tombe di tali oggetti alloctoni mostra come le comunità di B.N.D. partecipassero a una rete di scambi che le collegava all'area costiera e ai circostanti altopiani. La distribuzione dei beni all'interno dei gruppi di sepolture sembrerebbe inoltre evidenziare differenziazioni sociali: tutte le figurine di argilla, gran parte dei bronzi, gli unici oggetti in ferro, i bracciali di Trochus e quelli di pietra sono stati infatti rinvenuti in un solo gruppo di sepolture, a suggerire che, sebbene relativamente piccola e autonoma, la comunità comprendesse due o più gruppi di status distinto. Dai resti umani dei 63 individui riferibili alla prima fase funeraria si rileva una statura piuttosto alta e ossa ben sviluppate che, insieme all'assenza di patologie importanti, indicano una dieta equilibrata.

Durante il periodo antico, la fusione di oggetti di bronzo in matrici bivalvi di pietra indica conoscenze tecniche basate presumibilmente sullo scambio di lingotti di rame e stagno. Inoltre la popolazione, a giudicare dai resti organici, coltivava riso, allevava bovini, maiali e cani e si dedicava alla caccia e alla pesca. I vasi funerari spesso contenevano resti di cibo; in numerosi casi veniva deposta con il defunto una zampa anteriore sinistra di bovino o maiale, che attesterebbe l'uccisione rituale di animali domestici. Un significativo mutamento nello stile e nelle tecniche di fabbricazione della ceramica rinvenuta nel livello 5 sembra indicare che il sito fu occupato da un nuovo gruppo, come confermano anche tecniche diverse di lavorazione del bronzo: matrici di argilla e fusione a cera persa erano impiegate per la fabbricazione di diversi tipi di bracciali di bronzo. Si nota inoltre un'intensificazione degli scambi: i vasi con sepolture di bambini contenevano vaghi di collana di vetro derivanti da contatti con l'India. Coltelli, punte di lancia, bracciali e falcetti di ferro documentano l'importanza di questo metallo nell'agricoltura e nella fabbricazione di armi e ornamenti. La preferenza per vasi con decorazione dipinta permette infine di evidenziare confronti e contatti culturali con il vicino sito di Ban Chiang dove, verso la fine del I millennio a.C., erano utilizzati anche vaghi di vetro simili.

Bibliografia

Ph. Houghton - W. Wiriyaromp, The People of Ban Na Di, in Ch.F.W. Higham - A. Kijngam (edd.), Prehistoric Investigations in Northeast Thailand, Oxford 1984, pp. 391-412; Ch.F.W. Higham - R. Thosarat, Prehistoric Thailand. From Early Settlement to Sukhothai, Bangkok 1998, pp. 99-109; Ch.F.W. Higham, Early Cultures of Mainland Southeast Asia, Bangkok 2002, pp. 135-41.

Ban wang hai

di Jean-Pierre Pautreau

Necropoli ubicata lungo il fiume Kwang (Prov. di Lamphun), scoperta casualmente nel 1986 e oggetto di scavi tra il 1996 e il 1998 nell'ambito di un progetto franco-thailandese. I complessi funerari rinvenuti comprendono sepolture a inumazione, tracce di incinerazioni e depositi databili all'età del Ferro. La fine dell'occupazione della necropoli è stata datata al 14C tra il 429 e il 657 d.C.

Nelle sepolture a inumazione sono stati rinvenuti beni di corredo comprendenti, oltre ai vasi fittili, collane di perle di vetro, di pietre semipreziose (agata, cornalina) e conchiglia, ornamenti per orecchio di vetro, bracciali di bronzo, utensili e armi di ferro. Si notano inoltre sensibili differenze nella composizione dei corredi, che in alcune sepolture sono del tutto assenti mentre in altre appaiono estremamente ricchi e complessi: ad esempio, una decina di utensili e armi di ferro (una spada, lance provviste di manico, un'ascia) erano stati deposti nella sepoltura di un giovane uomo che indossava una collana di perle di vetro blu e sottili lamine di conchiglia e due grandi orecchini ad anello di vetro; la spada è inoltre un rinvenimento eccezionale in quanto mai attestato prima in Thailandia. Sono anche presenti grandi urne funerarie e incinerazioni. I dati sui rituali d'inumazione e sul corredo funerario arricchiscono le conoscenze sulle comunità delle fasi finali dell'età del Ferro; in questo periodo si accentuarono i contatti con il mondo cinese e con l'India, i cui apporti sarebbero stati particolarmente importanti nell'ambito religioso e sociale. L'uso di collane di grani di pasta vitrea e di perle di agata e cornalina, importate o imitate dalle produzioni indiane, divenne un tratto generalizzato che che accomunò in età protostorica buona parte del Sud-Est asiatico. Alcuni ornamenti di bronzo, come un bracciale decorato da campanelle, trovano invece stretti confronti con le necropoli della Thailandia nord-orientale.

Bibliografia

J.-P. Pautreau - P. Mornais - Tassana Doy-Asa, Ban Wang Hai, Excavations of an Iron-Age Cemetery in Northern Thailand, Chiang-Mai 2003.

Banyan valley cave

di Charles F.W. Higham

Riparo sotto roccia situato nella Thailandia settentrionale e scavato da C.F. Gorman nell'ambito di uno studio sulla tradizione dei cacciatori-raccoglitori hoabinhiani, per la prima volta riconosciuta e definita da M. Colani (1932) sulla base dei molti ripari scavati nel Vietnam settentrionale.

In questo sito, datato fra l'11.000 e il 6000 a.C., sono stati recuperati resti vegetali, ceramica, asce di pietra levigata e coltelli di ardesia, che indicherebbero la manipolazione di specie vegetali. Al momento della scoperta (1971) sono stati rinvenuti in superficie strumenti litici monofacciali di forma discoidale, i sumatraliti, del tipo diffuso nei contesti hoabinhiani. Gli scavi successivi hanno messo in evidenza una complessa stratigrafia, con strati lenticolari di cenere, tracce di focolari e fosse, che presentava alla base un deposito tipicamente hoabinhiniano, con molte ossa di animali e sumatraliti. Dai livelli superiori sono stati recuperati 110 glumelle di riso e i resti di vegetali identificati come semi di Canarium, bambù, cetriolo e zucca. La presenza di lische di pesce e chele di granchio testimonia lo sfruttamento del vicino torrente, mentre numerose ossa animali provano che era praticata la caccia di varie specie animali sia terrestri sia acquatiche. L'analisi dei resti di riso, in base al riconoscimento delle caratteristiche morfologiche delle cariossidi, ha attestato che nel sito esso era ancora allo stadio selvatico; le caratteristiche della rottura delle cariossidi, tuttavia, erano probabilmente il risultato dell'uso di una macina. Datazioni radiocarboniche e per termoluminescenza hanno fornito indicazioni cronologiche simili: i livelli più bassi vennero occupati nel IV millennio a.C. mentre quelli superiori, contenenti i resti di riso, erano ascrivibili al I millennio d.C. Il riso rinvenuto a B.V.C., quindi, non solo era selvatico, ma anche molto tardo nella sequenza preistorica della Thailandia.

Bibliografia

C.F. Gorman, A Priori Models and Thai Prehistory: a Reconsideration of the Beginnings of Agriculture in Southeast Asia, in C.A. Reed (ed.), Origins of Agriculture, The Hague 1977, pp. 322-55; D.E. Yen, Hoabinhian Horticulture: the Evidence and the Questions from Northwest Thailand, in J. Allen - J. Golson - R. Jones (edd.), Sunda and Sahul, New York - London 1977, pp. 567-99; Ch.F.W. Higham - R. Thosarat, Prehistoric Thailand. From Early Settlement to Sukhothai, Bangkok 1998, pp. 29-35; Ch.F.W. Higham, Early Cultures of Mainland Southeast Asia, Bangkok 2002, pp. 46-54.

Chansen

di Charles F.W. Higham

Sito urbano (ca. 5 km2) circondato da fossato e terrapieno ubicato nel distretto di Takhli (Prov. di Nakhon Sawan). Gli scavi condotti da B. Bronson e G.F. Dales (1968-1969) hanno messo in luce una sequenza culturale che comprende sei fasi databili tra l'800 a.C. e il 1500 d.C. circa.

Le prime due fasi (800 a.C. - 200/250 d.C.) non hanno restituito sepolture e dunque non si dispone di corredi funerari. Dai livelli della fase 2 proviene tuttavia un pettine di avorio decorato su entrambe le facce da incisioni di elaborati motivi, inseriti entro una cornice a imitazione di elementi architettonici lignei o lapidei. I motivi, un haṃsa dall'elaborato piumaggio e gli "otto segni di buon auspicio" (aṣṭamaṅgala), presentano iconografia e stile riconducibili all'India e riferibili all'arte di Amaravati o a quella Gupta. Appartengono alle fasi 3 e 4 (200/250 - 600/650 d.C.) reperti quali amuleti di stagno, stampi per le ceramiche, campanelle di bronzo e matrici di pietra bivalvi per la fusione di gioielli; tali evidenze presentano affinità con quelle rinvenute a Oc Eo (Vietnam), primo esempio di città portuale la cui prosperità è da attribuire alla nascente rotta di scambi marittimi che univa la Cina all'India e a Roma. B. Bronson descrive anche otto ciotole di ceramica nera dall'aspetto metallico, con ogni probabilità importazioni, molto simili a reperti rinvenuti nello Sri Lanka. Dalla fase 5 venne creato a Ch. un fossato di forma approssimativamente circolare (diam. interno 640 m ca.), associato a un bacino esterno per la conservazione delle acque. Dalla maggiore quantità di vasellame di questo periodo si può ipotizzare un forte incremento della popolazione; la ceramica è inoltre stilisticamente riconducibile al cosiddetto "periodo Dvaravati" della valle del Chao Phraya. Gli scavi hanno dunque documentato una continuità di occupazione dalla tarda preistoria (fasi 1-4) ai periodi Dvaravati (fase 5), Lopburi (fase 6) e Sukhothai (fase 7), mettendo in evidenza le prime fasi della nascita di quella koinè culturale e commerciale che si instaurò dalla fine dell'età del Ferro (200 a.C. - 300 d.C.) tra le regioni dell'Asia Sud-Orientale e tra queste e l'Oceano Indiano, a ovest, e il Mar Cinese Meridionale, a est.

Bibliografia

B. Bronson - G.F. Dales, Excavations at Chansen, Thailand, 1968, 1969: a Preliminary Report, in AsPersp, 15, 1 (1973), pp. 15-46; B. Bronson, Excavations at Chansen and the Cultural Chronology of Prehistoric Central Thailand (PhD Diss.), Philadelphia 1976; Id., The Late Prehistory and Early History of Central Thailand with Special Reference to Chansen, in R.B. Smith - W. Watson (edd.), Early South East Asia. Essays in Archaeology, History and Historical Geography, Oxford - New York 1979, pp. 315-36.

Dvaravati, cultura

di Charles F.W. Higham

Cultura sviluppatasi nella valle del Chao Phraya tra il 400 e il 900 d.C. circa, che nel corso del tempo fu progressivamente sempre più soggetta agli influssi del regno di Angkor (Cambogia) del quale comunque non fu mai veramente sotto il controllo diretto.

La popolazione parlava la lingua Mon, strettamente imparentata con il Khmer e appartenente alla famiglia austroasiatica. La cultura D. è documentata da una serie di grandi siti urbani cinti da fossati e terrapieni (moated sites), con pianta irregolarmente ovale o rettangolare, la cui ubicazione preferenziale era nei pressi di corsi d'acqua che alimentavano i fossati. Gli scavi hanno spesso messo in evidenza all'interno dei siti le fondazioni di edifici religiosi di laterite e mattoni con rivestimenti di stucco decorato con figure o simboli buddhisti. Le costruzioni comprendono stūpa e caitya destinati a ospitare reliquie o immagini del Buddha. I centri sono stati suddivisi in base alla loro distribuzione geografica in orientali, centrali e occidentali, ma non è a tutt'oggi chiaro se esistesse un'unica formazione politica di tipo protostatale/statale o piuttosto una serie di più piccole entità politiche regionali (maṇḍala). Nonostante la scarsità di fonti documentarie sulla cultura D., è noto che la scrittura utilizzata per le iscrizioni era il sanscrito e che il buddhismo incontrava particolare favore, sebbene non a detrimento delle principali divinità Hindu.

In molti insediamenti dell'età del Ferro dell'area si rileva tra il 400 a.C. e il 300 d.C. un fenomeno di crescita della complessità culturale; tra questi occorre citare Ban Don Ta Phet, dove alcune ricche sepolture hanno restituito manufatti di sicura importazione indiana, Ban Tha Kae, in cui la fase tardopreistorica è caratterizzata da ceramica, vaghi di collana di oro, macine e anelli con sigillo simili a quelli rinvenuti a Oc Eo (delta del Mekong), e Chansen, dove la fase di transizione tra preistoria e periodo storico della civiltà di D. è documentata da una serie ininterrotta di livelli d'occupazione. I principali centri della cultura D. del gruppo occidentale sono situati in posizione strategica nelle pianure alluvionali del Mekong e del Chao Phraya. In tali aree il livello del mare doveva essere leggermente più elevato rispetto a quello odierno, con fenomeni di sedimentazione più limitati, e i centri più grandi dovevano trovarsi vicino alla costa e quindi direttamente coinvolti nel commercio marittimo.

I principali centri del gruppo occidentale sono Pong Tuk, U-Thong, Nakhon Pathom e Ku Bua. Gli insediamenti più importanti della regione centrale sono Lopburi, Ban Khu Muang e Sri Thep, mentre il gruppo orientale comprende Muang Phra Rot, Dong Si Mahosod e Dong Lakhon. A Ku Bua (Thailandia centro-occidentale), un sito di pianta subrettangolare, circondato da fossato e terrapieno, gli scavi hanno portato alla luce 11 strutture buddhiste di forma vagamente rettangolare (2000 × 800 m) e 33 strutture esterne. L'ampio caitya centrale, destinato a ospitare immagini di culto, era originariamente decorato con stucchi: il sito è infatti noto soprattutto per la serie di immagini di stucco che hanno permesso di definire le diverse classi sociali e di documentare la probabile presenza di mercanti di origine straniera. U-Thong è un centro circondato da un fossato ovale, collegato a un piccolo corso d'acqua, che racchiude un'area di 1690 × 840 m. Qui è stata rinvenuta un'iscrizione su tavoletta di rame che ricorda l'ascesa di Harshavarman al "trono del Leone". Gli scavi hanno portato alla luce le fondazioni di una sala di preghiere buddhista (śālā) e tre stūpa di mattoni di pianta ottagonale. I frammenti delle decorazioni di stucco rinvenuti in questi edifici presentano motivi vegetali, garuḍa, makara e nāga, insieme a leoni. A giudicare dalla menzione del "trono del Leone" nel testo epigrafico e dal numero di modelli in terracotta che rappresentano questo animale, si direbbe che il leone avesse un'importanza e un significato particolare per gli abitanti del sito, forse come rappresentazione simbolica del Buddha. Gli scarsi dati epigrafici hanno comunque restituito importanti informazioni. Da due monete rinvenute a Nakhon Pathom, ad esempio, sappiamo che l'entità politica del Chao Phraya con capitale in questa città era D., come documentato dal testo sanscrito śrīdvāravatīśvarapuṇya ("le imprese meritorie del re di D.") riportato sulle monete. Altre sei monete rinvenute in superficie a Muang Dongkorn menzionano il "re di D.", mentre la già citata iscrizione dal sito di U-Thong (metà VII sec. d.C.) riporta le gesta e l'ascesa al trono di Harshavarman.

Dal IX sec. d.C. nell'area occupata dalla cultura D. si manifestò una sempre più crescente influenza Khmer che sarebbe culminata con l'ascesa al trono di Suryavarman I (1002 - ca. 1049/1050 d.C.) che assoggettò la media e bassa valle del Chao Phraya. L'area in realtà non fu mai sotto il diretto controllo dei Khmer ma ne divenne una provincia parzialmente indipendente, e il sincretismo artistico creatosi dall'incontro di queste due civiltà diede vita a una peculiare forma d'arte conosciuta come "arte" o "stile Lopburi".

Bibliografia

H.G. Quaritch-Wales, An Early Buddhist Civilization in Eastern Siam, in Journal of the Siam Society, 45 (1957), pp. 42-60; Id., Dvaravati: the Earliest Kingdom of Siam, London 1969; R.L. Brown, The Dvaravati Wheels of Law and the Indianization of South East Asia, New York, 1995; D. Saraya, (Sri) Dvaravati, Bangkok 1999; P. Indrawooth, Dvaravati. A Critical Study Based on Archaeological Evidence, Bangkok 2000.

Khao wong prachan, valle del

di Vincent C. Pigott

Piana valliva intermontana (Prov. di Lopburi) in cui sono stati rinvenuti insediamenti con evidenze di un'occupazione prolungata (fine III - fine I millennio a.C.) e di attività metallurgiche di estrazione e fusione del rame. In epoca preistorica la valle era infatti un importante centro di produzione di tale metallo, destinato ai commerci e agli scambi all'interno di una vasta regione.

Nella valle sono state condotte ricerche (1986-94) a opera del progetto congiunto Thai-statunitense Thailand Archaeometallurgy Project (TAP) diretto da S. Natapintu e da V.C. Pigott. La fase di occupazione rilevata nei tre siti scavati, Non Pa Wai, Nil Kham Haeng e Non Mak La, è compresa tra la fine del III e la fine del I millennio a.C. Non Pa Wai e Nil Kham Haeng sono tra i più estesi siti preistorici per la produzione di rame a oggi noti in Asia Sud-Orientale. Non Pa Wai è un sito di circa 5 ha con un deposito archeologico spesso oltre 4 m; nel 1986 e nel 1992 è stata scavata un'area di oltre 350 m2. Lo strato relativo al periodo 1 (Neolitico tardo, ca. 2300-1800 a.C.) si presenta come un'estesa necropoli con inumazioni prevalentemente distese in fosse poco profonde; i corredi sono composti da ceramica rosso-bruna con decorazione incisa e impressa, asce di pietra polita, perle discoidali, tubolari e con sezione a H e bracciali di pietra e di conchiglia. Il sito sembrerebbe essere stato abbandonato per alcuni secoli tra l'inizio del II millennio a.C. e la successiva occupazione di periodo 2 (età del Bronzo, 1500-700 a.C.), caratterizzata dalla comparsa di attività di fusione del rame basate sullo sfruttamento dei giacimenti del vicino sito minerario di Khao Tab Kwai. Il deposito è rappresentato da un'enorme concentrazione di scarti industriali stratificati, costituiti da lenti di ceneri, strumenti per la frantumazione del minerale grezzo, frammenti di minerale di rame, centinaia di frammenti di crogioli, decine di migliaia di matrici per la fusione di piccoli lingotti (cup e conical mould) e migliaia di matrici fittili bivalvi per la fusione di piccoli oggetti (asce, ami, punte). La produzione di lingotti per il commercio e lo scambio sembra essere stata l'obiettivo primario dell'attività metallurgica. Al periodo 2 appartiene inoltre un numero limitato di sepolture che rappresentano un unicum in Thailandia; si tratta di sepolture di "metallurghi", il cui corredo è composto dagli utensili utilizzati nello svolgimento delle attività lavorative: matrici fittili bivalvi per la fusione di grandi asce a immanicatura cava poste nelle mani dell'inumato o lungo il corpo, insieme a grandi frammenti di crogioli e oggetti finiti.

Non Mak La, circa 500 m a sud-est di Non Pa Wai, è stato sottoposto a scavi nel 1994. In una superficie totale di circa 200 m2 sono stati rinvenuti ceramiche e manufatti comparabili con quelli del periodo 2 di Non Pa Wai e sono stati recuperati scarsi resti di fusione di rame e pochi manufatti metallici. Sembra plausibile l'ipotesi secondo cui questo villaggio avrebbe ospitato gli individui addetti alla produzione di rame nel vicino sito di Non Pa Wai, ipotesi che potrebbe essere confermata dall'inusualmente alta concentrazione di rame nei resti scheletrici umani di Non Mak La. Sono stati scavati circa 50 contesti funerari; tra i beni di corredo sono presenti vasi fittili, offerte animali, figurine zoomorfe, ornamenti di pietra e conchiglia e accette di pietra che venivano prodotti nel sito. Numerose incudini di terracotta rinvenute nelle sepolture suggeriscono un'intensa produzione ceramica nel sito. Nil Kham Haeng (ca. 3 km a sud di Non Pa Wai) ha un'estensione di almeno 3,5 ha e un deposito profondo oltre 6 m. Nel corso di tre campagne di ricerca (1986, 1990 e 1992) è stata sottoposta a scavi un'area totale di oltre 200 m2. L'occupazione del sito viene datata tra la fine del II e la fine del I millennio a.C. A Nil Kham Haeng scarti della produzione di rame sono presenti nei depositi più antichi, sebbene la fase di più intensa attività si sia verificata nel periodo 2, intorno al 700 a.C. L'eccezionalità del sito risiede nel fatto che esso presenta una sequenza di lenti profondamente stratificate di rocce frantumate e scorie intervallate da superfici abitative. Funzioni residenziali sono suggerite dalla presenza di buchi di palo, oggetti di ceramica, pietra e conchiglia e ossa animali, così come da impressioni di stuoie. È stato inoltre identificato un limitato numero di sepolture. I depositi più tardi di Nil Kham Haeng sono coevi a quelli di altri siti della regione risalenti alla fine del I millennio a.C., quali Ban Don Tha Phet e Chansen. Le analisi consentono di ritenere che i metallurghi utilizzassero, forse inconsapevolmente, una tecnica di cofusione che sfruttava ossidi e sulfuri cupriferi, con ogni probabilità associati geologicamente. Durante il processo di fusione il risultato era la produzione diretta e in una sola fase di metallo di rame ricco di metallina che contrastava gli effetti negativi della presenza di zolfo nel minerale grezzo. Mentre a Non Pa Wai le attività di fusione erano apparentemente praticate in grandi crogioli di ceramica, a Nil Kham Haeng erano in uso fornaci con invaso di fusione rivestito di argilla. In entrambi i siti le ciminiere fittili delle fornaci, di forma cilindrica e perforate, erano collocate sulla sommità degli impianti di fusione per aumentare il tiraggio. La valle del Kh.W.P. ha quindi rivelato un complesso industriale per la produzione di lingotti di rame fino a oggi mai individuato in Asia Sud-Orientale. Ulteriori indagini, soprattutto sulla composizione chimico-fisica dei minerali di rame provenienti dalla valle e di quelli degli oggetti finiti rinvenuti nei siti dell'età del Bronzo dal Khorat (Thailandia nord-orientale) a Nong Nor (Thailandia centro-meridionale), potranno forse fornire eccezionali dati sul commercio tra le comunità preistoriche della Thailandia.

Bibliografia

S. Natapintu, Current Research on Ancient Copper-Base Metallurgy in Thailand, in P. Charoenwongsa - B. Bronson (edd.), Prehistoric Studies. The Stone and Metal Ages in Thailand, Bangkok 1988, pp. 107-24; M. Cremaschi - R. Ciarla - V.C. Pigott, Paleoenvironment and Late Prehistoric Sites in the Lopburi Region of Central Thailand, in I. Glover (ed.), Southeast Asian Archaeology 1990, Hull 1992, pp. 167-77; V.C. Pigott - A.D. Weiss - S. Natapintu, The Archaeology of Copper Production: Excavations in the Khao Wong Prachan Valley, Central Thailand, in R. Ciarla - F. Rispoli (edd.), Southeast Asian Archaeology 1992, S.O.R. LXXVII, Rome 1997, pp. 119-57; F. Rispoli, Late 3rd-Mid 2nd Millennium B.C. Pottery Traditions in Central Thailand: Some Preliminary Observations in a Wider Perspective, ibid., pp. 59-97; V.C. Pigott, Reconstructing the Copper Production Process as Practiced Among Prehistoric Mining/Metallurgical Communities in the Khao Wong Prachan Valley of Central Thailand, in S.M.M. Young et al. (edd.), Metals in Antiquity, Oxford 1999, pp. 10-21; K.M. Mudar - V.C. Pigott, Subsistence Changes and Community-based Craft Production in Prehistoric Central Thailand, in A. Karlström - A. Källén (edd.), Fishbones and Glittering Emblems. Southeast Asian Archaeology 2002, Stockholm 2003, pp. 149-60.

Khok charoen

di Charles F.W. Higham

Sito funerario ("monte della prosperità") ubicato nella valle del Pasak, sul margine orientale della piana di Bangkok. Presso questo sito, considerato uno tra i principali delle fasi preistoriche della Thailandia centrale, W. Watson e H. Loofs-Wissowa condussero quattro stagioni di scavo (1966-70), delle quali sono stati pubblicati solo i risultati delle prime due campagne.

Gli scavi hanno individuato una necropoli le cui sepolture contenevano corredi composti da vasellame, asce litiche polite e monili di conchiglia. Le tombe ‒ delle quali non è stato possibile riconoscere la fossa d'interramento ‒ contenevano resti umani mal conservatisi a causa dell'acidità del suolo, associati a vasellame le cui decorazioni sono costituite soprattutto da bruniture sul corpo del vaso, fasce decorate da ingobbio rosso brunito e impressioni di corda. Alcuni esempi, più rari, sono costituiti da vasellame a decorazione incisa e impressa, tipica del Neolitico. I monili sono rappresentati da elementi discoidali per collana, ornamenti discoidali ricavati dall'apice della conchiglia Trochus insieme a una notevole quantità di bracciali e anelli di Trochus, marmo e pietra verde. La data dell'occupazione non è stata ancora accertata; si dispone infatti di due sole datazioni per termoluminescenza, che suggeriscono una fase compresa tra il 1400 e l'800 a.C., nella prima età del Bronzo. Tuttavia non sono stati rinvenuti manufatti di rame/bronzo e solo un più ampio spettro di datazioni al 14C consentirebbe di inserire il sito all'interno di una precisa sequenza culturale. Dall'analisi della ceramica e di alcuni ornamenti di conchiglia presenti nei corredi è però possibile ipotizzare che il sito sia stato occupato anche nel corso del Neolitico tardo, tra il 1800 e il 1600 a.C.

Bibliografia

W. Watson - H.H.E. Loofs-Wissowa, Thai-British Archaeological Expedition: a Preliminary Report on the Work of the First Season, 1965-6, in Journal of the Siam Society, 55, 2 (1967), pp. 237-62; R.B. Smith - W. Watson (edd.), Early South East Asia. Essays in Archaeology, History and Historical Geography, Oxford - New York 1979; W. Watson, Kok Charoen and the Early Metal Age of Central Thailand, ibid., pp. 53-62; C.M. Ho, The Pottery of Kok Charoen and its Farther Context (PhD Diss.), London 1984; Ch.F.W. Higham, Early Cultures of Mainland Southeast Asia, Bangkok 2002.

Khok phanom di

di Charles F.W. Higham

Necropoli preistorica situata circa 24 km dalla costa del Golfo di Thailandia (Prov. di Chonburi).

Il sito (5 ha) è stato indagato (1985) da un programma di ricerca interdisciplinare sotto la direzione di Ch.F.W. Higham e R. Thosarat. Gli scavi hanno rivelato una sequenza stratigrafica di 7 m divisa in tre principali strati, il più alto dei quali non ancora datato. I due strati successivi sono caratterizzati da un'estesa necropoli datata fra il 2000 e il 1500 a.C. Le sepolture erano riunite in gruppi di semplici fosse disposti a scacchiera e la loro disposizione orizzontale e verticale all'interno del deposito ha permesso l'identificazione di sette fasi di sepoltura (prof. 6 m ca.). Basandosi sulla sovrapposizione e la vicinanza delle tombe e sulla affinità delle caratteristiche craniche fra sepolture adiacenti è stato possibile ricostruire la presenza di due probabili gruppi familiari sepolti nel luogo per 17 generazioni.

Nella fase 1 alcune tombe erano state tagliate nei più antichi depositi d'occupazione caratterizzati da un chiocciolaio; la conservazione di resti organici ha permesso di riconoscere la presenza di bare di legno e di lenzuoli di asbesto o corteccia conciata in cui era avvolto il defunto. Il corredo, molto semplice, prevedeva la deposizione di vasi di ceramica e ornamenti di conchiglie. Nelle fasi 2 e 3 la ceramica era decorata da elaborati motivi incisi e impressi, anche cardiali, e nel corredo compaiono migliaia di minuscole perline discoidali di conchiglia. La fase 4 è invece caratterizzata da una forte diminuzione di ricchezza nei corredi e da una loro marcata differenziazione a seconda del sesso dell'inumato: nelle sepolture maschili sono presenti grandi ornamenti (con ogni probabilità pettorali) di carapace di tartaruga, in quelle femminili compaiono strumenti per la manifattura della ceramica (incudini e ciottoli per la brunitura). Un fenomeno di regressione marina caratterizza, invece, la fase 5; gli abitanti del sito iniziarono a coltivare il riso, grazie alla maggiore disponibilità di acqua dolce, ma con un successivo innalzamento dei livelli marini si ebbe un ritorno alle antiche attività di caccia e raccolta (fase 6). La fase 5 è testimoniata dal ritrovamento di un'importante tomba di una donna il cui corpo era stato ricoperto da più di 120.000 perline di conchiglia, forse cucite su un sudario o un vestito; il resto del corredo era composto da vasellame finemente decorato, diversi ornamenti discoidali e un bracciale di conchiglia; vicino alla caviglia era presente un'incudine per la lavorazione del vasellame e due ciottoli per la brunitura dei vasi. Accanto alla donna giaceva un neonato con una incudine simile miniaturizzata, anch'essa deposta vicino alla caviglia. È molto probabile che la ricchezza della comunità fosse legata alla produzione del vasellame per l'esportazione e che la donna, forse un'abile vasaio, godesse di grande prestigio e ricchezza, come attesta la quantità di monili di conchiglia nella sua sepoltura. La presenza di vasellame, con inclusi di pula di riso, indica inoltre che dal 2000 a.C. nella Thailandia centrale le conoscenze sulla risicoltura erano già presenti.

I numerosi resti di diverse specie biologiche indicano che i gruppi umani scelsero di vivere vicino all'estuario del fiume principale, dove le mangrovie discendevano verso le vaste distese paludose, ma erano anche in grado di accedere alle paludi d'acqua dolce oltre l'argine naturale del fiume, dove coltivavano il riso. Resti di cibo parzialmente digerito sono stati rinvenuti nella zona pelvica di una donna e testimoniano un pasto a base di riso e pesce. La necropoli di Kh.Ph.D. (155 tombe) costituisce uno dei più importanti ed estesi scavi neolitici nell'Asia Sud-Orientale. Integrando i dati ambientali, antropologici, paleobiologici e culturali si è giunti a ricostruire un quadro coerente sull'evoluzione di una comunità neolitica costiera tra il 2000 e il 1500 a.C.

Bibliografia

Ch.F.W. Higham - R. Bannanurag, The Excavation of Khok Phanom Di, I. Excavation, Chronology and Human Burials, London 1990; Ch.F.W. Higham - R. Bannanurag (edd.), The Excavation of Khok Phanom Di, II. The Biological Remains, London 1991; Ch.F.W. Higham - R. Thosarat (edd.), The Excavation of Khok Phanom Di, III. The Material Culture, London 1993; G.B. Thompson, The Excavation of Khok Phanom Di, IV. Subsistence and Environment: the Botanical Evidence, London 1996; B.A. Vincent, The Excavation of Khok Phanom Di, VI. The Pottery, London 2004.

Lopburi

di Roberto Ciarla

Città ubicata circa 145 km a nord di Bangkok, alla confluenza di due importanti sistemi di drenaggio (quello del Pasak a est e quello del Chao Phraya a ovest), che assolse un ruolo centrale nello sviluppo della regione economico-geografica che da essa prende nome.

Scarse sono le evidenze preistoriche nella città vera e propria, costituite solo da pochi frammenti di ceramica a ingobbio rosso e cordata, rinvenuti presso Wat Phra Sri Ratana Mahathat; il popolamento preistorico nell'area di L. è ben evidenziato, invece, dagli oltre 50 siti fino a oggi individuati e in parte scavati. Tra questi Chansen, Khok Charoen, Non Pa Wai, Nil Kham Haeng, Phu Noi, Sab Champa e Tha Kae sono tra i più conosciuti e testimoniano una ininterrotta occupazione dell'area dal Neolitico (ca. 2500-1600 a.C.) all'età del Bronzo (ca. 1500-500 a.C.), del Ferro (500 a.C. - 500 d.C.) e nei successivi periodi storici.

Durante il periodo della cultura Dvaravati (ca. VI-X sec. d.C.), termine usato per designare una o più strutture politiche centralizzate (maṇḍala) di lingua Mon, nella regione compresa tra U-Thong e Nakhon Pathon, L. acquisì una posizione dominante. L'insediamento, circondato da fossato e terrapieno e divenuto un centro buddhista Theravada ‒ la cui lingua liturgica, il Pali, compare su un dharmacakra ("Ruota della Legge") in pietra rinvenuto all'interno della città ‒ si arricchisce di stūpa (in lingua Thai chedi) decorati con stucchi. Dei monumenti di questo periodo sopravvive solo il basamento in mattoni, a impasto di argilla e paglia di riso, di Wat Nakhon Kosa. Il ruolo centrale di L. in epoca Dvaravati è ben testimoniato sia dal rinvenimento a U-Thong (forse prima "capitale") di una moneta che riporta l'antico nome della città Lavapura, sia dai rinvenimenti nella stessa L. di diverse iscrizioni, in lingua Mon e in sanscrito, e di molte immagini del Buddha che, influenzate inizialmente dall'arte indiana (sia tardo-Gupta sia di Amaravati), manifestano dal IX secolo una crescente influenza Khmer. L'influsso culturale e politico Khmer si fa evidente con il re Suryavarman I (1002 - ca. 1049/1050 d.C.) di Angkor che conquistò tutta la media e bassa valle del Chao Phraya. L. divenne il principale avamposto occidentale dell'impero e il più importante centro per la diffusione della sua civiltà, tanto che l'arte thailandese del periodo tra i secoli XI-XIII è appunto definita "arte L.".

Il momento finale dell'architettura Khmer (stile di Bayon, 1177-1230) è rappresentato a L. dal Phra Prang Sam Yod ("Santuario delle Tre Cime" o "Tre Pagode"), formato da tre prang di mattoni, laterite e pietra tenera con decorazioni in stucco che utilizzano motivi decorativi Khmer ma modellati da artigiani locali, padroni ancora del linguaggio iconografico autoctono Dvaravati. Al declino angkoriano (secc. XIII-XIV) sono datati alcuni degli edifici che compongono il vasto complesso di Phra Sri Ratana Mahathat (ca. 3 ha) in cui si manifesta il passaggio, nel corso del XIII secolo, dallo "stile L." a uno autenticamente Thai. All'interno del Wat molti altri chedi e prang testimoniano diversi momenti dello stile Ayutthaya, soprattutto l'epoca della rifioritura e dei grandi restauri che gran parte degli antichi monumenti di L. subirono sotto il re Narai (1656-1688). La città raggiunse il suo apogeo solo durante il regno di questo re che ne fece la propria residenza estiva, trascorrendovi fino a nove mesi all'anno e facendo di L. la "seconda capitale". Gli anni di regno di Narai videro anche un certo afflusso di artisti e architetti stranieri (francesi e forse italiani) occupati nella costruzione e negli ampliamenti della sua grande residenza, il Phra Narai Rajanivet. Costruito tra il 1665 e il 1677 nel centro di L., nel suo punto più alto e difendibile, il palazzo reale è cinto da alte mura merlate con tre imponenti portali. I vari edifici erano raccolti intorno a differenti cortili, a seconda della loro funzione: scuderie, uffici, sale da cerimonia, appartamenti privati per il re e per la sua corte. Purtroppo il palazzo venne abbandonato subito dopo la morte di Narai, il nuovo re stabilì la residenza ufficiale ad Ayutthaya e L. fu abbandonata. Solo alla metà dell'Ottocento, quando salì al trono Mongkut (Rama IV, 1851-1868) della dinastia Chakri, il Phra Narai Rajanivet venne restaurato e ulteriormente ampliato.

Bibliografia

P. Bhumadhon, Principaux monuments historiques de Lopburi, Lopburi 1986; S. van Beek - L. Invernizzi, An Introduction to the Arts of Thailand, Hong Kong 1988; S. Natapintu, Currently Research on Ancient Copper-base Metallutgy in Thailand, in B. Bronson - P. Charoenwongsa (edd.), Prehistoric Studies. The Stone and Metal Ages in Thailand, Bangkok 1988.

Noen u-loke

di Charles F.W. Higham

Sito dell'età del Ferro ubicato nell'alta valle del Mun (Thailandia nord-orientale). Gli scavi (1997-98) hanno rivelato testimonianze di una società sviluppatasi dalla tarda età del Bronzo fino alla tarda età del Ferro (ca. VIII sec. a.C. - ca. 400 d.C.), quando il sito fu definitivamente abbandonato.

Sono state individuate cinque fasi di sepoltura, di cui solo la prima (fase 1) datata all'età del Bronzo. Dalla fase 2 iniziò a essere utilizzato il ferro per la fabbricazione di lance, ornamenti e zappe e nelle sepolture compaiono numerosi e diversificati beni (ornamenti di bronzo e conchiglia, vasi di ceramica con resti di pesce, una collana di denti di tigre e offerte di maiale) che sembrerebbero attestare il rilievo dato ai rituali funerari. Tale interesse si incrementò nella fase 3, in cui nel corredo sono presenti anche ornamenti di agata, cornalina e vetro e si nota un aumento dei bronzi sia nella quantità sia nella varietà. L'apice del cerimoniale funerario venne comunque raggiunto con la fase 4, durante la quale i defunti venivano interrati in tombe riempite di riso carbonizzato e sigillate con argilla. Sono inoltre attestate notevoli differenze nella composizione e nella ricchezza dei corredi: in una sepoltura, ad esempio, sono stati contati 75 bracciali per braccio, 3 cinture di bronzo, ditali di bronzo e anelli per le dita dei piedi, ornamenti spiraliformi per orecchio d'argento ricoperti d'oro, un pendente di agata, un coltello di ferro, molti vasi fittili e grani di vetro. Una donna indossava una collana d'oro con perle di agata e braccialetti d'argento e bronzo. Durante la fase 5 la ricchezza dei corredi conobbe un declino, anche se alcune sepolture continuarono a essere molto ricche. Un uomo di giovane età risalta non per la ricchezza della sua sepoltura, ma perché era insolitamente sepolto in posizione prona con una punta di freccia di ferro conficcata nella colonna vertebrale. Da questa fase si nota inoltre un incremento nella presenza di simili punte di freccia (o proiettili), che farebbe ipotizzare un aumento dei conflitti. Quest'ultima fase mostra anche una maggiore attenzione per i sistemi di controllo delle acque, visibile nella costruzione di una serie di terrapieni e fossati intorno al sito. Notevole fu l'aumento degli scambi di prodotti alloctoni come oro, argento, agata e cornalina. Il sito è uno tra i tanti, cinti da fossato, della valle del Mun ad aver partecipato agli scambi commerciali che si andavano intrecciando all'interno dei sistemi fluviali nel Sud-Est asiatico e all'esterno di esso.

Bibliografia

Ch.F.W. Higham, Prehistoric Thailand. From Early Settlement to Sukhothai, Bangkok 1998, pp. 146-57; Id., Early Cultures of Mainland Southeast Asia, Bangkok 2002, pp. 196-207.

Nong nor

di Charles F.W. Higham

Insediamento e sito funerario preistorico, ubicato nella valle Bang Pakong (Thailandia centrale). Negli anni 1990-92 sono state condotte tre stagioni di scavo su oltre 400 m2, che hanno rivelato due fasi di occupazione: la più antica datata intorno al 2400 a.C., la seconda relativa all'età del Bronzo (1100-600 a.C.).

Durante la fase antica il livello del mare era più elevato rispetto a oggi e il sito si trovava sulle coste di una baia. I resti dell'occupazione testimoniano la presenza di un sito di cacciatori-raccoglitori che sfruttavano le risorse marine: lo strato basale era infatti formato da spessi chiocciolai che contenevano quasi esclusivamente bivalvi della specie Meretrix lusoria, anche se non mancano evidenze di sfruttamento di altre risorse marine (squali toro, squali tigre, razze e mammiferi marini). Una sola sepoltura coeva al chiocciolaio è stata rinvenuta nel corso degli scavi: si tratta di una sepoltura femminile, interrata in posizione rannicchiata e ricoperta da vasellame, la cui tipologia trova diretto confronto con le sepolture dei siti costieri di cacciatori-raccoglitori del Vietnam. Alla seconda fase di occupazione rimonta una necropoli dell'età del Bronzo (1100-600 a.C.) in cui sono state scavate 166 sepolture divisibili in due gruppi distinti cronologicamente; a quello più antico appartiene una tomba di grandi dimensioni contenente lo scheletro di un uomo che indossava un grande bracciale di bronzo ed era accompagnato da vasellame fittile. Alla stessa fase è riferibile una serie di sepolture femminili con corredo composto da vasellame fittile e bracciali di marmo e conchiglia; erano parte delle offerte emerse in questo livello anche collane di conchiglia dalle forme insolite e crani di Canidi. Il secondo gruppo di tombe, più tardo, documenta scambi attraverso cui giunsero nel sito ornamenti personali di giada, talco, cornalina, serpentino e stagno. Un individuo di sesso maschile era stato interrato insieme all'offerta di un paio di corna di toro; altri due individui erano accompagnati da sottili strumenti di rame a immanicatura cava, molto simili a ceselli, confrontabili con i rinvenimenti della valle del Khao Wong Prachan. In un caso, infine, sono stati rinvenuti bracciali a spirale, uno per ogni polso del defunto.

Bibliografia

Ch.F.W. Higham - R. Thosarat (edd.), The Excavation of Nong Nor, a Prehistoric Site in Central Thailand, Otago 1998.

Non nok tha

di Charles F.W. Higham

Sito ubicato nella valle del fiume Phong, affluente del Chi (Thailandia nord-orientale).

All'inizio degli anni Sessanta del XX secolo, la costruzione di una diga dette avvio a un programma di ricerche archeologiche nel corso delle quali venne scoperto il sito, successivamente scavato sotto la direzione di D.T. Bayard (1966, 1968). Il deposito archeologico, non molto profondo (ca. 1 m), ha permesso l'individuazione di ben 11 fasi di sepoltura comprese tra il Neolitico tardo (2000-1800 a.C.) e l'età del Bronzo (fine II-I millennio a.C.). Il sito è anche noto per l'annosa querelle scaturita alla fine degli anni Sessanta in seguito alla datazione di alcuni rinvenimenti appartenenti alla fase funeraria dell'età del Bronzo. In alcune sepolture della fase 3 sono stati infatti rinvenuti asce a immanicatura cava e bracciali di bronzo insieme a matrici di fusione bivalvi di pietra che, in base a due determinazioni al 14C, vennero datate da W.G. Solheim II (1968) al IV millennio a.C. Negli anni Settanta gli scavi del sito di Ban Chiang (Thailandia nord-orientale) fornirono ulteriori testimonianze della lavorazione del bronzo e campioni di carbone, provenienti da contesti non controllati, attestavano anche per questo sito una eccezionalmente precoce industria del bronzo, precedente di molto l'età del Bronzo della Cina settentrionale. Tuttavia, nuovi metodi di datazione, in particolare la datazione per spettrometria con acceleratore di massa della pula di riso usata come degrassante negli impasti ceramici, hanno aperto la strada alla soluzione di questa questione. Una serie di datazioni provenienti da N.N.Th. e ottenute da frammenti ceramici rinvenuti, secondo Solheim, in contesti stratigrafici certi, ha dimostrato che le tombe dell'età del Bronzo appartengono al periodo compreso tra la fine del II e il I millennio a.C. Un analogo programma di datazione per Ban Chiang ha confermato tale stima. Oggi, dopo alcuni decenni, N.N.Th. può essere considerato un sito cimiteriale con un'occupazione ridotta durante il Neolitico e ben più consistente nell'età del Bronzo. La necropoli del Bronzo ha infatti fornito uno dei più vasti repertori di tombe disponibili in questa regione. I dati faunistici hanno permesso di stabilire che la comunità praticava un'agricoltura risicola, era in grado di sfruttare fauna terrestre e acquatica e allevava bestiame (bovini, suini e Canidi). La rete dei contatti favorì infine l'importazione di ornamenti in conchiglie marine, oltre ad asce di pietra finemente lavorate e materie prime quali il rame e lo stagno necessari per la lavorazione del bronzo che avveniva in loco.

Bibliografia

D.T. Bayard, Non Nok Tha. The 1968 Excavation: Procedure, Stratigraphy and a Summary of the Evidence, Dunedin 1971; Id., Early Thai Bronze: Analysis and New Dates, in Science, 176 (1972), pp. 1411-412; Id., Excavations at Non Nok Tha, Northeastern Thailand 1968: an Interim Report, in AsPersp, 13 (1972), pp. 109-43; Ch.F.W. Higham, The Bronze Age of Southeast Asia, Cambridge 1996; Id., The Social and Chronological Contexts of Early Bronze Working in Southeast Asia, in N. Barnard - D. Bulbeck (edd.), Ancient Chinese and Southeast Asian Bronze Age Cultures, Taipei 1996, pp. 35-102.

Phimai (vimayapura)

di Rachanie Thosarat

Tra il X e il XIII sec. d.C. la valle del Mun (Thailandia nord-orientale) era parte del regno di Angkor, di cui Ph. rappresentava una delle città più grandi e di maggiore rilievo.

Le iscrizioni disponibili indicano che la linea di discendenza del re Jayavarman VI (1080-1107 d.C.) ebbe origine proprio in quest'area e si sviluppò successivamente in un nuovo ramo che prese il nome di "dinastia Mahidharapura". Il principale tempio di Ph., l'antica Vimayapura, appartiene a questo regno: la sua architettura anticipa molti elementi di Angkor Vat, il tempio-mausoleo di Suryavarman II (1113 - ca. 1150 d.C.), un esponente più tardo della dinastia Mahidharapura. Fu é. Aymonier il primo a interessarsi nel XIX secolo all'area di Ph., registrando la presenza nel sito di molte iscrizioni, insieme ad architravi crollati e alle fondamenta in rovina di un tempio che testimoniavano una certa aderenza al buddhismo Mahāyāna e alle divinità del Pantheon Hindu. Successivamente un progetto congiunto franco-thailandese iniziò i lavori di restauro attraverso il metodo dell'anastilosi e attualmente la parte centrale della città si sviluppa all'interno di un parco storico.

L'aspetto di Vimayapura riprende tratti dell'architettura tipica del regno di Jayavarman VII (1181- ca. 1218/1220 d.C.): una cinta muraria (lungh. 1,5 km), un ingresso meridionale, noto come pratu chai o "arco della vittoria", da cui parte una strada che collegava la città a un pontile di sbarco sul fiume Khem. Sul lato orientale di questa strada si trova il Kuti Rishi, uno dei tanti ospedali costruiti sotto il regno di Jayavarman VII. Scarse sono le conoscenze relative all'edilizia domestica della città, attualmente sepolta sotto la città moderna. Il centro di Vimayapura è caratterizzato da un complesso murario che include lo spazio sacro del tempio, raggiungibile da una strada rialzata e fiancheggiata da statue di nāga. L'aggiunta di altri due templi, il Prang Hin Daeng e il Prang Bhromathat all'interno del santuario principale, testimonia che Vimayapura mantenne per lungo tempo il ruolo di residenza della dinastia Mahidharapura. Il tempio centrale, alto 28 m, ha fondamenta di pietra che poggiano su una piattaforma sabbiosa; le porzioni conservatesi mostrano tre ambienti, di cui il principale (o garbhagṛha) ospita un'immagine del Buddha, mentre la torre sovrastante, a cinque ordini, è a forma di loto. Di particolare rilievo sono i bassorilievi scolpiti negli architravi, tra i quali si possono distinguere scene narrative che si ispirano al poema Rāmāyaṇa, immagini di Shiva danzante (natarāja) e di Vishnu sul suo veicolo (garuḍa).

Il sito ha comunque una storia molto più antica, con origini che affondano nella preistoria. A sud-est delle mura di cinta si trova Ban Suai, dove recenti scavi hanno fatto emergere, a 5 m di profondità, un insediamento preistorico la cui sequenza culturale va dall'età del Bronzo all'età del Ferro. Si hanno evidenze di fusione del bronzo, mentre i livelli stratigrafici più recenti offrono testimonianze di vasellame nero e brunito noto col nome di Phimai Black Pottery (200 a.C. - 400 d.C.). Sono state scavate anche alcune sepolture; tra i manufatti rinvenuti occorre citare le incudini per la lavorazione della ceramica e i piccoli ciottoli utilizzati per la brunitura dell'ingobbio; tali manufatti testimonierebbero che il sito doveva essere stato anche un centro di produzione della ceramica.

Bibliografia

M. Freeman, Phimai, Bangkok 1997; Ch.F.W. Higham - R. Thosarat, Prehistoric Thailand, Bangkok 1998, pp. 195-98; S. Talbot, Notes from the Field: an Excavation at a Khmer Temple in Northeast Thailand, in New Zealand Journal of Asian Studies, 2 (2000), pp. 162-68.

Phu lon

di Vincent C. Pigott

Miniera di rame preistorica, l'unica del Sud-Est asiatico sottoposta a scavi. Nel 1984 il progetto congiunto Thai-statunitense (Thailand Archaeometallurgy Project - TAP), diretto da S. Natapintu e V.C. Pigott, ha intrapreso una ricognizione dei siti della Provincia di Loei, un'area estremamente ricca di risorse minerarie.

Loei è situata presso i limiti occidentali dell'altopiano del Khorat, una regione dove sono documentati numerosi insediamenti dell'età del Bronzo e del Ferro. Grazie soprattutto alle conoscenze delle caratteristiche geologiche della regione, il geologo thailandese U. Theetiparivatra individuò un complesso minerario, situato sulle sponde del fiume Mekong, presso la Provincia di Nong Khai, databile agli inizi del I millennio a.C. Nel 1985 l'équipe del TAP ha realizzato il rilievo delle gallerie minerarie e scavato i pozzi e i loci di lavorazione dei minerali. Il minerale di rame (malachite) veniva estratto e poi frantumato presso le miniere, quindi selezionato in due loci, il più importante e più antico dei quali è la cosiddetta Pottery Flat. Qui lo scavo di un'area di circa 200 m2 ha rivelato uno strato di minerale frantumato e di scorie profondo fino a 50 cm. In questa stessa area di lavorazione sono stati rinvenuti in situ percussori e incudini piatte; qui inoltre venivano realizzate, in piccoli crogioli di ceramica a inclusi vegetali, le operazioni di fusione del rame e di lavorazione del bronzo. Le ricerche del geologo W.W. Vernon indicano che i crogioli venivano solitamente rivestiti di un impasto di fango ricco di quarzo, che aveva lo scopo di ritardare l'erosione delle loro superfici nel corso del processo di fusione, secondo una tecnica documentata anche a Ban Chiang. In base ai reperti e alle affinità tecnologiche tra Ph.L. e Ban Chiang è possibile ritenere che il complesso minerario abbia rifornito di minerale di rame e di rame e bronzo i villaggi ubicati più a valle lungo il Mekong, come quelli dell'altopiano del Khorat.

Bibliografia

V.C. Pigott - S. Natapintu, Archaeological Investigations into Prehistoric Copper Production: the Thailand Archaeometallurgy Project 1984-1986, in R. Maddin (ed.), The Beginnings of the Use of Metals and Alloys, Cambridge (Mass.) 1988, pp. 156-62; J. White - V.C. Pigott, From Community Craft to Regional Specialization: Intensification of Copper Production in Pre-State Thailand, in B. Wailes (ed.), Craft Specialization and Social Evolution. In Memory of V. Gordon Childe, Philadelphia 1996, pp. 151-75; W.W. Vernon, The Crucible in Copper/Bronze Production at Prehistoric Phu Lon, Northeast Thailand: Analyses and Interpretation, in F.D. Bulbeck - N. Barnard (edd.), Ancient Chinese and Southeast Asian Bronze Age Cultures. Proceedings of the Conference on Ancient Chinese and Southeast Asian Bronze Age Cultures, II, Taipei 1996-97, pp. 708-808; V.C. Pigott, Prehistoric Copper Mining in the Context of Emerging Community Craft Specialization in Northeast Thailand, in A.B. Knapp - V.C. Pigott - E.W. Herbert (edd.), Social Approaches to an Industrial Past, London 1998, pp. 205-25; V.C. Pigott - G. Weisgerber, Mining Archaeology in Geological Context. The Prehistoric Copper Mining Complex at Phu Lon, Nong Khai Province, Northeast Thailand, in Th. Rehren et al. (edd.), Metallurgica Antiqua, Bochum 1998, pp. 135-62.

Phu noi

di Fiorella Rispoli

Sito ubicato nella Provincia di Lopburi, lungo il margine nord-occidentale della piana di Lopburi, a circa 48 km da Tha Kae e a circa 30 km dai siti minerari e metallurgici della valle del Khao Wong Prachan. Il sito è caratterizzato da una necropoli preistorica messa in luce dai lavori di fondazione (1980) per la costruzione di una grande śālā (sala di preghiere) presso il vecchio monastero ligneo di Ph.N.

Nel 1984 gli archeologi thailandesi intrapresero uno scavo di salvataggio (15 m2) portando alla luce 32 sepolture accompagnate da ricchi corredi composti da ceramica e monili di conchiglia, carapace di tartaruga, avorio e pietra; la necropoli venne datata, in base alla tipologia ceramica e soprattutto all'assenza del metallo, al 2000-1800 a.C. Successivamente (1994-95) un progetto congiunto Thai-italiano (Lopburi Regional Archaeological Project - LoRAP) diede inizio alle indagini stratigrafiche precedute da una ricognizione topografica e archeologica dell'area che, dall'analisi delle foto aeree, risultava essere quella interessata dal deposito archeologico su un'estensione di 5 ha. Lo scavo ha messo in luce due principali strati archeologici: il primo, superiore, a carattere abitativo e il secondo, inferiore, contenente una vasta necropoli a inumazione, parzialmente disturbata dallo strato abitativo.

Come nella maggior parte dei casi in Asia Sud-Orientale, anche a Ph.N. non fu possibile collezionare campioni di carbone per datazione al 14C; il grado di bioturbazione provocato da agenti naturali co- e postdeposizionali rendeva difficile l'esatto posizionamento dei campioni nel loro appropriato contesto stratigrafico, e quindi non in accordo con le "salutari" regole recentemente fissate dal principio del chronometric hygiene. La presenza, comunque, di manufatti di metallo (lega di rame, molto probabilmente ad alto tenore di stagno), insieme all'analisi della tipologia ceramica (che presenta stretti confronti con molti siti della Thailandia centrale e con l'area del Khorat) e al rituale d'inumazione che presentava una ricorrente offerta animale all'interno delle fosse di sepoltura, solitamente accanto o sopra il bacino del defunto o nei pressi del cranio, ha permesso, però, di ipotizzare una datazione della necropoli di Ph.N. tra il 1100 e l'800 a.C. Il livello superiore, più tardo, si presentava come uno spesso e compatto strato formato principalmente dall'accumulo di frammenti ceramici (da cui il nome convenzionale di pottery layer) e ossa animali, insieme a manufatti di osso e corno, frammenti di ascette di pietra calcarea, alcuni ornamenti per orecchio (ear-studs) di terracotta, fusaiole e frammenti di levigatoi di terracotta (skin rubbers). Lo strato presentava inoltre piccole fosse e buchi di palo, evidenza del carattere abitativo di tale superficie. Lo strato superiore di Ph.N. è stato anch'esso datato in base ai materiali rinvenuti e alla tipologia ceramica intorno al 200-400 d.C.

Bibliografia

M. Spriggs, The Dating of the Island Southeast Asian Neolithic: an Attempt at Chronometric Hygiene and Linguistic Correlation, in Antiquity, 63 (1989), pp. 587-613; R. Ciarla - S. Natapintu, Towards a Definition of Site Formation Processes in Monsoonal-Tropical Environments: Preliminary Considerations, in G. Leonardi (ed.), Formation Processes and Excavation Methods in Archaeology. Perspectives, Padova 1992, pp. 173-98; M. Cremaschi - R. Ciarla - V.C. Pigott, Palaeoenvironment and Late Prehistoric Sites in the Lopburi Region of Central Thailand, in I. Glover (ed.), Southeast Asian Archaeology 1990, Hull 1992, pp. 167-77; R. Ciarla, Lopburi Regional Archaeological Project, in Missioni Archeologiche Italiane. La Ricerca archeologica, antropologica, etnologica, Roma 1997, pp. 323-26; S. Natapintu, Current Archaeological Research in Central Thailand with Special Reference to the Site of Phu Noi, Lopburi Province, in R. Ciarla - F. Rispoli (edd.), Southeast Asian Archaeology 1992, S.O.R. LXXVII, Rome 1997, pp. 45-56; F. Rispoli, I levigatoi/skin rubbers della Valle del Chao Phraya (Thailandia Centrale), in M.V. Fontana - B. Genito (edd.), Studi in onore di Umberto Scerrato per il suo settantacinquesimo compleanno, Napoli 2004, pp. 669-80.

Sisatchanalay (sawankhalok)

di Marco Ferrandi

Città ubicata sulla riva destra dello Yom (Prov. di Sukhothai), circa 11 km a sud della moderna S.; conosciuta anche come Sawankhalok, dal XIV secolo è stato uno dei centri manufatturieri ceramici più importanti e ricchi della Thailandia e il primo a produrre ceramica invetriata.

Insieme alla "gemella" Sukhothai (ca. 75 km a sud) S. costituiva un muang (entità politica regionale Thai) che ricoprì grande importanza politica e religiosa fra il XIII e il XV sec. d.C. L'insediamento condivide con Sukhothai molte caratteristiche: è di forma rettangolare (700 × 900 m), circondato da strutture difensive (una muraglia di laterite larga 1,5 m e alta 8 m), sulle quali si aprono sette porte, associate a forti. La tradizione identifica la città come sede del viceré (uparāja), le rovine del cui palazzo sarebbero state identificate nella zona compresa fra il fiume e una fila di quattro templi costruiti parallelamente al suo corso. La zona esterna alle mura ha restituito strutture religiose e testimonianze di un insediamento di epoca Khmer, Chaliang, avamposto costruito da Jayavarman VII (1181- ca. 1218/1220 d.C.), insieme a un santuario animista di epoca ancora precedente.

L'aspetto senza dubbio più importante di S. risiede nei complessi industriali ceramici, dei quali i più estesi si trovano presso i villaggi di Ban Ko Noi (ca. 800 fornaci) e Ban Pa Yang (ca. 100 fornaci), la cui attività copre il periodo tra il X e il XV sec. d.C. Per quantità, qualità e varietà, la produzione ceramica di S. fu in grado di rivaleggiare con quella cinese, a cui deve un significativo apporto tecnologico nel primo periodo di attività. Tuttavia la successiva evoluzione sia delle fornaci sia delle ceramiche non presuppone alcun tipo di apporto esterno e si configura come esclusivo sviluppo locale. Le numerose fornaci conservate e scavate hanno permesso di ricostruire nel dettaglio la storia tecnologica dell'industria ceramica, basata essenzialmente sulla ricca disponibilità in loco di argilla della valle dello Yom e sull'abbondanza di legname combustibile. La presenza del fiume condizionò la forma delle prime fornaci, semplici fosse ovoidali di 3-6 m di lunghezza, scavate nel terrazzo fluviale e utilizzabili solo durante la stagione secca. Successivamente la forma si sviluppò in una camera di combustione cui si accedeva da un'apertura rotonda, che si allargava in una camera di cottura inclinata verso l'alto e terminante in un camino che sbucava a livello del terreno. Con l'uso, l'accumulo dei materiali fusi nella camera di cottura formava una parete fra questa e la camera di combustione; tale modificazione divenne elemento costruttivo quando ci si accorse della migliore distribuzione del calore da essa favorita. La successiva tipologia è rappresentata dalle fornaci scavate direttamente nel suolo, forse a causa dell'esaurimento dello spazio utilizzabile sul terrazzo; la nuova posizione necessitò di adattamenti costruttivi, come la sezione semicircolare e non più ellittica e l'utilizzo di mattoni per il camino. Infine, l'ultima evoluzione si ebbe con la costruzione di fornaci in superficie i cui primi esemplari erano parzialmente interrati, con l'alzato di mattoni crudi; in seguito, parallelamente all'aumento delle dimensioni (fino a 10 × 4 m), l'intera struttura divenne di mattoni crudi, con strutture lignee a supportare i muri laterali. Si stima che le fornaci rimanessero in attività per 20-30 anni; le nuove erano costruite direttamente al di sopra delle vecchie, oppure (ma meno frequentemente) all'interno delle stesse per riutilizzare il piano di cottura e la camera di combustione.

I dati archeologici sembrerebbero indicare, almeno inizialmente, la gestione su base familiare di una o due fornaci, successivamente evolutasi in una direzione più centralizzata con fornaci di maggiori dimensioni organizzate in gruppi di qualche decina e gestite da almeno una cinquantina di persone che presiedevano all'intero processo produttivo. Le ceramiche prodotte consistevano soprattutto di piatti e ciotole invetriati con decorazione all'ossido di ferro, ma le tipologie comprendevano anche piccola statuaria, materiali costruttivi, scatole e vasi di varie dimensioni. L'esportazione di questa peculiare ceramica raggiungeva l'Indonesia, le Filippine e il Giappone.

Bibliografia

J. Boisselier, Il Sud-Est asiatico, Torino 1986, pp. 104-14; D. Hein, Sawankhalok Export Kilns. Evolution and Development, in Ho Chuimei (ed.), Ancient Ceramic Kiln Technology in Asia, Hong Kong 1990, pp. 205-28; E. Moore - Ph. Stott - S. Sukhasvasti, Ancient Capitals of Thailand, Bangkok 1996, pp. 35-44, 127-60; Ch.F.W. Higham - R. Thosarat, Prehistoric Thailand. From Early Settlement to Sukhotai, Bangkok 1998, pp. 204-13; R. Ciarla, Le ceramiche invetriate tailandesi, in R. Ciarla - F. Rispoli (edd.), Ceramiche e bronzi dall'Oriente Estremo. La donazione Ivanoe Tullio Dinaro (Catalogo della mostra), Roma 1999, pp. 59-71.

Spirit cave

di Charles F.W. Higham

Riparo roccioso situato su un pendio scosceso nei pressi del fiume Khong, un piccolo affluente del Salween (Prov. di Mae Hongson). Il sito riveste un ruolo fondamentale nello studio dei cacciatori-raccoglitori hoabinhiani del Sud-Est asiatico.

Nel 1965-66 C.F. Gorman iniziò una serie di scavi raccogliendo un ampio spettro di manufatti e resti botanici che gli permisero di individuare quattro distinti periodi di occupazione in circa 75 cm di deposito archeologico. Datazioni al 14C suggeriscono che il sito fu occupato tra l'11.000 e il 5500 a.C. in diverse fasi di breve durata. I tre strati basali, riferibili a una occupazione hoabinhiana, contenevano molti manufatti litici simili a quelli provenienti da altri siti di cacciatori-raccoglitori. Accurate indagini hanno fatto emergere, oltre a resti botanici, minuscole ossa di Mammiferi fornendo così dati sulla caccia e la pesca; nel riparo furono rinvenuti resti di pesci, granchi di mare e molluschi, mentre solo i resti di cervo sambar rappresentano una costante di tutti i livelli, insieme a ossa di maiale e cervi di piccole dimensioni. Venivano cacciate anche altre specie: scimmie lanfur, macachi e gibboni, scoiattoli, zibetti, martore, lontre d'acqua, gatti selvatici e tassi. Gli scavi hanno individuato resti botanici, i più abbondanti dei quali sono costituiti da semi di Canarium, il cui frutto costituisce ancora oggi una risorsa alimentare; parte della dieta era inoltre il frutto dell'albero di aleurite, il cui olio è utile anche per l'illuminazione. I livelli stratigrafici più recenti contenevano resti di noce di betel (Areca catechu) usata ancora oggi come blando stimolante e resti di zucca, probabilmente utilizzata come contenitore. Nonostante gli approfonditi studi non sono state individuate tracce di riso; i resti botanici sono stati comunque utili per comprendere la relazione esistente tra la popolazione hoabinhiana e l'ambiente forestale. L'alimentazione era in gran parte costituita da vegetali, alcuni dei quali (ad es., i semi di Canarium) hanno una struttura gommosa utile anche per la fabbricazione di utensili compositi o di strumenti di caccia.

La superficie dello strato 2 ha restituito vari tipi di evidenze: ceramica, asce litiche polite e due piccoli coltelli litici, reperti, questi ultimi, associati a focolari e a strumenti litici scheggiati. La presenza di vasellame e strumenti litici levigati è di particolare rilevanza. In molti siti il vasellame è associato a gruppi di agricoltori piuttosto che a quelli di cacciatori-raccoglitori; in ogni caso a S.C. ceramiche e asce polite si trovano solo nella stratigrafia più recente (spess. 3-8 cm): il vasellame potrebbe verosimilmente essere stato depositato in un momento successivo, e poi, con l'erosione e l'omogeneizzazione dello strato archeologico, essersi mescolato ai manufatti hoabinhiani. Recentemente alcuni resti organici rinvenuti sui frammenti ceramici sono stati datati per spettrometria con acceleratore di massa tra il 1400 e il 1100 a.C., risultando molto più recenti delle prime evidenze agricole dell'area.

Bibliografia

C.F. Gorman, Excavations at Spirit Cave, North Thailand: Some Interim Impressions, in AsPersp, 13 (1972), pp. 79-107; Id., A Priori Models and Thai Prehistory: a Reconsideration of the Beginnings of Agriculture in Southeast Asia, in C.A. Reed (ed.), Origins of Agriculture, The Hague 1977, pp. 322-55; C. Lampert et al., Resinous Substances on Prehistoric Pottery from Southeast Asia: Characterisation and Radiocarbon Dating, in A. Källén - A. Karlström (edd.), Fishbones and Glittering Emblems. Southeast Asian Archaeology 2002, Stockholm 2003, pp. 203-206.

Sukhothai

di Marco Ferrandi

Antica capitale del "principato/città-stato" (muang) omonimo, ubicata nella Thailandia centro-settentrionale sul fiume Yom, circa 12 km a ovest dell'attuale città di S.

La città di S. e la "gemella" Sisatchanalay costituivano gli insediamenti principali di un grande muang fondato attorno alla prima metà del XIII sec. d.C., quando i capi di lingua e cultura Thai si affrancarono dal dominio Khmer, il cui indebolimento aveva lasciato spazio alla formazione di centri di potere regionali fortemente indipendenti dall'autorità centrale. La tradizione fornisce anche l'arco cronologico entro cui il muang raggiunse l'apice dello sviluppo: 1220-1438 d.C. L'attuale ricerca ha però messo in dubbio la solidità della visione tradizionale, sottolineando come in realtà la cronologia dell'insediamento veda il sovrapporsi di strutture appartenenti a periodi differenti, anche anteriori alla data di fondazione, indicando un graduale e complesso sviluppo del centro a partire da un insediamento di dimensioni relativamente contenute la cui posizione lungo le vie commerciali ne favorì un progressivo sviluppo architettonico e politico. Resta comunque la grande importanza di questo sito per la storia dell'arte thailandese, per la quale costituisce un esempio compiuto di costruzione di un centro politico, economico e religioso da parte della nuova entità etnico-politica Thai.

Il sito, oggi sotto l'egida dell'UNESCO, occupa un'area approssimativamente rettangolare (1,8 × 1,4 km): il limite esterno è costituito da tre terrapieni concentrici intervallati da fossati, sui quali si aprono cinque porte (una a est, una a sud, due a ovest e una a nord, che conduce alla strada per Sisatchanalay). Le strutture architettoniche sono sia comprese entro i fossati, sia poste all'esterno; tra le prime, senza dubbio la più importante è il complesso monastico di Wat Mahathat che comprende circa 200 chedi, o stupā, di tipologie differenti, 10 vihan (uno dei quali ospita il Phra Attharot, una colossale statua del Buddha di mattoni e stucco), un bot (sala di preghiera) e 8 verande ospitanti immagini del Buddha. Sempre all'interno delle mura sono presenti oltre 150 cisterne associate ai templi. Mattone e laterite sono i materiali utilizzati per gli edifici, con sporadiche eccezioni di scisto calcareo (finestre, balaustre), mentre le decorazioni erano effettuate con lo stucco, materiale che purtroppo ha mal resistito al tempo. Uno degli ambiti produttivi più importanti ‒ forse il più importante in assoluto, a giudicare dalle evidenze ‒ fu quello ceramico: la presenza di un migliaio di fornaci, concentrate soprattutto a Sisatchanalay, la varietà e la qualità della produzione e l'evoluzione tecnologica basata sulla continua sperimentazione compongono un quadro di intensa attività produttiva in cui l'esportazione ricopriva un ruolo fondamentale. Tra il XIV e il XVI secolo le fornaci di S. e Sisatchanalay furono i più importanti centri di manifattura ceramica dell'intera Asia. All'esterno delle mura, entro circa 5 km di raggio, sono state individuate circa 70 altre strutture religiose; inoltre sono presenti le rovine di un probabile centro Khmer che risalirebbe al regno di Jayavarman VII, costruttore di Angkor Thom.

Bibliografia

J. Boisselier, Il Sud-Est asiatico, Torino 1986, pp. 104-114; Ch.F.W. Higham, The Archaeology of Mainland Southeast Asia, Cambridge 1989, pp. 347, 354; D. Hein, Sawankhalok Export Kilns. Evolution and Development, in Ho Chuimei (ed.), Ancient Ceramic Kiln Technology in Asia, Hong Kong 1990, pp. 205-28; E. Moore - Ph. Stott - S. Sukhasvasti, Ancient Capitals of Thailand, Bangkok 1996, pp. 35-44, 127-60; Ch.F.W. Higham - R. Thosarat, Prehistoric Thailand. From Early Settlement to Sukhotai, Bangkok 1998, pp. 204-13; R. Ciarla, Le ceramiche invetriate tailandesi, in R. Ciarla - F. Rispoli (edd.), Ceramiche e bronzi dall'Oriente Estremo. La donazione Ivanoe Tullio Dinaro (Catalogo della mostra), Roma 1999, pp. 59-71.

Tha kae

di Fiorella Rispoli

Sito (Prov. di Lopburi) di circa 8 ha, sviluppatosi su un terrazzo fluviale abbracciato dal meandro di un antico corso d'acqua, forse lo stesso Lopburi.

Dalle fotografie aeree scattate negli anni Cinquanta del XX secolo il sito appare circondato da fossato e terrapieno (moated site). Il deposito archeologico può oggi essere datato tra il 2500 a.C. e il X sec. d.C. con fasi di frequentazioni più tarde, fino al XV secolo. Del fossato e del terrapieno, verosimilmente databili alla fase Dvaravati (ca. VI-X sec. d.C.), oggi non restano che labili tracce poiché l'intero sito è stato quasi del tutto cancellato da estesi lavori di cava per l'estrazione del terreno naturale a noduli di carbonato di calcio (o caliche), utilizzato nella locale edilizia. A Th.K., archeologi thailandesi avevano condotto piccoli saggi stratigrafici (1983-84), il cui principale risultato fu il riconoscimento di tre orizzonti culturali (antica, media e tarda età dei Metalli), l'ultimo dei quali aveva visto l'insediamento crescere ‒ su un'area di circa 8 ha ‒ verso esiti di tipo urbano, con la realizzazione di strutture monumentali quali il fossato e il terrapieno. Nel 1988 il progetto congiunto Thai-italiano (Lopburi Regional Archaeological Project - LoRAP) procedeva a una prima campagna di ricognizione geomorfologica e topografica del sito e nel 1989 vennero iniziati gli scavi nella sua porzione centrale, ancora intatta. Obiettivo di tali indagini era la ricostruzione del processo di formazione del deposito, la definizione delle sue fasi strutturali e culturali, la definizione cronologica, economica ed ergonomica delle attività artigianali e, più in generale, produttive che vi furono condotte. Tali evidenze, insieme all'urgenza di recuperare quanti più dati possibile prima della completa distruzione del sito, convinsero gli archeologi a continuare ed estendere le indagini nel 1990, 1991 e 1993.

Dall'analisi dei dati risultava evidente l'importanza del livello basale del deposito (strati I e II) ‒ relativo a una occupazione abitativa e funeraria ‒ per la definizione del passaggio dalla tarda età neolitica all'età del Bronzo (ca. 2300-1300 a.C.). Tale fase aveva visto infatti le locali comunità di protoagricoltori acquisire e sviluppare sofisticate tecniche di estrazione, fusione e produzione del metallo (rame/bronzo) in relazione a una crescente diversificazione della gerarchia sociale e a una veloce diffusione della coltivazione del riso. Allo strato III è invece attribuibile una necropoli della tarda età del Ferro (III sec. a.C. - II sec. d.C.) con fosse di sepoltura che hanno fornito importanti dati: per quanto riguarda i rituali, ad esempio, sono state riscontrate sepolture in posizione supina sia singole sia multiple in cui, accanto a giare e ciotole carenate in ceramica rossa e bruna, utensili e armi di ferro, monili di bronzo e perle di vetro, corniola e serpentino, è spesso presente lo scheletro di un cane deposto in posizione accovacciata sul petto o sulla spalla dell'inumato. Nel caso, inoltre, delle tombe multiple si è potuto stabilire che si tratta di sepolture a carattere familiare utilizzate più volte entro un arco di tempo relativamente breve; ciò costituisce un'eccezionale testimonianza dell'insorgere all'interno di quelle comunità di istituti sociali in cui la consanguineità e la discendenza vengono a occupare una posizione di preminenza. I materiali in associazione con lo strato IV ‒ ceramiche a impasto fine con orli modanati, perle di vetro e oro, un anello di bronzo con castone decorato dal simbolo dello śankha, ornamenti per orecchio in lamina di piombo ‒ permettono di datare tale livello al periodo cosiddetto "Funan - inizi Dvaravati" (ca. II-VI sec. d.C.). A questo stesso livello sembrano essere pertinenti alcuni pozzetti di discarica, di medie dimensioni e profilo perlopiù polilobato, che hanno parzialmente disturbato le sepolture del livello più antico (strato III).

Il livello archeologico rappresentato dallo strato I e datato al periodo Dvaravati (V-VIII sec. d.C.) appare divisibile in due fasi: quella delle discariche associate alle "piattaforme" in caliche pressato e quella dei pozzetti. Il deposito sembra caratterizzarsi per una dinamica di accumulo relativamente veloce, sviluppatasi su una precedente superficie abitativa in cui, nell'area indagata, non è stato possibile distinguere la presenza di alcuna struttura architettonica; anche i buchi di palo non sembrano rivelare alcuno schema significativo correlabile a strutture abitative su pilastri. A questo periodo sono inoltre da attribuire le due strutture architettoniche rinvenute nella porzione occidentale del sito (una a pianta grosso modo quadrata, l'altra costituita dalla base di un lungo muro con fori per l'inserzione di colonne, forse lignee), costruite in mattoni di caliche decorati da impronte di dita e con ogni probabilità adibite ad attività cultuali. Lo strato vertisuolizzato di superficie (spess. ca. 10-30 cm) era caratterizzato dalla presenza di frammenti di ceramica invetriata ‒ spesso importazioni cinesi ‒, evidenza di occupazione/frequentazione del sito dalla fine del periodo Dvaravati (ca. X sec.) al pieno periodo Ayutthaya (ca. XV sec.). Purtroppo perso per sempre, sia per gli estesi e continuativi lavori di cava, sia per l'inarrestabile attività dei clandestini per il recupero di oggetti facenti parte dei corredi funerari, Th.K. rimane tra i più importanti siti della regione per la sua eccezionale continuità di occupazione, che copre un arco cronologico di circa 3500-4000 anni.

Bibliografia

R. Ciarla, The Thai-Italian Lopburi Regional Archaeological Project: Preliminary Results, in I. Glover (ed.), Southeast Asian Archaeology 1990, Hull 1992, pp. 111-28; R. Ciarla - S. Natapintu, Towards a Definition of Site Formation Processes in Monsoonal-Tropical Environments: Preliminary Considerations, in G. Leonardi (ed.), Formation Processes and Excavation Methods in Archaeology. Perspectives, Padova 1992, pp. 173-98; M. Cremaschi - R. Ciarla - V.C. Pigott, Palaeoenvironment and Late Prehistoric Sites in the Lopburi Region of Central Thailand, in I. Glover (ed.), Southeast Asian Archaeology 1990, Hull 1992, pp. 167-77; F. Rispoli, Preliminary Report on the Pottery from Tha Kae, Lopburi, Central Thailand, ibid., pp. 129-42; F. Rispoli et al., Xeroradiografia e radiografia digitale a luminescenza nello studio delle tecniche di manifattura della ceramica antica: vantaggi e limiti, in Rivista di Radiologia, 86 (1993), pp. 116-26; R. Ciarla, Lopburi Regional Archaeological Project, in Missioni archeologiche italiane. La ricerca archeologica, antropologica, etnologica, Roma 1997, pp. 323-26; F. Rispoli, Mid-third Early 2nd Millennium BC Pottery Traditions in Central Thailand: Some Preliminary Observations in a Wider Perspective, in R. Ciarla - F. Rispoli (edd.), Southeast Asian Archaeology 1992, S.O.R. LXXVII, Rome 1997.

CATEGORIE