L'amour en fuite

Enciclopedia del Cinema (2014)

L’amour en fuite

Daniela Angelucci

(Francia 1979, L’amore fugge, colore, 94m); regia: François Truffaut; produzione: Les Films du Carrosse; soggetto:François Truffaut, Suzanne Schiffman, Jean Aurel,Marie-France Pisier; sceneggiatura: François Truffaut, Suzanne Schiffman, Jean Aurel, Marie-France Pisier; fotografia: Nestor Almendros, Florent Bazin; montaggio: Martine Barraqué; scenografia: Jean-Pierre Kohut-Svelko, Pierre Compertz, Jean-Louis Povéda; musica: Georges Delerue.

È mattina e Sabine, la nuova compagna di Antoine Doinel, al risveglio nella sua casa di Parigi si accorge che l’uomo non è più nel letto accanto a lei. Antoine, infatti, sta correndo a casa sua poiché, dopo la separazione dalla moglie Christine, tergiversa all’idea di stabilire una nuova convivenza. Poco dopo, l’uomo riceve la telefonata di Christine, che gli ricorda che quello è il giorno del loro divorzio. Durante la corsa in taxi verso il tribunale i due scherzano, e Christine ricorda il primo bacio datole da Antoine, nella cantina della casa dei suoi genitori. Appaiono così i primi flashback, tratti dai precedenti quattro film del ciclo Doinel, di cui L’amour en fuite è letteralmente costituito. Fuori dal tribunale appare Colette, di cui Antoine è stato innamorato da ragazzo, diventata ora un avvocato. La donna, non vista, lo osserva divertita e commenta: «se ne va di corsa, non è cambiato quello là!». Avendo saputo che Antoine ha scritto un’autobiografia, Le insalate dell’amore, Colette si reca a comprarla nella libreria Barnerias, del cui proprietario è innamorata. La sera stessa, Antoine delude ancora una volta Sabine, che lo aveva invitato a cena a casa di un’amica, poiché deve accompagnare il figlio Alphonse alla stazione. Nel binario accanto a quello del treno dove sale il bambino sta partendo Colette, che va in Provenza per lavoro. I due si salutano, e Antoine con un gesto impulsivo sale sul treno con lei. La donna prende in giro Antoine per le menzogne scritte nel libro, ma lo aiuta, poiché è senza biglietto, nascondendolo nel suo vagone letto. Più tardi, però, i due litigano in seguito alle avances dell’uomo; Antoine suona l’allarme e scende dal treno in piena notte per tornare a Parigi, dove trova Sabine infuriata con lui. Tornato al lavoro, l’uomo incontra Lucien, l’ultimo fidanzato della madre, morta qualche anno prima, che lo conduce sulla tomba della donna, e parla di lei al figlio rivelandone lati fragili e inediti. Sabine intanto va al cinema con un altro uomo, il libraio Xavier. Non si tratta tuttavia di un’uscita romantica, poiché scopriamo che i due sono fratelli. Un altro incontro inaspettato è quello tra Christine e Colette: le donne, imbattutesi l’una nell’altra sotto casa di Sabine, dove entrambe vanno a perorare la causa di Antoine, solidarizzano al punto che Colette confida a Christine di aver perso una figlia in un incidente e di amare ora il fratello di Sabine. Con una decisione improvvisa Colette si reca poi alla libreria di Xavier: ciò a cui lo spettatore assiste dall’esterno del negozio, attraverso la vetrina, lascia immaginare una felice conclusione. Nel frattempo, anche Antoine si reca nel negozio di dischi dove lavora Sabine e le racconta di essersi innamorato di lei ancora prima di conoscerla, dopo aver trovato una sua foto. Guardandosi in uno specchio, i due decidono tornare insieme e comportarsi «come se possa durare per sempre»; subito dopo, una coppia entra nel negozio e chiede di ascoltare la canzone L’amour en fuite (composta da Laurent Voulzy in occasione del film).

Quinto e ultimo episodio del ciclo dedicato alla storia di Antoine Doinel, L’amour en fuite mostra il protagonista a sette anni dalle vicende della sua separazione (narrate da Truffaut in Domicile conjugale,1970, Non drammatizziamo... è solo questione di corna): ancora immaturo e attratto da tutte le donne che incontra, è un uomo non eccezionale – come dirà lo stesso regista –, a suo agio però solo in condizioni estreme, di disperazione o di esaltazione. L’instabilità del suo carattere è resa perfettamente dai gesti imprevedibili e dai movimenti veloci dell’attore Jean-Pierre Léaud, la cui personalità impetuosa e vitale ha contribuito in larga parte alla costruzione del personaggio, fondendosi con tratti autobiografici dello stesso Truffaut. La precarietà dello stato d’animo di Antoine trova una rappresentazione emblematica nei vari lavori in cui lo abbiamo visto impegnato: qui, ormai trentacinquenne, correttore di bozze presso una tipografia, non sembra avere ancora trovato un’attività fissa. La stessa incostanza caratterizza la sua vita sentimentale: emblematica la scena in cui Antoine fantastica sul giudice, una bella donna bruna, mentre legge le carte legali relative al suo stesso divorzio. Incostanza che tuttavia non sembra allontanare le sue donne, le quali – come accadde del resto nella vita dello stesso Truffaut –, mantengono nei confronti di Antoine un atteggiamento affettuoso e protettivo. Così si comporta l’ex moglie Christine: «Sei mia madre, mia figlia, mia sorella», le dirà Antoine. Allegra e paziente con il suo compagno è anche Sabine, interpretata da Dorothée (nome d’arte di Frédérique Hoschedé), conduttrice televisiva al suo debutto cinematografico che Truffaut scelse per la fisionomia fresca e lo ‘sguardo da ragazzo’. L’unica a esprimere a volte giudizi severi è Colette, la più simile ad Antoine per la sua volubilità in amore e nella vita, come dirà l’attrice Marie-France Pisier, che collaborò alla scrittura del suo personaggio.

Sebbene il regista si dichiarasse non del tutto soddisfatto del carattere sperimentale e frammentario del film e della sua struttura a mosaico, questo ritorno di Truffaut alla commedia ricopre una posizione significativa nella sua opera al di là del successo di pubblico che ottenne, in quanto riunisce molti degli aspetti narrativi e visivi che caratterizzano la sua poetica. Oltre all’amore per le donne e per il cinema (Sabine e Xavier vanno a vedere Une belle fille come moi, 1972, Mica scema la ragazza, autocitazione del regista che però fa dire a Sabine: «Non si capisce nulla della trama di questo film!»), è continuo il riferimento alla passione per la lettura e la scrittura: l’autobiografia del protagonista, in cui realtà e finzione si fondono; i diciotto volumi del diario del critico teatrale Paul Léautaud, che Sabine regala ad Antoine, in cui il critico racconta la sua vita segnata dall’abbandono della madre; le pile di lettere che Antoine scrive a Sabine. Dal punto di vista visivo, è da notare la frequenza, durante le scene girate nei negozi dove Xavier e Sabine lavorano, ma anche durante la lite a casa della ragazza, delle inquadrature riprese attraverso finestre, specchi e vetri, motivo ricorrente nei film di Truffaut.

L’amour en fuite rappresenta un’analisi complessiva del personaggio Antoine, ma anche del regista di cui è l’alter ego, che lascia in evidenza tutte le sue contraddizioni. Commovente la scena sulla tomba della madre in cui il protagonista, messo a confronto con la sua storia familiare, recupera una sorta di tenerezza nei confronti della donna. Il lieto fine, positivo in modo teatrale, nasconde forse il turbamento del regista che, nel concludere la collaborazione ormai ventennale con Léaud, sembra dire addio anche alla sua infanzia e alla sua giovinezza.

Interpreti e personaggi: Jean-Pierre Léaud (Antoine Doinel); Claude Jade (Christine Darbon); Dorothée (Sabine Barnerias); Marie-France Pisier (Colette); Dani (Liliane); Daniel Mesguich (Xavier Barnerias); Julien Bertheau (Lucien).

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