Kenya

Dizionario di Storia (2010)

Kenya


Paese dell’Africa orient., affacciato sull’Oceano Indiano. Prima del 16° sec. l’interno del K. era abitato da popoli di lingua , come gli ogiek e i kamba, dediti ad agricoltura, raccolta e caccia. Tra il 16° e il 17° sec., giunsero popolazioni nilotiche (kalenjin e luo) e altri gruppi bantu: , provenienti da S, luhya, kisii, tutti attratti dalle terre fertili dell’altopiano e a ridosso dei Grandi Laghi. Alla fine del 17° sec. i nomadi provenienti da N s’inse­diarono con greggi e mandrie nella parte merid. del Paese. Inserita in una storia multimillenaria di interscambi con la Penisola Arabica, il Golfo Persico e tutta la regione dell’Oceano Indiano, la costa del K. fu l’epicentro dal 9°-10° sec. dello sviluppo della cosiddetta civiltà , caratterizzata da una base umana locale, una lingua bantu, una forte presenza dell’islam, apporti arabi, iranici ecc. e la crescita di una serie di città-Stato che toccarono il massimo splendore verso il 12° sec. (➔ Kilwa). In particolare la costa del K. vide sorgere il potere dei centri di Mombasa, Malindi, Lamu, Pate, ma anche Gedi. Gli scambi commerciali riguardavano schiavi, tessuti, avorio, oro, vetro ecc. I portoghesi, che toccarono le coste kenyane con Vasco da Gama nel 1498, si inserirono nelle competizioni tra città-Stato. Alleandosi con la dinastia regnante a Malindi, riuscirono a prendere Mombasa nel 1529, che occuparono con altre basi fino al 1699, quando forze provenienti dal sultanato dell’Oman li espulsero definitivamente. Il potere omanita lasciò a lungo una sostanziale autonomia alle città costiere, finché negli anni Venti del 19° sec. il sultano Seyyid Said spostò la capitale dalla Penisola Arabica a Zanzibar, accentuando il controllo sulla costa e sui suoi traffici. Le prime intromissioni britanniche nell’area iniziarono in questa fase e le città swahili che si opponevano a Sayyid videro negli inglesi un alleato. Le attività di compagnie commerciali europee, come la British East Africa company (BEAC), di esploratori (scoperta dei monti Kenya e Kilimangiaro) e missionari, specie protestanti, accentuarono l’interesse europeo per la regione. Nel 1877 l’Oman fu costretto a rilasciare una concessione commerciale alla BEAC. Fu il preludio alla formazione del protettorato dell’Africa orientale britannica (1895), processo condotto anche in concomitanza alla costruzione della ferrovia Mombasa-Lago Vittoria (Kisumu) tra 1896 e 1901, che apriva un asse di comunicazione verso l’Uganda. Nairobi fu fondata come centrale operativa ferroviaria (1900) e quindi vi fu spostata da Mombasa la capitale (1908). Il K. divenne colonia nel 1921, dopo l’insediamento di qualche migliaio di grandi proprietari fondiari europei nelle regioni dell’altopiano tra Nairobi e i Grandi Laghi, dov’era concentrata la maggioranza della popolazione africana, attiva nella produzione di tè, caffè, cotone, tabacco ecc. Nonostante gli attriti coi contadini locali espropriati, la colonia divenne una delle più prospere dell’Africa tropicale. Negli anni Cinquanta del 20° sec. scoppiò la rivolta Mau-Mau condotta dalla Land freedom army, formata da nazionalisti neri e contadini senza-terra, soprattutto kikuyu. Il principale leader anticoloniale, Jomo Kenyatta, proveniva politicamente da questa lotta. Kenyatta fondò la Kenya African national union (KANU), guidò il Paese all’indipendenza (1963) e fu il primo presidente con la proclamazione della Repubblica (1964). Per i successivi quattro decenni il KANU dominò la politica del K., che negli schematismi della Guerra fredda fu indiscusso fautore dell’alleanza con l’Occidente. Kenyatta, che gestì un sistema a partito unico de facto, fu presidente fino alla morte nel 1978. Il suo governo coincise con un periodo di forte crescita economica. Il successore, Daniel Toroitich Arap Moi, riconfermato più volte alla presidenza della Repubblica (dal 1992 attraverso elezioni multipartitiche), ereditò dal predecessore e padre della nazione non solo dinamismo economico e infrastrutture, ma anche grandi disparità sociali e una macchina pubblica poco funzionante e corrotta. La politica etnica servì a distogliere l’attenzione dalle storture del sistema politico e da temi sociali, quali la distribuzione ingiusta e la gestione arbitraria della terra da parte delle autorità provinciali. Tutto ciò ha prodotto forte conflittualità e un crollo del consenso per il KANU, risoltosi nel 2002 con la vittoria dell’opposizione del Democratic party (DP) e di  Mwai Kibaki (un ricco uomo d’affari), che come presidente divenne pedissequo esecutore dei dettami degli istituti finanziari internazionali, ma corruzione e ingiustizie socio-economiche continuano ad alimentare una forte conflittualità sociale, che assume le forme dell’etnicismo. Gli scarsi successi di Kibaki nell’affrontare le questioni cruciali delle riforme terriere, costituzionale e amministrativa hanno indotto le opposizioni a unirsi nell’Orange democratic movement (ODM). Questo ha denunciato brogli governativi nelle elezioni del dicembre 2007, che avevano proclamato vincitore di nuovo Kibaki a discapito dell’altro candidato Raila Odinga. Nei mesi successivi i due fronti si sono scontrati causando un alto numero di vittime e rifugiati interni, per poi raggiungere un accordo di spartizione del potere con Kibaki presidente e Obinga primo ministro. Tuttavia il nuovo governo incontra serie difficoltà di funzionamento, mentre parte della leadership è sotto inchiesta da parte della Corte penale internazionale dell’Aia. Nell’agosto 2010 è stata varata una nuova Costituzione.

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