Jules et Jim

Enciclopedia del Cinema (2004)

Jules et Jim

Flavio Santi

(Francia 1961, 1962, Jules e Jim, bianco e nero, 110m); regia: François Truffaut; produzione: Marcel Bebert per Les Films du Carrosse/SEDIF; soggetto: dall'omonimo romanzo di Henri-Pierre Roché; sceneggiatura: François Truffaut, Jean Gruault; fotografia: Raoul Coutard; montaggio: Claudine Bouché; scenografia e costumi: Fred Capel; musica: Georges Delerue, Boris Bassiak.

Parigi, primi anni Dieci. Il francese Jim e il tedesco Jules sono legati da una forte amicizia che li rende inseparabili: vanno a donne e per bistrot, discutendo amabilmente di vita e letteratura. Un giorno Albert, un archeologo amico di Jules, mostra loro delle diapositive: li folgora il sorriso fermo e tranquillo, un poco sdegnoso, di una statua di donna scoperta recentemente. Ritrovano quel sorriso in Catherine, invitata una sera a cena con altre due ragazze di passaggio a Parigi. Jules le propone di sposarlo; dopo una gita al mare, Catherine accetta e Jules lo comunica per telefono a Jim. Il giorno seguente scoppia la Prima guerra mondiale; dal fronte Jules scrive alla ragazza appassionate lettere d'amore. Al termine del conflitto Jules e Jim riprendono a scriversi: Jim è invitato allo chalet di Jules vicino al Reno, dove l'amico vive con Catherine e la figlia Sabine. Intanto Catherine frequenta Albert, che vorrebbe sposarla. Ma ora è Jim a innamorarsi di Catherine, la quale ricambia e inizia una convivenza con lui allo chalet. Ogni tentativo di avere figli però fallisce, e i due decidono di non vedersi per tre mesi. La notte del congedo, in uno squallido albergo, Catherine rimane incinta; ne segue un fitto epistolario con Jim, ma la donna perde il bambino al terzo mese e non ne vuole più sapere del francese. Per caso i due amici si incontrano a Parigi: ora Jules e Catherine si sono trasferiti in un vecchio mulino sulla riva della Senna. Jim è invitato a fare una gita con la nuova macchina di Catherine; non è più innamorato e un mattino rinfaccia alla donna il suo comportamento egoistico. Alcuni mesi dopo i tre si ritrovano in un cinema e vanno a pranzo insieme; Catherine invita Jim a salire in macchina e dopo aver detto a Jules di fare attenzione, si lancia con l'automobile nell'acqua del fiume. Jim e Catherine muoiono. A Jules non rimane che accompagnare le due bare al forno crematorio e assistere alla tumulazione delle urne.

La prima idea di Jules et Jim risale al 1956, quando in una recensione sulla rivista "Arts" al film di Edgar G. Ulmer The Naked Dawn (Fratelli messicani, 1955) François Truffaut affermò l'importanza del romanzo di Henri-Pierre Roché ("uno dei più bei romanzi moderni che io conosca") e auspicò la possibilità di trarne un film, definendolo un "libro cinematografico". La rilettura intrapresa dal regista esplora le dinamiche dei sentimenti amorosi e le dialettiche contraddittorie che si instaurano tra norma e trasgressione: dall'amicizia di Jules e Jim all'amore plagiante e dominatore di Catherine. Tutto questo è scandito da una cinepresa molto mobile, che articola la narrazione avvalendosi di carrellate fluide, panoramiche en plein air che creano spazio e libertà, effetti giostra, ma anche, quasi un monito ferale, fermo immagine improvvisi di Catherine (la fissità della fotografia in Truffaut rimanda sempre alla morte). Catherine è la donna vera, l'ideale femminino, perché essere androgino (M. Delahaye): c'è in lei un forte carattere maschile ‒ Jim la paragona ironicamente a Napoleone ‒ esibito in maniera esplicita quando si traveste da Thomas, alter ego con tanto di baffi disegnati e sigaro in bocca. I modelli acquisiti e diffusi come normali sembrano quindi deficitari: dall'istituzione linguistica, con i lapsus che invertono maschile e femminile e la consapevolezza che le parole sono prive di sesso assoluto ("Noi diciamo in tedesco: il guerra, il morte, il luna, mentre sole e amore sono di sesso femminile: la sole, la amore. La vita è neutro", ricorda Jules), fino al modello esistenziale e amoroso. La coppia non è la forma ideale, e la fedeltà risulta un principio insoddisfacente: basta che uno dei due sia fedele, secondo una massima pronunciata prima da Jules, poi da Catherine.

Forse il mondo animale può rappresentare un'alternativa: non è un caso che Jules abbia interessi entomologici e in futuro si proponga di scrivere un romanzo d'amore con protagonisti insetti. Vige una specie di pansessualismo, socialmente bollato: Catherine, Jules e Jim nel paese vicino al Reno sono chiamati i tre pazzi; nel romanzo autobiografico che Jim sta scrivendo, i due protagonisti sono considerati 'anormali' per la loro profonda amicizia. Solo la morte, come forma più compiuta di morale, può risolvere questo movimento di trasgressione continua: la morte nell'acqua è un ritorno alle origini ancestrali, e Catherine ha il sorriso di una statua arcaica. Il tentativo di inventare l'amore secondo nuove leggi e di giocare con la sostanza della vita è destinato a fallire, oppure a placarsi nell'ipocrita adesione alle consuete leggi umane: Jules sopravvive perché è il più 'normale' dei tre, con un fondo di diffidenza misogina manifestato citando Baudelaire.

I commenti over (la voce è di Michel Subor) sono tratti dal romanzo omonimo: il film ha una fotografia raffinata di ispirazione liberty, in un bianco e nero stilizzato, su cui si innestano brani documentari in formato cinemascope, che non hanno una funzione scenografica bensì strettamente drammaturgica e narrativa, secondo una precisa scansione tematica, ma anche sottilmente allusiva: le immagini della Tour Eiffel rinviano a Les 400 coups, quelle dei roghi nazisti anticipano Fahrenheit 451 (1966), mentre le scene delle trincee della Grande Guerra ritorneranno in La chambre vert (La camera verde, 1978).

Interpreti e personaggi: Jeanne Moreau (Catherine), Oskar Werner (Jules), Henri Serre (Jim), Marie Dubois (Thérèse), Vanna Urbino (Gilberte), Boris Bassiak (Albert), Sabine Haudepin (Sabine), Danielle Bassiak (compagna di Albert), Anny Nelsen (Lucie), Bernard Largemains (Merlin), Jean-Louis Richard, Michel Varesano (clienti del caffè), Pierre Fabre (l'ubriaco), Elen Bober (Mathilde), Christiane Wagner (Helga), Dominique Lacarrière.

Bibliografia

M. Delahaye, Les tourbillons élémentaires, in "Cahiers du cinéma", n. 129, mars 1962.

R. Gilson, P. Billard, Jules et Jim, in "Cinéma 62", n. 64, mars 1962.

P. Brétigny, Jules et Jim, in "Image et son", n. 149, mars 1962.

R. Roud, Jules et Jim, in "Sight & Sound", n. 3, Summer 1962.

G. Rondolino, Jules e Jim, in "Filmselezione", n. 13-14, settembre-dicembre 1962.

L. Autera, Jules et Jim, in "Bianco e nero", n. 11, novembre 1962.

R. Greenspun, Elective affinities, aspects of 'Jules et Jim', in "Sight & Sound", n. 2, Spring 1963.

K. Murphy, La Belle Dame Sans Merci, in "Film comment", n. 6, November-December 1992.

E. Dal Molin, A voice in the dark: feminine figuration in Truffaut's 'Jules et Jim', in "Literature/Film quarterly", n. 4, October 1994.

C. Le Berre, Jules et Jim, François Truffaut: étude critique, Paris 1995.

E. Bessière, Deux 'Jules et Jim': analyse comparée des deux oeuvres de Henri-Pierre Roché et de François Truffaut, Evreux 1998.

Sceneggiatura: Jules et Jim, Paris 1995.

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