Joko Widodo al potere

Atlante Geopolitico 2016 (2016)

Vedi Joko Widodo al potere dell'anno: 2015 - 2016

Francesco Montessoro

Il nuovo presidente indonesiano (nato nella città giavanese di Solo nel 1961) rappresenta un fattore di discontinuità nella vita pubblica del suo paese, sia per l’assenza di legami con l’establishment politico ed economico che ha retto l’Indonesia degli ultimi decenni, sia per non aver avuto direttamente o indirettamente rapporti con le forze armate, il potente gruppo di pressione che ha dominato per quarant’anni il più grande stato musulmano del mondo e il quarto per popolazione. Figlio di un modesto imprenditore di provincia, Joko Widodo ha lavorato per anni nell’impresa di famiglia prima di fare il suo ingresso in politica. Eletto per due volte sindaco della sua città d’origine, diventa nel 2012 governatore della regione di Giacarta in virtù di un programma innovativo, imponendosi in breve tempo come leader dai tratti carismatici e divenendo anche un vero fenomeno mediatico. Si è trattato di un’affermazione per molti aspetti sorprendente, poichè Joko Widodo, nonostante non disponesse delle risorse finanziarie che spesso in Indonesia sono necessarie alla costruzione di una carriera politica, riuscì ad assicurarsi il controllo o il condizionamento dei mezzi d’informazione e garantirsi l’appoggio di schiere di clienti e sostenitori.

L’ascesa di Joko Widodo va letta nell’ambito della perdita di centralità dei partiti politici indonesiani, il cui rilievo dopo le elezioni del 2004 si è gradualmente ridotto a vantaggio di un sistema dominato dai singoli candidati. Anche il successo di Susilo Bambang Yudhoyono (presidente per due mandati dal 2004 al 2014) è dovuto al carattere ‘personale’ del partito che ha costruito, il Partai Demokrat, modellato dall’energia e dal carisma del suo fondatore più che da basi ideologiche e programmatiche. Questa tendenza è stata confermata negli ultimi anni dalla perdita d’incisività e di efficienza dell’esecutivo, che ha contribuito al crollo della popolarità di Yudhoyono. Il ritiro di quest’ultimo, ineleggibile per un nuovo mandato, ha comportato la sconfitta del suo partito, che nelle elezioni parlamentari è passato dal 21% del 2009 al 10,2% dell’aprile 2014.

Joko Widodo entra in politica relativamente tardi e in un ambito decisamente periferico, segnalandosi subito sia per un approccio informale e attento agli aspetti minuti e concreti della gestione amministrativa, sia per una notevole capacità di negoziare con i numerosi gruppi e i rappresentanti degli interessi comunitari. Eletto una prima volta nel 2005, nel 2010 è rieletto conquistando il 90% del voto popolare: un risultato eccezionale che gli apre la via alla carica di governatore della regione di Giacarta. Esponente di secondo piano del Partai Demokrasi Indonesia-Perjuangan (Pdi-P), Joko Widodo diventa, non senza obiezioni e riserve, candidato dell’opposizione, contendendo il posto al governatore in carica, Fauzi Bowo. Questi è sconfitto nel ballottaggio del settembre 2012 e l’inattesa vittoria di un uomo per certi aspetti modesto e dal profilo provinciale contribuisce a trasformare Joko Widodo in un caso politico e mediatico nazionale. Nei primi mesi il nuovo governatore di Giacarta affronta questioni complesse, come la gestione del traffico di una tra le più congestionate metropoli asiatiche, l’accesso all’istruzione e ai servizi sanitari da parte dei ceti meno favoriti, la ricorrente minaccia delle alluvioni, l’efficienza dei trasporti urbani, l’organizzazione della burocrazia. Joko Widodo, inoltre, introduce la prassi di visite non annunciate in comunità e uffici pubblici che hanno un impatto positivo sulla sua immagine e sembrano determinare un aumento dell’efficienza dei servizi. All’inizio del 2013 i primi sondaggi d’opinione indicano che il nuovo governatore di Giacarta è così popolare da poter competere nella corsa alla presidenza.

Le possibilità di successo di Joko Widodo sono in questa fase nelle mani di Megawati Sukarnoputri, leader del Pdi-P, che a dispetto della diffidenza di alcuni membri della sua famiglia, come il marito Taufik Kiemas e la figlia Puan Maharani, è disponibile ad appoggiare il governatore di Giacarta; questi nel marzo 2014 diventa ufficialmente candidato alla presidenza. Nelle elezioni parlamentari del 9 aprile 2014 il Pdi-P si afferma però con solo il 19% dei suffragi e dovrà allearsi con altre forze per partecipare alle elezioni presidenziali. Sulla base della legge elettorale del 2008, infatti, la competizione è limitata ai candidati dei partiti o delle coalizioni che abbiano conseguito nelle votazioni per il parlamento almeno il 20% dei seggi o il 25% dei suffragi. Tale regola obbliga gli sfidanti a ricercare il sostegno di gruppi politici eterogenei: nel 2014 i due principali partiti indonesiani (il Pdi-P e il Golkar), pur avendo entrambi un background ideologico di tipo laico e nazionalista, danno vita a raggruppamenti che includono varie formazioni islamiche a sostegno delle rispettive candidature. Il Golkar (la formazione che fino al 1998 era legata al regime autoritario dell’ex presidente Suharto) si schiera progressivamente a favore di Prabowo Subianto, il leader del Partito della grande Indonesia (Gerindra), un’organizzazione legata agli ambienti militari da cui lo stesso Prabowo Subianto proviene. Già comandante in capo dei corpi speciali che si erano macchiati di clamorose violazioni dei diritti umani nell’ultima fase del regime del cosiddetto ‘Ordine nuovo’, l’ex generale Prabowo Subianto (genero dello stesso dittatore Suharto e membro di una facoltosa e potente famiglia), anche grazie al suo approccio populistico, gode di una relativa popolarità che lo fa assurgere nel 2014 a possibile candidato presidenziale.

Le coalizioni che si sono affrontate nella campagna elettorale conclusa il 9 luglio sono guidate dal Pdi-P (che insieme ad alcune formazioni minori rappresenta il 41% dei voti parlamentari espressi ad aprile) e dal Golkar che, con il Gerindra, il Partai Demokrasi dell’ex presidente Yudhoyono e tre organizzazioni islamiche, parte dal 59% del voto legislativo. Una disparità che viene rovesciata dall’esito delle elezioni presidenziali, in cui Joko Widodo conquista un sorprendente 53,15% dei voti contro il 46,85% raccolti da Prabowo Subianto.

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