Milton, John

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Poeta inglese (Londra 1608 - ivi 1674). Il padre John (m. 1647), un notaio che aveva avuto aspirazioni artistiche e tendenza per la musica (compose salmi, mottetti, madrigali), gli fece studiare le lingue classiche, l'ebraico, l'italiano; dal precettore Th. Young, presbiteriano, derivò anche l'interesse per le grandi controversie religiose del suo tempo. Studiò alla università di Cambridge, dove sotto l'influenza dell'empirismo di Bacone si radicò nell'avversione alla scolastica, e dove cominciò presto a scrivere, in parte come esercitazione accademica, versi, prevalentemente in latino: elegie (In adventum veris) ed epistole; verso la fine del 1629 scrisse l'Ode on the morning of Christ's Nativity, che segna la prima fase della sua maturità artistica. Nello stesso anno si era procurato il canzoniere di G. Della Casa, su cui studiò la tecnica del sonetto e assorbì quel cosiddetto stile eroico di cui doveva più tardi trovare maggiore esempio in T. Tasso. Una delle esercitazioni accademiche (prolusioni) "se fosse più eccellente il giorno che la notte" gli fornì lo spunto per le due poesie L'Allegro e Il Penseroso che furono scritte probabilmente nel 1631. Dopo la laurea (1632) si ritirò a Horton (Buckingham shire), dove il padre aveva acquistato una piccola proprietà, e vi trascorse sei anni d'intensi studî (descritti nel Commonplace Book), preparandosi, in attesa di poter compiere un grande poema eroico, secondo l'aspirazione che, sull'esempio della letteratura italiana, fu propria dell'epoca in Inghilterra. Durante questo periodo compose, sotto l'influenza dei Foure hymnes di E. Spenser, il dramma pastorale Comus, rappresentato a Ludlow nel 1634, in cui è celebrato il trionfo della castità sul mago Como, e nel 1637 l'elegia funebre pastorale Lycidas. In queste due opere è già presente il conflitto tra amore sensuale e amore platonico che diverrà uno dei suoi temi dominanti. Nel 1638 venne in Italia: a Firenze frequentò la compagnia di letterati, lesse suoi versi in latino all'Accademia degli Svogliati e s'incontrò forse con Galileo; a Roma conobbe la cantante Eleonora Baroni per cui scrisse tre epigrammi latini; a Napoli, dove trascorse parte dell'inverno 1638-39, conobbe G. B. Manso cui diresse un'epistola in latino, accennando al suo proposito di scrivere un poema eroico sul ciclo delle leggende arturiane. Indotto a tornare in patria (luglio 1639) dalle vicende politiche inglesi, ribadì quel proposito nell'Epitaphium Damonis, altra elegia funebre pastorale (in latino), scritta l'anno stesso in morte di G. Diodati. Ma, prima di lasciare l'Italia, assisté a qualche sacra rappresentazione avente per argomento la caduta di Adamo; nonostante qualche dubbio recente, pare certo che M. avesse conosciuto l'Adamo di G. B. Andreini. M., che fu puritano assai meno di quanto in passato si ritenne (molte delle opinioni religiose espresse nelle sue opere in prosa sono estranee o addirittura contrarie non solo al puritanismo ma al cristianesimo in genere), va considerato molto più uomo del Rinascimento. Questo spiega come egli avesse ancora in sé qualcosa dello spirito che aveva animato i poeti drammatici elisabettiani e che l'aspirazione verso la poesia tragica fosse in lui viva e costante come l'altra verso il poema eroico. Tornato in Inghilterra, coltivò per qualche tempo attivamente il proposito di comporre una tragedia sulla caduta di Adamo, di cui rimangono quattro abbozzi. Si dedicò intanto all'insegnamento cui attribuiva, secondo la tradizione umanistica, grande importanza (Of education, 1644) e partecipò alle lotte religiose e politiche del suo paese, che avrebbero portato all'esecuzione di Carlo I, scrivendo, a favore della causa puritana, opuscoli polemici (Of reformation touch ing-church discipline in England; Of Prelatical Episcopacy, 1641, ecc.) e facendosi campione della libertà di parola in Areopagitica (1644). Negli anni di separazione dalla prima moglie, Mary Powell, figlia di un monarchico, scrisse i quattro libri in favore del divorzio (The doctrine and discipline of divorce, 1643; The judgment of Martin Bucer concerning divorce, 1644; Tethracordon e Colasterion, 1645). Per una ventina d'anni M. che, dopo il trionfo della causa puritana, aveva accettato la carica di segretario del Comitato per gli affari esteri del Consiglio di stato, non si ricordò che rare volte di essere poeta (il famoso sonetto sul massacro dei Valdesi, Avenge O Lord thy slaughter'd Saints, l'altro sulla cecità che lo aveva colpito nel 1651, When I consider how my light is spent, e un terzo sull'apparizione in sogno della sua seconda moglie defunta, Methought I saw my late espoused Saint, del 1658). Si dedicò ad attività polemiche in difesa del repubblicanismo, sostenendo anche l'apologia del regicidio (Eikonoklastes, 1649; Pro populo anglicano defensio, 1651, che fu la sua trionfale polemica sul Salmasio; Defensio secunda, 1654, che è la sua più grande opera in prosa latina) e scrisse, tra il 1655 e il 1659, il trattato teologico De doctrina christiana. Quattro anni di relativa tregua (1655-59) ricondussero M. alla poesia: indizî porterebbero a credere che verso il 1655 il poeta cominciasse a occuparsi seriamente del Paradise Lost e ne conducesse a termine i primi due libri prima della restaurazione di Carlo II (1660), quando egli perdette gran parte della sua fortuna e, ritiratosi a vita privata, compose le sue opere maggiori. Il poema Paradise Lost fu pubblicato nel 1667 e nel 1671 apparvero insieme il poema Paradise Regained e la tragedia Samson Agonistes, con la quale M. attuò infine la sua aspirazione alla poesia tragica. La solennità dei temi biblici cui egli si ispirò (la caduta degli angeli e la caduta dell'uomo, la riconquista del Paradiso per opera di Cristo, il sacrificio di Sansone che, cieco come il poeta stesso, sceglie la morte per poter distruggere i nemici della patria) trova riscontro nella solennità del blank verse che egli usò con grande sapienza. Come il Paradise Lost (dove la figura di Satana esprime l'energia eroica in cui M. fortemente credeva) è il punto d'arrivo dei tentativi di poema eroico cristiano, la cui voga risale al Cinquecento italiano, così il Samson Agonistes è la più compiuta riu scita di quella restaurazione del teatro dei Greci, cui il Rinascimento aveva mirato.

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