VERMEER, Johannes

Enciclopedia Italiana (1937)

VERMEER, Johannes (Jan)

G. I. Hoogewerff

Pittore, nato a Delft il 31 ottobre 1632, morto ivi il 15 dicembre 1675. É detto Jan Vermeer van Delft per distinguerlo dal suo contemporaneo, il paesista Jan Vermeer, o Van der Meer, da Haarlem (1628-91). Fra il 1652 e il 1654 fu allievo di Carel Fabritius, il geniale scolaro di Rembrandt; ma non può dirsi seguace di colui: forse sollecitato dal maestro, sviluppò nella propria arte quella tendenza alla luminosità, che già è palese nei suoi primi quadri. Accolto maestro nella compagnia dei pittori a Delft (1653), ne fu sindaco negli anni 1662-63 e 1670-71. Sembra che abbia dipinto relativamente poco; e oggi di lui sono noti soltanto 32 quadri. Per la rarità delle sue opere il V. cadde completamente in oblio e soltanto nel 1866 uno studio magistrale di W. Bürger (Thore; poi seguito dalle ricerche dell'Obreen e del Bredius) rivelò il suo genio, la cui fama oggi non cede che a quella di Rembrandt e di Frans Hals.

È stato affermato che il campo della sua attività pittorica non fu molto vasto. Ma così non è. Fra le opere, pur così rare, si trovano almeno tre composizioni di figure quasi al naturale: Gesù con le sorelle Marta e Maria (firmato) nella Galleria nazionale della Scozia a Edimburgo; Diana con le ninfe (pure firmato) nella R. Galleria Mauritshuis a L'Aia; La Cortigiana (1656), nella Galleria di Dresda; due ritratti (Budapest e Bruxelles); varie teste muliebri evidentemente dipinte con non altro scopo che la soddisfazione del proprio impulso (la più famosa è la celeberrima Ragazza con la perla al Mauritshuis a L'Aia); due allegorie: la Religione (L'Aia, Mauritshuis), il Pittore e la Fama che gli posa (Vienna, Galleria Gernin); poi la celebre veduta di Delft (L'Aja, Mauritshuis) e il Vicoletto della raccolta Six (ora ad Amsterdam nel museo nazionale). A questo complesso già così vario di soggetti si aggiungono interni con una figura sola (un geografo, una fanciulla) o con due: signora e serva, damigella con il maestro di musica, ecc. Questi personaggi ora sono intere figure in diversi ambienti, ora sono mezze figure, attente alle più varie occupazioni: una signora legge una lettera (Amsterdam e Dresda), apre la finestra (Nuova York) o tocca il clavicembalo (Londra); la cuoca versa il latte (Amsterdam); la fanciulla civetta si mette una collana di perle (Berlino), ecc. Sono quadri di non grandi dimensioni, di fattura qualche volta minutissima, ma nel più dei casi di tocco vibrato, vivo fino al magico, esatto fino all'infallibilità. La più minuscola di queste opere, e pure la più franca, disinvolta e fine di esecuzione, è la celebre Dentelière al Louvre.

Sovrana in tutte le composizioni del maestro è la luce, elemento essenziale, animatore, cagione per cui i quadri sono quali sono e che ci spiega perché furono creati appunto così e non diversamente. In molte delle sue opere domina un luminoso giallo che forma un accordo assai sentito con un azzurro ceruleo. Nelle opere del primo gruppo è palese un influsso italiano. Non è sicuro se il Vermeer l'ha subito indirettamente attraverso un maestro come Hendrik Terbrugghen, il quale sotto un certo rispetto, principalmente per la tendenza luministica, pare preannunziarlo, oppure direttamente mediante una conoscenza di qualche composizione di Orazio Gentileschi che aveva lavorato forse in Olanda prima di recarsi a Londra, dove morì nel 1646. Nella tavolozza dei due maestri pare che si riveli una certa affinità. Nell'arte del Vermeer quest'influsso italiano tuttavia non è stato dominante né costante. Intorno al 1658 esso svanisce. Scolaro del V. fu Pieter de Hooch (v.).

V. tavv. XXXIX e XL e tav. a colori.

Bibl.: C. Hofstede De Groot, Beschreibendes und kritisches Verzeichnis der Werke der hervorragendsten holländischen Maler des XVII. Jahrhunderts, I, Esslingen-Parigi 1907, pp. 583-611; id., J. V. dan Delft e Carel Fabritius, Amsterdam 1907; Ed. Plietzsch, V. dan Delft, Lipsia 1911; G. Vanzype, V. de Delft, 3ª ed., Parigi e Bruxelles 1925 (con bibl.); R. Longhi, Terbrugghen e la parte nostra, in Vita artistica, II (1927), pp. 105-116; P. T. A. Swillens, Een perspect. studie van de schilderijen van J. V. v. D., Amersfoort 1929.

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