Fichte, Johann Gottlieb. - Filosofo tedesco (Rammenau,
Vita e opereDi origini contadine, studiò grazie all'aiuto del barone von Miltitz, morto il quale dovette affrontare dure difficoltà di vita. Studiò nelle università di
PensieroIl punto di partenza e il tema fondamentale della meditazione fichtiana è costruire un edificio sistematico che abbia come fondamento un principio di libertà. Il corso storico, la vita politica, la vita individuale tendono e devono tendere verso la realizzazione di una sempre maggiore libertà, contro il meccanicismo, la passività, la ripetizione. Aderire a una filosofia come la sua, dice F., non è soltanto il risultato di una riflessione, ma è essenzialmente una scelta, quella scelta che è lo stesso punto di partenza della filosofia fichtiana, la quale ha confessatamente origine in un atto di fede, la fede nell'autonomia e nella libertà dell'uomo. Per dare un fondamento speculativo a queste esigenze, F. si serve di un metodo, che pretende di andare più a fondo di quello di Kant, il quale si limitava a constatare e analizzare, mentre F. costruisce o piuttosto descrive una genesi ideale. Il problema è ricondurre a un principio unico di libertà ogni fenomeno, compresi quelli che si presentano con caratteri opposti ad esso. Questo principio di libertà è l'Io, puro atto verso la cui realizzazione noi tendiamo. Nella Grundlage (1794) F. espone la genesi ideale del mondo attraverso alcuni principi fondamentali. Il primo principio è l'io pone sé stesso, col quale principio noi pensiamo un'attività illimitata, un assoluto atto spirituale. Il secondo principio è l'io pone il non-io; anche questo principio è assoluto, inderivabile dal primo, e rende ragione della necessità di una opposizione, di una resistenza, perché l'io si realizzi. Con ciò io e non-io sono in reciproco rapporto e si limitano reciprocamente. Di qui il terzo principio, l'io oppone nell'io all'io divisibile un non-io divisibile. Abbiamo così raggiunto la coscienza empirica, la cui esperienza, sia in quel che ha di attivo, sia in quel che ha di passivo, ha la sua fonte ultima nell'io puro. L'esperienza dell'io è duplice, teoretica e pratica. La prima è la presa di coscienza dell'io attraverso la rappresentazione dell'oggetto; dalla sensazione alla ragione si ha un progressivo intervento delle facoltà rappresentative nel processo di costituzione dell'oggetto conosciuto, ciascuna delle quali interviene perché il soggetto cerca di possedere pienamente l'oggetto, ossia di trovare in sé stesso la ragion d'essere di esso. Ma questa esigenza non può essere soddisfatta appieno, giacché, se lo fosse, verrebbe meno la stessa esperienza teoretica, la quale presuppone l'alterità dell'oggetto e quindi l'urto del soggetto nell'oggetto. Questa esigenza di possesso completo dell'oggetto è la meta ideale (destinata a rimanere tale) verso cui tende progressivamente l'attività pratica. E tale è in generale il compito dell'uomo morale; ma questo compito si attua attraverso una serie di azioni particolari, a seconda delle singole persone e delle circostanze. Ora la particolarità dei doveri non è data dall'impulso morale puro, ma dall'unione di impulso morale e impulso naturale; l'impulso naturale offre la materia dell'azione, il morale puro la forma. Con ciò F. cerca evidentemente di superare le difficoltà del formalismo kantiano; comunque la sua morale è una morale dell'autonomia spirituale. Strettamente connessa con la dottrina morale di F. è la sua dottrina politico-giuridica.