Miro, Joan

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

Miro, Joan

Eugenia Querci

La realtà diventa un mondo di sogno

Pittore, grafico e scultore catalano, Miró è profondamente legato alla sua terra: la vita dei contadini, i loro oggetti di uso quotidiano, l’arte popolare, le luci e i colori del Mediterraneo sono alcune delle sue fonti di ispirazione. In seguito, i soggiorni a Parigi e la frequentazione di Picasso e degli esponenti del dadaismo e del surrealismo ne hanno determinato lo stile e le scelte artistiche

Osservare e immaginare la natura

Miró affermava: «le cose più semplici mi danno delle idee». Il continuo contatto con la quotidianità della terra catalana, «il rumore dei cavalli nella campagna, le ruote di legno di carri che cigolano lungo la strada, il suono di passi, grida nella notte, grilli» alimentano la tensione emotiva e psicologica necessaria alla sua pittura.

Nel 1912, intorno ai vent’anni, Miró (nato a Barcellona nel 1893) visita una mostra di pittori cubisti, come Juan Gris e Fernand Léger (cubismo), ma i suoi primi dipinti, pieni di colori vivaci e stridenti, dalla pennellata decisa, sono vicini alle opere di Van Gogh, Cézanne e dei pittori fauves.

A Barcellona frequenta l’accademia privata direttada Francisco Galí che segue un metodo molto libero: gli allievi devono riprodurre un oggetto praticamente senza guardarlo ma conservandone la prima impressione. D’altro canto, Miró è uno straordinario osservatore e riesce a soffermarsi per ore su piccoli particolari naturali: per lui un sasso o un filo d’erba sono espressione della perfezione della natura tanto quanto un paesaggio nella sua complessa bellezza. Lo dimostrano dipinti minuziosi come L’orto con l’asino del 1918.

Picasso, dada e i surrealisti

Artista dal temperamento romantico, taciturno e riflessivo, Miró è però molto attento agli sviluppi dell’arte moderna, soprattutto francese. Nel 1920 si reca a Parigi, dove frequenta il pittore cubista Pablo Picasso, che lo incoraggia a lavorare. Si avvicina inoltre al circolo degli artisti e poeti dadaisti (dadaismo), di cui apprezza la mancanza di regole e preconcetti nell’arte. Ma Miró si muove su una strada autonoma, cercando soprattutto di lavorare liberamente, senza seguire le richieste dei mercanti d’arte.

L’incontro più importante nella capitale francese è, tra il 1923 e il 1924, quello con gli esponenti del movimento surrealista. Del surrealismo Miró apprezza l’importanza attribuita al «gioco arbitrario dei pensieri» e al sogno, dove la realtà è solo un punto di partenza per arrivare ad associazioni di immagini dal significato più profondo, come nel Carnevale di Arlecchino (1924-25). La sua arte diventa sempre più concettuale e si semplifica nelle forme. Compaiono segni e simboli distribuiti sulla tela secondo un ordine a lungo meditato: «Se anche una sola forma è fuori posto, la circolazione si interrompe; l’equilibrio è spezzato».

Anche se la pittura di Miró tende a divenire astratta, nelle variopinte forme fantastiche tra loro accostate, permane quasi sempre una traccia del reale: un occhio, una mano, la luna. Alcuni quadri fanno pensare a cieli stellati. Miró continua a ispirarsi alla natura, ma anche alla musica. Durante la terribile guerra civile spagnola, scoppiata nel 1936, lascia la Spagna e si rifugia a Parigi: qui compone poesie di stile surrealista, seguendo meccanismi psicologici simili a quelli adottati in pittura. Talvolta le parole compaiono anche nei quadri, costituendo la loro chiave di lettura.

Le tecniche di Miró

Miró dipinge a olio su tela, ma utilizza anche tecniche moderne come il collage. A volte sceglie accuratamente il supporto su cui dipingere, come le rozze tele di juta. Negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, si dedica con entusiasmo a tecniche fino ad allora trascurate: la ceramica, la scultura, l’acquaforte.

Con la ceramica, esegue piatti, vasi, ma anche imponenti opere decorative per spazi pubblici: intere pareti ricoperte di maioliche variopinte o gigantesche sculture come Donna e uccello, collocata in un parco di Barcellona nel 1982, l’anno prima della scomparsa dell’artista a Palma di Maiorca. Le sculture, fuse in bronzo e talvolta colorate, danno voce alla vena più giocosa dell’artista poiché sono create a partire da oggettie materiali trovati (Ragazza che fugge, 1968). Altre, realizzate in vari materiali, sono la traduzione tridimensionale di tutti quei simboli, segni, ricordi del mondo naturale da sempre protagonisti dei suoi quadri ricchi d’immaginazione.

CATEGORIE
TAG

Seconda guerra mondiale

Palma di maiorca

Fernand léger

Pablo picasso

Surrealismo