Wahl, Jean

Dizionario di filosofia (2009)

Wahl, Jean


Filosofo francese (Marsiglia 1888 - Parigi 1974). Animatore, fra le due guerre, dell’importante Revue philosophique, fu prof. alla Sorbonne dal 1936 al ’74, salvo che durante gli anni della Seconda guerra mondiale, quando fu costretto all’esilio negli Stati Uniti. Allievo di Bergs­on, nella sua prima opera, Les philosophies pluralistes d’Angleterre et d’Amérique (1920), W. sviluppa gli aspetti del pensiero di quest’ultimo che lo collegano all’empirismo e al pragmatismo anglosassoni, con particolare attenzione a James e a Whitehead. A questa apertura, assai inusuale nel pensiero francese dell’epoca, fa seguito, sotto l’influsso di Kierkegaard (a cui egli dedicò gli importanti Études kierkegaardiennes, 1938), l’altra importante opera che egli pubblicò dopo la Prima guerra mondiale: Le malheur de la conscience dans la philosophie de Hegel (1929; trad. it. La coscienza infelice nella filosofia di Hegel). Con essa W. inaugurava la stagione dello hegelismo in Francia, secondo una lettura peculiare che lo legava alle tematiche esistenzialistiche e che sarebbe rimasta paradigmatica in terra francese anche successivamente. Tutto il libro partiva da una rilettura del pensiero di Hegel sulla base degli scritti filosofici giovanili, pubblicati per la prima volta nel 1907 e fortemente permeati di interessi teologici: in essi veniva alla luce un pensiero assai più frammentario e meno totalizzante di quello dello Hegel maturo, caratterizzato com’era dal tema doloroso della «scissione» della coscienza. Il titolo del suo successivo volume del 1932, Vers le concret, fu la parola d’ordine di un’intera generazione che, stanca del neokantismo di Brunschvicg e degli esiti deteriori e vuotamente spiritualistici del bergsonismo più in voga, si orientava verso la fenomenologia, l’esistenzialismo, ma anche verso i nuovi risultati delle scienze fisiche e biologiche. Nello stesso periodo e anche in anni successivi, W., che era animato da uno schietto interesse metafisico e religioso, anche se libero da ogni dogmatismo e da ogni appartenenza a religioni positive, si interessava intensamente al rapporto fra misticismo, poesia e filosofia, secondo una linea che congiungeva il filone modernista cattolico rappresentato da Brémond alle suggestioni kierkegaardiane sull’istante e alle sperimentazioni delle avanguardie, in particolare di quella surrealista. Frutto di questi interessi furono sia veri e propri testi poetici che lavori filosofici sul tema della poesia (Poésie, pénsée, perception, 1948). Intenso è stato anche il dialogo di W. con Heidegger, anche se, sulla base dei presupposti culturali di cui si è detto, egli mantenne sempre una notevole autonomia rispetto al filosofo tedesco (in proposito si ricordi il corso sorbonese, tenuto nel 1946 e pubblicato postumo, nel 1998, con il titolo Introduction à la pensée de Heidegger). W. ha esercitato un’amplissima influenza sulla filosofia francese del Novecento, sia attraverso i suoi scritti, sia come animatore e organizzatore di intensi scambi e incontri culturali con i settori più diversi della cultura internazionale: la Revue philosophique ha ospitato, in quegli anni, interventi di autori che sarebbero diventati successivamente i protagonisti del dibattito filosofico francese (Bataille, Sartre, Kojève, J. Lacan, Lévinas, per citarne soltanto alcuni), ma anche traduzioni dei più importanti e innovativi testi di filosofi contemporanei a livello internazionale; e anche un autore che potrebbe sembrare da lui assai lontano, come Deleuze, che fu suo allievo, lo considerò il filosofo francese più importante del Novecento dopo Sartre.

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