Swammerdam, Jan

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Naturalista (Amsterdam 1637 - ivi 1680). Dopo aver frequentato l'Athenaeum della sua città, nel 1661 si trasferì a Leida per studiare medicina con F. de le Boë. Dedicatosi alla sperimentazione vivisettoria, rivolta allo studio della respirazione e del moto muscolare, mostrò a N. Stenone, con una sorta di pletismografo, che i muscoli non aumentano di volume durante la contrazione. Trascorso un anno a Saumur e a Parigi, dove entrò in contatto con M. Thévenot, rientrò in Olanda per collaborare dapprima con G. L. Blasius ad Amsterdam (1655), quindi con J. Horne a Leida dove, nel 1667, si addottorò in medicina con le tesi che di lì a poco sarebbero state riproposte nel Tractatus physico-anatomico-medicus de respiratione (1667). Le tesi sul movimento dei polmoni e sull'uso della respirazione sono perfettamente in linea con il dettato cartesiano: escluso ogni intervento di forze extrameccaniche, S. fa dipendere il movimento dei polmoni dalla spinta che l'aria riceve esternamente dal torace. La respirazione poi serve a raffreddare il calore cardiaco e a promuovere l'immissione del sangue nel circolo. Nel 1669 dette alle stampe una Historia insectorum in cui espose le sue idee sulla metamorfosi animale e sulla trasformazione della crisalide. Gli studî sugli organi della riproduzione e sulle ovaie sono raccolti nel Miraculum naturae, uscito nel 1672, in cui S. sostenne di aver visto le uova. Accertava poi di aver osservato, testimone L. Magalotti, ben prima di M. Malpighi, rudimenti di ali e zampe nel baco da seta. Declinò l'invito di Cosimo de' Medici a recarsi in Toscana, adducendo a motivo la sua incapacità di vivere in ambiente cattolico. Grande maestro nella microdissezione, S. usò tecniche originali per iniettare cera, mercurio, aria e alcole e utilizzò finissime forbici al posto del coltello. Nel 1675 pubblicò poi uno studio sulla vita dell'efemera. L'ultima opera è il catalogo del suo museo privato (1679). Caduto in una crisi mistica, tentò di bruciare tutti i suoi manoscritti, i quali tuttavia si salvarono e furono pubblicati postumi da H. Boerhaave (Biblia naturae, 1737-38).

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