STIRLING, James

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)

STIRLING, James

Sergio Polano

Architetto inglese, nato a Glasgow il 22 aprile 1926; una delle figure catalizzatrici nel panorama della cultura inglese degli anni Cinquanta, che ricopre un ruolo fondamentale nel dibattito attorno alla formula, proposta da Reyner Banham, del New brutalism. La sua architettura si costituisce come analisi del linguaggio della tradizione moderna. Tra suggestioni costruttiviste e futuriste, violenze tecnologiche, innesti lecorbusieriani e neoplastici, la progettazione è per S. il prodotto dell'architettura in quanto manifestarsi di linguaggi. È di rilievo, per gl'influssi sulla sua parabola progettuale, il fatto che S. si laurei a Liverpool (1950), dove si andava riscoprendo il purismo funzionalista. Elementi derivati da De Stijl e dalla Maison Jaoul di Le Corbusier sono infatti previsti nel progetto di appartamenti a Ham Common (Richmond, 1955-58, in collaborazione con J. Gowan); le planimetrie sono geometricamente articolate, aggettivazioni plastiche increspano la nitidezza delle superfici in laterizio. È proprio la lettura stirlingiana di Le Corbusier che focalizza - soprattutto nelle prime opere - il nucleo della sua ricerca. Tradizione come linguaggio, da cui derivano elementi che vengono ("riscritti" in un nuovo testo. Tale tecnica di smontaggio non può non essere collegata all'esperienza pop inglese: S. stesso fa parte dell'Indipendent Group, formato, tra gli altri, da A. e P. Smithson, R. Banham, L. Alloway, E. Paolozzi, R. Hamilton. Nelle opere successive i meccanismi progettuali divengono mano mano più complessi, fino a quando le continue citazioni sembrano trasformare gli edifici in ironici enigmi. Nei laboratori dell'università di Leicester (1959-63), alla memoria degli edifici a torre di Sant'Elia si sovrappongono elementi di architettura navale, e l'apparente disomogeneità dell'impianto compositivo viene contraddetta dalla stabilità che la massa globale dell'edificio acquísta attraverso l'equilibrio asimmetrico delle funzioni, disposte verticalmente.

Sono ancora torri-ciminiere le scale e l'ascensore della facoltà di storia dell'università di Cambridge (1964-67). La planimetria dei due gruppi di residenze dell'università di St. Andrew (1964-68, progetto solo parzialmente realizzato) si articola come le dita di mani aperte e appaiate: da lontano l'edificio appare come una massa compatta, mentre da vicino l'articolazione di ogni elemento strutturale rivela che l'edificio è il risultato di un'operazione di assemblaggio.

Megastruttura pop a scala urbana sono anche i laboratori di ricerca Dorman Long (Middlesbrough, 1965), nei quali la struttura in acciaio staccata dalla parete viene esibita come emblema pubblicitario della società, produttrice di elementi di acciaio per costruzioni. Con analogo processo, il Queen's College (Oxford, 1966-71) diviene anfiteatro; l'edificio gira su sé stesso, con un debole prospetto interno che dà su uno spazio esterno semirecintato. Lo sviluppo posteriore assume una fisionomia completamente diversa, quasi fosse un altro edificio, che può essere visto a sé, pur senza assumere il carattere di vera e propria facciata. Con i progetti del centro residenziale di Runcorn (1967) e dell'Olivetti Training School (Haslemere, 1969-72), S. radicalizza il proprio procedimento compositivo, che diviene sempre più paragonabile alle tecniche formaliste del gioco continuo, del montaggio spregiudicato di materiali diversi. Autentici frammenti linguistici si articolano in forme complesse, che dànno solo sé stesse. È il caso, appunto, delle "macchine architettoniche" di Runcorn e Haslemere; in particolare, in quest'ultimo progetto, vero e proprio luogo dell'ambiguità è la galleria vetrata che connette una vecchia casa edoardiana al nuovo fabbricato.

Un'inappagata sensibilità "macchinista" è anche alla base del progetto per il complesso della Siemens AG (Monaco-Perlach, 1969): due file simmetriche di cinque corpi cilindrici lasciano spazio a una fascia centrale di servizi, ma non vi è ricerca di un linguaggio comune con il pubblico. Anzi, il progetto dimostra come per S. l'architettura possa darsi in quanto macchina, indifferente, cioè, allo spettatore. Questi viene ironicamente provocato, come nel progetto per il nuovo Civic Center di Derby (1970), dove la facciata della vecchia Assembly Room è usata, inclinata di 45°, quale ingresso per la retrostante galleria.

Scritti di S.: The functional tradition and expression, in Perspecta, n. 6, 1960; Architect's approach to architecture, in RIBA Journal, maggio 1965 (ripubblicato con documentazione delle opere in Zodiac, n. 16, 1966); Antistructure, in zodiac, n. 18, 1968. Vedi tav. f.t.

Bibl.: Stirling et Gowan, in Aujourd'hui, n. 50, luglio 1965; James Stirling newe projects, in The Architectural Design, luglio 1966; L. Biscogli, L'opera di James Stirling, in Casabella, n. 315, giugno 1967; James Stirling, catalogo della mostra, Heinz Gallery, Londra 1974; J. Jacobus, James Stirling, Londra 1975; James Stirling, catalogo della mostra, Roma 1976, con scritti di C. Gubitosi e A. Izzo, M. Angrisani, R. De Fusco, C. de' Seta.

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