ISTRUZIONE

Enciclopedia Italiana (1933)

ISTRUZIONE (fr. instruction criminelle; sp. instrucción; ted. Instruktion; ingl. inquiry)

Arturo Santoro

Procedura penale. - È la prima fase del processo penale (per l'istruzione civile, v. processo: Processo civile) nella quale, dopo gli atti della polizia giudiziaria, si controllano le prove da questa raccolte e comunicate all'autorità giudiziaria e se ne raccolgono eventualmente di nuove, preparando così gli elementi per la successiva fase del giudizio. Essa corre, quindi, fra la notizia di un reato, che sia pervenuta all'autorità giudiziaria, e la richiesta di citazione per il dibattimento o la sentenza di rinvio a giudizio. Scopo dell'istruzione è non solamente quello, già accennato, d'istituire un controllo sulle prime prove comunicate all'autorità giudiziaria, assumendole in forma e con veste legale, ma altresì di deliberare se l'imputato debba essere sottoposto o no al giudizio. Invero, non sempre occorre che l'imputato passi attraverso il dibattimento, potendo, dalle prove acquisite fin dall'istruzione, emergere elementi che impongano il proscioglimento. Inoltre, nell'istruzione l'imputazione viene ridotta alle proporzioni reali e si provvede allo stato di preventiva custodia dell'imputato, in relazione alla maggiore o minore gravità della imputazione. Consegue che l'istruzione è necessaria specialmente per i procedimenti più complessi; mentre per quelli più semplici una preventiva istruzione può mancare e la prova raccogliersi senz'altro nella fase dibattimentale o ancne il giudice può rimettersi agli elementi dei verbali della polizia giudiziaria.

L'istruzione manca, almeno di solito, nel processo monitorio (decreto o precetto penale), nel quale il pretore, in seguito all'esame degli atti e, occorrendo, dopo semplici investigazioni, emette condanna senza procedere neppure al dibattimento (art. 506 cod. proc. pen. vigente, corrispondente all'articolo 298 cod. abrogato); e manca nel giudizio direttissimo (art. 502), nel quale il procuratore del re e il pretore possono far condurre in giudizio le persone arrestate in flagrante reato, se non sono necessarie speciali indagini.

Inoltre, l'istruzione varia d'intensità secondo che si tratta d'istruzione sommaria (art. 379) compiuta dal procuratore del re o dal pretore (art. 398), o d'istruzione formale (art. 295) da compiere dal giudice istruttore o dal consigliere delegato della sezione istruttoria (art. 297).

Natura giuridica dell'istruzione. - Problema fondamentale che investe l'istruzione è se essa abbia, o meno, carattere giurisdizionale. Né basta l'intervento del giudice a conferire questo carattere, essendo noto che il giudice può anche compiere atti d'indole amministrativa. Secondo una dottrina attendibile, l'istruzione formale ha natura giurisdizionale, come l'ha l'intero processo civile, nei momenti relativi all'acquisizione della prova giudiziale, e non solo in quello nel quale è pronunziata la sentenza.

Caratteristiche dell'istruzione. - Sono diverse da quelle del giudizio: l'istruzione è dominata dal criterio inquisitorio; la oralità, la pubblicità e il contraddittorio, la continuità e la concentrazione processuali, la medesimezza del giudice, l'intervento delle parti a ogni atto sono principî che o non sono accolti nella fase istruttoria o sono accolti con molte limitazioni.

Il principio che domina è il segreto (art. 230 cod. proc. pen.); la persona del giudice può mutare nel compimento dei varî atti: gli atti istruttorî, anche se raccolti oralmente, devono essere ridotti in scritto; l'istruttoria si svolge discontinuamente, e cioè a intervalli più o meno lunghi; non tutte le parti hanno diritto di assistere al compimento degli atti istruttorî; è escluso il contraddittorio.

Nell'istruzione, anche se compiuta dal giudice, campeggia la figura e l'interesse del Pubblico Ministero che ha diritto di assistere a tutti gli atti (art. 303). Viceversa, non è ammessa la partecipazione del difensore dell'imputato. Questi ha, come ogni altra parte privata, facoltà di presentare istanze e memorie (art. 145); ma sopra di esse il giudice non ha obbligo di emettere provvedimento (art. 305), salvo qualche caso particolare (esempio: domanda di libertà provvisoria). Viceversa, per il codice del 1913 (art. 198), il difensore aveva il diritto di assistere alle perizie, alle perquisizioni domiciliari, alle ricognizioni, alle assunzioni di testimoni a futura memoria, e cioè in genere a quegli atti che, una volta compiuti in istruttoria, rimangono fermi e valgono senz'altro per il giudizio.

È certo che un sistema di parità assoluta fra Pubblico Ministero e imputato durante la fase istruttoria non è ammissibile, perché sarebbe in contrasto con la stessa esigenza di ricerca di prove relativamente a fatti che altri ha interesse di celare o di mistificare. Si comprende, quindi, la prevalente attività del Pubblico Ministero. Ma, poiché il difensore, pur non partecipando a singoli atti, può fornire indicazioni, anche dall'esterno, per indirizzare l'istruzione, il codice (art. 304) impone al giudice di nominarne uno all'imputato fin dal primo atto del procedimento.

La figura dell'imputato. - Fondamentale è nell'istruzione la figura dell'imputato, contro il quale gli atti di accertamento sono diretti. Il codice processuale abrogato, poiché accordava all'imputato il diritto di partecipare a singoli atti istruttorî, ne definiva la figura restrittivamente. Il codice vigente (art. 78) adotta una nozione assai larga; cosicché, quando gli è conferito un qualsiasi diritto processuale, imputato deve considerarsi anche colui che nella "notitia criminis" risulta indiziato di reità. Una volta, i vecchi proceduristi affermavano che, durante l'istruzione, a favore dell'imputato, valesse una "presunzione d'innocenza". Già sotto l'impero del codice del 1913, anche per autorevoli dichiarazioni dei parlamentari che attesero all'elaborazione di quel testo, quella presunzione ricevette un colpo mortale. Anche il codice vigente ha ripudiato quella presunzione, la quale potrebbe condurre il legislatore a sancire eccessive condiscendenze verso l'imputato, anche se raggiunto da prove schiaccianti di colpevolezza.

Notevole importanza ha, nell'istruzione, il regime della libertà dell'imputato. Le esigenze della ricerca delle prove, che non deve essere ostacolata da chi ha interesse contrario a tale ricerca, impongono, specie nei procedimenti più gravi, che l'imputato sia tenuto in stato di custodia preventiva. Questa è una coercizione puramente processuale e a fini processuali ed è diversa dalla pena detentiva non solo per il diverso concetto (nessuna pena è applicabile senza riconoscimento giudiziale), ma anche per le modalità di esecuzione, per quanto poi, pronunziata la condanna, per ragioni di equità la carcerazione preventiva si detragga dalla durata complessiva della pena detentiva (art. 137 cod. pen.).

Il codice abrogato, nell'intento di ridurre al minimo le limitazioni alla libertà personale dell'imputato, aveva accolto un sistema di termini massimi della custodia preventiva, che variavano a seconda della gravità della imputazione e potevano essere prorogati; sistema che sboccava nella "scarcerazione automatica", quando l'istruzione non fosse stata compiuta entro il termine legale o prorogato, e che creava notevoli difficoltà al giudice. Il codice vigente ha cancellato quelle disposizioni; non senza temperare il rigore del diverso sistema, col disporre che il giudice non debba emettere mandato di cattura se il fatto venne compiuto nell'esercizio di un dovere o nell'adempimento di un diritto (art. 256) e che possa sospendere l'esecuzione del mandato, con o senza cauzione, in considerazione delle qualità morali e sociali dell'arrestato (art. 259). Altra attenuazione al rigore della custodia preventiva è data dalla libertà provvisoria, la cui concessione è sempre una facoltà per il giudice (art. 277).

Una notevole garanzia è assicurata all'imputato col disporre che egli non possa essere tratto a giudizio né prosciolto in istruttoria con la formula meno piena dell'insufficienza delle prove, senza che egli sia stato interrogato (cfr. art. 376 relativo all'istruzione formale, 395 e 397 per l'istruzione sommaria). È evidente l'interesse dell'imputato di far sentire le sue discolpe prima del rinvio a giudizio o della richiesta di citazione o prima del proscioglimento con formula non del tutto soddisfacente.

Tecnicità dell'istruzione. - Modernamente l'istruzione va sempre più assumendo il carattere di tecnicità. Con questa espressione si vuol dire che la ricerca, più che svolgersi sul contrasto fra accusa e difesa, deve mirare specie ad accertare, oltre che il reato, le qualità personali dell'imputato, la sua pericolosità, correggibilità, ecc. Questo aspetto dell'istruzione assume notevole rilievo rispetto al codice penale, che accoglie le misure di sicurezza e fa commisurare la pena (art. 131) alla pericolosità dell'autore di reato.

Forme e modi dell'istruzione. - Sotto questo riguardo è ovvio rilevare che le necessità d'una ricerca delle prove preliminare al giudizio si manifesta solo per i reati più gravi; e che le garanzie di un'istruttoria più o meno completa variano con l'importanza del reato per il quale si procede. Nel processo francese, l'instruction préparatoire è, infatti, necessaria solamente per le materie criminali; è facoltativa per la materia correzionale; inutile per quella di polizia (contravvenzioni). Similmente, secondo il vigente diritto italiano, per i reati più gravi ha luogo l'istruzione formale; per i reati di media gravità, ha luogo la citazione diretta, previa istruzione sommaria; e per i reati minimi (contravvenzioni) si prescinde da ogni istruzione e si procede per decreto (procedimento monitorio).

Il codice di proc. pen. del 1865 adottava, come tipo fondamentale dell'istruzione, quella formale; per il codice del 1913, l'istruzione più largamente adottata era quella sommaria, che valeva per alcuni reati di competenza della Corte d'assise, per i reati di competenza del tribunale e per quelli di competenza del pretore. Il vigente codice, con l'intento di restituire al Pubblico Ministero la combattività operante di parte pubblica interessata alla persecuzione dei reati, è ritornato all'antico, disponendo (art. 295) che, di regola, si proceda con istruzione formale per i delitti di competenza della Corte d'assise e del tribunale. Pertanto, per i soli reati di competenza pretoria dovrebbe seguirsi la forma sommaria dell'istruzione. Tuttavia, a questo rigore formale si deroga, giusta le disposizioni dell'art. 389, quando vi sia la sorpresa in flagranza di reato o quando il reato sia commesso durante lo stato di detenzione, essendo allora facilmente e più sicuramente acquisite le prove, quando l'imputato abbia confessato e non occorrano atti di controllo della confessione, o quando, essendo temporanea la pena che si può irrogare, la prova appaia evidente. È, dunque, possibile, anche pei reati di competenza della Corte d'assise o del tribunale, quando concorrano speciali circostanze, procedere con le forme più agili dell'istruzione sommaria. Poiché le due forme dell'istruzione non differiscono per l'essenza ma per le modalità e l'ampiezza dell'assunzione della prova, è possibile la trasformazione dell'uno nell'altro tipo: così, sopravvenendo la confessione, l'istruzione formale si trasforma in sommaria (1° capov. dell'art. 389).

L'istruzione formale, come abbiamo accennato, si compie dal giudice (art. 296 e 297); ma l'attività del giudice dev'essere provocata dal Pubblico Ministero che fa apposita richiesta. In questo tipo d'istruzione, la legge traccia minutamente il procedimento da seguire per l'acquisizione delle prove; e quindi disciplina le ispezioni delle persone, dei luoghi e delle cose (art. 309), gli esperimenti giudiziali (art. 312), le perizie (art. 314), l'interpretazione (art. 326), le perquisizioni personali e domiciliari (art. 332), il sequestro (art. 337), le testimonianze (art. 348), le ricognizioni (art. 360), i confronti (art. 364), l'interrogatorio dell'imputato (art. 365). Il momento più caratteristico, in cui si manifesta l'attività del giudice, è quello in cui si conclude l'istruzione formale: l'atto con cui si dispone tale chiusura è una sentenza, la quale può essere di rinvio a giudizio o di proscioglimento dell'imputato (art. 378). Trattandosi di minori degli anni 18, il giudice può accordare il perdono giudiziario all'imputato, al quale pertanto si evita il rinvio a giudizio. Poiché la sentenza del giudice istruttore suppone una valutazione delle prove, dev'essere previamente sentito il Pubblico Ministero, al quale lo stesso giudice deve comunicare gli atti (art. 369).

L'istruzione sommaria è quella che compie lo stesso Pubblico Ministero come arbitro dell'esercizio dell'azione penale (art. 391). Nei reati di competenza pretoria, poiché manca nelle preture un ufficio permanente del Pubblico Ministero, l'istruzione è compiuta dallo stesso pretore (art. 398). Secondo il codice abrogato, il Pubblico Ministero non poteva compiere tutti gli atti istruttorî; ma doveva richiedere il giudice istruttore per il compimento degli atti più delicati (esempio: emissione di mandati) o di quelli riflettenti la prova generica o la prova da valere senz'altro per il dibattimento (esempio: perizie, esperimenti giudiziarî, esami di testimoni a futura memoria). Il codice vigente, che non guarda più con diffidenza il pubblico accusatore, ammette come principio che questo possa compiere ogni atto istruttorio. Ma la limitazione deriva dalla natura stessa della istruzione sommaria, che dev'essere d'indagine facile e spedita. Pertanto, è stabilito in via generale, nella 1ª parte dell'art. 391, che il Pubblico Ministero, quando debba compiere atti che, per la loro complessità e durata, appaiano incompatibili con il rito dell'istruzione sommaria, deve richiedere il giudice istruttore perché proceda all'istruzione formale; e, nel 2° capoverso dello stesso articolo, lo stesso è disposto quando debba assumersi una perizia di non facile e breve indagine. In sostanza, il codice vigente s'informa al concetto che, ove occorra l'intervento del giudice istruttore, a questo è demandato non già il compimento di singoli atti, ma l'intero svolgimento dell'istruttoria, la quale così si trasforma da sommaria in formale. L'istruzione sommaria ha, quindi, la caratteristica della speditezza e della semplicità degli accertamenti. E ha altresì una certa libertà di forme, giacché le norme per l'istruzione formale si osservano solo "in quanto applicabili" (1ª parte dell'art. 392).

A differenza dall'istruzione formale, l'istruzione sommaria non si conclude con una sentenza, quando il Pubblico Ministero ritenga che si debba procedere al giudizio contro l'imputato. In tale caso, esso richiede il presidente del tribunale o della Corte d'assise di emettere il decreto di citazione (art. 396). Il giudizio del Pubblico Ministero circa le prove raccolte è, allora, decisivo: il presidente del tribunale o della Corte d'assise non può rifiutarsi di citare l'imputato per il dibattimento.

Un notevole avvicinamento si ha, invece, con l'istruzione formale, quando il Pubblico Ministero ritenga che non si debba procedere anche solo per taluno fra più coimputati: allora, per aversi il proscioglimento, occorre, come nell'istruzione formale, la pronunzia del giudice (sentenza di non doversi procedere: art. 395 cod. proc. pen.).

Come si vede, il codice vigente ha cercato di contemperare l'istruzione formale con quella sommaria; entrambe le forme del rito presentano vantaggi, perché se l'istruzione formale, assicurando un preventivo e minuto approfondimento della prova, garantisce il processo dalla possibilità dei colpi di scena nel dibattimento, il rito sommario presenta il pregio d'una più rapida attività persecutoria e d'una maggiore esemplarità della condanna, che tien presto dietro al reato. La possibilità della trasformazione del rito corrisponde, poi, al mutare delle contingenze e delle esigenze dell'istruttoria, e al fatto che questa possa procedere più spedita, o debba avere un andamento più pacato e più complesso.

L'istruzione costituisce una fase preparatoria del giudizio, non essendo mai fine a sé stessa. Così si spiega che le sentenze di proscioglimento emesse durante l'istruttoria, non acquistano autorità di cosa giudicata (art. 90 cod. proc. pen.), mentre l'acquistano le sentenze di proscioglimento emesse in seguito a giudizio, salva la possibilità della revisione solamente a favore del condannato (articolo 553 seg.). L'istituto della "riapertura dell'istruzione" provvede a rinnovare l'inchiesta giudiziaria quando, per il sopravvenire di nuove prove, il proscioglimento, compiuto dal giudice con sentenza istruttoria, si dimostri non giusto (articoli 402-404).

Possono chiedere la riapertura dell'istruzione, da disporsi con provvedimento del giudice, il Pubblieo Ministero contro l'imputato prosciolto con qualsiasi formula terminativa; e l'imputato, quando il proscioglimento sia stato pronunziato con la formula dell'insufficienza delle prove. Essendo il proscioglimento nell'istruttoria, tanto formale quanto sommaria, opera del giudice, si comprende come a questo solamente spetti, dietro richiesta del Pubblico Ministero o domanda dell'imputato, di disporre la riapertura dell'istruzione.

Per i provvedimenti istruttorî nel processo civile, v. processo.

Bibl.: E. Ferri, Sociologia criminale, 5ª ed., Torino 1929-30, II, p. 349; S. Longhi, Dell'istruzione, in Commento del cod. proc. pen. diretto da L. Mortara, V, Torino 1921; V. Lanza, Sistema di dir. processuale pen. ital., Roma 1922, II, p. 58; U. Pergola, L'istruttoria dei processi penali, voll. 2, Roma 1922 e 1926; V. Manzini, Trattato di dir. processuale penale ital., Torino 1925; IV, p. 99; M. Pinto, Manuale di procedura penale, 2ª ed., Milano 1921, p. 119; E. Florian, Il proc. penale e il nuovo codice, Milano 1914; id., Principii di diritto process. pen., 2ª ed., Torino 1932; L. Lucchini, Elementi di procedura penale, 3ª ed., Firenze 1908, p. 248; E. Massari, Lineamenti del processo penale italiano, Napoli 1929; p. 271; S. Graziano, La difesa penale nell'istruttoria, Bologna s. a.; G. Sabatini, Istituzioni dir. process. penale, Città di Castello 1932.