LIPARI, ISOLE

Enciclopedia Italiana (1934)

LIPARI, ISOLE (o Eolie; A. T., 27-28-29)

Gaetano PLATANIA
Guido LIBERTINI Camillo MANFRONI

A N. della Sicilia, a SE. dell'ampia conca tirrenica profonda 3000 e più metri sorge un esteso rilievo sottomarino, all'isobata − 1000, il quale forma l'imbasamento su cui si elevano diversi monti, più o meno conici, alcuni sottomarini, altri emergenti fuori delle acque, ripidi e slanciati, a quote più o meno alte, fin quasi di 1000 m. s. m., che costituiscono l'arcipelago delle Isole Lipari (gr. Λιπαραῖαι) o Eolie (gr. Αἰολίδες; lat. Aeoliae), da Eolo (v.), signore dei venti, anticamente anche Efestie (lat. Ephestiădes) e Vulcanie (lat. Volcaniae). Il gruppo è formato da 7 isole principali: Vulcano, a 20 chilometri da Capo Calavà, e Lipari, che giacciono quasi sul meridiano dell'Etna; a NO. Salina; a O. Filicudi e Alicudi; verso NE. il gruppetto di Panaria e, più oltre, Stromboli: tutte comprese fra 38°22′ e 38°49′ lat. N., e fra 1°53′ e 2°48′ long. E. di Monte Mario.

Sono disposte lungo tre fratture vulcaniche intersecantisi in un punto situato fra Lipari, Salina e Panaria. Sono tutte di origine vulcanica, formate per accumulo di materiali eruttivi, in parte anche per sollevamenti bradisismici, come risulta dalla presenza di terrazzi di abrasione marina corrispondenti a quelli di Sicilia e Calabria.

Sono di età geologica molto recente, accertata per l'abbondanza di pomici bianche delle Lipari negli strati fossiliferi dell'Astiano, sulla costa N. di Sicilia. La degradazione meteorica ha obliterato molti dei crateri antichi; in attività sono quelli di Stromboli e di Vulcano; non si hanno ricordi storici sicuri di eruzioni avvenute nelle altre isole, sebbene vi esistano crateri molto ben conservati e di aspetto recente, e si osservino fenomeni vulcanici secondarî a Panaria, a Lipari e anche nel mare. I materiali eruttivi sono molto interessanti per la grande varietà di composizione, forma, struttura e di segregazioni minerali.

Le coste sono alte e scoscese, e spesso lasciano vedere belle sezioni naturali degli strati di lave e di tufi, nonché bei dicchi attraverso i quali s'insinuarono i magmi eruttivi. Tutte le isole sono molto accidentate; scarseggiano le estensioni pianeggianti, adatte all'insediamento umano, all'apertura di vie di comunicazione, alle coltivazioni facili e redditizie.

Il clima è salubre e molto dolce, i freddi invernali e i calori estivi sono mitigati per l'influenza del mare. Non abbondanti le piogge, non rare le rugiade, frequenti i venti, talora impetuosi, e perciò, gli alberi, specie nei luoghi non riparati, sono tenuti bassi, a fior di terra, e a pergolati poco elevati dal suolo sono anche i vigneti. Scarse sono le sorgenti di acqua dolce e i pozzi; l'alimentazione idrica è fatta raccogliendo le acque piovane e non vi è casetta che non abbia la sua cisterna.

La superficie dell'arcipelago è di 115 kmq., gli abitanti sono 17.606 (cens. 1931), di ottima indole, robusti, longevi, laboriosi e frugali; spesso le donne prendono parte ai lavori campestri e alla pesca. La natalità è elevata; l'emigrazione in passato transoceanica oggi mediterranea interna. I centri abitati sono piccoli, in vicinanza degli approdi; molto numerose le case sparse; i luoghi più elevati sono quasi disabitati, per le difficili comunicazioni interne e per la scarsa produttività del suolo.

Amministrativamente le Eolie fanno parte della provincia di Messina, hanno diocesi propria, e tutte (meno Salina; v.) sono comprese nell'unico comune di Lipari.

Prodotto minerale importantissimo è la pomice in pezzi e in polvere, esportata in tutte le parti del mondo. Si scavano poca pozzolana e poco zolfo e oramai è nulla o quasi la produzione di acido borico, sale ammoniaco e allume. Prodotti agricoli esportati sono i vini (specie la malvasia), le uve passe, principalmente quelle senza semi (passolina di Lipari), i capperi, i fichi secchi. Di consumo locale sono i fichi d'India, abbondantissimi, le olive, le mandorle, le carrube, frutti diversi; scarse le legna da ardere, i foraggi, le verdure, scarsissimi i cereali (quasi solo orzo). Importante è la pesca, i cui prodotti, freschi o salati, si esportano in Sicilia e a Napoli. Sviluppata è la pollicoltura, limitato l'allevamento di quadrupedi (asini pochi bovini, capre e suini), nulla o quasi l'industria.

Queste isole, specialmente le minori, sono state a lungo troppo neglette per le comunicazioni. Di recente ai cavi telegrafici sottomarini Milazzo-Lipari-Panaria-Stromboli sono state aggiunte stazioni radiotelegrafiche e anche le isole meno abitate hanno il loro ufficio postale. Un servizio settimanale di piroscafi, da Messina per Milazzo, attraverso le Lipari, le collega con Napoli e le tocca anche al ritorno. Quotidiana è la linea da Milazzo per Lipari e Salina; settimanali, quella da Lipari per Filicudi e Alicudi, e quella da Lipari per Panaria e Stromboli, le quali al ritorno si spingono entrambe da Lipari a Vulcano, che è toccata due volte per settimana.

I Greci chiamarono Eolie queste isole in virtù della localizzazione, dovuta forse ai Calcidesi, di taluni miti omerici nei mari occidentali e, nel caso in questione, del regno di Eolo, re dei venti, e dei suoi figli, delle isole vaganti (le πλογκταί) e della πλωτή. Questa identificazione fu favorita dai fenomeni vulcanici ivi osservati. Con questa tradizione che assegnava la venuta di Eolo all'epoca della guerra troiana si fuse l'altra di una colonizzazione precedente dovuta agli abitanti delle coste occidentali dell'Italia meridionale condotti da Liparo, mitico ecista che altri non è se non l'eponimo dell'isola più importante del gruppo, la quale in un'epoca antichissima si diceva avesse invece avuto il nome di Meligunis.

Il mitico regno di Eolo e dei suoi figli sulle isole e sulla vicina Sicilia, seguito poi da un'epoca di decadenza, teneva per gli antichi il luogo dell'epoca preistorica, la quale è invece rappresentata nell'isola da alcuni resti e manufatti di epoca neolitica ed eneolitica, dovuti forse in parte a genti sicule che passarono nell'isola maggiore attraverso il piccolo arcipelago o che dalle coste settentrionali di quella mandarono gruppi di popolazioni nelle Lipari. Tra i più caratteristici manufatti di questo periodo è l'ossidiana. Per l'epoca storica gli antichi narravano della colonizzazione dell'arcipelago eolico ad opera di abitanti di Cnido e, secondo qualche tradizione, anche di Rodi, colonizzazione che sarebbe avvenuta tra la fine del sec. VI a. C. e il principio del V. Stabilitisi nell'arcipelago, i nuovi coloni furono strenui difensori delle loro sedi contro gli assalti dei Fenici e degli Etruschi e, pirati essi stessi contro pirati, costituirono un valido aiuto per le nuove colonie greche d'Italia e di Sicilia.

Nella spedizione ateniese del 427 le Eolie, a fianco di Siracusa, subirono attacchi dai nemici; nella spedizione cartaginese del 408-06 esse caddero in mano di Imilcone, ma più tardi, all'epoca di Dionisio, esse appaiono ancora alleate di Siracusa, come più tardi di Tindari.

Durante la prima guerra punica sono alleate dei Cartaginesi e ivi, nel 260, Cn. Cornelio Scipione veniva bloccato da Annibale; nel 258 Atilio Calatino le assediava, e finalmente, nel 252, Roma s'impadroniva di questa importante base navale nel Tirreno. Nel 210 Lipari entra nel novero dei comuni siciliani e fa parte delle civitates decumanae. Le Eolie durante l'epoca romana furono un luogo di delizie frequentato come stazione termale e furono sfruttate anche industrialmente per l'allume che in esse si produceva. Plinio dice Lipari oppidum civium romanorum, ma non sappiamo se sia stata vera e propria colonia o municipio con pieni diritti. La storia del cristianesimo parla della venuta nelle Eolie di Calogero inviato da Pietro e della venuta del corpo di S. Bartolomeo. Alcune leggende narravano di Teodorico ingoiato dal cratere di Vulcano.

Gli antichi non dànno con precisione il numero delle isolette dell'Arcipelago. Vario è poi anche il nome complessivo del gruppo presso gli antichi scrittori. Quanto ai nomi delle singole isole, talune sono identificate, altre no: Lipara corrisponde a Lipari, Didime a Salina, Hierà a Vulcano, Erykodes (l'isola delle felci) ad Alicudi, Foinikodes a Filicudi, ma ignoriamo quali delle rimanenti isole corrispondano a Euonymos, Ichesia, Aiolis.

Quale più, quale meno, le varie isole e isolette hanno dato quasi tutte interessanti avanzi antichi così dell'epoca preistorica come dell'epoca classica: ruderi, sepolcri, numerose iscrizioni e monete. A Lipari il nucleo dell'antica città è rappresentato dalla piccola acropoli su cui poi sorse un castello che presenta alla base una cinta bastionata con tracce di età classica. Antichità hanno dato diverse parti dell'isola principale (Portinenti, Piano Conte, Piano dei Greci) e soprattutto la contrada Diana, che ha rivelato una vasta necropoli di età ellenistico-romana. Altri ruderi, titoli e sepolcri ha dato pure Salina. Un gruppo di antichità rinvenute nell'Arcipelago si trova nella piccola raccolta Mandralisca a Cefalù.

(V. tavv. XLIII e XLIV).

Bibl.: Oltre al classico Viaggio alle due Sicilie di L. Spallanzani, cfr. Cortese e Sabatini, Descr. geologico-petrografica d. Isole Eolie, Roma 1892; L. Salvatore, Die Liparischen Inseln, I-VIII, Praga 1893-96; A. Bergeat, Die Aelischen Inseln, in Sitzungsber. d. bayer. Akad. d. Wiss., Monaco 1899; G. Libertini, Le isole Eolie nell'antichità greca e romana, Firenze 1921.

Battaglia navale. - Durante la guerra che Luigi XIV mosse nel 1672 contro l'Olanda, e alla quale parteciparono gl'Inglesi come alleati del re di Francia e gli Spagnoli come alleati delle Provincie Unite, si combatté anche nelle acque italiane una grande battaglia navale presso l'arcipelago delle Lipari. Occasione al conflitto fu la rivoluzione di Messina (1675) contro il governo di Spagna e l'invocazione degl'insorti a Luigi XIV perché ne assumesse la protezione. Il re di Francia inviò una squadra navale, forte di undici vascelli di linea e di altre navi minori, a scortare un grosso convoglio di viveri destinati alla città. Il duca di Vivonne, comandante di questa squadra, intendeva congiungersi con una divisione di altri vascelli che precedentemente aveva soccorso Messina. A impedire la congiunzione delle forze mosse l'ammiraglio spagnolo De la Cueva. Lo scontro avvenne nelle acque di Lipari, e già volgeva favorevole agli Spagnoli, preponderanti per numero di navi, quando la squadra francese che era a Messina, e di cui era capo il cavaliere di Val belle, accorse in aiuto del Vivonne. Temendo di essere preso in mezzo tra le due armate francesi, il De la Cueva interruppe il combattimento e si ritirò, lasciando u̇no dei suoi vascelli in potere dei Francesi e perdendo poi durante la ritirata altre due navi. Il Vivonne poté così entrare con il convoglio a Messina e assumere il comando della piazza. La squadra spagnola si ritirò a Palermo: donde poi, rinforzata da navi olandesi, l'anno successivo venne alla riscossa, dando luogo alla battaglia tra Stromboli e Salina, nella quale il grande ammiraglio olandese Ruyter si misurò la prima volta col francese Du Quesne e, dopo un combattimento durato a lungo e rimasto indeciso (gennaio 1676), si ritirò a Lipari, dove due giorni dopo si riaccese la battaglia, anch'essa rimasta indecisa, quantunque costasse molte vittime all'una e all'altra parte.

Bibl.: C. Fernández Duro, Armada Española, V, Madrid 1897, pp. 99-112; L. Guérin, Histoire maritime, III, 4ª ed., Parigi 1863, p. 258; A. Jal, Abraham Du Quesne et la marine de son temps, Parigi 1872; Ch. de la Roncière, Histoire de la marine française, V, Parigi 1920, cap. IX.