islam La grande religione monoteistica fondata in
L’i. è l’ultima delle grandi religioni monoteistiche rivelate, dopo l’ebraismo e il cristianesimo. Suo fondamento è il Corano, testo rivelato in arabo a Maometto, attraverso l’arcangelo
1.1 Dio. - Allāh è unico, onnipotente, onnisciente, con illimitata libertà di volere: unico creatore dal nulla, agisce su tutte le cose dell’universo, giudice supremo, retribuisce gli uomini con il paradiso o l’inferno. Dal Corano e dalla tradizione (sunna) si sono tratti 99 epiteti, da cui la corrente teologica maggioritaria ha desunto i 13 attributi (ṣifāt) di Dio: esistenza, eternità nel passato, eternità nel futuro, dissomiglianza da ogni cosa creata, indipendenza, unicità, vita, onniscienza, onnipotenza, volontà illimitata, udito, vista, parola. Ministri di dio sono gli angeli, e un angelo decaduto è il diavolo (Iblīs) che istiga gli uomini al male. Inferiori agli angeli ma superiori all’uomo sono i ginn/">ginn, creature soprannaturali del paganesimo arabo, divisi in buoni e cattivi.
1.2 Pratiche del culto Manca nell’i. una chiesa gerarchicamente costituita. Appartengono a ciò che impropriamente è chiamato clero/">clero, oltre all’insieme degli addetti alle moschee, privi di carattere sacro, l’imām o guida della preghiera comune, il khaṭīb, che tiene la preghiera del
Le pratiche cultuali obbligatorie, a cui ogni musulmano in possesso delle sue facoltà psicofisiche è tenuto, sono i cinque arkān («pilastri»): a) la shahāda, formulazione della professione di fede; b) la ṣalāt, preghiera canonica, da compiersi 5 volte al giorno (all’aurora, a mezzogiorno, a metà pomeriggio, al tramonto, alla sera), in stato di purità rituale ottenuta mediante abluzioni, in direzione (qibla) della Mecca, compiendo prosternazioni (rak’a) e recitando formule rigorosamente prescritte; particolarmente importante è la preghiera in comune del venerdì, tenuta poco prima di mezzogiorno e preceduta dalla khuṭba o predica rituale; c) il ṣaum, digiuno del mese di ramaḍān, cioè la completa astensione diurna da cibi, bevande, rapporti sessuali e fumo; d) la
1.3 I libri rivelati, i profeti. - Il Corano menziona il Pentateuco, o forse anche l’intero Antico Testamento, e il Vangelo; testi sacri che secondo Maometto differiscono dal Corano per la forma, non per la sostanza, salvo il caso in cui Dio abbia voluto abrogare con la definitiva rivelazione coranica precetti contenuti negli altri due. Ampliando spunti coranici, tuttavia, i musulmani ritengono l’Antico Testamento e il Vangelo nella loro forma attuale gravemente alterati.
Obbligatoria è la credenza nella missione divina dei profeti (rusul), inviati da Dio alle varie nazioni con testuali rivelazioni o messaggi divini: la serie coranica di tali inviati si apre con Adamo e termina con Maometto; profeta è anche Gesù, di cui il Corano ammette la nascita verginale, ma non che sia figlio di Dio e che sia stato realmente crocifisso.
1.4 Escatologia e predestinazione. - In nome della bontà divina, l’uomo nasce buono, musulmano e senza peccato originale. Dopo la morte le anime dei profeti ascenderanno subito in paradiso, mentre quelle dei buoni vi saranno accolte solo dopo
1.5 Santi e sceriffi. - Un portato dell’ascetico-mistica musulmana (sufismo) è il culto dei santi (awliyā’), affermatosi nonostante le opposizioni teologiche, e diffuso specialmente nell’Africa del Nord. Al santo/">santo ancora vivo si attribuiscono uno speciale influsso salutare (baraka/">baraka) e il compimento di atti miracolosi. Di particolare considerazione godono anche i sayyid/">sayyid, gli sceriffi, cioè i discendenti di ‛Alī e di
1.6 Le divisioni interneNon essendoci una dogmatica nel senso tecnico del termine, non si può parlare nell’i. né di eresie né di sette, ma solo di divisioni, che a loro volta si configurano come una maggioranza, i Sunniti, che si impongono come ortodossi, e alcune minoranze di cui le più importanti sono quella degli Sciiti e quella degli Ibaditi, sottogruppo della più ampia «corrente» dei Kharigiti, scomparsa come tale. Per tali minoranze è convenzione usare comunque il termine «sette» (firaq): queste nascono dopo la morte di Maometto, su discordanze politiche, riguardanti le prerogative e le caratteristiche di colui che è destinato a prendere il posto del Profeta alla guida della comunità. Su tale spaccatura si innestano differenze di ordine teologico, giuridico e cultuale. Accanto a questa divisione ne esistono altre assimilabili a correnti di pensiero, rientranti nel kalām, la teologia islamica.
2.1 Lasharī‛a.- L’i. postula la legge rivelata (sharī‛a), come la base del comportamento sia del singolo sia della comunità dei credenti. Essa si esprime attraverso la formulazione di una serie di principi derivati da quattro fonti (uṣūl): a) il Corano; b) la tradizione (sunna), costituita dal corpo di
La piena capacità giuridica spetta al maschio libero, pubere, sano di mente e di corpo, di buona condotta; la donna invece non può fungere da giudice o fare da testimone per processi gravi; inoltre la testimonianza di due donne vale come quella di un uomo. L’estinzione della capacità giuridica avviene in caso di morte o di apostasia. Il matrimonio è poliginico (il Corano fissa il numero massimo delle mogli a quattro), non è un sacramento, ma un contratto consensuale tra lo sposo e il wālī, rappresentante legale della sposa (della quale è indispensabile il consenso) e due testimoni. Può essere sciolto per decesso di un coniuge, per apostasia, per ripudio della moglie da parte del marito, per riscatto della donna dall’obbligo coniugale contro un compenso di denaro, per dichiarazione di nullità da parte del giudice. Impedimenti al contratto sono uno stretto vincolo di sangue tra gli sposi e la diversità di religione: quasi tutte le scuole giuridiche ammettono il matrimonio di un musulmano con donne ebree o cristiane, ma non il contrario.
Il diritto penale ha anch’esso una base coranica e un’altra consuetudinaria. I delitti si distinguono in base alle pene, che possono essere di tre specie: a) il taglione per l’omicidio volontario o involontario e le lesioni; il taglione può essere sostituito da una compensazione, o «prezzo del sangue» , variabile da caso a caso; b) le pene fissate dal Corano per i reati di apostasia, ribellione all’autorità, rapporti sessuali illeciti, calunnia, furto, brigantaggio, uso di bevande inebrianti; c) la pena lasciata alla discrezionalità del giudice, che però deve essere sempre inferiore al minimo della corrispondente pena fissata nel Corano.
2.2 Le scuole giuridiche - Gli insegnamenti del Corano, tratti per alcuni versi dal paganesimo arabo, dal giudaismo, dal cristianesimo oltre che dalle parole e dall’esempio del Profeta stesso, non rappresentavano di per sé un corpo dottrinale organico: questo è stato costituito dalle successive generazioni attraverso ricerche e dibattiti talora vivaci. Il corpus di referenza può dirsi fissato all’inizio del 2° secolo dell’egira (8° sec. d.C.); da allora, nonostante piccole discrepanze di scuole, è unitario. Dalla morte di Maometto alle prime figure storiche di giuristi musulmani vi è un intervallo (circa un secolo), in cui teorizzazione e applicazione permangono fluide. Nei due secoli successivi si ha un periodo di iǵtihād («sforzo») in cui la dottrina si costituisce in un ampio e completo sistema. In tale periodo si formano varie scuole e indirizzi (madhāhib) dottrinali, alcuni dei quali con il tempo scompaiono. L’esistenza di queste scuole non mette in discussione l’unità del sistema giuridico islamico, in quanto le divergenze fra le scuole e fra i singoli giuristi sono interpretate come un fatto positivo che nulla toglie al carattere rivelato del loro diritto.
2.3 L’applicazione del diritto - Tre ordini di esperti sono collegati al sistema giuridico: gli ulamā’, che hanno la competenza per discriminare sull’autenticità delle fonti, il muftī, che esprime un parere giuridico in base alle fonti, il qāḁī, il giudice, che fa applicare la legge secondo il diritto positivo. Le tre prerogative possono essere concentrate in una sola persona.
La prima conquista arabo-islamica, che va dalla morte di Maometto (632) alla fine del califfato omayyade (661-750), permise l’espansione dell’i. fino all’Atlantico e all’Asia centrale. L’impero musulmano unitario raggiunse la sua massima espansione con gli Omayyadi. Successivamente, nel corso del califfato abbaside (750-1258), perduto il carattere puramente arabo, aumentarono gli influssi di altre culture (persiana e turca) e si accentuarono le tendenze autonomistiche in alcune regioni, cosicché il califfato abbaside perse la sua unità politica. Nell’11° sec., i Turchi (Selgiuchidi) delle steppe dell’Asia centrale, convertitisi a contatto con l’
All’inizio del 21° sec. l’i. appare in espansione, non soltanto a causa della crescita demografica nei paesi a maggioranza islamica, ma anche in altre zone come l’Africa sub-sahariana e in alcuni Stati asiatici un tempo appartenenti all’Unione Sovietica. A causa dei flussi migratori l’i. si sta diffondendo anche negli Stati Uniti e in diversi paesi dell’Europa occidentale. Secondo stime non accertate, il numero degli aderenti all’i. nel mondo supera i 1300 milioni.
4. La nazione islamica
Basandosi sul principio che i musulmani, se liberi, sono tutti uguali, senza distinzione di razza e di lingua, e che un infedele non può avere autorità su un musulmano, la concezione politica dell’i. raffigura
4.1 Il sistema socio-politicoQuando Maometto iniziò nella Penisola Arabica la sua predicazione pubblica e postulò la creazione di una nuova comunità (umma), fondata sulla comune appartenenza politica e religiosa, diventò il capo religioso e militare del nuovo Stato islamico. Ma fu solo in questo primo periodo che i due ambiti, religioso e politico, coincisero. Il califfato (➔ califfo) dopo la conquista arabo-islamica del
4.2 Il movimento di riforma - Come reazione all’impatto coloniale e alla dominazione commerciale dell’Occidente, le élite religiose musulmane tentarono, tra il 19° e il 20° sec., un movimento di riforma o modernizzazione delle società islamiche che potesse liberarle dal dominio europeo e ripristinare il loro legittimo potere e prestigio nel mondo. A tal fine si rendeva necessaria una reinterpretazione dell’i. che ne eliminasse i retaggi medievali e segnasse un ritorno ai principi del Corano. Nel Corano, i musulmani avrebbero trovato la razionalità che è alla base della scienza e della tecnologia moderne, oltre ai principi del patriottismo e del costituzionalismo che sono i fondamenti del potere degli Stati moderni e gli orientamenti etici che conducono alla responsabilità morale e all’attivismo sociale. L’esigenza di dare risposta all’Occidente coloniale si pose in primo luogo là dove la presenza europea era più consistente: con l’obiettivo di purificare l’i. da pratiche e credenze estranee che lo avevano allontanato dal messaggio iniziale e autentico, alterandone il dettato, sorse in Egitto a metà Ottocento il movimento noto come salafiyya/">salafiyya, che si inseriva nella tradizione della concezione islamica di islah, rinnovamento ciclico, restaurazione cioè della primitiva purezza. Figura emblematica di questo periodo fu Giamāl ad-Dīn al-Afghānī, teorizzatore del panislamismo. In India, alla fine del secolo, apparvero le prime grandi figure di riformatori, tra cui Aḥmad Khān,
4.3 Riformismo e modernismoNel 20° sec. il riformismo e il modernismo islamici hanno dato vita a nuove configurazioni ideologiche e religiose. La distruzione dell’Impero ottomano dopo la
4.4 I movimenti neoislamici.- Il tratto più rilevante dell’i. moderno è il fatto di essere diventato il punto di riferimento di movimenti che propugnano il rovesciamento degli Stati laici e la loro sostituzione con Stati islamici. I primi di questi movimenti cosiddetti fondamentalisti o neoislamici – la Società dei Fratelli musulmani in Egitto (➔ Fratellanza musulmana), sotto la guida di Ḥasan al-Bannā’ e il Jamā’āt-i Islami in India sotto la guida di Mawlana al-Mawdūdī – si formarono negli anni 1930 e 1940 e con altri analoghi hanno conosciuto una considerevole rinascita fino a costituire una potente presenza sociale e politica nella maggior parte dei paesi musulmani. L’incapacità degli Stati nazionali di soddisfare le richieste popolari di una migliore qualità della vita e di una maggiore eguaglianza, il crollo dell’ideologia socialista, la corruzione e la militarizzazione di molti governi hanno favorito la rinascita di identità islamiche. I movimenti del revivalismo islamico propugnano un ritorno all’unione tra Stato e società realizzata da Maometto e invocano un ritorno ai principi del Corano e agli insegnamenti del Profeta, una riaffermazione della moralità personale sulla base di una rinnovata, intima adesione all’islam. L’intento è quello di una reislamizzazione globale della società e la creazione di un’economia, di una giustizia e di un’amministrazione islamiche. Loro caratteristica saliente è la spinta a rovesciare i governi esistenti (➔ fondamentalismo).
5.1 Caratteri generali.- La rapida espansione della nuova fede che portò i musulmani a insediarsi nei territori dell’Impero sasanide a E e in quelli dell’Impero bizantino a O per giungere fino al Nordafrica, e da qui approdare in Spagna, spiega la presenza di numerosi influssi che hanno concorso alla creazione di un linguaggio artistico proprio. A questi si devono aggiungere anche elementi della tradizione araba preislamica. Nel repertorio decorativo, tipici gli ornati geometrici che rispecchiano il grande interesse del mondo orientale per le scienze esatte. Disegni basati sull’incrocio di poligoni derivano da tradizioni precedenti: intere superfici murarie e singoli oggetti sono arricchiti con forme che si ripetono creando complicati intrecci che hanno influenzato il repertorio occidentale dal Medioevo in poi. Caratteristici gli arabeschi, motivi di origine vegetale che già dall’8° sec. tendono a una sempre maggiore stilizzazione fino a perdere il loro significato naturalistico; anch’essi decorano sia le architetture sia, in numerose varianti, diverse suppellettili. L’elemento geometrico e quello vegetale vengono a volte proposti insieme.
Per il valore religioso connesso alla scrittura, mezzo con cui si è fissata la parola di Dio nel Corano, particolare importanza riveste la calligrafia. Gli stili fondamentali sono due: il cufico, che probabilmente prende nome dalla città di Kufa, in
Già nelle città più antiche si trovano gli edifici che caratterizzano la vita religiosa e civile: moschee, bagni, mercati e magazzini.
La moschea è un edificio costituito da una sala di preghiera affacciata su una corte che può essere porticata: ogni città ha almeno una grande moschea, masjid al-jamā‘a, in cui è precetto che si riunisca tutta la comunità maschile per la preghiera del venerdì, ma ve ne sono anche di più piccole. L’origine della moschea si fa risalire all’abitazione del profeta a Medina, dove i neomusulmani si riunivano per pregare rivolti verso
5.2 Gli Omayyadi (661-750) - L’arte della prima dinastia mira alla celebrazione del principe. Nella Cupola della Roccia a
Per l’architettura civile, gli edifici più antichi che si conoscano sono le case del governo: quella di Kufa (670) ha una corte centrale su cui si aprono 4 ambienti coperti a volta, īwān, uno dei quali immette a una sala cupolata, come nella tradizione regale iranica. Di poco posteriori i cosiddetti Castelli del deserto (in
5.3 Gli Abbasidi (749-1258). - Con la fondazione/">fondazione della nuova capitale a
Un’analoga commistione di elementi dell’Asia Centrale e sasanidi presentano le decorazioni pittoriche dell’harem del palazzo di Jawsāq al-Khaqāni, tra le rare testimonianze pervenute di quest’arte nell’islam. Impianti planimetrici e partiti decorativi simili si ritrovano in palazzi contemporanei di fondazione califfale costruiti nelle immediate vicinanze di Samarra (Qaṣr al-Giss e palazzo di al-Iṣṭabulāt). Nella ceramica si affermano la classe con motivi in blu e verde su bianco-crema e quella con macchie e colature in verde, giallo e bruno sotto vetrina piombifera; databili tra 9° e 10° sec. i lustri ottenuti con ossidi d’argento o di rame. Ricca anche la tipologia degli oggetti in bronzo fuso con decorazione a rilievo, traforata, incisa, incrostata in rame e argento. 5.4 La Spagna (8°-14° sec.). La Grande Moschea di
La successiva dinastia almohade (1130-1212) edificò nel 1171 la Grande Moschea di Siviglia, probabilmente con 17 navate perpendicolari al muro qiblī, che fu in seguito demolita per erigere la cattedrale. Il periodo dei Nasridi (1230-1492), che riuscirono a mantenere l’autorità fino alla definitiva riconquista, è caratterizzato da una grande ricchezza ornamentale; i palazzi dell’Alhambra (seconda metà del 14° sec.), che si dispongono secondo uno schema irregolare intorno a cortili con specchi d’acqua, presentano una grande varietà di soluzioni architettoniche e una fitta decorazione scolpita o a stampo in stucco dipinto che non trapela dalla sobria cinta muraria. Grande fioritura ebbero le arti decorative: della ceramica, specie le maioliche a lustro metallico e le mattonelle a cuerda seca o a cuenca/">cuenca, dei tessuti di seta a schemi rotati o listati, dei cofanetti in avorio, dei metalli. In seguito, le complesse vicende storiche della penisola hanno favorito lo sviluppo di creazioni artistiche originali quali quella mudéjar e mozarabiche. 5.5 Egitto (9°-10° sec.); Ifriqiya (9°-12° sec.); Maghreb (12° sec.). Nell’Egitto dei Tulunidi (868-906) la moschea di Ibn Ṭūlūn (876-79) pres;so
Dopo aver sconfitto gli Aghlabidi nel 909, la dinastia dei
Nel 973 i Fatimidi si trasferirono in Egitto, dove restarono fino al 1171 lasciando gli Ziridi ad amministrare la
Nella seconda metà dell’11° sec. i berberi Almoravidi (1061-1147) conquistarono il Sud del
Alla produzione del Nordafrica si attribuiscono alcuni dei bacini ceramici con decorazione dipinta su smalto o sotto vetrina inseriti sui parati murari degli edifici medievali italiani, soprattutto pisani. 5.6 L’Egitto fatimide (973-1171). Nulla rimane dell’architettura secolare del
I Turchi Gasnavidi tra 10° e 12° sec. governarono in Iran orientale, Afghanistan e India occiden;tale. Le moschee annesse ai palazzi di Maḥmūd a
I Mamelucchi, la guardia del corpo degli Ayyubidi, si sostituirono a essi dal 1250; nelle moschee non adottarono un’unica planimetria: quella di Baibars al Cairo, 1267-69, presenta la sala di preghiera con navate parallele alla qibla tagliate, in corrispondenza del miḥrāb, da un īwān tripartito che precede una sala cupolata, dispositivo di ispirazione iranica come la presenza di altri īwān sulla corte; i portali aggettanti richiamano invece prototipi maghrebini. Il tipico/">tipico schema iranico a quattro īwān presenta invece il complesso di Sultan Hasan al Cairo (1356-62), con una madrasa, una moschea e il mausoleo del fondatore. Nel periodo successivo, gli īwān si ridussero a nicchie con coperture piane, mentre la corte centrale fu coperta (moschea di Qaitbay, Cairo, 1475). In epoca sia ayyubide sia mamelucca, fiorirono le arti decorative: vetri dorati e smaltati, ceramiche in blu e bianco a imitazione di quelle estremorientali e metalli incisi, traforati, ageminati, incrostati. Sorsero scuole di pittura e i manoscritti erano conservati in preziose rilegature. 5.11 Iran (13°-18° sec.). Nel periodo ilkhanide (1256-1353) si approfondiscono i rapporti con l’Estremo Oriente, particolarmente evidenti nelle arti minori. Nelle moschee, oltre al modello a quattro īwān (Varamin, 1322-1326) vengono adottate altre planimetrie: a due (Forumād, 1320) e a un solo īwān (Tabriz, 1310-1320). Nei monumenti funerari continua la compresenza delle due tipologie: a torre, con pianta a volte poligonale, con copertura conica (Mil-i Radkhān, 1280-1300; Gumbād-i Sabz, 1330-1365), e a base quadrata o poligonale con cupola ovoide, tipo meno diffuso di cui esempio grandioso è il mausoleo di Oljaitu a Sultaniyya (1304-1313), una delle fonti di ispirazione della più tarda architettura persiana e indiana. Gli edifici hanno in genere una decisa verticalità permessa dall’alleggerimento delle coperture e delle strutture non portanti con finestrature e nicchie, mentre il carico è concentrato su pochi punti di forza. Le cupole continuano i tipi precedenti anche se con un profilo più a bulbo che anticipa quelle del successivo periodo timuride, e ha grande diffusione il tipo a doppio scafo. I raccordi a muqarnas hanno forme molto complesse. Ricchissima la decorazione sia interna, con stucchi lavorati con tecniche diverse e dipinti, sia esterna dove la ceramica invetriata policroma, le mattonelle e i mosaici sostituiranno i mattoni in facciavista caratteristici dei periodi precedenti. Numerosi capolavori testimoniano l’alto grado raggiunto dall’arte della miniatura, in cui sia singoli elementi sia il modo di rappresentare lo spazio derivano da modelli cinesi (Shah-namā Demotte, 1336 circa); motivi orientali decorano anche i metalli; nella ceramica, come prodotto di lusso si afferma la lajvardina in blu cobalto.
L’architettura timuride (terzo quarto 14° sec. - inizi 16°) ricalca quella del periodo precedente: particolare enfasi acquistano le cupole a doppio scafo, a bulbo e a costoloni su alti tamburi; il carattere monumentale, ottenuto con un sapiente sistema di distribuzione di pesi, dà agli edifici imponenza ma non pesantezza: a ciò contribuisce anche la decorazione con ceramiche o mattoni invetriati con motivi spesso epigrafici. Ancora adottato il tipo di moschea a quattro īwān (Bībī Khānum di Samarcanda, 1399), che si arricchisce di minareti e di un portale monumentale; molta attenzione è data all’urbanistica (Righistān di Samarcanda). I Timuridi incoraggiarono le arti del libro, che raggiunsero nella calligrafia, nelle miniature e nelle legature risultati eccellenti a Shirāz, Samarcanda,
Esfahan, costruita secondo un preciso piano urbanistico, testimonia la raffinata arte safavide (1500-1722); nella grande piazza le funzioni di palazzo del governo erano svolte dal padiglione di ‘Ali Qapu; la moschea reale presenta uno schema con quattro grandi īwān che immettono in ambienti cupolati. Le superfici murarie sono rivestite di mattonelle invetriate o mosaici ceramici con ornati complessi in cui compare il giallo. Il vasellame avrà notevole impulso anche nell’imitazione dei bianchi e blu cinesi. La miniatura si mantiene ai livelli raggiunti sotto i timuridi; sia Esfahan sia Na’in hanno restituito pitture parietali. I tappeti si arricchiscono di sinuosi disegni spesso con medaglione centrale e i preziosi broccati e velluti presentano schemi ripetitivi ma liberi con motivi naturalistici e figure umane.
Al declino dei Safavidi succedette un periodo di disordini di cui approfittarono i Turchi Qajar, che nel 1794 estesero il loro potere a tutta la Persia. Lo stile è caratterizzato da un lato dalla continuità con la tradizione e dall’altro dall’apertura a suggestioni occidentali particolarmente evidenti nelle arti decorative. 5.12 L’Impero ottomano (11°- 16° sec.). La potenza ottomana, che sorse alla disgregazione dello Stato selgiuchide, estese il suo potere ben oltre l’Anatolia. L’architettura del periodo fu ricca e originale, le esperienze bizantine, armene e selgiuchidi costituiscono il nerbo di una costante ricerca che avrà il suo massimo rappresentante in Sinan. L’esempio di
Nel laboratorio di corte venivano elaborati i disegni per decorare le ceramiche, i tappeti, i tessuti prodotti in vari centri dell’impero. La produzione di vasellame e mattonelle raggiungerà l’apice a Iznik dalla metà del 16° sec., con manufatti caratterizzati da una grande varietà di forme e dall’uso del rosso, oggetti conosciuti e imitati in occidente, come anche i tessuti e i tappeti riprodotti in opere di artisti quali
Già dall’inizio l’architettura musulmana in India si differenzia sia da quella hindu, per la varietà degli edifici, sia da quella islamica per l’uso del materiale, arenaria e marmo; le fonti di ispirazione sono generalmente irano-afghane, e archi e cupole entrarono a far parte del linguaggio architettonico tradizionale. A Delhi il Qutb Minar, l’alto minareto (iniziato nel 1199) a fusti sovrapposti con speroni, si rifà alla tipologia di quelli gasnavidi e ghoridi, mentre alla prima Grande Moschea, la Quwwat al-Islam, cui è annesso, fu aggiunto un īwān monumentale. Non esiste un’unica tipologia di moschea, ma essa seguirà modelli diversi nei vari sultanati sensibili alle tradizioni indigene: così la Khirki Masjid (1375 circa) di Delhi, a pianta rettangolare con quattro piccole corti interne, appare all’esterno come una fortezza con portali aggettanti; le moschee del Bengala, generalmente in mattoni, hanno transetto e copertura a botte (Moschea Adina a Pandua, 1364) o presentano una sala senza corte e copertura a tetto a spioventi (Chota Sona Masjid di Gaur, 1493-1519); nel
In epoca mōghul vi è il tentativo di fondere in maniera consapevole i nuovi apporti e gli spunti tradizionali: a Fatehpur Sikri, la capitale del sovrano Akbar, alla semplicità della planimetria di ispirazione iranica fa riscontro una notevole perizia tecnica nell’inserimento di archi, transenne, pilastri e una sovrabbondanza nella decorazione che richiamano la tradizione hindu. Caratteristico del periodo il gusto per i giardini, che introdotto da Babur, fondatore della dinastia, raggiunse con i successori pieno splendore (forti di
Se per l’architettura è facile individuare caratteri specificatamente islamici, non altrettanto per la grande scultura tridimensionale, che avendo minori tradizioni è quella che più si è assoggetta alle tendenze moderniste internazionali. La pittura si accostò agli stili europei già dalla fine del 19° secolo per poi accogliere la bidimensionalità moderna, che ben si sposava con l’arte della miniatura. Nel 20° sec., accanto a una corrente che si rifà alla tradizione popolare, viene riproposta l’arte della calligrafia.