ISIDE

Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)

ISIDE (XIX, p. 600)

Nicola Turchi

I misteri isiaci nell'età ellenistica. - Durante il periodo ellenistico Iside, pure essendo sempre associata a Osiride, cambiato in Serapide dalla sagace politica di Tolomeo Sotere, finì col concentrare in sé tutto il meglio del mito osiriano, diventando la figura centrale dei misteri isiaci. Essa è la ordinatrice dell'universo, la protettrice della navigazione, la dea dai "mille nomi" che in sé concentra gli aspetti e le prerogative di tutte le divinità femminili del bacino mediterraneo.

Il culto isiaco aveva luogo nei templi, costruiti sul modello di quelli egiziani, e si divideva in giornaliero, che consisteva nella contemplazione del simulacro del dio, e festivo, che aveva luogo il 5 marzo (navigium Isidis) quando si riapriva la navigazione; e il 12-14 novembre (Inventio Osiridis) specie di rappresentazione sacra in cui si ricordava l'uccisione del dio, ad opera di Set, la ricerca dei brani del suo corpo da parte di Iside, riti di sepoltura, risurrezione di Osiride e suo ingresso solenne nel tempio.

Un apposito sacerdozio, maschile e femminile, presiedeva alle feste, in veste di lino, ed aveva per distintivo il sistro e il secchietto per le abluzioni.

L'iniziazione isiaca, di cui Apuleio nelle Metamorfosi (libro XI) è il teste oculare più minuto e suggestivo, consisteva in una cerimonia imitativa della morte e risurrezione di Osiride alla quale il candidato, in figura del dio, veniva assoggettato, compiendosi su lui i riti della morte e della sepoltura alla maniera egizia e avendosene, come conclusione, la sua intronizzazione come Osiride risorto. La precedevano un bagno di purificazione, digiuni, preghiere con la continua assistenza del sacerdote isiaco. Apuleio non può raccontare con chiarezza a causa della disciplina dell'arcano che incombeva su tutti i misteri, ma da quanto accenna velatamente si ricava che l'adepto alla fine della sua iniziazione veniva adornato di una fulgente stola "olimpica" e di una corona e fatto sedere "a guisa di sole" sopra un trono, esposto alla venerazione del popolo; come un nuovo Osiride-sole.

Il culto isiaco ebbe larghissima diffusione in tutto il bacino mediterraneo, seguendo la fortuna commerciale dei navigatori alessandrini e giovandosi della supremazia culturale che durante l'epoca ellenistica la capitale dell'Egitto godette nel mondo greco-romano. Si aggiunga a ciò il carattere devozionale di questi misteri, lo sfogo di individuale pietà che alimentavano con il culto giornaliero e con l'assistenza assidua del sacerdote e infine la più palese garanzia di immortalità beata che offrivano agl'iniziati operando su loro medesimi quei riti di morte e risurrezione che erano riusciti così efficaci per Osiride.

Bibl.: P. Roussel, Les cultes égyptiens à Délos du IIIe au Ier siècle a. C., Parigi 1916; Lafaye, La litanie grecque d'Isis, in Revue philol., XL (1916), pp. 55-103; B. A. von Groningen, De papyro Oxyrrh. 1380, diss., Groninga 1921; W. Peek, Der Ysishymnus von Andros und Verwandte Texte, Berlino 1930. I testi isiaci sono raccolti in Hopfner, Fontes religionis Aegyptiacae, Bonn 1922, e N. Turchi, Fontes hist. myst. Aevi hellenistici, Roma 1923; P. Roussel, Un nouvel hymne à Isis, in Revue Études Grecques, XLII (1929), p. 137 seg. Altri inni ad Iside-Ermouthis scoperti a Madīnet Mādī sono ed. da A. Vogliano, Primo rapporto d. scavi condotti dalla Miss. arch. d'Egitto d. Univ. di Milano, Milano 1936.

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