IRI

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

IRI (App. II, 11, p. 64)

Franco Schepis

Il carattere transitorio attribuito all'IRI nel 1933, all'atto della sua costituzione, aveva come presupposto la possibilità che, sia pure nel corso di un periodo non breve, il capitale privato riacquistasse dall'istituto sia le posizioni cedute all'IRI dalle banche, sia altre assunte, per effetto di precedenti salsferite all'IRI.

Questa prospettiva già nel 1937 si manifestò non realistica e appunto in quell'anno, pur non escludendosi per il futuro la possibilità di operazioni di smobilizzo, l'IRI, da ente transitorio creato per il risanamento del sistema bancario, venne convertito in permanente, avente per compito la gestione di partecipazioni in imprese. Risale quindi al 1937 l'adozione della cosiddetta formula IRI intesa come:

a) acquisizione durevole nella sfera pubblica di partecipazioni di controllo di imprese; b) mantenimento per tali imprese della natura della società per azioni e della relativa disciplina di diritto privato; c) rinuncia a garantire alle imprese controllate posizioni di monopolio e, anzi, attribuzione a esse, in linea di principio, di una posizione di parità nei riguardi dei concorrenti privati.

Appare da quanto sopra che lo stato imprenditore nasce in Italia nel 1937 non come manifestazione di una volontà politica ma come conseguenza non prevista e probabilmente neppure voluta di un'operazione imposta dalla tutela di una massa molto rilevante di depositanti bancari, depositanti, si noti, che non erano solo risparmiatori ma anche imprese per le quali il deposito bancario rappresenta la forma di gran lunga più importante di moneta.

Ora è da rilevare che, a motivo di tale origine, l'IRI si presentò, all'atto della sua conversione in ente permanente, come un complesso tecnicamente operante in settori disparati e con un peso molto vario da settore a settore. D'altra parte, ancora a motivo della sua origine, l'istituto (e quindi l'azione pubblica di cui esso era strumento) si trovò dotato di un insieme molto ricco di dirigenti aziendali aventi esperienze diverse; è questa una situazione che non poteva verificarsi nella generalità degli altri paesi, in cui lo stato assume funzioni imprenditoriali come effetto di una precisa volontà politica di operare in determinati settori. Ciò spiega il fatto che l'IRI abbia potuto non soltanto sviluppare le imprese il cui controllo era stato trasferito dalle banche, ma anche entrare in campi per esso nuovi, dando vita ad altre imprese oppure prendendo il seguito di imprese abbandonate dal capitale privato.

L'IRI svolge tre funzioni nei riguardi delle imprese cui partecipa:

a) formulare le linee generali dei loro programmi d'investimento e di produzione; b) garantirne il finanziamento in forme che non facciano perdere il controllo delle imprese stesse; c) scegliere e controllare i responsabili delle direzioni aziendali o, se la partecipazione è paritetica con altre forze, partecipare a tale scelta e a tale controllo.

Attività d'indirizzo e attività di controllo sono svolte dall'IRI in conformità di direttive che sono formulate dal governo e che, quindi, traggono la loro origine dal Parlamento; in particolare l'IRI è soggetto ai poteri d'indirizzo e di vigilanza del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE), del Comitato Interministeriale per il Coordinamento della Politica Industriale (CIPI) e del ministro per le Partecipazioni statali.

Il Parlamento esprime direttive ed esercita il controllo sulla base dei documenti generali di politica economica e di quelli specifici che hanno origine nel ministero; esso riceve inoltre una relazione annuale della Corte dei Conti. Ai fini del controllo dell'ente la l. 675 del 1977, art. 13, ha istituito una commissione composta di quindici senatori e quindici deputati.

Organi amministrativi dell'IRI sono: il presidente, il vice presidente, il consiglio di amministrazione, il comitato di presidenza, il collegio dei sindaci. I consiglieri di amministrazione sono nominati dal ministro per le Partecipazioni statali: tre di essi devono essere scelti tra "persone esperte in materia finanziaria ed industriale", mentre gli altri assumono la carica in ragione della posizione ricoperta in seno all'amministrazione statale. Il presidente e il vice presidente sono nominati con decreto del Capo dello Stato, sentito il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per le Partecipazioni statali. Il direttore generale è nominato con decreto del ministro per le Partecipazioni statali.

Il presidente, il vice presidente e i tre consiglieri scelti fuori dell'amministrazione compongono il comitato di presidenza. Il collegio dei sindaci, composto di cinque membri effettivi e due supplenti, è nominato con decreto del ministro per le Partecipazioni statali. Un magistrato della Corte dei Conti segue la gestione dell'ente e ne dà annualmente relazione al Parlamento.

Per meglio svolgere un ruolo che, come detto, deve esplicarsi in più settori, l'IRI ha costituito società finanziarie aventi, nei riguardi delle imprese di un dato settore, il duplice compito di:

a) rendere più penetrante, specie sotto l'aspetto tecnico, l'attività di direttiva e di controllo; b) raccogliere nel mercato finanziario risorse da investire nelle società del settore di competenza.

Finanziarie sono oggi operanti nei settori telefonico ed elettronico (STET), della navigazione marittima (Finmare), siderurgico (Finsider), meccanico (Finmeccanica), cantieristico (Fincantieri), progettazione e costruzione di infrastrutture ed edilizie (Italstat).

Nel 1977 il fatturato del Gruppo IRI ha raggiunto 14.600 miliardi di lire; il personale occupato a fine anno (esclusi gli addetti del settore bancario, pari a 53.000) era di 474.000 unità.

Nell'insieme il valore aggiunto del gruppo IRI corrisponde a un 5% del totale nazionale (8% limitatamente al valore aggiunto industriale); il personale del settore manifatturiero del gruppo a sua volta corrisponde a un 6% dell'occupazione del settore a livello nazionale (12% nel Mezzogiorno). In campo industriale il gruppo concorre per tre quinti alla produzione italiana di acciaio; nel settore meccanico esso detiene posizioni dominanti nei comparti cantieristico (92%), elettromeccanico pesante e impiantistico in genere, aeronautico; degna di rilievo la partecipazione alle produzioni elettronica, automobilistica, del cemento e alimentare. Nel campo dei servizi di gruppo gestisce la telefonia interna e internazionale in concessione, la quasi totalità dei trasporti aerei e della radiotelevisione e una cospicua quota dei trasporti marittimi di linea. Infine il 45% della rete autostradale fa capo al gruppo. Nel settore bancario, per effetto dell'operazione di risanamento attuata nel 1933, l'IRI controlla nell'ambito del credito ordinario le tre banche di "interesse nazionale", il Banco di Santo spirito (dal 1936) e altre banche minori; a queste si aggiungono la Mediobanca nel settore del credito a medio termine, e il Credito Fondiario in quello del credito edilizio. In totale circa il 20% delle attività delle banche di deposito fa capo all'IRI.

L'istituto dell'impresa a partecipazione statale e quindi dell'ente autonomo di gestione è oggetto, dall'immediato dopoguerra, di un intenso dibattito, che si riferisce specialmente all'IRI sia perché esso è il più antico fra i tre enti oggi esistenti (gli altri due sono l'ENI, creato nel 1953, e l'EFIM, creato nel 1962), sia perché è l'ente di maggiori dimensioni, sia perché opera in una maggior varietà di settori.

La problematica attuale è insorta tutta dopo che, con la fine dell'ultimo conflitto, un nuovo ordine costituzionale si è instaurato nel nostro paese. Nel decennio precedente, trascorso dopo che nel 1937 era stato attribuito all'IRI un ruolo di carattere permanente, la direzione delle imprese controllate dall'istituto non era apprezzabilmente condizionata dal fatto che le imprese stesse si trovassero nella sfera pubblica. Questo stato di cose non poteva evidentemente sussistere in un ordinamento democratico; l'IRI non poteva non essere sottoposto, come ogni altro ente pubblico, a direttive e a controlli del governo e, attraverso di esso, del Parlamento. È pur vero che nella legge istitutiva del ministero delle Partecipazioni statali (1956) - (in origine l'IRI era sottoposto alla vigilanza del ministero delle Finanze) - si afferma che la gestione delle imprese dev'essere ispirata a "criteri di economicità"; ma proprio tale affermazione presuppone che le imprese in questione possono essere chiamate a perseguire, certo nel modo più economico, fini d'interesse generale, fini che un'impresa privata non avrebbe motivo di proporsi.

Si pongono, in linea pregiudiziale, tre ordini di problemi non ancora risolti:.

a) garantire ai dirigenti delle imprese a partecipazione statale, pur condizionati da una direttiva politica, una sfera di autonomia che consenta lo svolgimento della funzione imprenditoriale;

b) distinguere tra direttiva politica e interferenza politica, al fine di proteggere ente di gestione e imprese dalla seconda;

c) coprire in via preventiva gli oneri che le imprese prevedono di sostenere, in conseguenza dei condizionamenti che i dirigenti devono introdurre nella gestione in esecuzione delle legittime direttive che essi ricevono dall'autorità politica.

Dare soluzione a questi problemi è importante sia sul piano costituzionale, sia su quello dell'efficienza di un'economia di mercato, quale si vuole resti l'economia italiana. Lo è sul piano costituzionale, perché ove manchi la determinazione preventiva degli oneri di cui sopra, al punto c), il Parlamento non è messo in grado di svolgere la sua primaria funzione di deliberare in ordine all'utilizzazione delle risorse finanziarie dello stato; lo è sul piano dell'operatività del mercato, perché la mancata copertura degli oneri ora detti e l'insufficienza di autonomia del dirigente dell'impresa dànno luogo a gestioni non responsabilizzate e quindi a comportamenti tali da alterare gravemente, a danno delle imprese private, il funzionamento dei mercati di acquisto e di vendita sui quali ciascuna impresa opera.

Imprese rientranti nelle attività dell'iri.

Banche e Istituti Finanziari: Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano; Banco di Roma; Banco di S. Spirito; Mediobanca; Credito Fondiario.

Telecomunicazioni ed Elettronica: Stet: Sip; Italcable; Telespazio; Sit-Siemens; Selenia; SGS-Ates; Elsag; Siemens Data; Cselt; Sirti; Seat; Ilte; Saiat; Consultel.

Trasporti Marittimi: Finmare: Italia di Navigazione; Lloyd Triestino di Navigazione; Adriatica di Navigazione; Tirrenia di Navigazione; Caremar; Siremar; Toremar; Almare di Navigazione; Continentalmare di Navigazione; Sovitalmare di Navigazione; Sidermar; Sirm.

Siderurgia: Finsider: Italsider; Dalmine; Terni; Cementir; ATB; CMF; Cimi; Innocenti Santeustacchio; Italimpianti; Morteo Soprefin; Ponteggi Dalmine; Deriver; Tubi Ghisa; Armco-Finsider; Sidercomit; Siderexport; Sanac; Icrot; CSM.

Meccanica: Finmeccanica: Alfa Romeo; Spica; AMN; Breda Termomeccanica; Progettazioni Meccaniche Nucleari; Nira; Saige; San Giorgio Elettrodomestici; Ansaldo; Italtrafo; Simep; Aerimpianti; Aeritalia; FMI Mecfond; Termomeccanica Italiana; Saimp; CMI; Fag Italiana; Merisinter; Safog; San Giorgio Pra; Stabilimenti Meccanici VM; Italtractor ITM (a partecipazione paritetica con privati); Italtractor SUD ITS (id.); IOR; Sigme; Officine Meccaniche Goriziane.

Cantieristica: Fincantieri: Italcantieri; CNR; Arsenale Triestino San Marco; Cantiere Navale Muggiano; CNOMV; Carn; Sebn; Stabilimenti Navali di Taranto; Cantiere Navale Luigi Orlando; Grandi Motori Trieste; Lips Italiana (a partecipazione paritetica con privati); Ente Bacini Genova; Gestione Bacini La Spezia.

Costruzioni: Italstat: Condotte; Italstrade; SCAI; Ipisystem; Italposte; Intermetro; SVEI; SPO; Italeco; Aeroporti di Roma; Infrasud; Risanamento Edilizio Palermo.

Altre attività: Alitalia; Autostrade; Rai; Italsiel; Pro-Form; SME; SPA; Sidalm; Cirio; Alivar; Star (a partecipazione paritetica con privati); Surgela; Generale Supermercati.

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